L’idea di questo post nasce in modo strano e dopo qualche dubbio.
Pensavo a un’intervista a Francesca Sanzo su un tema molto personale. Lei ci aveva scritto su già due ottimi post: “La mia anima nera: perché sto riuscendo a dimagrire” e “Di responsabilità e giustificazioni” su Panzallaria, quindi, mi dicevo, non doveva aver problemi ad affrontarlo. Le sue erano riflessioni importanti, che partivano da un dato di fatto e poi entravano nella sua storia e nella sua vita, per parlare di cambiamenti.
Ma in tutto ciò, come mi ponevo io, che mi trovavo a condividere lo stesso dato di fatto? Non sentivo la necessità di condividere, ma non mi sentivo estranea alle sue riflessioni. Non le sentivo tutte mie, mi riconoscevo una strada diversa. Ma i suoi discorsi mi interessavano molto.E così mi è venuto in mente che forse avrei dovuto mettermi in gioco un po’ di più che da semplice intervistatrice. Ecco dunque un dialogo che parte dal nostro “dato di fatto” comune: aver perso 20 kg. e vorrebbe parlare di cambiamenti.
Francesca, partiamo da questo cambiamento fisico importante, che, secondo me, non è né un punto di partenza, né uno di arrivo, ma un passaggio. Dopo anni di diete inutili e di tentativi falliti, arriva un momento, uno “stato di grazia” in cui tutto sembra funzionare. Che succede? Perché? Cosa è diverso da prima? Insomma, partiamo dall’inizio: quale è stata la molla che ti ha fatto desiderare e perseguire questo cambiamento?
Da tempo mi sentivo a disagio con me stessa: non ero più solo “un po’ cicciotella” ma obesa. Per molto tempo mi ero detta che il mio stato fisico non era poi così grave (avanzando a me stessa parecchie giustificazioni riguardo alle tante cose che non riuscivo più a fare), quest’estate invece – dopo aver messo tanto a lungo la testa sotto la sabbia – mi sono ritrovata a fare i conti con parecchi impedimenti fisici e con alcune malattie allergiche che erano peggiorate, anche a causa del troppo peso. E questo è stato il “dato di fatto di partenza”. A livello emotivo però, ciò che mi ha dato il LA e ha fatto si che prendessi il telefono e chiamassi la dietologa è stato l’acquisto di un camper. Le due cose sembrano assolutamente dissociate, ma nella mia testa non lo sono state. Ho cominciato a pensare che, pesante com’ero, non avrei potuto fare molte cose, in primis girare l’Europa in camper e bicicletta come volevo e mi sono detta che se stavamo realizzando quel piccolo sogno di prendere il camper, perché avevamo voglia di libertà, io dovevo essere davvero libera, ovvero in salute e sono partita.
Una delle prime cose che mi ha detto la dietologa è stata che dovevo accettare il fatto che per me il rapporto con il cibo era un punto debole, che dovevo accettarlo e affrontarlo e non pensare a fare la gara con me stessa per dimagrire, ma cambiare stile di vita PER SEMPRE. Mi disse: “Qualcuno è debole di schiena, qualcuno non sente bene, tu hai un rapporto problematico con il cibo. Impara a fartene una ragione e comportati sempre di conseguenza”. Questa frase mi ha fatto davvero fare il salto: prima di tutto (da brava “storyteller” 😉 ho dato un nome alla mia anima nera (quella che – per intenderci – mi spinge a rimpinguare il mio zainetto protettivo di ciccia) e l’ho chiamata Dexter, poi ho cominciato a parlarle. Tengo anche un diario totalmente privato e scritto a mano, dove mi confronto con lei e ne stanno venendo fuori delle belle. Perché una dieta può trasformarsi in una vera e propria muta, se ce ne diamo l’occasione. E io sto scoprendo che quello zainetto non mi serve più.
E in te Silvia invece cosa è scattato? E ti ricordi un evento in particolare che ti ha fatto dire: è ora di metterti a dieta?
Ma come? Si era detto che io non avevo tutta questa voglia di condividere… 😀 Ci sarà un motivo per il quale non ho un blog personale?! (anche se ci sto pensando sempre più spesso…).
Ma a quanto pare mi sono messa in gioco e allora… giochiamo!
L’evento particolare io l’ho riconosciuto a posteriori. O forse no, magari a quello ho voluto attribuire un senso. Di certo il motivo razionale è stato l’ “ora basta” di cui parli anche tu. Siamo al limite, non c’è più un oltre accettabile. La mia autostima non può ancora offrirmi delle giustificazioni: il fatto che io me la cavi grazie a “tutto un resto” non può essere più un alibi. Ho superato da poco i 40 anni: ora o mai più. Ecco, ho sentito incombente questa sensazione di “ora o mai più”.
Che poi tutto questo sia coinciso con una grave malattia di una persona di famiglia a me carissima, non so che senso abbia, ma ora mi sembra di averlo trovato. Assurdo che io abbia pensato di mettermi “seriamente” a dieta in un momento molto complicato, riuscendo, quando avevo provato tante volte in momenti molto più tranquilli. L’organizzazione familiare, basata sull’ampio contributo nonnesco, veniva a saltare e io mi ritrovavo a dover “ricollocare” mio figlio, dedicandogli più tempo in prima persona. Tutto da ripensare e da riprogrammare: orari, lavoro, impegni supplementari.
L’aria di cambiamento era palpabile. E si vede che ci si è inserito un cambiamento anche nell’attenzione: quel “rapporto problematico con il cibo” di cui tu parli e che io condivido, veniva improvvisamente spostato in secondo piano. C’erano altre priorità e io avevo bisogno di qualcosa di positivo.
Da lì, ho innescato un cambiamento che ora sta per compiere quasi un anno e che ha investito molti aspetti di me. Perché cambiare solo fuori è impossibile.
Quanto è stato importante per te, Francesca, vivere la necessità di dimagrire come una questione di salute, più che di estetica? Perché, ti confesso, per me lo è stato molto: finché la vedevo come un problema estetico, trovavo sempre una mia qualità che potesse compensare. Quando finalmente ho pensato che era un problema diverso, di salute fisica e mentale, qualcosa è scattato.
E’ stato fondamentale e grazie per averlo sottolineato, perché credo sia importante ripeterlo sempre. Essere grassa non ti impedisce di essere una bella persona, di avere amici, di fare un lavoro che ti piace, ma ti impedisce di stare bene, di guardare al futuro sapendo che hai dalla tua un corpo sano e forte. E questo riguarda chi ha molti chili sovrappeso, ci tengo a specificarlo, perché ultimamente mi capita che mi contattino persone che hanno letto la mia storia e vogliono dimagrire e quando chiedo loro quanto pesino, spesso hanno non più di 5 chili in eccesso ma “si vedono brutte”. Ecco, il vedersi brutta o brutto è un problema molto intimo, ma che non deve condizionare la propria salute, facendo magari diete eccessive. L’essere obesa come ero io, invece, purtroppo è un problema di salute che prima o poi va affrontato e risolto e per farlo è inutile smettere di mangiare ma bisogna rivolgersi a uno specialista che ti accompagni e aiuti e di cui tu ti possa fidare.
Come hai gestito il cambiamento della tua immagine Silvia? A me è capitato di incontrare persone che non vedevo da un po’ e che, subito, non mi hanno riconosciuta. Io per prima, in certe foto, ancora non mi riconosco. Per te come è stato?
Addirittura? Si vede che ne avevi meno da perdere! Mi riconoscono tutti tranquillamente. In effetti io ne dovrei perdere non dico altrettanti, ma sicuramente altri 10, quindi ancora ho un percorso che mi aspetta ed è pure la parte più difficile, ma senz’altro meno urgente di prima.
Però indubbiamente mi vedo meglio, mi convinco di più, in fondo mi assomiglio di più. Mi sto accorgendo che miglioro per me, non necessariamente per gli altri. Mi dedico attenzioni che prevedono il guardarmi di più.
Ritrovarsi un po’ più belle dopo i 40 è molto diverso dalle età precedenti: ti senti molto libera di esserlo per chi ti pare, magari anche per un figlio che ti dice che stai molto bene. E’ bello, no? Potrebbe anche non accorgersene nessuno e non te ne importa niente: è una evoluzione tutta tua.
Per me questo cambiamento fisico si è portato dietro un gran bisogno di “revisionarmi” anche dentro. Ho fatto dei passi emotivi che rimandavo da anni e anni, ho messo e sto mettendo mano a molti nodi non sciolti. Un lavoro probabilmente più faticoso della dieta.
E a te, Francesca, cosa succede “dentro” dopo il cambiamento fisico?
Anche a me sta succedendo qualcosa di analogo: sento che deve cambiare (o forse sento che sta cambiando) il mio approccio a molte cose: relazioni, professione, mio modo di autorappresentarmi internamente e esternamente.
Per il momento sto prendendo alcune decisioni importanti legate ai tempi di vita e di lavoro e ai “no” che devo dire alle attività che mi drenano energie. A volte però “ho fretta”; non mi rendo conto che la dieta è già un cambiamento enorme e che mi devo dare il tempo di metabolizzarlo, vorrei vedere risultati anche in tutti questi altri settori, invece credo di dover aspettare, lasciare sedimentare. A ogni modo l’obiettivo per il 2014 è fare una “dieta” che sia una “muta” a 360 gradi.
E tu, Silvia, pensi mai al dopo dieta? A quella fase che i dietologhi chiamano di “mantenimento”? Se sì, in che modo? Ti fa paura?
Sì. Semplicemente, banalmente sì. Inutile negarlo.
Penso che, se dovessi riprendere il peso perso e quello che spero di perdere ancora, non avrò voglia e forza di rimettermi ancora in gioco. Ne faccio anche una questione anagrafica: ho 43 anni, inizio proprio a sentirmi in una fase diversa della vita. Quella in cui si consolida, anche se si evolve sempre.
Se mi ritrovassi da capo a dodici, dovrei interrogarmi seriamente sui motivi. Tenuto conto che questa vicenda si è portata dietro tanti altri contenuti, come dicevi anche tu, relativi ai rapporti personali e affettivi (ho sentito meno il cambiamento professionale, ma forse perché lo avevo affrontato già prima ed è stato probabilmente una delle molle) e alla ridefinizone di me, cosa potrei dedurre da un ritorno indietro?
Ecco, mi spaventa più l’interpretazione che ne farei, piuttosto che i chili ripresi in sé.
Poi però mi dico che questo timore è più che sufficiente per tenermi “in riga”: un conto è mettersi a dieta, un conto è dover affrontare un’altra “muta”. Per quella se ne riparla minimo tra 10/15 anni!
(Foto credits @ Francesca Sanzo)
Brave
ragazze siete brave. e siete negli anni più belli in assoluto. i 40. spremeteli a fondo