Di web, privacy e lupi cattivi

sicurezza-webIl discorso dell’utilizzo dei social network e della privacy non è semplice, soprattutto se conivolge anche i bambini, e difficilmente si può racchiudere nelle poche righe di un post. Voglio però provare comunque a condividere alcune riflessioni che ho avuto modo di fare nel corso di questi anni, in cui la mia vita online si è evoluta a livelli che non pensavo possibili (per me). In rete ho conosciuto moltissime mamme blogger, ognuna con il suo pallino e la sua opinione rispettabilissima in termini di privacy. Da wonderland, il cui vero nome è stato noto solo dopo la pubblicazione del suo libro, della cui figlia non conosciamo il volto, ma solo i suoi meravigliosi riccioli biondi oltre al nome, a Iolanda, che condivide in rete foto, nomi nonché location, solo per fare un paio di esempi. Ma insomma, quali sono i pericoli legati alla rete? E’ veramente il caso di indicare dove ci troviamo minuto per minuto, condividere foto proprie e dei figli, dare libero accesso a dati personali, quali telefono e indirizzo? E non è esagerato questo anonimato forzato, questa ossessione per la privacy, questo volersi nascondere dietro un nickname a tutti i costi?

Alcune persone scelgono di mantenere l’anonimato perché magari si trovano a parlare di cose molto personali, e trovano il coraggio o la forza di farlo proprio grazie all’anonimato che la rete offre. Per altre l’anonimato è solo parziale, e ad esempio si sceglie di rendere pubblico il proprio nome, ma si mantiere un nickname per i figli, di cui si evita di condividere fotografie o altro.
Ma la privacy può essere fatta a livelli differenti. Io ad esempio ho creato delle liste dei miei contatti su facebook, e condivido le fotografie personali solo con gli amici intimi. Non sto dicendo che la mia sia la scelta giusta, al contrario mi sembrano tutte scelte possibili e condivisibili.

Cosa condiziona il nostro comportamento online?

Allora mi chiedo: cosa condiziona le nostre scelte? Io credo che quando si parla di web, uno dei fattori più importanti, ma non l’unico, sia la paura. O meglio, la nostra percezione del pericolo.
Chi nel web si sente a casa propria, come tra amici, chi ha fiducia nell’umanità e pensa che la gente pericolosa sia solo una minoranza, tenderà a condividere più infomazioni personali in rete. Non è molto diverso dalle altre scelte di condivisione della nostra sfera privata che facciamo nella vita di tutti i giorni, a parte ovviamente i numeri, ossia la quantità di persone con le quali condividiamo le stesse informazioni, che in rete ha la capacità di espandersi all’ennesima potenza.

Vi faccio un esempio pratico. Mia madre è terrorizzata dal web, conoscendolo molto poco, e la sua percezione del pericolo le viene tutta dai telegiornali, spesso portatori di cattive novelle in cui il lupo cattivo è di casa. Periodicamente torna all’attacco, e mi chiede se è possibile per qualche malintenzionato risalire al mio indirizzo a partire dal mio profilo su facebook, e fare qualcosa ai miei figli. Al che con molta calma le spiego che il mio indirizzo non è sul mio profilo facebook, ma di fatto è sull’elenco telefonico, distribuito gratuitamente nelle case di tutti, e che le fotografie dei nipoti che lei mostra a chiunque le passi a tiro, non sono più sicure di quelle pubblicate online. Infatti lo stesso sconosciuto a cui lei mostra le foto con tanta fiducia protrebbe essere un lupo cattivo travestito da agnellino, che oltre a vedere le foto di un succulento bimbo, sa anche esattamente dove trovarlo di casa. Senza parlare del pedofilo ai giardinetti sotto casa. Insomma, io oggettivamente non credo che questi siano i pericoli della rete.

Come spiegavo in un commento al post sulla pedofilia in rete, la percezione del pericolo spesso non coincide con il rischio reale. Nel decidere di cosa o di chi fidarci spesso ci basiamo su una buona parte di preconcetti, personali o culturali, esperienze indirette raccontate da terzi, una sensazione “a pelle” difficile da quantificare che ti fa dire mi fido oppure no, ma difficilmente usiamo statistiche e ragioniamo con dati alla mano. Qualche tempo fa ho conosciuto uno studente universitario francese che girava l’europa facendo l’autostop. Io sono rimasta allibita e ho iniziato a spiegargli i rischi della cosa, che avrebbe potuto incontrare un pazzo, un criminale, un assassino. Ma lui è stato irremovibile, ha detto che basta guardare alle statistiche per vedere che ci sono molte più persone buone, e generose, e disponibili, di quanti non siano i criminali, e che non aveva alcuna intenzione di limitare la sua esperienza di vita per una paura basata su fumo. Ecco questo magari è un po’ estremo, ma spiega bene il concetto di pericolo percepito e pericolo reale.

Reputazione online e offline: due mondi paralleli?

Io credo che nel web i meccanismi siano gli stessi che nella vita reale, solo che i mezzi per determinare se fidarsi o meno sono diversi. Se si incontra una persona online non si può guardarla negli occhi, non si posson vedere quegli atteggiamenti involontari che mal celano una menzogna, non si può avere la sensazione “a pelle”. Allora bisogna affidarsi ad altro. Uno dei meccanismi più diffusi è quello della reputazione online di quella persona. Questo è alla base di alcuni social network che si occupano di far incontrare persone, un esempio per tutti il couchsurfing. Si tratta di un social netowrok in cui le persone offrono il proprio divano per accogliere viaggiatori che arrivano nella loro città e che sono in cerca di un posto in cui dormire, o di uno scambio culturale. Avete presente la raccomandazione di non seguire un estraneo a casa sua? Ecco, esattamente l’opposto di quello che succede nel mondo reale. Solo che l’estraneo in questione, lo si conosce tramite un social network in cui ha una credibilità. E’ la comunità stessa a fare da controllore.

Vi fidereste? E vi fidereste ad andare a dormire a casa di un amico di un vostro amico che vi ospita…in un paesino della Germania?

Io credo che la rete sia un posto meraviglioso, di cui bisogna conoscere i meccanismi per poter godere delle sue potenzialità, conoscendo i rischi effettivi e perché la paura del lupo cattivo ha solo l’effetto di tenerci chiusi dentro casa facendoci perdere occasioni uniche.
Però allo stesso tempo mi rendo conto che non è così semplice.
Insomma, come ho detto all’inizio questo è solo un post, anche un po’ confuso, sui miei pensieri e riflessioni. Mi piacerebbe conoscere anche il vostro punto di vista, e chissà che non riesca a chiarirmi un po’ meglio le idee.

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34 thoughts on “Di web, privacy e lupi cattivi”

  1. Dimenticavo: detto ciò lungi da me giudicare chi invece non si fa tutti questi problemi. Io ho un’opinione giusta PER ME non è detto che sia giusta in assoluto… Ogni genitore sa sicuramente cos’è meglio per i propri figli, e nessuna regola è valida per tutti.

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  2. Sapete come la penso, e posso parlare solo della mia esperienza.
    Non avrei diffuso il mio nome se non fosse stato per il libro, perchè è innegabile che l’anonimato ‘onesto’ concede comunque molte più libertà del nome-cognome. Non fosse altro per lo zio di cui amorevolmente parli in un post ma che per partito preso detesta essere citato sul web, per dire.
    Per fortuna la Porpi ha un cognome diverso dal mio e non è riconducibile immediatamente a me, su quello sto tranquilla.

    Uso social network come 4square ma dovrebbero passare sul mio cadavere prima di fare il checkin a casa mia, diffondendo a migliaia di contatti il mio indirizzo. Ognuno è libero di fare come crede, ma io quella cosa lì la trovo pericolosissima, ne parlavo giusto con Jolanda qualche tempo fa.

    Per quanto riguarda Porpi e le foto, non sapendo come si evolverà questo far west di internet e nella certezza che, per quanta privacy imposti nei tuoi profili o per quanto tu possa tenere d’occhio un blog, le foto e le informazioni circolano e sfuggono al tuo controllo, preferisco non farla apparire.
    Non aggiunge niente al mio racconto. Tutti sanno che mia figlia quando sorride è bellissima, e mica perché ho postato la sua foto. Lo sanno e basta. Certe cose non serve mostrarle.
    Se una persona che legge un mio racconto della Porpi poi ha la smania di vederla in foto questi sono problemi voyeuristici suoi.
    Idem per la mia faccia, che non aggiunge proprio niente ai miei racconti. Che io sia mora e procace, bionda e slavata, rossa e lentigginosa… cosa cambia?
    Io posto immagini che secondo me sono comunque evocative e rappresentative. Bastano quelle.

    Secondo punto: l’esempio. A me fanno paura le ragazzine che a 10 anni sono su Facebook, ma se io madre metto le foto di mia figlia o le faccio un profilo da quando ha 3 mesi, cosa pretendo?
    Con che autorità vietarle qualcosa che io stessa faccio e sbandiero a tutti i miei conoscenti?

    Non voglio sembrare bacchettona, ma c’è tutta una vita per mettere le proprie foto online e, soprattutto, per decidere di farlo da soli.
    Per quanto mi riguarda permetto alla Polpetta il lusso di scegliere come, a chi e quando diffondere la sua immagine in rete.

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    • che bella discussione ragazze! Mi trovo d’accordo con tutte e infatti mi sento un po’ schizzofrenica stasera 😉
      La differenza di posizioni nasce certamente dal tipo di uso che si fa della rete, e anche tra blogger tra i differenti tipi di blog. Però mi sembra che alla fine siate tutte abbastanza convinte del fatto che di pericoli reali ce ne sono pochi. Qualcuno ha mai sentito di un bambino rapito perché la mamma scriveva il blog? Sulla privacy per ragioni di stile del blog, o semplicemente perché si vogliono tenere separate le due identità, ovviamente ci sono ancora meno regole generali, e mi sembra più che legittimo che ognuno faccia la sua scelta.

      @wonderland vorrei chiarire che il tuo esempio che ho fatto nel post era appunto solo un esempio di una posizione possibile, e io credo che la tua scelta di non mostrare le foto di tua figlia sia assolutamente legittima. Anche io cerco di utilizzare le foto del Vikingo solo quando non è riconoscibile. Condivido pienamente il tuo discorso sul volergli lasciare la possibilità quando sarà grande di decidere cosa fare della sua immagine.
      Però rimandendo nell’ambito delle paranoie, a volte mi chiedo se in questo modo non facciamo peggio, al limite alimentando un desiderio di conoscerli questi bambini che attraverso un blog, diciamolo, possono anche venire idealizzati dal lettore (almeno se rientra nella categoria di quelli che Zauberei riconoscerebbe dallo stile del commento 😉 ) Mi sono spiegata? A te il dubbio non viene mai?

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  3. Interessante discussione Serena, e ancora più interessanti i commenti. Io nel web ci sono da tanto tempo, da prima delle bimbe, con tanto di cellulare e indirizzi (di casa, prima, perché lavoravo da casa, e di studio poi).

    Ma anche io nel web ci lavoro, e devo dire che spesso mi sento più a casa che nella vita reale. Un esempio su tutti, le discussioni, i punti di vista, lo scambio di idee sull’essere genitori, che (come dicevo tempo fa con Panz) non potrei mai nemmeno immaginare nel parchetto dietro casa, ché quando va bene si parla di taglio di capelli (e io li porto pure corti)

    Questo per dire: ma nella vita reale non può capitare che mi vedano a spasso con le bimbe, magari al mare, e che mi vengano a cercare? Io sinceramente lo vedo un problema paragonabile quello reale, rispetto a quello virtuale. Sarà che poi fino ad ora tutte le conoscenze piacevoli che ho fatto in rete si sono rivelate ancora più piacevoli nella vita reale. Sarà perché ho una percezione diversa proprio perché ci lavoro/ho avuto esperienze positive/etc…

    Alla fine, come dice bis sopra, la vita reale e quella virtuale sono quasi fuse, e alla fine cerchiamo di applicare le stesse regole.

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  4. zaub: senti ma fai anche consulenze per altri? perché avere qualcuno che sa “stanare” meglio della sottoscritta, che è abbastanza frana in tal senso, mi farebbe molto comodo. 😉 considera l’opportunità di trasformarlo in una redditizia professione 😉

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  5. Ok.
    Io sono in rete dal 1999 e fino a poco tempo fa ho usato sempre lo stesso nick, fino a quando, pur dietro a un nick, Conoscevo comunque tantissime persone…da lì ho capito che tutte le restrizioni non servono moltissimo.
    Ho spesso i tuoi stessi dubbi ma sono domande che comunque mi pongo anche nella vita reale e il web è la proiezione della vita reale.
    Quando uscirà il mio libro (a breve) ci sarà il mio vero nome…ma allora non credo sia un grosso problema. Mi spaventa un pò però alla fine quello che scrivo nel blog non è nè nulla di troppo intimo neanche di offensivo da scandalizzare qualcuno. anche quando è nata qualche polemica dai miei post, io non ho mai litigato o fomentato, anzi, alla fine sono diventata “amica” delle persone che mi avevano “criticata un bel pò”. Che dirti, penso che molto dipenda dai nemici/amici che uno si fa. Se si conosce la rete e si lavora o si naviga tranquillamente senza creare tensioni o situazioni spiacevoli, è difficile che si verifichino situazioni incresciose.
    Ovviamente, però, penso che tutto possa accadere, così come nella vita reale che oramai è completamente fusa con quella virtuale.
    A volte penso che sia più “normale” avere un blog e raccontare di se che avere – soltanto – un profilo facebook con nome e cognome e scrivere poche righe che possono essere interpretate bene o male da molte persone. Mah

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  6. Io il web lo frequento, il mio blog parla (quasi) solo di cazzi miei, non avrei mai pensato che lo leggesse qualcuno oltre ai due tre che ci si erano imbattuti casualmente (tra cui una Barbara pre-Mammafelice). Poi ho iniziato ad allargarmi. Facebook, forum. Il web come forma di relazione sociale nuova e atipica mi intriga. Mi piace, mi interessa. Alla privacy non ho mai pensato più di tanto. Forse perché non sono una strafiga bionda e eterea che potrebbe essere molestata da qualcuno? Condividodel tutto le riflessioni di Serena. Non dico che il web non comporti dei rischi, ma certamente non tutti quelli che gli si attribuiscono. Sulle foto della bambina ho già detto cosa penso sul post di Silvia sulla pedofilia. Sbaglio? Forse. Ma da questa mia mancanza di privacy ho avuto moltissimo. Quindi ad oggi non me ne pento. Certo, ora che so che molti miei conoscenti e familiari leggono il blog qualche volta mi sento un po’ frenata. Ma poi ci rido sopra e vado avanti come prima. Non ho mai avuto molti peli sulla lingua…

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  7. “Però Zaub ti chiedo, se non avessi le ragioni stilistiche e un blog relativamente famoso alle spalle, credi veramente che il web sia un post così pericoloso da rendere necessario l’anonimato? Per dire, come semplice frequentatrice di fb, o con un blog diaristico meno frequentato e quindi idealizzato dai lettori”

    io ho un blog diaristico poco frequentato 😉
    siccome ci metto molto di privato, e mi capita di cercare confronti su temi di cui non parlo con la mia cerchia ristretta di conoscenze, mi scoccerebbe moltissimo che ci fosse anche poco poco di percentuale di probabilità di essere identificata 😉

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  8. anch’io racconto la mia esperienza personale, che è forse l’unica cosa sensata
    quando ho aperto il blog ero una neofita del web e non mi sono posta il problema dela privacy. per ingenuità ho aperto un account su blogger con la mia mail formata da nome e cognome. risultato dopo due mesi ero su un articolo di D di Repubblica con la mia vera identità. Per certi versi questa evoluzione degli eventi causata dalla mia incompetenza iniziale è stata importante. io non pensavo che avrei trovato lavoro grazie al blog, ma così è stato. il blog a poco a poco è diventato anche una vetrina di quello che so fare. per scelta ho deciso di non farlo evolvere oltre e lasciare il suo lato personale, nel senso di laboratorio di sperimentazione di scrittura e di riflessione. certo il fatto di essere letta da tutti (mi hanno ricontattata grazie al blog amici, parenti, ex colleghi, colleghi di mio marito) ha imposto per cause di forza maggiore una certa autocensura. ma soprattutto per un fatto di rispetto della privacy altrui più che della mia. io racconto cose vere comunque, anche se le trasformo in modo narrativo. adesso c’è anche il fatto che i miei figli stanno crescendo, a volte chiedo loro se posso scrivere delle cose o no. sul web mi sembra che ognuno si comporti in base al proprio carattere. secondo me riesce meglio chi è estroverso e immediato anche nella vita reale. personalmente, dopo autoanalisi, mi sono resa conto che non mi comporto in maniera diversa. magari parlo di sentimenti molto intimi ma faccio fatica a dire che è il compleanno di mio figlio o che mi è venuta l’influenza. fa parte del mio strano lato introverso. invece fa parte del mio lato caciarone il fatto che appena posso cerco di vedere le persone che ho conosciuto, molte delle quali stanno diventando amiche.

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  9. io credo che l’anonimato completo in rete sia illusorio, a meno che non diventa controllato in maniera ferrea – tipo, ho un blog e scrivo SOLTANTO sul mio blog, dove controllo e censuro i commenti, non partecipo come commentatore ad altri blog, non mi metto su FB con il nick del blog eccetera – ma lo sforzo deve essere commensurabile al motivo per cui lo fai, tipo la famosa tizia che aveva quel blog erotico in inghilterra da cui e’ stato pubblicato un libro, un po’ per le cose che scriveva ma anche perche’ era una pubblicita’ indiretta, l’alone di mistero (Wonder ha deciso di giocarla diversamente, sarebbe stato interessante capire che sarebbe successo se fosse restata anonima anche pubblicando). Perche’ se non sei cosi’ rigido, basta proprio poco, basta che uno che ti conosca ti chiami per nome, magari non nel tuo blog, magari in un commento di commento di commento da un’altra parte e te la sei giocata.

    Poi e’ anche una questione di quale e’ la direzione in cui vuoi mantenere, se non l’anonimato, almeno una correlazione immediatamente ovvia fra la persona virtuale e quella reale, ossia se vuoi che i tuoi amici/colleghi/parenti non sappiano che hai un blog (ma non ti frega che i tuoi lettori sappiano chi sei), o se vuoi che i tuoi lettori non sappiano chi sei, ma non ti frega che sul blog commenti tua zia. Il primo caso e’ piu’ gestibile, il secondo secondo me meno.

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  10. Serena in linea di massima chi abita la rete da molto tempo affina degli strumenti che lo difendono suo malgrado dai pericoli. Cioè tutta una serie di cose inconsapevoli di decodificazioni e valvole che noi utilizziamo nella vita ci ritornano nel linguaggio. Si usano delle accortezze, secondo me è importante testare il linguaggio e incontrare le persone in posti neutri e pubblici la prima volta – salvo proprio amicizie rodate in rete per molto – in fondo le stesse accortezze che usiamo nella quotidianità. Non di meno non di più, anche con le distinzioni della quotidianità: perchè è ovvio che nel quotidiano professionalmente uno deve dare identità e generalità, ma tu come privato cittadino – affiggeresti l’indirizzo di casa tua, colla tua foto mentre stai a pulì casa o colla famiglia su un cartello stradale? Daresti il tuo indirizzo a uno che vedi per la prima volta e manco ci parli? No non lo fai perchè devi proteggere la tua famiglia e aspetti le tue decodificazioni. In rete penso che anche il blogger poco noto faccia bene a comportarsi come fuori.
    Insomma, per fare un esempio. Io adoro i cani e i gatti. Ho un gatto ho avuto un cane. Se mio figlio vede un cane per la prima volta non è che siccome penso che so belli do per scontato che non morderà gli dico conoscilo e poi vedi. Così per chi ci incappa in rete. L’umano è l’umano, nè tutto buono nè tutto cattivo, ma certamente non migliore perchè va su internet.

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  11. Allora, diciamo subito che se mi inviti a dormire a casa tua io ci vengo AL VOLO. Quindi stai solo attenta a non fare un invito!

    Comunque la questione privacy e sicurezza in rete è sempre un tasto delicato e come tutti gli argomenti delicati non c’è una soluzione giusta, precisa, certa e che vada bene per tutti.
    Nel mio caso, è successo che nella rete ci son finita tanto tempo fa, un tempo in cui ancora non ci si preoccupava troppo di quanto sarebbe stata invasiva.
    Quando ho aperto Filastrocche.it non mi sono neppure posta il problema di aprirlo con un nickname, sotto anonimato. Anzi, io VOLEVO che mi contattassero persino le nonnine per inviarmi le loro filastrocche, volevo che si fidassero di me e che il sito diventasse un posto sicuro dove trovare contenuti di qualita’. Volevo che si sapesse chi c’era dietro. E mi sono messa in gioco. Va detto che anche caratterialmente sono portata a fidarmi delle persone…
    Poi ho trasformato il mio hobbie in lavoro, ho aperto un ufficio, una società… Quindi anche il mio indirizzo è diventato, se vogliamo, di dominio pubblico (avendo io questa insana passione per avere l’ufficio vicino a casa). Tra l’altro, come scrivi anche tu, per un bel pezzo nessuno si è posto il problema se far apparire o no il proprio indirizzo sugli elenchi del telefono…
    Diciamo che di fondo io mi fido. Quando mi dicono: “Ma non hai paura che ti vengano a cercare?”. Io rispondo sempre: “Ma chi ca… vuoi che venga a cercare me?”.
    Il problema comunque sussiste e le strade sono due. O ti escludi dai social network e dalla rete, o ci vivi in mezzo. Se fai le cose un po’ a metà (aprendo solo a pochi amici, dando amicizia solo a chi conosci) te ne perdi un bel pezzo di vita online! Se io avessi fatto cosi’, non avrei conosciuto tutte le belle persone che ho trovato in rete e ho poi conosciuto di persona anche fuori.
    Certo bisogna avere mille occhi e tenerli bene aperti anche sul web, come nella vita reale. Basandosi sulle tue sensazioni e sulla reputation, come scrivi anche tu.
    Non c’è una soluzione uguale per tutti. Ognuno deve fare come si sente.
    L’unica regola che mi sento di suggerire su Internet è che se uno decide di buttarsi in rete, in un Social, in una community o di aprire un blog deve prima capire bene come funziona, come si usa, quali sono le sue caratteristiche.

    Bho. Per ora la penso così. Poi vedremo dove la vita e la rete mi porteranno…

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  12. Concordo con quanto espresso da Panz: ‘penso si debba fare una distinzione tra chi il web lo “fa attivamente” come noi e chi lo frequenta’.

    Cioè, per me il web è un lavoro. Nel vostro posto di lavoro siete anonimi? Se lavorate in una multinazionale, o in una grande azienda, potete esimervi dal dire chi siete, dove abitate, ecc?

    La privacy per me è altro: la mia intimità, le mie foto private, i miei pensieri privati… e lavorare online non ha mai messo a rischio questa dimensione privata, e posso dirlo con una discreta esperienza, visto che è dal 96 che sono online 🙂

    Ho MOLTA più paura di alcune persone che conosco nella vita reale, ma quello è un discorso… privato 😉

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  13. Sulla tua ultima osservazione.
    Io ho una serie di strumenti per valutare una persona che conosco in rete – e solo in due casi si sono rivelati diciamo grossolani. Ma la scrittura dice molte cose dell’interlocutore. Quanto è ossessivo, quanto è disinvolto, quanto è interessato a cose insolie – ci sono dei campanelli di allarme significativi – troppa disponibilità di tempo è sospetta, gli umani hanno una vita – per dirne uno… però certo la cautela è sempre importante.

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  14. Dunque – ti parla una molto ma molto attenta alla privacy. Per diversi motivi – alcuni soltanto sono ot. Io te li metto tutti.
    1. Io ho un cognome rarissimo in Italia e vengo da una famiglia diciamo relativamente nota. Non notisisma ma insomma. Non è che io scriva cose personali – al contrario – nè racconto fatti di altri. Io no voglio scrivere per gli amici: non voglio il vincolo della conoscenza privata. Quindi del mio blog per dire, lo sa al momento mio marito. Ultimamente si sono aggiunte due persone e basta.
    2. Mi piace l’idea di una scrittura che è narrativa e non diaristica – voglio scrivere cose interessanti e scrivere cose belle (a prescindere che ci riesca o meno) non voglio un diario. Non voglio che si creda che io racconti i cazzi miei tanto per. Ho fatto amicizia con dei blogger – ma è stato un regalo secondario – io non scrivo per fare amicizia. La mia identità privata non deve perciò entrare. Non concepisco quindi neanche foto.
    3. La percezione del pericolo ha una sua ragion d’essere. e incide: volevo farmi regalare dei tovaglioli di carta dai lettori, ma per dire non mi sento di mettere sul blog il mio indirizzo. E quindi niente – i più carini mi contattano e mi chiedono.
    4. Una cosa che ti può interessare è la constatazione che più un blog diventa famoso, più diventa regno di asimmetria anche malgrado le intenzioni dell’autore: il blogger è idealizzato e può andare incontro a sgradevoli episodi di stalking. Ci sono lettori che ti mandano troppe mail, che ti fanno troppe proposte, e che nella loro ossessiva ricerca della tua identità reale (un paio sono riusciti a scavalcare il mio anonimato) rivelano una fissazione che si ti preoccupa.
    Boh poi torno dopo:)

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  15. mi è venuta l’ansia 😉 scherzo ovviamente, però i dubbi che ti poni tu sono gli stessi anche per me. per quanto mi riguarda io all’inizio ero totalmente anonima, non dicevo nemmeno dove abitavo, poi la mia identità digitale si è evoluta nel tempo, venendo sempre di più a coincidere con quella reale, anzi arricchendosi entrambe osmoticamente. penso si debba fare una distinzione tra chi il web lo “fa attivamente” come noi e chi lo frequenta. forse se non avessi il blog avrei più timori, forse proprio grazie ai tanti progetti e di conseguenza al fatto che sono state più le esperienze positive di quelle negative, mi sento di essere abbastanza serena.

    non so come sarà quando frollina leggerà i miei post di oggi, forse sentirà la sua privacy un po’ violata? non so guarda, io sono piena di dubbi a questo proposito e devo dire che alterno momenti in cui vorrei chiudermi a riccio e mi sento un po’ troppo sovraesposta (ma ho fatto tutta da sola ;-)) a momenti in cui mi piace tantissimo questa banca delle competenze e del tempo che è la rete.
    secondo me solo ai posteri l’ardua sentenza 😉

    baci grandi
    panz

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    • @Panzallaria e @mammafelice in effetti per voi, e un po’ anche per me, avere un blog fa parte della vita professionale e quindi l’anonimato non avrebbe senso, proprio perché la vita professionale è un tutt’uno con la presenza online. Cosa diranno i figli di noi….meglio che non ci penso troppo, ma ho come la sensazione che ogni scelta sarebbe sbagliata.

      @mammafelice il fatto di avere più paura di persone nella vita reale, per quanto io non abbia fortunatamente avuto problemi personalmente, è proprio quello che cerco di far capire a mia madre! Un abbraccio.

      @zauberei io credo che il tuo sia un caso totalmente differente, prima di tutto per una questione di scelta di stile del tuo blog. Giustamente vuoi l’anonimato per poterti permettere di parlare di tutto senza freni. Tu spesso tratti temi difficili e controversi, e l’anonimato ha un suo perché. Per la percezione del pericolo però è veramente tutta una cosa personalissima, e se stai più contenta così, io dico che da Ikea ci puoi andare senza problemi e caricartene una vagonata di tovaglioli. Oppure metti un bottone per farteli offrire via paypal, c’è chi si fa offrire il caffé, chi la birre. Potrebbe funzionare!
      Però Zaub ti chiedo, se non avessi le ragioni stilistiche e un blog relativamente famoso alle spalle, credi veramente che il web sia un post così pericoloso da rendere necessario l’anonimato? Per dire, come semplice frequentatrice di fb, o con un blog diaristico meno frequentato e quindi idealizzato dai lettori?

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