Se ne parla, magari non moltissimo (anche perchè, chi dovrebbe parlarne, a volte non sa cos’è), soprattutto in Italia se ne parla poco, ma se ne parla. In effetti se ne parla sempre quando è il caso di demonizzare il web e considerarlo Tutto Il Male, quindi spesso lo si butta lì nell’elenco delle nefandezze della rete, insieme a pedofilia e straniamento dalla realtà.
Proviamo a capire di che si tratta.
Il cyberbullismo (termine coniato dall’educatore canadese Bill Belsey, che si occupa dei comportamenti di bullismo tra i giovani), indica tutte quelle forme di vessazione e persecuzione attuate tramite il web. In particolare ci si riferisce a quelle tra ragazzi, praticamente a tutto quello che viene considerato un atto di bullismo (di cui parlammo già qui), ma perpetrato in rete.
L’esempio tipico sono i filmati ripresi con i telefonini, che raffigurano prese in giro pesanti o addirittura maltrattamenti verso un compagno, che poi vengono diffusi su youtube. Oppure le minacce del bullo verso la sua vittima attuate mediante messaggi in rete (magari quando dal vivo, lo stesso bullo, tiene un comportamento irreprensibile nei confronti del vessato, in modo da non dare nell’occhio). Oppure pesanti ingiurie o denigrazioni o diffusione di informazioni private, effettuate su un social network frequentato da chi conosce la persona che ne è vittima. Insomma, la casistica è ampia e molto più insidiosa di quello che possa pensare chi non frequenta la rete.
Gli adolescenti, i ragazzi, in rete ci sono e quindi spesso possono diventare vittime o carnefici con estrema facilità.
Un atto di bullismo perpetrato sul web può essere molto più infido ed efficace nel suo scopo persecutorio, perchè entrambi i soggetti, vittima e vessatore, vedono ampliati i loro confini d’azione.
Dalla parte della vittima, si ha un’evidente amplificazione del gesto che si è subito: per esempio, se un ragazzo è stato percosso o insultato, vedere il filmato su youtube di questo episodio, sapere che chiunque può accedervi, può provocargli una sofferenza intensa e ripetuta, quasi più grave dell’aver subito il gesto in sè. Oppure, essere minacciato da un bullo con email o con messaggi di qualsiasi tipo, crea più facilmente la sensazione di persecuzione, di assillo e quindi aumenta la paura. In un certo senso, il gesto vessatorio o violento, ti segue un po’ tutto il giorno, ogni volta che ti colleghi a internet.
Quindi l’atto di cyberbullismo può essere più grave e provocare conseguenze ben più ampie di quello “dal vivo”, proprio perchè ha potenzialmente più risonanza, ripetitività e insistenza.
E’ vedendo i fatti dalla parte di chi compie atti di cyberbullismo, però, che si evidenziano le maggiori differenze.
Il cyberbullo può essere più pericoloso perchè spesso non riesce a comprendere la concretezza dei suoi atti: sul web, a volte, si dicono e si fanno cose che non si farebbero nella vita reale. Si può avere una sensazione, fallace, di onnipotenza e di assoluto anonimato. Colui che perseguita un’altra persona con il filtro di uno schermo, spesso perde la cognizione dei suoi atti, li minimizza, non riesce a gestirli. Il cyberbullo può sentirsi protetto dal web e spingersi a superare limiti che, di persona, non varcherebbe per paura di mettersi nei guai.
La relazione di cyberbullismo, addirittura, può più facilmente spingere la vittima a trasformarsi lui stesso in vessatore, proprio per la perdita di remore che il filtro del web sembra offrire.
Gli studi e le statistiche in merito sono per la maggior parte stranieri. C’è uno studio italiano del 2008, molto citato in rete sul cyberbullismo nel nostro Paese. Gli autori di questo articolo (L. Pisano e M.E. Saturno, ” Le prepotenze che non terminano mai“, pubblicato nel 2008 in Psicologia Contemporanea) offrono una schematizzazione molto chiara del fenomeno. I numeri, in Italia, sarebbero stati, tre anni fa, questi: su un campione di 1047 ragazzi, di età compresa tra gli 11 e i 20 anni, studenti di scuole medie (702) e superiori (345), situate (per scelta casuale) nelle regioni di Sardegna, Lazio, Marche, Sicilia e Lombardia, il 14% degli studenti delle scuole medie (con una certa omogeneità tra i due sessi) ed il 16% delle superiori (qui più del 20% delle ragazze dichiara di avere subito aggressioni on line, mentre solo il 6% dei ragazzi riferisce di essere stato cyberbullizzato) hanno riferito di avere subito cyberbullismo.
Per essere un fenomeno quasi ignorato dai più e sicuramente troppo poco conosciuto dai genitori, mi sembra che i numeri non siano confortanti.
Che fare?
Prima di tutto, informarsi. Noi genitori per primi, per informare poi ragazzi e spiegare loro che, qualsiasi forma di aggressione, anche velata, ricevano via web, devono riferirla a noi. Dimostriamoci competenti: facciamoci trovare preparati. Un esempio di informazione ben articolata, diretta e adatta a tutti, è in questo sito: cyberbullismo.eu. Dobbiamo, per primi noi genitori, essere in grado di non sottovalutare l’impatto dell’aggressività e della vessazione on-line. Insomma, dobbiamo sapere di cosa si sta parlando.
Poi, sempre da genitori, dobbiamo essere in grado di renderci conto che il cyberbullo commette un gesto ignobile che può, facilmente, essere qualificato come reato. Per questo, dobbiamo essere in grado di difendere i nostri figli, qualunque ruolo abbiano.
Dobbiamo sicuramente difendere la vittima. Ma anche l’aggressore deve essere difeso dalla sua superficialità, dalla scarsa comprensione della concretezza dei suoi gesti, dall’aggressività che mostra sentendosi forte dietro la (presunta) protezione del web.
La vittima può patire danni psicologici gravi e duraturi. Il bullo può pagare conseguenze assolutamente al di fuori delle sue previsioni. Quando sono entrambi ragazzini, vanno protetti comunque, anche da se stessi.
La tutela contro il cyberbullismo è sostanzialmente la stessa di cui già parlammo per gli atti di bullismo in genere, anche perchè, una volta presentata una querela, l’illusione di anonimato sfuma di fronte a pochi click della polizia postale.
Però c’è qualcosa in più. E’ necessario spiegare ai ragazzini che una minaccia è una minaccia anche in rete e se si minaccia una persona, si è sempre punibili ai sensi dell’art. 620 del codice penale, anche se minorenni (maggiori di 14 anni). La portata delle proprie azioni in rete non cambia poi molto: un’ingiuria è un’ingiuria, a prescindere dal mezzo usato per rivolgerla. Bisogna, pertanto, riportare i ragazzi alla realtà, ristabilire i confini di lecito e illecito, di grave e lieve, di giusto e sbagliato.
E questo non è più un problema di rete o non rete…. è un problema di esempio, di informazione e di attenzione.
Io ho 14 anni e a scuola sento ke nn se ne parla abbastanza di un problema ke in realta’ appartiene alla quotidianità e ke dovrebbe essere più tutelato…. Dal canto mio nn ho mai avuto problemi di cyberbullismo, e sn stata fortunata xke alle medie abbiamo parlato tanto di questo problema e siamo riusciti a comprenderne la gravita’…………. Ma per i miei compagni delle superiori sento ke questo fenomeno nn e’ preso seriamente e viene sottovalutato….. Bisognerebbe fare qualcosa
Segnalo a genitori e insegnanti interessti all’argomento che all’interno del Gruppo Buongiorno ho ideato e coordinato un progetto di formazione rivolto agli educatori sul bullismo digitale, in collaborazione con lo psicologo Nicola Iannaccone.
Il progetto si è concretizzato in un manuale multimediale “Stop al Cyberbullismo”, che consente alla scuola e agli insegnanti di attivare degli interventi di contrasto al cyberbullismo sia in termini preventivi (laddove il fenomeno non sia ancora emerso) sia per rispondere alle emergenze.
Il volume è pubblicato dalle Edizioni la Meridiana, e ha un prezzo di copertina di 14 Euro: i proventi dei diritti d’autore che derivano dalla vendita del volume vengono devoluti da Buongiorno all’ambulatorio per le vittime del bullismo presso la Divisione di Pediatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano.
Potete trovare informazioni e anche sfogliare il manuale alla URL della casa editrice La Meridiana: http://tinyurl.com/yhd58dv
I video allegati al manuale sono anche su Youtube alla pagina: http://tinyurl.com/5u6vs5r
Potete inoltre interagire con noi e aggiornarvi sull’argomento tramite la pagina di facebook: http://tinyurl.com/6454xhx
Wow, bell’articolo, grazie Silvia.
Devo dire che in effetti, insegnando nelle scuole medie, vedo pochissima informazione sulle conseguenze delle proprie azioni, sia sul web che nella vita “diretta”. Ho fatto ai ragazzi un paio di lezioni di informatica, saltando dalle basi direttamente al web, per discutere di alcuni aspetti che a loro non sono noti o che non li preoccupano minimamente. La privacy, la responsabilità, l’opportunità o meno di postare pubblicamente informazioni su di sè o sugli altri, foto (proprie e soprattutto di altri)… e cerco anche di espandere il discorso sulle conseguenze delle loro azioni, di responsabilizzarli, magari facendo leva sulla loro voglia di sentirsi grandi. Possono fare molto, e non sono preparati alle conseguenze o a essere critici. Io nel mio piccolo cerco di fare qualcosa, spero che anche qualche genitore si preoccupi e spieghi, che poi fra loro i ragazzi parlano e magari ci riflettono anche un pò su insieme…