Crescere un bambino bilingue si può

Bilingue per giocoIn questo mese dedicato al linguaggio ospitiamo nuovamente Letizia, una mamma italiana, che ha deciso di crescere il suo bambino bilingue introducendo sin dall’inizio la lingua inglese. Perché lo ha fatto? Perché l’inglese è una lingua utile da imparare certo, ma soprattutto “per gioco”. Imparare una seconda lingua per un bambino infatti non è altri che un gioco meraviglioso. Letizia ha deciso di andare fino in fondo alla faccenda e ha aperto un sito Bilingue per Gioco ricco di informazioni preziosissime per i genitori che intendono lanciarsi in questa avventura. Sul suo sito ci sono consigli su libri da leggere, pareri degli esperti, ma soprattutto testimonianze di altre famiglie bilingui per sentirsi meno soli. Inoltre Letizia organizza gruppi di gioco in lingua, che si chiamano Learn with Mummy e hanno proprio lo scopo di aiutare i genitori a far entrare la lingua nella vita quotidiana e al tempo stesso associare la lingua ad un contesto a misura di bambino. I playgroup sono già estesi a Verona, Roma e Milano. Se volete saperne di più, e non avete la fortuna di vivere in una di queste città, potete sempre comprare l’utilissimo e-book di Bilingue per Gioco, In che lingua giochiamo, ricco di informazioni e spunti utilissimi.

Parlando di sviluppo del linguaggio del bambino ci si domanda sempre più spesso come capire quando il bambino è pronto per introdurre una seconda lingua.

Parafrasando una vecchia canzone possiamo dire « Non c’è nulla da capire », non ci sono segnali particolari, uno stadio giusto per introdurre una seconda lingua. Il bambino è pronto subito, nasce pronto, la domanda piuttosto è capire quando sono pronti i genitori.[pullquote]Il bambino è pronto subito, nasce pronto, la domanda piuttosto è capire quando sono pronti i genitori.[/pullquote]

Il bambino, qualsiasi bambino, nasce con la predisposizione ad imparare, in particolare ad imparare a parlare. Questo è il compito più complesso che dovrà svolgere nel primo anno di vita, di una complessità tale che noi adulti nemmeno riusciamo ad immaginarcelo. Imparare a parlare è estremamente più difficile che imparare una lingua, significa estrarre ordine, significato, regole e strutture da un magma di suoni tutti più o meno indistinti (inizialmente) che ci investono da mattina a sera senza che noi possiamo fare molto per influenzarli (esagero, il bambino non è affatto così passivo). Immaginiamo di essere catapultati tra marziani, che non solo parlano una lingua a noi indecifrabile, con suoni che nemmeno sappiamo emettere, ma hanno usanze e stili di vita tali che nessuna delle convezioni su cui basiamo la nostra vita sociale ci torna utile. Come ce la caveremmo?
E non è incredibile che un bambino di pochi mesi, che passa la maggior parte del tempo dormendo e mangiando (tralasciando altre attività parimenti indispensabili) riesca a fare una cosa così difficile per un adulto? E’ stupefacente, ma non incredibile, perchè il cervello del bambino è altamente specializzato per svolgere proprio questo compito.

Poi il bambino pian piano impara a parlare, e man mano che impara il cervello va oltre, si specializza a svolgere nuovi compiti, e non si preoccupa più di quelli già acquisiti. Un bambino appena nato può imparare a emettere qualsiasi suono, che siano i suoni dell’Italiano, del giapponese, o di una lingua sudafricana tutta basata sul cliccare della lingua (pare si possa cliccare la lingua in molti modi diversi). Nel primo anno di vita il bambino capisce quali suoni gli servono, e poi abbandona questa facoltà. Potrà continuare a imparare nuovi suoni per tutta la vita, ma mai bene come in questa prima fase. Raggiunti i 7 anni circa, quando ormai il bambino ha decisamente imparato a parlare, il cervello decide che questo skill è stato acquisito, e si specializza in altri compiti.

Certo per i genitori madrelingua è una sciocchezza allora. Basta che parlino la propria lingua ai figli dalla nascita ed è fatta, avranno un bambino bilingue…

Magari fosse così facile. In realtà i genitori madrelingua incontrano moltissime difficoltà, a volte, ma solo a volte, anche superiori a quelle di un genitore che vuole insegnare ai figli una lingua straniera. Qualche esempio? Lo status della lingua, se insegni a tuo figlio l’Inglese tutti ti approvano, se gli insegni il Lituano magari meno, e questo ferisce molto. [pullquote]Lo status della lingua, se insegni a tuo figlio l’Inglese tutti ti approvano, se gli insegni il Lituano magari meno, e questo ferisce molto. [/pullquote]Gestire i rapporti con gli altri, si fa presto a dire parla sempre la tua lingua al bambino, al parco, al supermercato e con la nonna italiana come fai? L’ansia di perfezione, se il bambino non è perfettamente bilingue vuol dire che ho sbagliato tutto… Trovare strumenti e materiali, cose semplici come libri o cartoni animati in lingua per i bambini, non si trovano tanto facilmente per tutte le lingue, spesso richiedono uno sforzo organizzativo non indifferente. Le critiche di insegnanti o pediatri, quanti genitori ancora oggi vengono consigliati di lasciar perdere? Su Bilingue per Gioco ci sono moltissime testimonianze di questo genere.

Ok, comunque possiamo concludere che prima si inizia ad insegnare una lingua ad un bambino meglio è?

Sì, ma è anche vero che non è mai troppo tardi, c’è sempre speranza e ad ogni età si impara in modo diverso. Per esempio chi impara da grande non ha la stessa capacità del bambino di imparare come un madrelingua, ma può imparare più velocemente, perchè il fatto di conoscere già i meccanismi del parlato, di poterli razionalizzare e organizzare, può essere molto d’aiuto.

Quindi per esempio si potrebbe investire tutto sui primi anni di vita, far imparare una lingua straniera al bambino, mandarlo magari ad una scuola internazionale, così a 6-7 anni l’ha bella che imparata e si può passare ad altro?
No affatto. Purtroppo no. Il bambino è un grande economo, con tutto quello che ha da fare e da imparare non ha certo tempo ed energie da perdere dietro alle fisse dei grandi. Quindi se una lingua gli serve la impara, se non gli serve la archivia, non la dimentica propriamente (i benefici celebrali del bilinguismo precoce sono permanenti) ma nemmeno la mantiene viva. La lingua è una cosa viva, grandi e piccoli hanno bisogno di costante esposizione per mantenerla.

Ok ma quanta esposizione serve? Realisticamente parlando non sono in molti a poter offrire ai bambini 8 ore di esposizione alla seconda lingua al giorno per anni…

La ricetta è semplicissima: tutta l’esposizione che è possibile dare senza stravolgere la propria vita, le proprie finanze, e soprattutto il rapporto con i propri bambini. [pullquote]tutta l’esposizione che è possibile dare senza stravolgere la propria vita, le proprie finanze, e soprattutto il rapporto con i propri bambini.[/pullquote]
Già una mezz’ora al giorno ha un impatto notevole e duraturo, ma la quantità conta, quanta più esposizione si ha alla lingua meglio la si impara. Però imparare una seconda lingua non è la cosa più importante nella vita di un bambino. Crescere in modo sano e sereno, imparare a gestire le proprie emozioni e a relazionarsi con gli altri e col mondo, crearsi le basi emotive su cui costruire la propria personalità, queste sono le cose veramente importanti. La lingua è un di più, bello e utile ma non indispensabile, e soprattutto un qualcosa che comunque si può imparare anche dopo.

Letizia mi sembri un po’ Crozza e suoi « questo ma anche il contrario di questo », non ce l’hai un consiglio da dare ai genitori che credono che sia importante che i loro bambini imparino una seconda lingua?

Sì un consiglio ce l’ho, senza ma anche. Eccoti tre statement:

  1. ogni bambino può imparare una seconda, e anche una terza lingua, senza alcun problema, senza rischiare danni o confusione, ma anzi traendone benefici
  2. imparare una lingua è un progetto a lungo termine, non si risolve in un paio di anni, ci vogliono tanti anni, tanti stimoli diversi adatti alle varie età, tanto impegno da parte dei genitori (ma non necessariamente tanti soldi, non che non aiutino, ma non sono indispensabili)
  3. non è facile per nessuno, nemmeno per i genitori madrelingua, certo non per i genitori non madrelingua, ma un modo c’è per tutti, si tratta di trovarlo.

Ecco quindi il consiglio: non cercare scorciatoie, non buttarsi senza aver riflettuto. Iniziare a pensare alla seconda lingua oggi, che il bambino sia ancora nella pancia o abbia 10 anni poco importa, oggi è il momento giusto, ma iniziamo cercando una soluzione adatta a noi, alla nostra famiglia, al nostro bambino.

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16 thoughts on “Crescere un bambino bilingue si può”

  1. Lorenza, hai ragione anche tu, devo ridimensionare l’obiettivo di ‘figlia bilingue’, questo è certo ma l’avevo già compreso da tempo. A questo punto però preferisco gestire la cosa in casa, non potendo assolutamente permettermi una scuola privata,con cartoons, cd,libri, una ragazza madrelingua, qualche ora a settimana. Cercherò amichetti stranieri..boh,si vedrà.
    Grazie dell’incoraggiamento.

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  2. @Mary, capisco le tue perplessità, io vorrei esporre mia figlia all’inglese ma lavorando tutto il giorno il tempo a disposizione è pochissimo e per il momento non riesco a ritagliare spazi adeguati.
    Credo però che tra il nulla e il bilinguismo perfetto esistano moltissime sfumature, non è che quando inizi un percorso di apprendimento di una lingua l’obiettivo deve essere per forza il bilinguismo, pensa che stress sarebbe!
    E’ vero, saper cantare le canzoncine non è bilinguismo, ma vuol dire in ogni caso che il bambino sta assorbendo suoni e parole della lingua straniera e quelle resteranno impresse per sempre nel suo cervello.
    Te lo assicuro perché io ho iniziato a imparare l’inglese alle elementari e con le canzoni ci insegnavano a mettere le s alla terza persona dei verbi, a distinguere tra nomi e aggettivi, etc. Quelle canzoncine le ricordo ancora oggi e l’inglese “ce l’ho in testa”, cioè per quanto non sia madrelingua penso in inglese, cosa che non riesco a fare con le lingue che ho imparato da grande.
    Credo sia importante cercare di dare questa possibilità ai nostri figli ma senza angosciarsi o prefiggersi mete troppo ambiziose, anzi è bello scoprire ogni giorno e gioire insieme di quello che riescono imparare di nuovo.

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  3. Già, avete ragione. E’ che io non mi ci sono ritrovata affatto e mi sembra di rovinare il lavoro che molti fanno con passione e impegno.Forse dipende dal carattere del bambino. E sono convintissima che un’ora la settimana serva veramente a poco sul piano del bilinguismo vero.Non cerco la bacchetta magica per trasformare chiunque lo voglia in poliglotta ma saper cantare delle canzoncine non è bilinguismo. Oggi i teenager conoscono canzoni inglesi degli artisti più bravi ma non sanno assolutamente parlarlo. POi certo, va bene se invece il risultato cui mirare è che i bambini non si tappino le orecchie quando a 5 o 6 anni gli viene proposta la nuova lingua.
    Per Letizia,non so chi ti chiede consigli, non so che esperienza tu abbia per darli, non so se tu abbia dei titoli di studio ad hoc. Io non ho niente di tutto ciò ma getto solo un occhio alla quotidianità.Per il bilinguismo vero ci vuole uso sforzo quotidiano non indifferente. Amiche straniere mi dicono che i loro figli a cui parlano dalla nascita nella loro lingua madre, sempre, tutto il giorno, costantemente oggi all’età di 10/11 anni commettono gravi errori di grammatica nel parlare per non dire poi nello scrivere. E l’impegno queste mamme ce l’hanno messo davvero. Tutto ciò nonostante nonni,cuginetti e vacanze nel paese d’origine.
    Ripeto dipende da cosa si intende per bilinguismo e ripeto è solo il mio parere..e uno solo!

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  4. Guarda Mary, potrei scrivere un trattato sulla difficoltà di gestire i Learn with Mummy… Certo che non è che i bimbi entrano si metto a battere le manine e cantare e escono che sanno perfettamente l’Inglese! E’ un percorso non banale, che richiede tanto ma tanto entusiasmo da parte del genitore, poi una volta superata la prima fase, una volta che il bambino si abitua al cambiamento e comincia a divertirsi, il resto vien da sè. Dopo ancora, quando cominci a raccogliere i frutti, il che succede in momenti diversi a seconda dell’età e del carattere del bambino, allora come insegnante e come genitore ti gasi tutta, allora sì che le fatiche iniziali sembrano una sciocchezza, ti rilassi e ti diverti e da lì in avanti è tutto moooolto semplice.

    Già che ci sono rispondo anche all’altro commento però, In che lingua giochiamo? a parer tuo è scontato perchè una mamma di buon senso sa quale materiale va bene e come proporlo ai propri figli, mi permetto di dissentire, non foss’altro perchè implicherebbe che tutte le mamme, e i papà, che mi scrivono su Bilingue per Gioco chiedendo aiuto, consigli e pareri sui materiali da usare non sono di buon senso. Se addirittura mamme bilingui e perfino ricercatrici sulla materia vi hanno trovato spunti ai quali non avevano pensato e che hanno cominciato ad utilizzare dopo averlo letto, mi permetto di continuare a pensare che a qualcosa serva. Poi come dice Silvia, ognuno la pensa come crede, e, aggiungo io, sarebbe strano piacere a tutti…

    Ciao!
    L.

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  5. Mary, qui non c’è un moderatore, non è un forum e normalmente non ci piace cancellare i commenti. Il tuo è stato garbato ed educato, hai riportato una tua esperienza senza offendere nessuno, perchè cancellarlo?
    Non possiamo essere tutti d’accordo e qui c’è posto per tutte le opinioni espresse in modo adatto. Sono certa che Letizia è d’accordo con me: hai evidenziato dei problemi che ci possono essere in questi playgroup, così come Silvia ha esposto la sua opinione positiva. Forse è meglio così, piuttosto che dire che tutto è perfetto e funziona benissimo per tutti: sarebbe poco realistico.

    Reply
  6. Messaggio per il moderatore, è possibile cancellare il mio commento? Magari qualcuno se la prende, mi dispiscerebbe. Grazie. M

    Reply
  7. Ciao a tutti!

    Sono una mamma che ha avuto la fortuna di iniziare il Learn With Mummy a Roma e siamo gia’ al secondo anno e volevo incoraggiare Mary73 dicendole che dalla nostra esperienza all’inizio e’ del tutto normale che alcuni bimbi possano sembrare scocciati/annoiati e che vogliono andare via.
    D’altronde basta fare il gioco del mettersi nei loro panni e credo sia normale per un essere umano (soprattutto piccolino) che viene inserito all’improvviso in un gruppo che non parla la tua lingua con una sconosciuta che parla una lingua sconosciuta e che parla di cosi sconosciuti…la sua prima reazione sia quella di piangere o restare abbracciato alla mamma o voler scappare… sta li’ la bravura/pazienza/volonta’ della mamma di creare la suspence prima di arrivare al playgroup e soprattutto di divertirsi prima lei (e di conseguenza il bimbo se vede la mamma felice 😉 ) di tutto il resto!
    Insomma e’ una fatica immane (noi arriviamo il giovedi alle 1730 sfatte! 🙁 ) ma bisogna armarsi di buonissima volonta’ calarsi nei panni di una mamma contenta che va a fare questa cosa con il suo bimbo e immergerlo con lei in questo “magic moment” che dura un’oretta.
    Insomma piu’ si e’ coinvolte piu’ lo saranno anche loro e questo vale per tutti, anche se non si segue il playgroup secondo me.
    Dopo due anni diplaygroup la mia bimba quando come giovedi scorso l’insegnante magica non e’ potuta venire, ci e’ rimasta malissimo: “mamma come non andiamo a giocare in inglese? 🙁 io voglio andare!” e per consolarsi ha voluto sentire per mezz’ora tutte le canzoncine che cantiamo sempre tutti insieme. Insomma ti volevo solo fare un po’ di coraggio…ci vuole uno bello sforzo, ma vi assicuro che poi sentire i vostri bimbi che SOLO PER GIOCO parlano e cantano in inglese (senza mai forzarli ovviamente!) quando meno te lo aspetti… certo non starai crescendo un bimbo bilingue al 100% ma almeno la lingua secondo me un po’ gli entra gli piace e cresce un po’ piu’ cittadino del mondo di altri ;))) questa e’ la mia opinione… giocate con loro e loro giocheranno con voi… in inglese/francese/russo qualsiasi cosa sia 🙂

    ciao a tutti e grazie ancora a Letizia per questa sua bellissima iniziativa! 🙂

    Meri grismas and eppi niu iuurr (come dice la mia bimba 🙂 )

    Silvia e Flavia

    Reply
  8. Ciao a tutte!

    Sono una mamma che ha avuto la fortuna di iniziare il Learn With Mummy a Roma e siamo gia’ al secondo anno e volevo incoraggiare Mary73 dicendole che dalla nostra esperienza all’inizio e’ del tutto normale che alcuni bimbi possano sembrare scocciati/annoiati e che vogliono andare via.
    D’altronde basta fare il gioco del mettersi nei loro panni e credo sia normale per un essere umano (soprattutto piccolino) che viene inserito all’improvviso in un gruppo che non parla la tua lingua con una sconosciuta che parla una lingua sconosciuta e che parla di cosi sconosciuti…la sua prima reazione sia quella di piangere o restare abbracciato alla mamma o voler scappare… sta li’ la bravura/pazienza/volonta’ della mamma di creare la suspence prima di arrivare al playgroup e soprattutto di divertirsi prima lei (e di conseguenza il bimbo se vede la mamma felice 😉 ) di tutto il resto!
    Insomma e’ una fatica immane (noi arriviamo il giovedi alle 1730 sfatte! 🙁 ) ma bisogna armarsi di buonissima volonta’ calarsi nei panni di una mamma contenta che va a fare questa cosa con il suo bimbo e immergerlo con lei in questo “magic moment” che dura un’oretta.
    Insomma piu’ si e’ coinvolte piu’ lo saranno anche loro e questo vale per tutti, anche se non si segue il playgroup secondo me.
    Dopo due anni diplaygroup la mia bimba quando come giovedi scorso l’insegnante magica non e’ potuta venire, ci e’ rimasta malissimo: “mamma come non andiamo a giocare in inglese? 🙁 io voglio andare!” e per consolarsi ha voluto sentire per mezz’ora tutte le canzoncine che cantiamo sempre tutti insieme. Insomma ti volevo solo fare un po’ di coraggio…ci vuole uno bello sforzo, ma vi assicuro che poi sentire i vostri bimbi che SOLO PER GIOCO parlano e cantano in inglese (senza mai forzarli ovviamente!) quando meno te lo aspetti… certo non starai crescendo un bimbo bilingue al 100% ma almeno la lingua secondo me un po’ gli entra gli piace e cresce un po’ piu’ cittadino del mondo di altri ;))) questa e’ la mia opinione… giocate con loro e loro giocheranno con voi… in inglese/francese/russo qualsiasi cosa sia 🙂

    ciao a tutti e grazie ancora a Letizia per questa sua bellissima iniziativa! 🙂

    Meri grismas and eppi niu iuurr (come dice la mia bimba 🙂 )

    Silvia e Flavia

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  9. Magari fosse così facile! E’ molto impegantivo crescere un bambino bilingue in una famiglia monolingue autoctona. Ai Learn with mummy, dove ho provato a partecipare con mia figlia, ho visto solo bambini scocciati che chiedevano alle mamme di andar via ( e beate le mamme i cui figli ci stanno volentieri!). Stessa cosa al centro Helen Doron che organizza corsi davvero ben organizzati, una didattica-gioco fantastica ma niente, pochi bambini si divertono, molti si tappano le orecchie e vogliono andar via! Ho visto anche l’e-book In che lingua giochiamo. Mi è sembrato molto scontato, insomma, credo che ogni mamma di buon senso sappia bene quale materiale e come fornirlo ai propri bimbi. Ci vuole molta molta determinazione e la lingua deve entrare in casa..assolutamente. Il bambino apprende molto di più se la cosa fa parte della sua quotidianità e meglio ancora di quella rassicuranet casalinga quindi con babysitter, au pair, cartoni, libri, amichetti..per chi può permetterselo, scuole internazionali!!
    Vabbè..è solo il mio pensiero!!
    In bocca al lupo a tutte!!

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  10. BUONAGIORNATA A TUTTI, MI PIACEREBBE ESSERE INFORMATA SU QUESTI INCONTRI A ROMA,IO MI STO PRODIGANDO AFFINCHE MI SI DIA LA POSSIBILITà DI FARE DELLE ORE DI APPROCCIO, NON VOGLIO NEANCHE CHIAMARLO ANCORA INSEGNAMENTO, DELLA LINGUA INGLESE,(TOTALMENTE VOLONTARIO E GRATUITO) NELLA CLASSE DI MIO FIGLIO. PROPRIO PERCHè PENSO CHE SIA FONDAMENTALE CHE I BIMBI GIA NELLA PRIMA INFANZIA RICONOSCANO L’ESISTENZA DI ALTRE LINGUE ,NON CHE ALTRE CULTURE, VISTO ANCHE IL CONTINUO TRASFORMARSI DELLA NOSTRA SOCIETà,ORMAI MULTIETNICA . VI SAREI MOLTO GRATA SE METTESTE DELLE NOTE SUI GIORNI DI INCONTRO. GRAZIE 1000.

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  11. Non sono madrelingua ed ho una bimba di 6 mesi che vorrei imparasse l’inglese da subito. Se organizzate un “learn with mummy” a Imola (BO) in ore serali io sono già lì!!!

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  12. Se organizzate un “learn with mommy” a Roma nel mio quartiere (Montesacro/Nuovo Salario) durante il WE io sono già lì!!!

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  13. Hai ragione Erika,

    e soprattutto nessuno è perfetto nè tantomeno standardizzato. Può essere benissimo che un bambino bilingue abbia meno ampiezza di vocabolario di un coetaneo monolingue, ma
    1) vogliamo mettere, parla un’altra lingua, hai detto niente!
    2) crescendo avrà modo di recuperare ampiamente

    Ciao!
    Letizia

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  14. Bellissimo articolo!
    Io sono una mamma di 3 homeschoolers bilingue (io sono italoamericana) e ho insegnato a lungo in nidi e materne la lingua inglese. L’ansia è comunque la peggior nemica e spesso i parenti sono quelli che mettono più prssioni. “Ah, ma non sa ancora contare in italiano, Ah ma non parla ancora bene, Ah ma pare uno straniero!”
    NON ASCOLTATELI, i bambini hanno i loro tempi!
    Erika
    http://www.controscuola.it/ (info scuola a casa)

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