Memento per le feste: se c’è una fatica che porto dietro da quando sono genitore è che il momento in cui sembra più urgente la mia presenza cade esattamente nel momento in cui la spia (che da svariate ore indica che le mie energie sono in riserva) inizia a lampeggiare furiosamente.
Il corollario di questo memento è che spesso, la richiesta, mi conduce verso domande e questioni che sembrano fatte apposta per prosciugarmi, intensificare il mal di testa, snervarvi e quanto altro volete aggiungere: dimenticanze futili, materiali apparentemente inutili per la scuola, desideri inespressi da giorni spuntano come folletti e saltellano impazziti nel dialogo genitore – figli.
Nel frattempo, al mio interno, complice la scarsità delle energie, le emozioni iniziano a suonare tutte assieme, con un’evidente ed estemporanea cacofonia.
È il momento di fare i conti con il comandamento numero uno del genitore “tu conterrai le mie emozioni anche quando siano espresse malamente o con domande trabocchetto. È l’emozione, su cui ho bisogno di aiuto, più che sulla cosa” e sul trucco conseguente “contenere le mie stesse emozioni è più utile di correre affannata dietro tutte le tue richieste”.
Ecco allora il mio pensiero per il calendario dell’avvento: abbracciamoci, fisicamente e internamente. Abbracciamo le nostre emozioni difficili, i capricci dei figli, le delusioni, abbracciamo noi stessi affaticati con una tazza di tè, con un bagno profumato, con un pigiama messo prima di cena, con un cartone animato visto abbracciati sotto la copertina di pile. Trasformiamo il contenere (e la fatica che a volte ne consegue) in un dono.
Il regalino per questa casellina è questa sigla, dura un minuto: buona visione
odddiodddio, rivisto recentemente e ho deciso che Love Actually lo devo guardare con figlio piccolo