In apparente antitesi con il mio post di ieri, in cui invitavo a non guardare al passato per proiettarsi verso il futuro, pubblichiamo oggi un prezioso guestpost di Francesca-panzallaria-Sanzo. Francesca mi aveva colpito qualche mese fa con un post su Irma Bandiera, partigiana e donna, e l’immagine di Francesca e la sua Frollina quattrenne che mandano un bacio alla lapide di una donna che è morta per la sua patria, mi è rimasta impressa.
Educare attraverso la memoria storica è qualcosa di molto diverso che insegnare la storia. Ho chiesto a Francesca di parlarci di questo argomento e l’ho colta in un momento molto favorevole, in cui anche lei rifletteva sulle stesse cose, per via di una sua recente esperienza.
Quando Serena mi ha scritto per chiedermi se volevo scrivere un post sul tema della memoria, ho fatto un salto di felicità sulla sedia e non solo perché me ne sentivo onorata, ma anche perché arrivava in un momento particolare.
Da un paio di settimane sono tornata da un campo seminariale presso la scuola di Pace di Montesole (Marzabotto, Bologna) dove abbiamo affrontato proprio il tema della memoria e di come si può stare sui luoghi di memoria. Memoria, Educazione, Teatro, Azione: ecco le parole chiave di 7 giorni ad alta intensità, in uno dei luoghi simbolo della II guerra mondiale in Italia, la zona dove tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 i tedeschi uccisero 800 civili tra donne, vecchi e bambini.
Da quando sono mamma – mia figlia ha 4 anni e mezzo – mi interrogo spesso su come raccontare la memoria collettiva ai bambini, su come “educare” in maniera non granitica, aprendo ai dubbi più che portando risposte e senza alimentare dicotomie e polarismi (bene e male) che – per me – sono solo il germe su cui fioriscono la retorica e le “bombe intelligenti”.
Non è facile e io per prima non ho risposte (passatemi il gioco di parole che si arrotola su se stesso).
Questo campo, condiviso con altre 20 persone, mi ha fatto riflettere molto sul fatto che non è necessario stare sui luoghi di memoria con la sola contrizione e che essere cittadini attivi, promuovere responsabilità individuale significa soprattutto “ascoltare” la memoria in modo non celebrativo ma perché diventi un meccanismo di conoscenza di se stessi, dei propri limiti e della propria responsabilità di scelta, sempre.[quote]
E così, all’insistente domanda “Come si sta sui luoghi di memoria” a me è arrivata – spontanea – questa risposta: con un libro di Gianni Rodari, a leggere favole a mia figlia.
Qualcuno ha storto il naso, ci ho scritto un post per il mio blog Fabularia e su facebook ho ricevuto commenti perplessi, in cui alcune persone si interrogavano sul rischio di portare la propria bambina in luoghi dove sono successe cose tanto brutte.
Frollina è venuta a prendermi alla fine del campo e insieme a lei e a suo padre, siamo salite a Casaglia, uno dei luoghi dove fu compiuto il massacro.
A Casaglia c’è una chiesa e un cimitero e proprio all’interno del cimitero vennero trucidati molti bambini e donne. L’unica tomba posteriore al ’44 è quella di Don Dossetti.
Frollina mi ha chiesto perché fossimo lì e allora le ho raccontato che in quel posto, un tempo, vivevano molti bambini come lei, che i loro genitori lavoravano i campi e loro abitavano in case di pietra e avevano le scarpe rotte perché c’era la guerra e mangiavano le castagne, quando riuscivano a raccoglierle.
Le ho detto che sarebbe stato bello leggere una favola, come per esempio “Il paese con l’esse davanti” delle Favole al telefono di Rodari e lei ha voluto lasciare un fiore fresco davanti alla croce che ricorda le vittime e poi è cominciato a piovere e purtroppo, abbiamo dovuto rimandare la lettura a casa.
Lei rideva, eravamo molto felici di essere insieme, noi 3, lì. Si sentiva il rumore del vento e della pioggia e degli uccelli che si nascondevano per la pioggia e le nubi che giravano e facevano curve nerastre nel cielo.
Quando mi ha chiesto: “Perché siamo venuti qui?” le ho semplicemente risposto “per ascoltare le voci della natura e delle pietre”. Ha 4 anni e mezzo e non ho voluto raccontarle tutto. Ma credo di non averle detto una bugia, di non avere, per questo, omesso nulla. Mi piace credere che attraverso le narrazioni, laterali, non sempre realistiche ma fatte del sentimento della memoria, Frollina possa iniziare ad ascoltarla, farsi domande, strutturare un pensiero critico che accetti “la zona grigia” delle persone e delle cose ma sappia scegliere, sempre, responsabilmente, la via del rispetto dell’altro e di se stessa.[quote1]
Mi piace credere che la memoria la esercitiamo con le azioni, più che con i discorsi, le parole e che attraverso le favole, o la lettura di una poesia, possa esserci azione.
Perché il linguaggio è responsabilità e se impari che le parole sono preziose fin da bambino, si trasformano in azione concreta e attiva.
Mi piace credere che si possa parlare delle cose scegliendo parole semplici e complesse insieme, con un peso specifico tale da rimanere memoria per i nostri figli.
Mi piace pensare che sui luoghi di memoria si possa stare anche con il sorriso.
Il sorriso dei bambini.
(*)foto scattata a Montesole da Francesca. Sono le bimbe che vivevano nel 44.
Quello dei luoghi di memoria e dei bambini e’ un tema che mi e’ caro.
Da “viaggiatrice pre-patato” piu’ volte mentre ero “in visita” (perche’ non e’ mai una visita e’ un cammino del cuore) ho pensato che ci fossero troppo pochi bambini li’.
Dakau, Amsterdam, Hiroscima, Varsavia, Budapest, Praga, Norimberga, sono tanti i luoghi dove, anche all’interno di una bella vacanza coi bimbi, ci si puo’ soffermare e insegnare ai propri figli a pensare. Certo non e’ facile e, come dice qualcuno, bisogna trovare le parole giuste, pero’ e’ fondamentale che i bimbi ci siano, che “vivano” quel cammino. Ognuno coi propri tempi, ognuno coi propri modi, ma credo che il cuore dei bimbi sappia capire molto piu’ di quanto noi pensiamo e elaborare le informazioni nel giusto modo.
Il mio patato per ora e’ troppo piccolo ma uno dei libri che ricordo da ragazzina e’ stato “Il diario di Anna Frank”. Una ragazzina che scrive di guerra e orrore. Senza usare un linguaggio crudo o insistere su cose difficili da rielaborare per i piccoli Anna racconta di se’ e intanto ti apre il cuore a un qualcosa di terribile che e’ importante non dimenticare per evitare che possa accadere di nuovo.
Quando il patato sara’ piu’ grande vorrei fargli leggere quel libro, e poi se possibile percorrere insieme le vie di di Amsterdam e visitare la casa di Anna. Perche’ sono davvero convinta che sia giusto coinvolgere i piu’ piccoli “nella memoria”.
Scusate se intervengo da storica. Non c’è un modo solo per stare nei luoghi di memoria con i bambini (0-12) né con gli adolescenti se si prescinde dal contesto familiare. Se nella famiglia si parla abitualmente – e in modo anche leggero – di storia e di politica i bambini sanno come “comportarsi” e di conseguenza i genitori dosano le informazioni a seconda dell’età. E’ del tutto inutile, invece, pretendere di diventare trasmettitori di memoria in un solo giorno. E’ un po’ come quei genitori che non leggono niente, non hanno libri in casa e si lamentano perché i figli non leggono. La memoria e la storia sono un esercizio quotidiano, non necessitano di specifiche abilitazioni culturali – si tratta solo di avere passione e un punto di vista. Si può raccontare ai bambini in età prescolare la Rivoluzione francese come se fosse una fiaba e renderli partecipi delle vicende dei nonni e dei bisnonni nella normalità. Non bisogna aspettare di andare a visitare un luogo di memoria – anche perché di solito sono abbastanza traumatizzanti e i piccoli e gli adolescenti si difendono come possono ossia ridendo e giocando. E per i piccolissimi – nella mia esperienza – sono abbastanza contraria alla visione sia di documentari sia di docuftion – troppa violenza ed emozioni senza alcuna conoscenza dei fatti. Ci vuole pazienza! Ma – di norma – nelle case in cui si parla di politica e storia come di altri argomenti di attualità sono gli stessi bambini a chiedere e a domandare.
I miei figli hanno passato gli ultimi mesi a guardarsi una serie di docu-fiction per bambini olandese, intitolata: 13 anni durante la guerra, in cui raccontano vari temi (gli ebrei, i collaboratori, l’ inverno della fame., i bombardamenti ecc.) attraverso un breve film sulla storia di un ragazzino o ragazzina tredicenne di famiglie diverse e come era la loro vita durante la guerra.
Il piccolo non ha fatto altro che urlare Adolf Hitler in tutte le soste che facevamo in Germania scendendo in Italia o risalendo in NL. La soluzione è che i tedeschi sono cattivi e anche se la serie è sull’ Olanda dirante la guerra, io ci avrei messo qualche parallelo su un tredicenne di Dresda durante i bombardamenti, che sta storia che i tedeschi debbano passare l’ eterità a scusarsi veramente ha stufato, loro per primi mi sa.
Ieri ha detto che se andiamo in Polonia vuole visitare un campo di concentramento e considerato che mio nonno è sopravvisuto a tre (e io avevo giurato che per la sua santa memoria mai andrò a visitare Auschwitz), e che quando piove e la terra diventa molle puoi trovare cose che appartenevano ai prigionieri. Un gran casino spiegargli che no, è una cosa bruttissima e non si fa, se trovi un anellino, tenertelo.
“Ma perchè, se è di una bambina morta lo puoi prendere no?”
Panz, dammi una dritta sull’ etica spiegata ai settenni con istinti da tombaroli perchè non ce la posso fare.
Nooo, non avevo per forza equivocato, credimi. Ho apprezzato molto il tuo post. Anzi, ha scatenato tutta una serie di riflessioni sul fatto che molte mamme che conosco non si rendono neppure conto di rendere certi argomenti tabù per i propri figli. Sono mamme bravissime, eh! non voglio colpevolizzare. E’ che certi argomenti , come quella della morte o peggio della morte di un uomo per mano di un altro uomo dovrebbero essere digeriti prima dagli adulti e non sempre questo avviene. Ho sentito una madre dire a un bambino che quell’uccellino, visibilmente morto stecchito sul selciato, stava dormendo..che fa anche un po’ sorridere, se volete. Ma quell’adulto in pratica ha detto al figlio che della morte non ne vuol sentir parlare. E quando gli parlerà, allora, quella signora, di Marzabotto? Lo lascerà fare alla scuola, se la scuola lo farà, visto i tempi che stiamo vivendo. Qui, Francesca, sono d’accordo con te nel non delegare per forza questi argomenti, anche se possono essere dolorosi, ma di affrontarli, nei dovuti modi, con i nostri bambini per la loro e la nostra crescita emotiva.
Su Marzabotto ho visto poi “L’Uomo che verrà”, film splendido e straziante la cui visione farebbe gran bene ai nostri liceali.
Mi sa pero’ che mi sono spiegata male nel post e mi dispiace perché non volevo dire che bisogna omettere ma che si può essere cittadini attivi fin da bambini esercitando la memoria in maniera attiva e non solo nel modo canonico, ovvero con silenzio a tutti i costi o solo con la parte emotiva ma contestualizzandola nel presente. Mi spiace, mea culpa. Difficile spiegare il lavoro che so facendo personalmente sulla memoria con le parole 🙂
@deborah, le tue ultime due frasi me le segno!!
Anche io mi sono posta il problema, proprio domenica scorsa, quando mia figlia, 6 anni , mi ha chiesto che cos’erano le torri di cui aveva sentito parlare e che cos’era successo.
Pensavo mi fosse difficile raccontarle quanto era accaduto. In realtà i bambini percepiscono meglio di noi la differenza tra il bene e il male, procedono per categorie assolute. Nel mio caso ho usato concetti semplici e universali, come, appunto bene/male, vendetta. Non ho neppure toccato l’argomento religione, perchè alla fin fine non servono a molto a spiegare una cosa così brutta.Che è brutta e basta.
Però è da quasi tre anni che io e mia figlia discorriamo di tutto, senza veli, per così dire. La prima domanda sulla morte mi è arrivata prestissimo e avrei voluto scappare. Ho scoperto in questi anni che quando un bambino fa una domanda è pronto a ricevere una risposta, qualsiasi sia. E che spesso siamo noi quelli a non essere pronti a spiegare quanto meravigliosa e terribile possa essere la vita.
@Barbara: in realtà stiamo dicendo proprio la stessa cosa 🙂 non e’ con il
Buonismo che si aiuta i bambini a crescere ma ogni eta’ ha il suo momento e le cose si possono raccontare in molti modi, proprio per renderle comprensibili. La
Contrizione e il dolore non sono necessariamente elaborazione e in questo
Momento, penso, personalmente che se vogliamo resistere alla xenofobia dilagante, contrastare le numerose ingiustizie l, guerre, stragi umanitarie, sia
Importante legare con un filo rosso il passato al presente e far capite ai nostri figli
Che siamo di fronte alla banalità del male ma che anche con l’azione culturale ( rodari non e’ topolino 🙂
Possiamo agire attivamente, fin da piccolissimi. Appena mia figlia sara’ pronta torneremo a monte sole e le racconterò tutto come ho fatto di fronte alla lapide di Irma bandiera. Ora le
Insegno a stare su quei luoghi sapendo che fanno parte del flusso della vita, non sono l’eccezionalità e il
Mostro e’ sempre presente ma anche attraverso la
Lettura può essere combattuto da cittadini attivi.
Non lo so, sono scettica. Da piccola andai con la scuola alle fosse ardeatine ma non ci raccontarono granchè. Dopo qualche anno conobbi la storia del posto ed ebbi un tuffo al cuore. Mi sentii in colpa per aver giocato, riso e scherzato in un luogo che si portava dietro tanto dolore. Di certo se l’avessi saputo mi sarei comportata diversamente, ecco.
Se potessi decidere io per mia figlia l’approccio che reputo migliore, credo sarebbe quello di informarla sulla storia del posto e poi portarcela. Penso che la conoscenza, o anche solo il concetto, di “male”, “cattivo” e “cose brutte” sia da conoscere abbastanza presto, magari partendo da esperienze minori di vita di tutti i giorni. Essere preparati gradualmente a quanto può fare schifo il mondo, detto in modo cinico.
La mia collega di italiano dell’anno scorso ha dato da leggere “Il cacciatore di aquiloni” ai ragazzi della seconda media. Lì per lì sono rimasta un pò interdetta quando l’ho saputo ma lei mi ha detto che dovevano piantarla di vivere in un castello incantato e decidersi a crescere. A posteriori penso avesse ragione…
Grazie dei bellissimi commenti e di questa opportunità. Stare sui luoghi di memoria emotivamente ma anche con una elaborazione razionale che porti alla conoscenza e’ forse uno dei modi per agire attivamente per il futuro. Anche per noi grandi che troppe volte pensiamo che il silenzio sia
L’unica risposta.
Che bel post!
Ricordo che alle elementari (in prima o seconda al massimo) da noi sono venuti i rappresentanti dell’associazione partigiani e reduci di guerra per parlarci di cos’era stata la guerra, il fascismo e la resistenza. Abbiamo imparato “o bella ciao”.
Abitando a Mestre poi la gita al ghetto era d’obbligo, con relativa lezione sulla Shoah.
Il tutto nel cattolicissimo Veneto di 30 anni fa dove si diceva la preghiera ogni giorno prima di iniziare le lezioni…spero che analoghe iniziative si tengano ancora oggi nonostante i tagli e il revisionismo strisciante.
Sai che quest’estate, in un’occasione particolare, ho pensato a questo? Si parlava di un episodio che riguardava uno dei nonni conosciuto dal nano e non riuscivo a capire come intavolare un discorso senza (s)cadere nell’autocelebrazione nè nella leggenda. Questo post mi è utilissimo, oltre che bello!
Questo guestpost casca a fagiolo. Sto riflettendo sul mio intervento per il momcamp, in cui non tratterò di memoria, ma di coscienza/impegno sociale. Un altro modo di trattare “cose tanto brutte”, di lasciare che il nostro mondo di maternità serena e a tinte pastello si lasci contaminare dalla “zona grigia” senza evitarla. Grazie degli utili spunti.