Cartolina dal balcone

Abito in un bell’appartamento a Milano, in un quartiere che ormai conosco da anni e che amo profondamente. La mia casa e’ colorata almeno quanto me, ogni parete riflette uno dei colori che mi appartengono: azzurro, verde, rosso, arancio. Se sono triste entrare in casa mi conforta, mi placa, mi rassicura.
Oggi, per esempio, e’ una di quelle giornate con la lacrima facile, tornata dal lavoro con il caldo rovente, passeggiavo per le strade aspettando di varcare la soglia.
La mia casa. Teatro di risate ma anche di tanti litigi, scontri, pianti.
La mia casa, in cui vedo il segno delle mie pennellate imperfette, regno delle notti sulla scala con un pennello e una birra in mano.
Tempo che è andato, tempo di ricordi che mi tengono compagnia.
Mi rannicchio sul mio letto dal copriletto azzurro, guardo le foto appese, i quadri, c’è una vela che porta lontano, ricordo di un padre di cui troppo spesso sento la mancanza. Soprattutto quando sono triste. “La felicità si vive in un attimo”, mi diceva, “e’ stare in pace con se stessi”. Vorrei potergli tendere la mano e chiedergli molte più cose di quante ne ne abbia dette. Non c’è stato il tempo, mai, e nemmeno lo spazio.
Guardo fuori, la casa di fronte è stata buttata giù, si è sgretolata come un castello di sabbia una notte in cui ero in vacanza.
Sono tornata e davanti a me c’era il cielo azzurro, la casa non c’era più.
Una casa di tanto tempo fa, con i murales disegnati sopra, una casa occupata brutalmente e altrettanto brutalmente buttata giù. In un soffio. Un alito di vento e tanta polvere sul mio balcone fiorito.
Il mio balcone, chiuso tra le case, troppo stretto per essere un terrazzo, lungo e pieno di piante. Esco e guardo fuori.
Esco e mi siedo sul divanetto improvvisato, gioco con i bambini sul tavolino, posizionato per creare un angolo solo nostro.
Prendo aria, respiro a pieni polmoni, conosco a memoria i palazzi di fronte, i terrazzi con le luci, gli alberi del nostro giardino condominiale, la magnolia che mi saluta al mattino appena sveglia.
Mi appoggio e chiudo gli occhi, dentro i bambini si rincorrono, ascolto le loro voci e non dico niente, sento la palla che salta il corridoio, la TV accesa, Mattia che si arrabbia perché il volume è troppo forte.
Per un attimo sto li’ con il mio libro aperto, qualcosa da bere, l’estate piena che mi avvolge e che mi rende triste, le macchine in lontananza, il sole che sta quasi per calare.
Aspetto il tramonto. Da un momento all’altro si aprirà per me.

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