Il temperamento è l’insieme dei tratti del carattere che sono innati in ognuno di noi. E’ la base sulla quale si viene a formare la nostra personalità di individui, modellata e sviluppata dalle esperienze che facciamo nella vita. In questo senso il temperamento non è una condanna. Non è un modo di essere imprescindibile ed inevitabile. E’ la materia prima sulla quale lavorare per diventare degli individui integrati nella società e in grado di funzionare con se stessi e con gli altri. Conoscere il proprio temperamento e il temperamento dei nostri figli, può aiutarci a vivere meglio il processo di crescita, e a trovare metodi educativi più efficenti.
Gli studiosi hanno individuato vari tratti del temperamento che sono evidenti persino in neonati. Questi descrivono quanto siamo tenaci nel raggiungere i nostri goal, se diventiamo facilmente frustrati, quanto siamo sensibili, attivi, regolari nei nostri bisogni fisiologici quali mangiare o dormire, intensi nelle nostre manifestazioni emotive, e come siamo in grado di gestire momenti di transizione a nuove situazioni. Riconoscere queste caratteristiche in se stessi e nei propri figli è estremamente utile per capire cosa c’è in fondo ad un certo comportamento, ad esempio capricci, rifiuto di mangiare, difficoltà ad addormentarsi, e trovare una soluzione appropriata. Molto spesso il temperamento è quello che dà luogo ad incomprensioni e momenti di tensione (o capricci) tra genitori e figli.
Mary Sheedy Kurcina nel suo libro “Kids, Parents and Power Struggles” descrive ciascun tratto del temperamento in modo molto chiaro e semplice, il tutto corredato di esempi concreti. Il libro, che è disponibile solo in inglese, è di facile lettura e molto utile. Cercherò di riassumere ciascun tratto del temperamento, per capirne le caratteristiche, e vi farò esempi tratti dalla mia vita quotidiana con il Vikingo. Per ciascun tratto, potete divertirvi a segnare quanto quel tratto descriva il comportamento vostro o di vostro figlio in una scala da 1 a 5.
Perseveranza Quanto è tenace tuo figlio? Abbandona facilmente un progetto per dedicarsi ad un altro o è molto difficile distrarlo? Accetta facilmente un no? Smette di costruire un puzzle se un pezzo non riesce a metterlo? Oppure continua a lavorarci finchè non trova la soluzione? Continua a porvi la stessa domanda finchè non riuscite a dargli una risposta soddisfacente?
Un figlio molto tenace è una sfida notevole per un genitore. Con questo tipo di bambino è una buona idea quella di discutere quali sono i suoi piani prima di tentare di imporgli i vostri. Un bambino perseverante non è certo di quelli da prendere di petto, cercando di forzarli a fare qualcosa contro la loro volontà. Se è impegnato in un gioco, non vorrà smettere finchè non lo ha terminato. Una tecnica che ho trovato molto utile con il Vikingo è di chiedergli di trovare un punto in cui fermarsi. Porre la domanda “cosa hai bisogno di fare per considerare questo gioco finito?” o aiutarlo a trovare un punto, quando non è in grado da solo.
Al contrario, i bambini poco perseveranti, e che tendono ad abbandonare un progetto di fronte alla prima difficoltà, possono aver bisogno di aiuto da parte dei genitori per mantenere il focus sull’obiettivo finale e riuscire a portare a termine un progetto. Per questi bambini è importante imparare a trovare stratagemmi per mantenere alta l’attenzione, e mantenere il controllo e la calma nonostante si sentano frustrati.
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Poco tenace | Molto tenace |
Sensibilità. Un bambino sensibile viene influenzato facilmente dall’umore degli altri, in particolare da stati d’animo negativi, quali la tristezza e la rabbia. E’ molto percettivo e si accorge di cose di cui voi non immaginate nemmeno l’esistena. Non ama i rumori forti, le luci o gli odori. Si lamenta di alcuni tessuti e rifiuta di indossare alcuni abiti giurando che “il tessuto fa male”. Un giro ad un centro commerciale, un supermercato o peggio ad una fiera con un bambino sensibile è un giro all’inferno. Un tale concentrato di rumori, suoni, odori, luci, risulta normalmente fastidioso e stancante per chiunque. Si può solo immaginare quello che può arrivare a provare un bambino sensibile in una situazione simile. Il Vikingo alla tenera età di 2 mesi non era in grado di sopravvivere ad un giro al supermercato (e noi con lui). La quantità di input a cui era sottoposto erano troppi, e parliamo solo di quel poco che era in grado di percepire stando sdraiato nella carrozzina, che comunque non escludeva rumori e odori. Mi ricordo che cercavamo di fare la spesa il più velocemente possibile, correndo tra i banchi e infilando mercanzia nel carrello presa un po’ a casaccio, per evitare il peggio, che comunque arrivava sempre. Ora che ha 3 anni e mezzo, pur essendo migliorato molto, il fare la spesa continua ad essere una sfida contro il tempo.
Un bambino sensibile ha bisogno che gli sia dato credito per quello che vi dice di soffrire. Negare i suoi sentimenti o le sue sensazioni non è mai una buona strategia. Se vi dice che gli fa male la cucitura dei calzini, dovete accettare che sia vero: believe it or not!
Al contrario, bambini poco sensibili agli input esterni possono avere difficoltà a capire i segnali del loro corpo quando sono stanchi o affamati. Hanno bisogno anche di capire che non tutti i bambini trovano divertente partecipare ad una caotica festa in maschera, per insegnargli ad accettare quando un suo compagno di giochi si rifiuta di seguirlo in qualche mirabolante avventura.
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Poco sensibile | Molto sensibile |
Capacità di adattamento. Quanto è facile per tuo figlio adattarsi a nuove situazioni, cambiamenti di programma, un nuovo ambiente? Gli piacciono le sorprese? Ama le transizioni? Bambini con una bassa capacità di adattamento non amano le transizioni. Un cambio di abbigliamento, quale quello quotidiano dal pigiama al vestiario per uscire è un dramma. Uscire di casa richiede lunghe contrattazioni. Rientrare a casa una volta usciti è come tentare di infilare un toro nella stalla contro la sua volontà. Ogni transizione o cambio di programma richiede un certo periodo di adattamento alla nuova idea. Ama le routine, e vuole sempre sapere cosa lo aspetta. Un bambino che non ama le sorprese, può scoppiare a piangere scartando il regalo di compleanno, perchè non è quello che si aspettava di ricevere. Per questi bambini è impossibile inserire troppe attività nell’arco di una giornata che prevedono molti cambi di ambiente. Noi abbiamo imparato a nostre spese a limitare il numero di attività e ad informare il Vikingo dei nostri piani, anche se si tratta semplicemente di uscire la mattina un po’ prima del solito.
Viceversa, un bambino con buone capacità di adattamento a nuove situazione, e per cui le transizioni non presentano un grosso problema, non creano difficoltà ai genitori, che possono facilmente portarli da un posto all’altro senza doversi preoccupare che sia troppo per i loro figli. L’unico rischio è quello di renderli superimpegnati.
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Si adatta facilmente | Si adatta difficilmente |
Intensità. Il livello di intensità con il quale si vivono le emozioni può cambiare molto da persona a persona. Un bambino che ha reazioni molto intense è in grado di piangere 40 minuti per un fatto apparentemente insignificante, quali ad esempio non riuscire a colorare un disegno senza uscire fuori dai contorni. E’ successo realmente al Vikingo, Silvia mi è testimone, mentre il suo Sorcetto di 2 anni più grande riusciva a colorare il suo album rimanendo nei contorni, il Vikingo (di 3 anni) è entrato immediatamente in uno stato di frustrazione insostenibile, che lo ha portato a piangere e urlare per 40 minuti abbondanti, che poi essendo anche tenace non riuscivo ovviamente a spostarlo su un’attività diversa. E noi che avevamo pensato di metterli a colorare insieme per farci una sana chiacchierata!
Tentare di ignorare le reazioni di un bambino del genere non è affatto una buona strategia, in quanto non fa altro che peggiorare il livello di stress, che è già abbastanza alto, portando il bambino a continuare a piangere per ore. E’ importante capire che non sta cercando di manipolare nessuno, è veramente in uno stato di agitazione che non gli consente di controllare le sue reazioni.
Bambini che hanno reazioni intense possono spaventarsi del proprio comportamento, arrivando persino ad immaginare di essere malati. E’ molto importante spiegare loro le ragioni delle loro reazioni intense e aiutarli a capire i segnali del loro corpo quando stanno per arrivare alla crisi (senti il tuo cuore che batte forte) trovare un modo per controllarle (prendi un respiro profondo) e riuscire a calmarsi quando arrivano alla crisi (prova a fare una pausa e poi ricominciare da capo). Bisogna avere degli standard di comportamento chiari e ridigi, quali ad esempio “non importa quanto sei arrabbiato, non puoi tirare oggetti/urlare/dare calci e pugni” e suggerire metodi alternativi per diffondere l’intensità. E’ dura, ed è facile scoraggiarsi, però prometto che a forza di insistere e imporre di seguire certe regole di comportamento civile, qualche miglioramento si vede. Se non ci credete, leggete qui.
Al contrario, bambini che reagiscono in modo moderato hanno difficoltà a tirare fuori le loro esigenze. Questi bambini hanno bisogno dell’aiuto dei genitori per imparare a capire le proprie emozioni e ad esprimerle chiaramente agli gli altri.
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Intensità moderata | Intensità elevata |
Livello di attività. Bambini altamente energetici non camminano, corrono. Non sanno rimanere seduti su una sedia per più di pochi secondi, odiano i viaggi in auto, e si innervosiscono se tenuti in luoghi chiusi troppo a lungo. Per darvi un’idea posso dirvi che quando il Vikingo si “siede” a disegnare, esegue un continuo esercizio ginnico, mettendosi in ginocchio, poi seduto, poi con una gamba sola piegata sotto il sedere, poi in piedi, e così via fino alla fine del disegno. Un bambino altamente energetico non cade addormentato per la stanchezza. Vicecersa continuerà a correre, e più è stanco, più aumenterà il suo livello di energia, iniziando a ripetere all’infinito percorsi sempre uguali (io lo chiamo loop motorio) nel tentativo di isolarsi dal contesto. Il metodo migliore è quello di mantenere gli orari per andare a letto, anche se il bambino non mostra di avere sonno. E’ fondamentale prevedere attività fisiche durante la giornata, che gli consentano di utilizzare la loro energia, specialmente in vista di un periodo di confinamento fisico.
Viceversa, la sfida maggiore per i bambini poco energetici è quella di riuscire ad includere una qualche attività fisica nella loro giornata, e imparare che l’esercizio fisico è utile al corpo e alla mente.
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Attività moderata | Attività elevata |
Regolarità/irregolarità. Alcuni bambini sono altamente prevedibili nei loro ritmi di vita, altri sono erratici. Bambini irregolari mangiano a qualsiasi ora, saltano facilmente i pasti, possono addormentarsi ad orari diversi e svegliarsi di conseguenza dopo un certo numero di ore. E’ importante insegnargli che si può riposare anche senza dormire se non si ha sonno, e che una buona alimentazione è utile al suo corpo per poter riuscire a giocare. Per vederla in positivo, l’irregolarità li rende più flessibili e adattabilil ai cambiamenti di programma e di fuso orario.
Bambini regolari consentono ai genitori di sapere esattamente quando avranno bisogno di mangiare o a che ora vorranno fare il riposino. Per contro, saranno meno flessibili e si adatteranno peggio ai cambiamenti nei loro ritmi.
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Regolare | Irregolare |
First reaction. Quale è la prima reazione di fronte ad una situazione o un’ambiente nuovo? Si inserisce immediatamente o preferisce rimanere ad osservare un po’ prima di unirsi ad un nuovo gruppo di bambini che giocano? Come reagisce di fronte a nuovi cibi, vestiti, una nuova scuola o insegnante?
Se compro un nuovo paio di scarpe al Vikingo devo metterle in bella vista per alcuni giorni, prima che accetti l’idea di mettersele ai piedi. Lo stesso vale per qualsiasi capo di abbigliamento.
Ogni novità in qualsiasi campo viene accolta con un secco NO. L’ideale è non spingerlo a fare nulla. Abbiamo avuto un’esperienza molto positiva con l’inserimento al nido, quando ci siamo trasferiti circa un anno fa (il Vikingo aveva allora 2 anni e mezzo). L’insegnante ha immediatamente capito che il Vikingo non amava buttarsi a capofitto nella nuova avventura, e gli ha concesso tutto il tempo di cui aveva bisogno per adattarsi lentamente alla novità. Lo ha invitato ad unirsi al gruppo senza forzalo, e quando ha visto la sua resistenza, gli ha semplicemente detto che poteva rimanere a guardare se voleva, finchè non si sentiva pronto ad unirsi agli altri. Questo gesto rispettoso gli ha dato fiducia e di fatto ha accellerato i tempi, aiutandolo a sentirsi a suo agio nel nuovo ambiente e con la nuova insegnante, in quanto compreso e rispettato. Questo aspetto del temperamento è molto prezioso nel periodo adolescenziale, quando i ragazzi si buttano in ogni tipo di esperienza nuova senza riflettere sulle possibili conseguenze.
Viceversa, i bambini che amano saltare in una nuova situazione e lo fanno con entusiasmo, si trovano spesso nei guai, e sono frequentatori assidui dei pronto soccorsi. Se gli stessi bambini sono anche tenaci e molto attivi, nulla potrà fermarli dal provare l’emozione di arrampicarsi sul lampadario o salire sul frigorifero per gettarsi giù nel vuoto imitando un supereroe dei cartoni.
Quando non puoi fermarli, l’unica possibilità è quella di insegnarli a controllare il pericolo e per assumersi rischi calcolati. Buona fortuna!
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Ama le novità | Procede con cautela |
Fatto il test? Ecco il risultato:
Punteggio totale | ||
7-14 | 15-25 | 26-35 |
Bambino tranquillo | Bambino vivace | Bambino “amplificato” |
Marzia, credo sia uno dei più bei riconoscimenti del lavoro che stiamo facendo.
Grazie anche per aver sottolineato che “non è la formula miracolosa”: non proponiamo un metodo, nè vogliamo creare una categoria che non esiste e non abbiamo soluzioni.
Vogliamo solo proporre una chiave di lettura di certi comportamenti anomali perchè statisticamente più rari della maggioranza, ma tutto rientra nella normalità.
Abbiamo in mente di offrire un contributo più organico sull’argomento, ma per ora combattiamo con il tempo che ci manca per riorganizzare il materiale. Speriamo di farcela presto.
Sono molto sensibile a questo argomento perchè sono una mamma a cui è stata consigliata la visita da uno specialista. Io ho accettato il consiglio, spaventatissima, e la diagnosi è stata “nessun disturbo di spettro autistico”. I rapporti di Alex con il mondo sono ancora complicati ora che ha 5 anni ma a 3 anni erano un disastro. Quindi di medici alla fine ne abbiamo visti due. Nessun quadro clinico rilevante ma neppure uno spunto per riuscire ad avvicinarci a nostro figlio nella comprensione della sua complessa personalità. Si risolveva tutto nei potenziali rapporti difficili con la figura materna e nella possibilità di intraprendere io un percorso di analisi.
Ero tremendamente delusa. Stavo chiedendo aiuto ma non ricevevo in realtà alcuno spunto di riflessione concreta. Investivo nel mio ruolo materno tempo ed energia e non potevo attendere i tempi lunghi di una psicoterapia (di cui, del resto, non sento la necessità nè per me nè per il bambino).
Poi sono approdata casualmente alla descrizione dei bambini “amplificati” e questa nuova chiave di lettura mi sta aiutando a sciogliere molti nodi, quotidianamente. Non è la formula miracolosa ma una stampella da usare quando la tua sola esperienza non basta, quando hai la tentazione di mollare tutto il lavoro fatto e iniziare ad urlare, quando l’esasperazione ti allontana da chi ami di più al mondo.
Ho ricevuto molto di più dalla partecipazione a questo blog che dagli specialisti (medici e insegnanti) che pure ho incontrato personalmente e con la mente disponibile. Ho smesso di vedere mio figlio come “diverso” e “problematico” e di vedere me sola. Non è mia intenzione banalizzare e criticare il duro lavoro di chi si occupa di bambini ma penso davvero che il primo passo non debba essere la ricerca della “malattia” ma il riconoscimento della “normalità”.
@Meg posso dirti che io personalmente non ho mai avuto il minimo dubbio che mio figlio possa essere affetto da una delle sindromi da te nominate. La mia convinzione si basa sull’osservazione quotidiana dei suoi rapporti con il mondo esterno, e con gli altri bambini e adulti, che per quanto a volte sopra le righe, sono assolutamente classificabili come normali e si discostano in modo significativo da quelli tipici da patologie quali HD, Asperger o ADHD. Inoltre nessuno dei medici incontrati finora, o delle sue insegnanti ha mai sospettato nulla più di un temperamento esuberante.
Hai ragione a dire che spesso la distinzione tra una patologia e un “problema” di temperamento è molto sottile e ci saranno sicuramente molti casi di bambini affetti da sindromi che non sono state identificate (e che però magari vivono bene lo stesso), e viceversa.
Come ti ha già scritto Silvia, in questo blog ci guardiamo bene dal dare consigli di tipo medico. Noi non prendiamo nessuna posizione contro un pediatra che ha consigliato un genitore di portare il figlio da un neurologo infantile, perché non siamo medici, non siamo la mamma o il papà di quel bambino e non conosciamo le persone coinvolte.
Noi riportiamo su questo blog la nostra esperienza di mamme di bambini amplificati, condividendo i nostri dubbi e le nostre riflessioni, senza nessuna pretesa di completezza e senza alcuna intenzione di sostituirci all’esperienza di un medico. Spero che questo sia chiaro per te e tutti i genitori che passano di qui.
Un abbraccio.
Carissime,
intervenendo sul problema di una “diagnosi” non intendevo assolutamente sostenere che i bambini “amplificati” dovrebbero o potrebbero ricevere una diagnosi di ADHD piuttosto di un’ altra, che so io sindrome di Asperger o HD (senza deficit di attenzione)… Mi interessava capire se e come vi siete confrontate con il problema di sottoporre i vosri figli a un “assesment” clinico. Confrontarsi con questo problema e risolverlo in un senso o in un altro, almeno provvisoriamente, mi sembra necessario per chi si proponga di aiutare altri genitori. Vedo che consigliate un libro e un test per stabilire se il bambino è “spirited”. Questa è già, implicitamente, una posizione precisa, che può diventare più esplicita… Cosa direste a un genitore cui è stato consigliato dal pediatra di portare il bambino da un neurologo infantile ? O al genitore che vi chiede a quale gruppo di auto-aiuto può rivolgersi ? Per i genitori di bambini Asperger o con altri problemi di sviluppo, per esempio, esistono dei gruppi di auto-aiuto, su cui il blog potrebbe dare indicazioni…
Viviamo in un epoca in cui una diagnosi viene facilmente percepita come una etichetta stigmatizzante : non dovrebbe essere così. Confrontarsi con il problema di un assesment per i bambini amplificati mi sembra indispensabile : il “fai da te” responsabile, il blog di aiuto per gli altri genitori, possono nascere solo dopo questo confronto.
Un abbraccio forte.
@Meg: era nostra intenzione non intervenire nel guestbook, dato che è uno spazio tutto dei lettori (che, lo ammettiamo, ricarica la nostra autostima!), però sento la necessità di chiarire che non c’è nessun nesso tra “bambini amplificati” e adhd. Avrai notato che non usiamo mai il termine “iperattivo” anche se, inteso letteralmente, calzerebbe a qualsiasi bambino vivace: questo perchè viene usato nel linguaggio medico-divulgativo per indicare i bambini adhd. Proprio per non ingenerare confusione, cerchiamo di non usare il termine, preferendo “ipercinetico”.
La persistenza in una attività, con grande concentrazione nello svolgerla, caratteristica spesso molto spiccata nei bambini amplificati, è contrastante con i bambini adhd.
Il termine “amplificato”, parola del tutto atecnica, indica una caratterisrica di temperamento, o meglio una varietà di caratteristiche comportamentali e di temperamento e non una patologia o una condizione psichica.
Mi piacerebbe scrivere qualcosa sull’adhd in questo sito e per questo sto facendo da tempo una “corte” serrata ad un’amica neurologa che, però, non trova mai tempo per scrivermi un articolo… (medici!!!).
Io non scriverei mai su temi medici.
@Meg..non sono d’accordo con te…come la metti te sembra che uno voglia nascondere determinati problemi usando un termine piu’ soft…Io credo – per quello che leggo qui e anche su altri libri – che il bambino amplificato non abbia molto a che fare con un bimbo che soffre di ADHD.
Io stessa sono stata una bimba amplificata – me ne accorgo ora – ma nn soffrivo di ADHD. Avrei invece avuto bisogno di alcuni accorgimenti, di alcune attenzioni e di maggiore sensibilità da parte dei miei genitori che magari poi mi hanno portato a fare dei passi sbagliati in alcune direzioni…
Anche perche’ se si soffre di ADHD questo sito non serve a molto…Ci sono siti appositi che danno consigli piu’ mirati e piu’ saggi..
scusate questo è il mio punto di vista..
Carissime,
complimenti anche da parte mia per aver coniato il termine “amplificato”. Vi sento molto coraggiose e penso che dietro questo termine si nasconda il rifiuto di una diagnosi di ADHD. E’ così ?
Mia figlia è nata con una sua personalità, che a volte mi ha messo a terra, ma è sempre stata molto attenta agli altri, a suo modo, e molto brava negli studi. Mi chiedo se sarei sopravvissuta a notizie più allarmanti…
Un abbraccio forte
Sara, mi trovi perfettamente d’accordo.
Io, tanto per fare un parallelo con i tuoi esempi, ho allattato solo per 7 mesi, ma perchè ero stanca io ed iniziava ad essere insofferente il Sorcetto; e nel nostro letto è entrato sempre molto poco, soprattutto per sua scelta e perchè francamente non ci trovavamo proprio a dormire in tre. Quindi, abitudini diverse, ma basate sulle nostre esigenze e non su rigidi schemi preordinati a non “viziare” i figli.
Il contatto fisico tra i genitori ed un bambino, secondo me, difficilmente si traduce in “vizio”. Io non mi sono mai risparmiata coccole e consolazioni fisiche (baci, abbracci, strapazzamenti), che spesso sono anche reciproche: come loro hanno bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di loro.
Ciao Silvia,
è così, Gonzalez propone un approccio basato sul rispetto del bambino, sul considerare le sue manifestazioni non come “vizi” ma come “esigenze”. Faccio un esempio fra i tanti… un bambino che piange perché vuole la mamma… tante volte al parco sento i commenti delle mamme e nonne presenti del tipo “Questo bimbo è proprio viziato, furbo, manipolatore etc. se non gli si insegna subito chi comanda è la fine.. ” e così via. Gonzalez propone di osservare il bambino… Un bambino dipende al 100% dalla sua mamma e dal sua papà. Senza degli adulti che si possano prendere cura di lui è a rischio di vita. per questo protesta e cerca la nostra attenzione. Il bambino si vizierà? questa è una parole terribile che mette paura a tante mamme… io ho tenuto in braccio i miei figli per tantissimo tempo, li ho allattati a richiesta a lungo (la prima 13 mesi, il secondo 23), ed abbiamo un lettone a “libero accesso” nel senso che quando ne hanno voglia vengono e stanno con noi. Sono contenta di come stanno crescendo… sono affettuosi e comprensivi, ma non mi sognerei mai di giudicare chi fa divesramente… credo che ogni genitore, ogni famiglia, abbia un proprio modo di essere e l’educazione è la sintesi del temperamento del bambino, di quello dei genitori, dell’ambiente, degli amici… non esistono delle regole generali per tutti, però delle informazioni sì. Così per me sapere che il loro bisogno di avemri accanto era dettato da necessità oggettive (biologiche le definirei) mi ha aiutata a non farmi prendere dalla paura di viziarli (la paura non è mai una buona consigliera ;-)) e così via.
Sicuramente Gonzalez in molti punti ha in mente Estivill, sicuramente è preoccupato per un’educazione che punta molto sul distacco fra madre e figlio in nome di un'”autonomia” imposta al bimbo, ma proprio per questo offre un punto di vista veramente interessante. Una voce fuori dal coro, la definirei.
ciao,
sara
Sara, ho appena letto le recensioni dei lettori presenti al link che ci hai lasciato sul libro “Besame mucho”: di 16 che hanno lasciato un commento, 15 sono entusiasti ed 1 lo ha massacrato… La cosa mi ha incuriosito! Credo proprio che non me lo perderò. Da quello che ho capito l’approccio di Gonzalez è molto affettivo ed istintivo: un po’ una reazione ai filoni tipo “Fate la nanna”, ecc.
Sara, condivido la tua posizione: capire è una chiave di lettura, un farsi una ragione delle cose. Da li a conoscere, beh, magari ce ne vuole, ma capire aiuta molto.
Faccio tesoro di tutti i vostri consigli di lettura e vado a riempire il carrello di qualche libreria on-line (ahimè quanto si spende con una postepay in tasca!!).
Alessandra, anche a me fa piacere leggere la tua opinione.
Io ho uno scetticismo di fondo ogni volta che leggo un “manuale”, anche quello del gps o del cellulare nuovo: anzi, se posso non li leggo e passo alla pratica, poi magari se proprio mi scontro con l’irrisolvibile, lo vado a cercare nel cassetto in fondo al quale l’ho buttato.
Figuriamoci un manuale per il figlio! In realtà a me non piace neppure leggere saggi: io leggerei solo romanzi!
E di tutti questi saggi letti (spesso su consiglio di Serena) non ce n’è uno che mi stia mai bene al 100%: sono sempre li a pensare “si, però” e poi a dire “vabbè, ma che c’era bisogno di leggerlo qui?”.
Oh, ma io lo so che la mia, di fondo, è presunzione!
Non credo che nessuna esperienza mi abbia mai condotto a conoscere parti di me stessa come il rapporto con mio figlio. Ha scardinato ogni certezza, ha cambiato il punto di osservazione del mondo: e secondo me è sempre questo il punto, quando sei arrivato a capire una cosa (o a credere di averla capita), cambia punto di osservazione e ricomincia da capo.
Purtroppo credo che anche il “conoscere se stessi” sia un concetto sopravvalutato: troppo vasta la materia, spesso troppo intricata e, soprattutto, troppo di parte colui che cerca di conoscersi. Conoscere a fondo qualcun altro, poi, credo sempre sia un’illusione.
Mio figlio dovrà ancora essere mille se stesso diversi e, mi piace credere, anche io potrò ancora cambiare molte volte.
Se avessi trovato IL manuale, non mi sarei fatta scrupoli a guadagnarci su!
Grazie del consiglio per la lettura: con l’estate davanti ed un bambino ormai cinquenne, sono quasi certa che ce la farò a leggerlo
Ciao,
ho appena letto questi commenti e volevo aggiungere il mio punto di vista… sapere che mio figlio ha un alto livello di attività, è poco incline ai cambiamenti, etc. etc, mi ha permesso di calibrare meglio le mie aspettative e il mio modo di relazionarmi. Tante discussioni inutili riusciamo ad evitarle, sappiamo gestire meglio i nostri (e soprattutto i suoi) tempi, viviamo con meno ansia le sue manifestazioni di rabbia, e così via… tutto questo senza nulla togliere alle teorie sull’attaccamento, anzi, aggiungendo quella necessaria conoscenza di alcuni elementi che arricchiscono la relazione affettiva.
Sull’attaccamento, visto che siamo in argomento, mi permetto di segnalare due libri W. Sears:
http://www.ibs.it/book/9780316778091/sears-martha/the-attachment-parenting.html
e Carlos Gonzalez:
http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__besame_mucho.php
ciao,
sara
Cara Alessandra, prima di tutto grazie per il tuo commento. Non può che farci piacere leggere l’autorevole parere di una psichiatra!!!
Vorrei rassicurarti però sul fatto che sono perfettamente d’accordo con la tua visione. E’ fondamentale pensare sempre ai nostri figli e a noi stessi come individui, tutti diversi e unici. Non ci sono manuali e non ci sono metodi che tengano. E sopratutto bisogna prima conoscere se stessi per entrare in sintonia con i propri figli. Però per continuare il tuo parallelo con la tavolozza di colori, è pur sempre utile sapere quali colori ci sono sulla tavolozza, il che ci permette magari di mescolarne due per ottenere quello mancante. Insomma il quadro finale, come dici tu, si fa attraverso la relazione. Il carattere di ogni individuo è il risultato del temperamento con cui si nasce e la serie di interazioni, e relazioni, con persone e situazioni diverse.
Poi io, guardando a me stessa, a chi ero 10 o 15 anni fa, ho la sensazione che questo processo di definizione del se duri tutta la vita. Dico bene?
Grazie per la segnalazione. Corro subito ad ordinare il libro!
cara Serena, cara Silvia,
è da tempo che volevo scrivervi. Sono mamma di due figli una femmina
di 3 anni e mezzo e un maschietto di 8 mesi ma ahimè sono anche una
psichiatra (che a settembre dovrà ricominciare a lavorare).Vi scrivo
perchè volevo esprimenre il mio dissenso su alcune vostre posizioni
riguardo al temperamento e quanto questo possa incidere sullo sviluppo
della personalità di un bambino e dell’adulto che sarà. Sicuramente è
utile per un genitore essere consapevoli di quale temperamento abbia il
proprio figlio ma questo deve essere inteso alla stregua di una
“Tavolozza di colori”….. il quadro lo facciamo noi con la
“relazione”. Il rischio di una posizione che io definisco”conosco la
marca di mio figlio..mi compro tutti i manuali che mi spiegano come
fare e sono più serena” non solo penso sia semplicistica e sicuramente
lenisce il senso di colpa ma penso sia pericolosa perchè evita di
guardare a noi stessi al nostro mondo emotivo-affettivo. Penso invece
che prima di conoscere nostro figlio dovremmo avere una sufficiente
conoscenza di noi stessi in termini di “consapevolezza del sè”. In
fondo avere a che fare con il senso di colpa non è così terribile,
potrebbe anzi essere costruttivo.
A questo proposito vi consiglio vivamente di leggere qualcosa sulla
teoria dell’attaccamento di John Bowlby (Una Base Sicura cap 1 e 2 –
Raffaello Cortina Editore).
un saluto affettuoso
Alessandra