Il bulletto al parco giochi

Non voglio fare la parte di quella che “signoramiaquantosivivebeneinsvezia!” però nelle nostre incursioni in terra nostrana, ci troviamo ovviamente a frequentare parchi giochi, giardinetti e ambienti pieni di bambini e il confronto viene abbastanza spontaneo. Quello che salta agli occhi ad una come me, abituata da un decennio al self control svedese, al’ordine e al rispetto delle regole, è un totale caos. E’ evidente che sto facendo una considerazione di insieme, e non guardo a casi particolari, quindi spero che nessuno si senta offeso, e proviamo a prendere alcune di queste situazioni per riflettere insieme.

Parco giochi in quel di Stoccolma. Bambini infilati in tutoni impermeabili scavano nel fango usando palette e secchielli in dotazione del parchetto pubblico. Altri corrono all’accaparramento di tricicli (anche quelli in dotazione), e altri si arrampicano su scivoli, pareti e camminano sospesi in aria su reti di ragno. In una domenica di sole ci possono essere anche centinaia di bambini in suddetto parchetto, eppure non si ha la sensazione di caos incontrollato. Ci sono certo corse, urla di gioia e urla di rabbia, e naturalmente rapporti difficili tra bambini. Qualcuno tende a fare il prepotente e a non rispettare la fila, qualcuno tenta di togliere di mano una paletta ad un altro. Ma accanto ad ogni bambino piccolo, c’è un genitore pronto ad entrare in azione. Se un bambino non si comporta bene c’è quindi sempre suo padre o sua madre pronti a fargli notare che così non si fa. Il padre in questione toglierà la paletta di mano al figlio e la renderà al bambino offeso, se il bimbo è troppo piccolo, avendo premura di non biasimare suo figlio con frasi inopportune quali “sei il solito testardo” o necessità di giustificarlo davanti agli altri genitori “sa lui è fatto così, io glielo dico, ma non sente”, perché tutti sanno che se oggi è stato tuo figlio, domani sarà mio figlio. I bambini sono così, sta a noi genitori insegnargli come ci si comporta.

Quando mi trovo in Italia invece anche una ventina di bambini danno una sensazione di caos totale. Non c’è controllo. La fila allo scivolo è un’utopia. Anche quando si tratta di scivoli alti 30 centimetri evidentemente dedicati ai più piccolini. La mamma, se è vicina, è presa a parlare al telefono o con un’amica, anche quando il bambino ha 2 o 3 anni. Se poi lo scivolo è di quelli più grandi, allora spintoni a tutti e soprattutto ai più piccoli. A quel punto capita spesso che esca fuori il bulletto, il capobanda, quello che stabilisce che c’è bisogno di ordine, e crea le file a proprio giudizio insidacabile e spesso ampliamente discutibile. Naturalmente le mamme a disposizione sono in media sedute su panchine un paio di metri più distanti prese in chiacchiere tra amiche del parchetto (difficile incontrare papà). Io per necessità di sopravvivenza del Vikingo e per abitudine invece mi trovo sola di fronte a questi atti di prepotenza. Io che ho passato 4 anni a spiegare al Vikingo che non si passa avanti nelle file, me lo ritrovo in lacrime che mi dice “ma loro non si mettono in fila!”.

E allora che gli dico?
E se la situazione è più difficile ancora? Se il bulletto sferra attacchi mirati a mio figlio? Quale è il modo giusto di reagire?

Se la prepotenza è superiore alla mia capacità di sopportazione, e la permanenza in Italia mi ha fatto perdere il self control svedese, mi viene una gran voglia di trasformarmi in giustiziere della notte giùlemanidamiofiglio otelavediconme.
Poi faccio un respiro e mi trattengo.
Con bimbi piccoli posso improvvisarmi
Quale è il modo per risolvere la situazione e allo stesso tempo insegnare a mio figlio a gestire certi conflitti?
Se il bulletto è un bambino di massimo un paio d’anni più di mio figlio, è facile che la mia stessa presenza funga da moderatore. Spesso mi basta contestare il suo senso di fila, e ricordargli chi stava prima e chi dopo, e il tutto si risolve. Mi ritrovo spesso a fare l’animatrice del parco giochi pur di permettere al Vikingo di giocare, e devo sostituirmi al ruolo di controllo che dovrebbe essere proprio di ciascun genitore. Ma se è un tipo duro? Che faccio? Lo minaccio? Chiamo i genitori?
E voi che fate?

Proviamo ad immedesimarci in una situazione tipo: tuo figlio gioca al parco, e un bambino inizia ad attaccarlo verbalmente o fisicamente. Gli prende un gioco, gli passa avanti, gli dice che è brutto e deve andarsene via. Vostro figlio scoppia a piangere cosa gli dite per consolarlo? Agite in qualche modo nei confronti dell’altro bambino? Chiamate il genitore? E voi come vi comportate al parco giochi, state vicini a vostro figlio che gioca o vi mettete a chiacchierare in disparte (ovviamente dipende dall’età del bambino)?

Ecco ve lo chiedo di cuore, perché vorrei proprio pensare ad una strategia per la prossima volta che vengo in Italia.
Quindi se avete voglia di raccontarmi il vostro punto di vista, e dirmi come reagite voi, magari specificando l’età di vostro figlio, mi fate un gran favore.

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31 thoughts on “Il bulletto al parco giochi”

  1. Carmen, è un gran piacere “conoscere” la mamma di Esteban, che, per via del suo papà, che ci legge con partecipazione dall’inizio di questa avventura, è diventato un nostro protagonista abituale.
    La tua analisi è estremamente precisa e condivisibile (oltre tutto padroneggi la lingua italiana con una competenza, direi, letteraria!).
    In effetti entrambi i punti di vista, tuo e di D., sono validi e conciliabili: prima di tutto bisogna educare i propri figli ed intervenire sui loro comportamenti, ma poi, comunque, si può anche intervenire sugli altri bambini, come tu dici, con rispetto. Anche perchè è l’unico modo per non trasmettere messaggi contraddittori ai nostri figli.
    Se vogliamo tornare all’esempio dello scivolo al contrario, tenuto conto che il Sorcetto ama scalare scivoli dall’età di due anni, io gliel’ho sempre permesso, sotto la mia vigilanza (fino a quando era troppo piccolo, intendo) e solo se non c’era nessuno che voleva scendere. Mio figlio ha sempre saputo che poteva arrampicarsi sullo scivolo in ogni direzione, ma senza intralciare gli altri e cedendo il passo. Nonostante non sia un tipo semplice e non ami molto venir ostacolato nei suoi progetti, sono soddisfatta del fatto che, in un giardino pubblico, sono ormai certa che rispetterà la fila e che non darà fastidio ai bambini più piccoli. A questo punto mi posso permettere anche di stare al cellulare… con gli occhi aperti, magari!

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  2. Ciao,
    sono la mamma di Esteban.
    Credo fermamente nella necessita’ di intervenire nella dinamica dei bambini quando la situazione lo richiede. Mi sembra un po’ banale dire che il nostro diritto comincia dove finisce quello dell’ altro o pensare che un bambino fa il bullo e per questo vittimizzarci e andare via. Noi siamo gli adulti e le guide.Il nostro dovere e’ educare i nostri bambini alla convivenza e tolleranza degli altri; al rispetto. Questo vuol dire che se ce ne e’ bisogno, sgridare non e’ sinonimo di maltrattare, anzi, per me e’ una forma di trasmettere amore perché’ e’ il tentativo di insegnare a stare con gli altri. Sgridare va visto come una forma per guidare il bimbo. Per questo, quando lo si fa, bisogna farlo con rispetto. Si può’ sgridare senza essere antipatici, volgari o, peggio, aggressivi e spaventosi. Forse, giudicare irresponsabile una mamma che parla al telefonino mentre il figlio passa la fila dello scivolo, va più’ in la della nostra capacita’ di sapere perché’ e’ al telefono e quindi, riuscire a metterci nei suoi panni. Se, per il motivo che sia, quella mamma non interviene, possiamo farlo noi. Se, pero’, la stessa mamma poi si offende, significa che non ha la capacita’ di intenderci come possibili guide e, probabilmente, non capisce le nostre intenzioni (pro)positive. Con la mente chiara al rispetto, se l’altra mamma non capisce le mie buone intenzioni, ripeto quello che ha scritto mio marito (que se vaya al carajo o, per chi il nord lo intende, dra til helvete) sul mio pensiero che rimane tale e che non ho bisogno di verbalizzarglielo.
    Forse, oggi, il nostro bimbo e’ la “vittima” ma domani, potrebbe essere il “carnefice”. Perché’ non sia ne “vittima” ne “carnefice”, e’ nostra responsabilità’ come genitori ma, soprattutto, come adulti offrirgli gli strumenti necessari.
    Contemporaneamente, sono d’accordo con D rispetto alla necessita’ dei bambini di imparare ad autoregolarsi. La questione e’ riuscire a trovare il giusto equilibrio intervento/non intervento.
    Vorrei concludere facendo una riflessione sulla tolleranza. Anche a Esteban (3 anni) piace, a volte, salire al contrario sullo scivolo. Io sono extracomunitaria (come a molti piace definirci). Mi chiedo che rilevanza abbia questo su come usa lo scivolo mio figlio. C. e’ semplicemente troppo piccola (2 anni) per gustarsi il piacere di una salita al contrario o, forse, ai bimbi italiani non piace sfidare la loro capacita’ di bilanciarsi? Quando crescerà’ e lo farà’, sarà’ l’ennesima bimba italiana a farlo e, chi lo sa, magari toccherà’ a me dirle di non farlo mentre la sua mamma non la riprende ma continua a chiacchierare con le amiche.
    Infine, a Federica, chiedo: il gruppetto di genitori era indiano, pakistano o, magari del Bangladesh? La differenza e’ sostanziale e profonda e potrebbe darci una più’ chiara chiave di lettura dei fatti.
    Ciao Carmen.

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  3. eccomi qui, fresca fresca di esperienza. Proprio domenica infatti stavo con C. ai giardinetti e
    1) lei di due anni viene letteralmente investita mentre andava locca locca verso lo scivolo, e scaraventata a terra da uno di…bha..forse 8/9 che correva come un pazzo. Non vi dico le urla, più per lo spavento che per il dolore (per fortuna), lui si ferma a mala pena, la guarda dispiaciuto, non dice una parola, mi guarda, io gli dico: ei bimbo! devi stare attento che ci sono anche bimbi più piccoli…. si allontana verso un gruppo di genitori che erano molto lontani su una panchina. Ah non ho detto che non erano italiani, ma indiani. e stava rincorrendo un amico/cugino/fratello…bho!
    Fin qui niente di che. Ma è proprio l’amico/cugino/fratello a combinarla grossa.
    2) poco dopo, C si riprende e continua testarda la sua direzione: lo scivolo, sale le scale, si mette seduta, ma ahimè, non può scendere perchè quello voleva salire al contrario cioè dallo scivolo…e manco ci riusciva!!!!…. Bè, a me quelli che bloccano lo scivolo per salire a piedi al contrario mi fanno proprio sbroccare. Così gli ho detto gentilmente: ei bimbo, guarda che dallo scivolo si scende…non si sale…ti dovresti levare… ti devi levare… hei ti devi levare…neinte da fare, forse non mi capiva…allora l’ho bloccato, mi sono messa davanti allo scivolo, ho fatto scendere C. che era abbastanza intimorita… eppoi…molto poi è arrivato il papà, che gli ha detto qualcosa. Ecco tutto ciò per dire che io intervengo direttamente anche sui figli degli altri.

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  4. Devo dire che personalmente sono per l’intervento molto limitato.
    Avendo i miei figli un range di età che va dai 4 ai 16 anni, devo dire che la mia strategia è sempre stata di educare più i miei figli che quelli degli altri. Intendo dire, che vigilo affinché i miei non si approprino indebitamente di giochi altrui, che non spingano o colpiscano in altro modo, che rispettino il proprio turno, che usino un linguaggio rispettoso. Inoltre, a seconda della loro età, li lascio interagire con gli altri bambini il più liberamente possibile. Cerco di non intervenire, se non in caso di prepotenze davvero fastidiose (tipo bambino più grande contro bambino più piccolo). Non apostrofo gli altri bambini non per paura della litigata, ma per convinzione che tocchi ai loro genitori. Se questi non sono presenti, chiedo al bambino dove sono e attraggo piuttosto la loro attenzione.
    Secondo me il tasso di interventismo nei giochi dei bambini non è troppo basso, ma spesso troppo elevato. Soprattutto se ci sono di mezzo dei nonni onnipresenti, che regolano il traffico, commentano i figli altrui, organizzano l’intero andamento del parco giochi per adattarlo alle esigenze del proprio nipotino. Francamente, li detesto. Consideriamo che un bambino, per quanto timido, nel tempo può costruirsi le competenze per tenere a freno un coetaneo più prepotente (e anzi, che acquisisca questa competenza è desiderabile), mentre è impossibile che sappia difendersi da adulti troppo direttivi.
    Ritengo che dopo una certa età (diciamo 3/4 anni) i bambini abbiano più necessità di gioco libero con i compagni (dove libero significa che le regole vanno costruite insieme, anche eventualmente attraverso litigi e trattative) che di gioco vigilato dai grandi. I grandi sono onnipresenti, mentre il gioco libero a volte richiede un universo dove non abbiano nessun titolo ad intervenire.

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    • D. in effetti anche io ho sempre “lavorato” su mio figlio, senza mai intervenire su quelli degli altri se non in casi eclatanti di imminente pericolo. Sicuramente la gestione di ogni collettività non è semplice.
      In effetti la figura dei nonni che “regolano il traffico” al parco per adattarlo alle esigenze dei loro nipoti mi è piuttosto familiare: e sono i più interventisti con i bambini altrui.

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  5. Un bel post per un problema serio.
    Anch’io non so mai come rapportarmi con i bulletti in erba. Il mio Tato patisce molto l’aggressività degli altri bimbi e se vede che lo scivolo è “infestato” da bimbi grandi e un po’ turbolenti ha paura e se ne va…. Quando gli strappano un suo gioco di mano poi… una tragedia. Noto anch’io che molti genitori tendono a sparire (soprattutto in spiaggia). Io non sopporto la mitica frase “sono bambini..” perché così facendo il bambino più remissivo imparerebbe che è normale subire le prepotenze altrui le quali diventerebbero automaticamente giustificabili. Cerco di barcamenarmi inducendo il bulletto a riflettere, ma non è sempre facile. Certo che se una madre/nonna/tata avesse qualcosa da ridire o mi spiattellasse la solita frase (fin’ora non è ancora successo) ribadirei senza remore che il compito dei genitori è quello di educare i figli sempre.
    Acetto volentieri ulteriori dritte sull’argomento, perché non so mai fino a che punto sia saggio intervenire, insomma a volte è un problema.

    Ciao a tutti,

    StranaMamma

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  6. No, no, Stefano, in fondo è lo stesso discorso.
    Mi piacelo stile di tua moglie! Qui credo che, in alcuni, casi ti troveresti i Carabinieri alle calcagna chiamati dalla madre/nonna/tata (meno, molto meno, dal padre) a cui hai sgridato il pargolo…

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  7. Finalmente un papa’…
    noi ci muoviamo come ormai alcune/i di voi gia sapranno tra il Porto Rico e l’Italia quindi, tutti con il temperamento latino al massimo. Devo dire che se ne vedono di tutti i tipi. Quello che mi piace e’ come risponde a certe situazioni mia moglie. Se Esteban si comporta “male” con un altro bimbo, glielo fa notare e lo “corregge” ma, se un altro bambino fa lo stesso con lui, lo richiama esattamente nello stesso modo: non c’e’ distinzione. Se l’altra mamma si offende… que se apunte pal’ carajo! Non traduco che meglio. Adesso siamo nel Maine, e’ quasi una Scandinavia anglofona. Perlomeno in termini di rispetto degli spazi altrui: non chiudo la macchina da due mesi neanche con la canon dentro. Vabbe’ ma sto caombiando discorso.
    Ciao.

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  8. ehm, continuo nello stereotipo del comesivivemegliofuori, ma devo concordare su tutto 100%. Che faccio io? Boh, a volte risolvo con un bambini andiamo a prendere un gelato? E me ne vado. Anche perche’ poco male il bambino bulletto ma esser sfanculata dalla mamma perche’ alzando gli occhi dal telefonino si accorge che mi son permessa di dire qualcosa proprio non e’ nelle mie aspirazioni. Codarda, I know.

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    • Che dire ragazze, io speravo in un supporto ma avete sparato a zero peggio di me. E meno male che avevo paura di fare la parte della bacchettona come mammaemigrata 😉
      Però ci deve essere un modo di dire al bambino bulletto che così non va, senza offendere nessuno e senza causare una guerra tra mamme o peggio nonne. E se non riusciamo noi a risolvere il problema, allora come possono fare i nostri figli? Io alla fine me ne torno a casa a Stoccolma, e non sono costretta a frequentare lo stesso parco giochi tutti i giorni. Ma se è il parco vicino casa? Una volta uno se ne va via con la scusa del gelato, ma alla fine le facce son sempre le stesse. Gira gira i bambini sono li. E il bulletto torna.

      Sentite io studio un po’. Se trovo una soluzione vi faccio sapere.

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  9. Purtroppo qui a Roma il livello di litigiosità è in genere alto, un commento come quello di Mammaemigrata potrebbe suscitare nei genitori reazioni al limite dell’aggressione.
    Al nord però la situazione non è molto migliore. Quest’estate i bambini dell’ombrellone vicino al nostro non volevano giocare con mio nipote di 6 anni perché non parla bene, lo prendevano in giro e gli prendevano i giochi. Quando li ho rimproverati la nonna, che guardava senza fare niente, mi ha risposto: “ma li lasci fare, sono bambini”. Avrei voluto rispondere che essere bambini non autorizza a comportarsi come scimmie dispettose, ma cosa avrei ottenuto?
    Meno male che abbiamo trovato altri bambini più educati con cui far giocare il bambino, ma purtroppo credo che il primo tipo (bambino selvaggio-genitore assente) sia in aumento…

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  10. Oh, ragazze, sintetizzate perfettamente uno dei pochi motivi per cui sono contenta di vivere in cascina: qui abbiamo un parco giochi tutto per noi (e per altre due famiglie che hanno bambine quasi coetanee dei miei, tra i 7 e i 2 anni), i conflitti sono praticamente inesistenti. Quando mi capita di andare nei parchi pubblici, mi trovo sempre anch’io in grande imbarazzo, soprattutto quando c’è qualche bambino che fa giochi pericolosi per i più piccoli. Per fortuna, la maggior parte delle volte ci capita di andare in quei posti nel weekend, quando ci sono entrambi i genitori o anche solo i papà, quindi il controllo era maggiore.
    Inoltre, a Torino e a Pavia, ho notato che spesso nel weekend i parchetti sono frequentati da stranieri, che hanno un livello di educazione molto superiore alla norma italiana, almeno finché sono abbastanza piccoli da dover essere ancora accompagnati dai genitori.

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  11. Mmmm, il figlio ha ormai 7 anni e mezzo, se la sfanga da solo. Però devo dire che nel parco (leggi fazzoletto) che frequentiamo i bambini si incastrano da soli senza grandi problemi o conflitti e sì io sono una di quelle mamme che chiacchera/legge/naviga sul telefonino, ma sono poliedrica e gestisco tutto insieme!
    Non ho mai visto scene di prepotenza o file saltate. Unica nota dolente il pallone. Ci sono bambini di 9/10 anni che pensano di essere in un campo di calcio. Arrivano certe pallonate addosso che se colpissero un bambino piccolo lo stenderebbero a terra con trauma cranico.
    Per cui di solito mi ergo a carabiniere della situazione requisendo i palloni. Quante litigate con nonne e babysitter, mai accaduto con chi aveva mamma o papà al parco.

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  12. Mi permettete una rivincita? (Lo so, è becera, ma capite che io ho sempre li Serena che con questa Svezia… ufff)
    Ad Ortisei una bambina tedesca era sempre quella che saltava la fila e cercava di passare avanti con moine e serpeggiamenti tra gli altri bambini. I genitori erano talmente distanti ed occupati nei fatti loro che si aveva difficolta a capire chi fossero. Noi, nutrito gruppetto di genitori “meridionali”, abbiamo dovuto spiegare con educazione alla bimbetta bionda che si stava comportando male e che tutti i nostri bambini rispettavano la fila e che quindi avrebbe dovuto farlo anche lei… Che ovviamente non ci si è filata di pezza ed ha solo aspettato che cambiassero bambini su quel gioco per tornare saltare la fila…
    Insomma, sono d’accordo essenzialmente su un punto: non c’è nord o sud (d’Italia o d’Europa) che tenga. L’educazione c’è e non c’è ovunque.
    Certo, posso testimoniare che in Svezia il livello di rispetto altrui è talmente elevato da provocare crisi di pianto commosso in noi italiani (almeno quelli non residenti, intendo). Ed i giardinetti svedesi (affollati con qualsiasi tempo) sono pieni di bambini, ma molto tranquilli.
    Per me, che ho avuto un duenne “morsicatore” la sorveglianza a vista era imperativa. Se devi educare tuo figlio, ci devi essere. Dalla panchina non riesce benissimo…
    Sabato scorso il Sorcetto ed i suoi compagni di classe erano invitati ad una festa in un grande parco giochi con scivoli, vasche di palline e percorsi arrampicabili vari. Un gruppetto di loro stava giocando in una grande vasca di palline, quando sono arrivati due bambinetti, più piccoli di loro, che hanno cominciato a bersagliarli con le palline (beccato occhio del Sorcetto!) e a scacciarli dandogli addosso i cuscinoni imbottiti che erani li.
    I nostri erano di più e più grandi, però si sono guardati ed hanno detto: lasciamoli stare, andiamo a giocare da qualche altra parte, tanto ci sono tante cose da fare e se ne sono andati.
    E’ un atteggiamento remissivo o saggio? Io sono stata comunque contenta che nè mio figlio, nè i suoi amici, abbiano deciso di approfittare della maggiore forza fisica e del numero, ma piuttosto abbiano pensato che i bulletti del parco giochi vadano lasciati cuocere nel loro brodo…

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  13. Ciao Serena. Ho una bimba di 4 anni e un bimbo di quasi 2 anni. Io sto sempre vicino a quello piccolo (vedi miei commenti sulle relazioni dei duenni…) e controllo da lontano quella grande. Mi è capitato di intervenire per difendere mia figlia da bambini grandi quando correvano su e giù dallo scivolo. I ragazzini erano intimoriti dal mio intervento (mentre gli altri genitori erano sulle panchine a chiacchierare) e smettevano. Mi è anche capitato di far presente a una mamma che suo figlio si stava comportando male e fortunatamente la mamma ha capito. Io non credo che sia questione di Italia o Estero, di Torino o Bologna: se siamo convinte che le buone maniere ci debbano essere anche al parco giochi, insegniamole noi agli altri. non insegniamo ai nostri figli a scappare. Per questo non sono d’accordo sul commento finale di MammaEmigrata.

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  14. Mannaggia, hai praticamente fotografato l’Italia in un post 🙁
    Altri che file ordinate, altro che parchi con i tricicli ‘in dotazione’. Io mi ero stupida, passando da Torino a Bologna, che qui le pensiline degli autobus non fossero danneggiate, visto che a Torino nel giro di due ore le smontavano e le portavano a casa.

    Purtroppo non mi sento molto propositiva nei confronti di questo ‘clima’ generale: l’unica cosa che continuo a pensare è quella di riuscire a trovare il coraggio di andarmene via, proprio per venire al Nord.

    Se qualcuno comunque spintonasse o picchiasse mia figlia, credo che mi rivolgerei ai suoi genitori, e la porterei via. Non credo che con queste persone ci sia un dialogo possibile 🙁

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  15. Oh, meno male che l’hai scritto questo post, io non l’ho fatto perchè avevo paura di passare per la solita bacchettona che dice sempre “all’estero è meglio”!!!!!
    anche qui funziona come in Svezia, e meno male… e anch’io quando vado in Italia mi trovo in situazioni simili… di solito faccio come dici tu, cerco di risolvere direttamente con il bambino, anche perchè mi è capitato di sentirmele di brutto dalle mamme… quando non riesco a risolvere di solito dico a voce abbastanza alta (in modo che la mamma senta, anche se fa finta di non sentire) “andiamo a casa, torneremo quando ci saranno bambini e mamme più educati”.
    Lo so che in questo modo sono maleducata anch’io, ma quando ci vuole ci vuole…

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