Un bambino, due genitori e una diagnosi sbagliata

C’era una volta un bambino. Questo bambino, un giorno, comincia l’asilo.
La maestra dell’asilo, dopo qualche settimana, chiama a colloquio i genitori del bambino: questo bambino non mi parla quasi per niente, questo bambino non fa che leggere o disegnare, questo bambino non è cattivo ma sta un po’ troppo per conto suo, questo bambino sembra che non ascolti però poi capisce tutto, questo bambino sembra sempre da un’altra parte con la testa, dice la maestra.
Questo bambino, dice la maestra, forse ha qualcosa che non va.

I genitori sono abituati al suo modo di comportarsi, pensano, e si fidano della maestra; è una maestra, pensano, sa quel che dice. I genitori allora s’informano e portano il  bambino in un famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile. Molto cordiali e simpatici, i medici prendono il bambino e decidono di fargli fare una settimana da loro: invece di andare all’asilo va da loro, a fare più o meno le stesse cose – disegnare, giocare, leggere – ma sotto osservazione e insieme ad altre attività più interessanti per i dottori e guidate da loro.
Dopo questa settimana i genitori aspettano sei mesi per avere un responso. Sei mesi nei quali si chiedono, giorno e notte, tra le loro parole, mentre pensano da soli, mentre parlano con gli altri, se il loro bambino ha qualcosa, e se questo qualcosa ha un nome e qual è questo nome.
Sei mesi perché, malgrado i genitori del bambino telefonino spesso, i medici fanno fatica a riunirsi, a vedersi, a decidersi, a scrivere, hanno tutti molto da fare e per produrre in forma scritta dei risultati ci vuole tempo. Tempo che i genitori del bambino passano a chiedersi giorno e notte, tra le loro parole, mentre pensano da soli, mentre parlano con gli altri, se il loro bambino ha qualcosa, e se questo qualcosa ha un nome e qual è questo nome.
Dopo sei mesi, allora, i genitori del bambino vengono convocati nello studio del grande e famoso professore che coordina i dottori del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile. Il grande e famoso professore gli dice, sorridendo, che il loro bambino ha quella cosa – quella cosa lì, che avevano già sentito dire dalla maestra, che si sente nominare spesso, che viene citata spesso per il suo mistero, per il suo alone di tragica fatalità, di abisso insondabile, di cause ignote – ma in forma lieve, per nulla preoccupante. Ma cronica. Il grande e famoso professore dice proprio così ai genitori del bambino: in forma lieve ma cronica.
I genitori del bambino adesso hanno un altro problema, oltre alla malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma lieve ma cronica che ha il loro bambino: il problema di se e come dire al bambino della malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma lieve ma cronica che ha.

I genitori del bambino si rendono però conto che nel tempo passato tra le visite mediche nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile e il responso del grande e famoso professore, sono passati dei mesi nei quali il loro bambino  è molto cambiato. Decidono che è necessario un altro parere, una conferma o una correzione, accettando il rischio che possa dare un esito ancora peggiore della prima diagnosi.
Allora i genitori del bambino si rivolgono all’ASL del loro territorio, che ha una struttura adatta per diagnosticare anche la malattia incurabile insondabile incomprensibile che il loro bambino ha in forma lieve ma cronica, e dopo ormai un anno dalla prima serie di visite e controlli nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, portano il loro bambino nel frattempo cresciuto e cambiato nella ASL del loro territorio. Anche qui un gruppo di simpatici e cordiali medici se lo tiene per qualche giorno consecutivo, facendogli fare più o meno gli stessi test e le stesse attività che aveva già fatto nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, e stavolta c’è anche uno dei due genitori ad assistere e a rispondere a qualche domanda.
Anche in questo caso i genitori però devono aspettare molte settimane, perché non è facile coordinare tutte le persone coinvolte nel processo diagnostico, nei test, negli esami. Il dottore responsabile dell’ASL del loro territorio, raccolti i pareri dei suoi colleghi ed acquisita la documentazione precedente sottoscritta dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, convoca finalmente i genitori un giorno e gli dice che la malattia incurabile insondabile incomprensibile che il loro bambino ha è peggiorata, dando al loro bambino caratteristiche di asocialità e di intrattabilità che rendono necessario – dice il dottore responsabile – rivolgersi a strutture specializzate nel trattare un bambino con quella forma della malattia incurabile insondabile incomprensibile. Allega al rapporto una lista di queste strutture presenti nel territorio della ASL.

A questo punto i genitori hanno un altro problema, oltre alla malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave del loro bambino e a quello di se e come dire al bambino della malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave. Il problema è l’evidenza, al di là dell’inevitabile distorsione dovuta al loro amore di genitori, che il bambino descritto nel rapporto firmato dal dottore responsabile dell’ASL del loro territorio, corroborato dal precedente rapporto firmato dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, non è il loro bambino.
I genitori del bambino non hanno mai visto quelle cose descritte lì accadere al loro bambino; non hanno mai visto il loro bambino comportarsi come viene descritto lì, né riconoscono nelle caratteritiche assegnate al loro bambino il bambino che vive con loro. Allora i genitori del bambino decidono che è necessario un altro parere, una conferma o una correzione, accettando il rischio che possa dare un esito ancora peggiore della prima diagnosi e della seconda diagnosi. Stavolta però si rivolgono, dopo molti sacrifici economici, a una struttura privata specializzata anche nella malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave.

Sono passati ormai più di due anni da quando la maestra ha fatto le sue osservazioni sul bambino. I due genitori, per ora, hanno solo una certezza: non sanno né se il loro bambino ha qualcosa o è qualcosa, né sanno se è il caso di farglielo capire chiaramente oppure no. Ormai il bambino ha più di sei anni, è parecchio intelligente, ed è evidente che comincia a capire anche lui che qualcosa non va – oppure che lo si sta prendendo in giro per chissà quale motivo.
Anche nella struttura privata specializzata i simpatici e cordiali dottori si tengono il bambino per tanti giorni diversi, però i genitori sono convocati per un responso quasi subito dopo l’ultima visita, l’ultimo test, l’ultimo controllo. Più o meno le parole con il quale comincia il suo discorso il dottore fondatore della struttura privata specializzata sono le seguenti: “Bene, il vostro bambino non ha nulla di particolarmente grave. Certo ha un carattere un po’ chiuso, ma è molto sensibile ed intelligente, forse anche un po’ troppo per la sua età. Chi gli sta intorno dovrà un po’ ‘fare i conti’ con questo suo carattere ma tutto lì. Ma voi perché lo avete portato qui? Cosa pensate che abbia?”
Al che i genitori del bambino che adesso ha solo un carattere un po’ chiuso ma è molto sensibile ed intelligente raccontano le vicende precedenti – prima di finire le visite al bambino nessuno della struttura privata ne ha mai fatto richiesta o menzione – e mostrano i rapporti firmati dal dottore responsabile dell’ASL del loro territorio e il rapporto firmato dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile.

Il dottore fondatore della struttura privata specializzata, mentre legge quei rapporti, trasecola. Si mette le mani nei capelli, scuote la testa. Si domanda anche lui, come i genitori del bambino, se quello di cui si parla in quei documenti sia davvero lo stesso bambino che ha visto lui. Spiega – dopo la lettura – che purtroppo la malattia incurabile insondabile incomprensibile è molto di tendenza, la si diagnostica con una certa facilità sulla base di pochi protocolli tra quelli che sarebbe doveroso applicare sempre tutti per avere un quadro clinico affidabile, e che dando al bambino e ai genitori del bambino la possibiltà di usufruire di tante facilitazioni scolastiche e mediche c’è un certo lassismo nel darla come presente in una delle sue tante forme.
Ascoltato il parere – costoso ma utile – del dottore fondatore della struttura privata specializzata, i genitori decidono che il loro bambino ha solo un carattere un po’ chiuso ma è molto sensibile ed intelligente, cose che dopotutto sono ampiamente confermate dalla vita che stanno da sempre trascorrendo con lui.
E vissero tutti felici e contenti.

Bene, spero che la favola vi sia piaciuta: perché, mi scuso per la disonestà narrativa che ho usato, la storia non è una favola; è vera ed è quello che è successo a noi, a nostro figlio. Ho evitato di fare nomi e cognomi, nomi di luogo e di istituzione, ho anche usato il maschile come “neutro” per tutti i generi, perché non credo che in fondo quelle siano informazioni importanti. E’ importante dire che questo non ci ha insegnato né la diffidenza verso le istituzioni pubbliche né la fiducia inattaccabile in quelle private. Siamo ancora parecchio arrabbiati, ma non abbiamo nessun desiderio di vendetta. La cosa che, a distanza di tempo, ci fa ancora male è vedere come alcuni comportamenti deontologicamente esecrabili siano diventati “sistema”, prassi, azione deresponsabilizzata e deresponsabilizzante anche nel caso medico, clinico, diagnostico. E tutto questo fa entrare la nostra piccola storia in un più ampio discorso politico, etico e d’amore, che però qui non è possibile neanche iniziare. Ma c’è.

In queste sere nelle quali i nostri figli vedono con noi le Paralimpiadi londinesi con lo stesso gusto col quale hanno visto le precedenti Olimpiadi, sento che ci siamo comportati, alla fine, nel miglior modo possibile. Ma non capisco ancora in che senso.

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174 thoughts on “Un bambino, due genitori e una diagnosi sbagliata”

  1. grazie Ema della risposta neutra.
    perl’esperienza che ho avuto con mio figlio ho incontrato insegnanti inadeguate che hanno fatto prima a lavarsi le mani indicandoci
    degli specialisti invece di capire quale era il reale problema (sempre che ce ne sia uno) dei bambini.
    le prime classi dell’ anno scorso su tre sezioni , due sezioni avevano 7 bambini con problemi (5 in classi di mio figlio)
    mentre quest’anno le prime classi tutti con bambini sanissimi , volenterosi,tranquilli, un po strano no????
    dico c’erano 5 bambini in classe perche in 1° elem. un bambino ha cambiato scuola (sempre consigliato dalle
    maestre ) perchè riscontrato in lui la difficoltà a stare attento e non adeguato al tempo pieno, in 2° elem. due bambini hanno
    cambiato scuola sempre per gli stessi motivi (deficit attenzione, aggressività,iperattività) . ora sono rimasti solo due bambini
    (mio figlio e un altro) vedremoin 3 elementare che succede.
    ripeto ho fatto come ri chiesto dalla scuola e per amoredi genitore diversi controlli (due pediatri, due psicologi,
    une neuropsichiatra, un psicoterapeuta, centro adhd) e aparte quest’ultimo tutti hanno detto che èun bambino viziato e ancora
    immaturo e che con il tempo cambierà mentre il cetro ovviamente che ha detto? ha bisogno di un aiutopsicoterapeutico e
    ha bisogno di aiuto con le materie scolastiche.
    ora non c’entra nulla fare sport,avere delle aspettative dai propri figli alte (non possiamo pretenderlo noi genitori non siamo
    stati dei “geni” scuola pero ce lasiamo cavata), che ci sia un disagio siamo stati i primi a dirlo ma questo disagio va
    trovato a scuola (ripeto a casa , con gli amici , in famiglia, è tranquillissimo) , ma da parte dell’istituzione
    scolastica è difficile dire “è colpa nostra”, “gli insegnanti non sono adeguati” ma è piu facile puntare il dito sulla famiglia e sui bambini.
    in questi due anni non abbiamo mai voltato le spalle alla scuola siamo stati sempre presenti (varie volte chiamati da preside e insegnati,
    alcune volte anche a sproposito solo perche si era messo seduto per terra)
    abbiamo sentito i consigli e lavorato in simbiosi per cercare di aiutare mio figlio.
    come genitori siamo molto attenti a nostro figlio e se ovviamente ha davvero questo benedetto deficit ci rimbocchiamo
    le maniche e facciamo di tutto per aiutarlo però devono essere sicuri che sia questo e non una scusa di insegnati che
    non hanno voglia di insegnare o che non sanno insegnare (bisogna catturare l’attenzione dei bambini quando si insegna) .
    lo so che il mestiere di insegnate è difficile ma credo che nessuno sia stato costretto a farlo , e credo che quando si
    fa un lavoro bisogna dare il meglio di se anche se si è stanchi o se si viene sotto pagati a maggior ragione
    se si lavora con dei bambini innocenti e si han nelle mani il loro futuro.
    è questo che ci spaventa e ci fa star male aver sottoposto un bambino di 6/7 anni a varie visite che forse hanno causato
    un qualcosa che prima non c’era (mio figlio da quando ha iniziato la 1° elem ed è iniziata questa epopea ha un tic all’occhio)
    o hanno peggiorato un qualcosa che era “leggero” . scusate per lo sfogo ma solo a pensare che presto si ricomincia
    mi viene la pelle d’oca. ora non ci voglio pensare anche perché a settembre dobbiamo decide se far venire questa persona oppure se fare come gli altri genitori e cambiare scuola.

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  2. Raffaella ti rispondo da maestra e, non avendo nulla a che fare con tuo figlio, posso fare una riflessione “neutra”.
    Ho 62 anni e, di conseguenza, molta esperienza e una preparazione professionale buona.
    Nella scuola si trovano insegnanti preparati a rapportarsi con bambini di tutti i tipi e insegnanti che sono in difficoltà con bambini particolari o che subiscono pressioni ambientali che li fanno sentire sempre sotto giudizio e obbligati a dimostrare di far raggiungere certi risultati, opinabili, alla classe (v. polemiche per le INVALSI). Chi si sente sotto pressione può avere più difficoltà ad attuare metodologie, che possono creare un clima più disteso, e percorsi diversificati a seconda dei bisogni dei bambini. Un insegnante non deve neanche essere presuntuoso e ritenersi in grado di risolvere ogni difficoltà e, quindi, richiedere il parere di specialisti è segno di umiltà e di disponibilità a chiedere e poi seguire consigli per il benessere dei bambini.
    Certamente esistono bambini che seguono il proprio percorso di crescita con difficoltà ed è una cosa positiva che vengano dati loro tutti gli aiuti possibili.
    Per quanto riguarda le famiglie ho visto aumentare negli anni anche la pressione su di loro e di conseguenza sui bambini per ottenere prestazioni alte in tutti i campi.
    Si hanno aspettative alte e molteplici nei confronti dei figli. Prima ancora che comincino a parlare ci si immagina che faranno l’università, parleranno più lingue, faranno sport e attività artistiche. Tutte cose belle come opportunità, ma pesanti se viste come obblighi.
    Ad esempio, non conosco famiglia, anche con gravi difficoltà economiche, che non voglia far fare qualche sport, dopo la scuola, al proprio figlio. E’ un male? No di certo; ma ci sono bambini che non trovano più il tempo per giocare, semplicemente, ed è grave perché è il loro modo per rielaborare anche i contenuti psichici conflittuali.
    Nel contempo i genitori non hanno solo alte aspettative per il futuro dell’unico figlio o dei due figli (avere 3 figli è considerata una stranezza)che hanno, ma si aspettano un ritorno affettivo che li porta, spesso, a non riuscire a essere normativi con fermezza e coerenza. E, per mia esperienza, la cosa di cui più hanno bisogno i bambini sono le regole e, talvolta, da seguire semplicemente senza tante spiegazioni sui perché. Un po’ come quando viaggiamo in auto vogliamo sapere che corsia usare e avere la certezza che sia una regola valida per tutti e non ci interessa che sia frutto semplicemente di una convenzione.
    Tutti questi fattori possono portare alcuni bambini a sentirsi disorientati e a mettere in atto comportamenti disturbanti, per se stessi prima che per gli altri.
    Questa lunga premessa mi è sembrata necessaria per chiarire che una segnalazione di un insegnante o la diagnosi fatta da specialisti non dovrebbe essere vissuta come un dramma, ma come un’opportunità per avere un supporto per modificare alcuni comportamenti degli adulti e, di seguito, del bambino. Il bambino che “si comporta male” è un bambino che manifesta un disagio, aiutarlo a star meglio non significa etichettarlo come sbagliato.
    Ovviamente, come tutti, i bambini cambiano il loro comportamento a seconda dell’ambiente in cui si trovano, alle persone con le quali si rapportano, alle richieste che vengono fatte loro e al modo in cui vengono fatte. Quindi è normale che possa esserci una differenza tra le osservazioni dei genitori e quelle delle maestre o degli specialisti. Posso solo consigliare di abbandonare la diffidenza e di non sentirsi giudicati ma aiutati. Un abbraccio Emanuela

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  3. buonasera,
    leggendo questa “storia” mi sembra di rivivere quello che sta succedendo alla mia famiglia. abbiamo un bambino di 7 anni e da quando è iniziata la scuola elementare che le insegnati si dicono che “..ha un comportamento inadeguato a scuola e che dovrebbe essere visto da uno specialista”, premetto che questi comportamenti avvengono solo a scuola e all’interno della classe. e premetto che a dire delle maestre all’interno della classe ,oltre a ns figlio, ci sono altri 4 bambini da “far visitare”. bene di specialisti ne abbiamo visti parecchi, ultimo nei mesi scorsi (centro specialistico problemi comportamentali inadeguati) ,e tutti ci dicono che nostro figlio ha problemi a socializzare , problemi di apprendimento, iperattività e un sacco di altre cose, e che quindi ha bisogno di uno psicoterapeuta e di un aiuto nello studio perché se no potrebbe peggiorare. ci hanno fatto una dettagliata analisi e devo dire che siamo caduti dalle nuvole nessuno dei comportamenti descritti o deficit descritti sono ravvisati nella quotidianità . siamo a pezzi nn sappiamo cosa fare dobbiamo credere a quanto detto oppure no? d’altronde sono medici e sapranno il loro mestiere, oppure ora va di moda diagnosticare questa “malattia” oppure sono le maestre che non sono in grado di gestire bambini moderni?. scusate è stato uno sfogo di una mamma che sta nel panico più assoluto

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  4. @tutti
    il prosieguo della storia di terminator.

    So che vi chiederete ma non era finita…? Beh, speravo anche io, ma non e’ cosi’. Dopo il colloquio avuto con la simpatica dott.ssa, richiamo il neuropsichiatra dell’ospedale che mi aveva consigliato “la terapia” e gli racconto della mia difficolta’ di trovare una persona competente e delle mie perplessita’. Lui gentilmente mi ascolta, mi toglie ogni dubbio riguardo ad un “autismo latente” e si annota il mio numero dicendo che mi avrebbe richiamato per darmi un riferimento. Dopo un paio di settimane, arriva la sua telefonata ed il famoso riferimento. Ho trascorso un altro mese e piu’, tra tre incontri di “osservazione” di Terminator e tre (dico tre) con i genitori, due iniziali e uno finale… La dott in questione, mi e’ sembrata competente, la sua “diagnosi” conferma quella dell’ospedale una “disarmonia” tra sviluppo cognitivo e quello psico affettivo. Un bambino “molto ansioso” mi dice… Tutto non mette e non toglie a quello che gia’ conosco di terminator e che forse molti di voi conoscono per esperienza personale. Arriva il momento del “pacchetto” terapia.
    Un anno, mi dice, “un anno per un bilancio” si corregge. In cui devo portare terminator due/tre volte a settimana da lei, per un’ora, con un costo di circa cento euro a settimana… (perché essendo terapia, si “risparmia” un po’…). Ora, a parte l’onere economico, mio marito ed io siamo scoraggiati sul “terremoto” che questo “impegno” comporterebbe per la nostra famiglia. Entrambi lavoriamo l’intera giornata, cio’ comporterebbe corse, permessi da chiedere, l’organizzare il PRIMA ed il DOPO, e l’altro fratellino piu’ piccolo. Senza aiuto di un familiare. Se non di una tata, che dovremo pagare extra… Tutto questo, non per TRE, SEI mesi, ma oltre un anno. Dovremo rinunciare a fargli fare dello sport (avevamo pensato di iscriverlo in piscina), ma a questo punto quale “carico” devo accollare a mio figlio…? Fra tutti questi impegni?
    Cosa chiedo adesso? Solo il consiglio, il confronto di due genitori, con una situazione simile… Vorrei veramente mettermi alle spalle tutto questo, ma ho paura che mio figlio abbia bisogno di un “aiuto” che io non riesco a dargli. Ho paura che col tempo questa disarmonia, come dice la dottssa, “potrebbe trasformarsi in sintomo”… Chiedo ad un esperto, ma questa disarmonia e’ “naturale” in un bambino? O in un insieme di bambini comunque “normali”? E’ giusto intervenire…? Medicalmente? Grazie a chiunque voglia rispondermi.

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  5. Sono approdata qui per puro caso, che dire … ringrazio il cielo di essermi risparmiata questa trafila, sono stata immensamente fortunata.
    @Dafne
    Ti consiglio di leggere questo documento e di cercare in internet più informazioni possibili sulla plusdotazione
    http://web.ticino.com/giovannigalli/APCFascicolo%20bambini%20AP.pdf
    Essere approdata su questo sito, aver letto questo documento, è stato illuminante e probabilmente mi ha risparmiato le sofferenze e le preoccupazioni di Lorenzo.
    Ho visto che ti hanno già citato il Laboratorio di Pavia, io mi sono rivolta a loro. So che esiste un’altra associazione a Genova che si occupa di plusdotazion,l’Aistap. Nel caso di Pavia si tratta di un laboratorio universitario.
    Hai scritto che per te Pavia è scomoda, ma potresti contattarli per avere dei nominativi di riferimento o contattare Genova, se fosse più comoda. Ti do questo consiglio, perché se il problema fosse la plusdotazione, difficilmente riusciresti a trovare un supporto adeguato, c’è troppa disinformazione sull’argomento.
    Ti consiglio di leggere anche il blog lascialluscio; io mi sono convinta a contattare Pavia dopo aver letto l’esperienza della blogger
    http://lasciasulluscio.blogspot.it/2012/05/diversita-seconda-parte-ma-il.html
    Chiedo scusa per l’invadenza e un sincero in bocca al lupo a tutti/e

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  6. @ALLA intanto tieni conto che tu avrai conosciuto due o quattro maestre ed è un po’ poco per dire come funziona la scuola italiana. Ci sono certamente insegnanti inesperte o incompetenti, ma inviare all’ASL o a un’altra struttura che possa valutare SE esistono dei problemi non significa definire nessun bambino, ma solo chiedere un parere per delle difficoltà che si incontrano e la cui soluzione deve essere un modo diverso di proporre l’apprendimento al bambino.

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  7. Ho impressione che tutti maestre in Italia cercano la scusa per mandare o da psicologa o da neuropsichiatra…Io manderei prima loro!!! Visto che maggior parte delle maestre sono isteriche e urlano sempre…Tanto per avere la maestra di sostegno in classe,comminciano dalla 2 elementare cercare a un bambino super intelligente i super dotato difetti.Prima -lavora troppo veloce..Dopo – Mancanza di attenzione…Finche veramente bambino subisce forte stress con arrivo di TIC…COSI E LA MIA STORIA IN UNA SCUOLA ELEMENTARE DI ROMA!!!!Ho portato da psicologa ASL.La storia continua 2 anni i risultato ZERO!!!!Tanto non credo piu a nessuno!!!E una vergogna!!! Stato Italiano deve fare piu controlli a Scola i ASL.

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  8. @Mammasterdam
    Ho provato, ho provato a fare Orso1, orso 2 e orso 3… funziona!
    All’inizio bisognava arrivare fino a Matilde 3, adesso basta Matilde 2 o a volte anche Matilde 1….

    sono anche io convinta che urlare non serve, in realtà era più mio marito a farlo, ed io a spiegargli che anzi, secondo me il suo isolamento era anche dovuto ad un approccio sbagliato, non ascolta perché non si sente ascoltata…ma non é facile far capire a chi non é mamma quello che una mamma sente per istinto…
    ma adesso anche mio marito ha constatato che se invece di urlare si parla ( anche se con il trucchetto dell’ “asta” 1-2-3) le cose funzionano meglio, non peggio!

    grazie, mammasterdam, a volte piccoli esperimenti ci chiariscono le idee…

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  9. @Serena
    grazie serena e grazie tutti. In realtà usavo questa pagina proprio per sciogliere il groviglio di pensieri. Per chiarirmi le idee, del resto con chi parlare sulla questione…? Ho deciso, riguardando la me stessa mentre leggevo le tue parole, mentre stanotte non dormivo, mentre ieri ero lì nel mare di incertezze che mi si apriva dinanzi a quella scrivania… Mi fermo qua. Rimanderò la questione SE e quando un problema si presenterà. Evidente, chiaro, univoco. Come dici, appunto, perché “normalizzare” mio figlio? E’ più intelligente della media…? Beh è figlio mio, no? scusate se è poco. 🙂

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  10. Serena, intanto ti ringrazio io perchè tutto quello che hai appena detto a Dafne lo prendo per me e Orso. Ora mi viene da sorridere perchè ho riletto anche gli ultimi commenti di Tommasina e mi dicevo: uguale, uguale, mannaggia quanto è uguale, e il sorriso viene dal fatto che è meraviglioso che abbiamo qui un posto in cui raccontarci e confrontarci su questi nostri figli fantastici e speciali. cioè, ci sentiamo meno soli e sentiamo storie che assomigliano alle nostre e a me questo mi conforta nella nostra normalità.

    Tommasina quando dice che tocca toglierle il libro da davanti o urlarle nelle orecchie, dice quello che mi dico io. L’ unica cosa che ho smesso è urlare, tanto non serve e gli fa solo male. Ma mia suocera che è geniale ha fatto un discorso serio dicendogli: Orso, io ti chiamo tre volte e entro quelle tre sei rpegato di darmi una risposta. Quindi: orso, vuoi la merenda? Orso 1? Orso 2? orso 3? e ing enere a quel punto si sveglia e dice si o no. Se lo dice dopo, niente merenda (per un pochino) per farglic apire che ci sono conseguenze. Ora lo facciamo per tutto, con voce calma, ma questa ripetizione del contare fino a tre con lui funziona benissimo (poi magari con altri no) e mi evita di urlare che poi mi sento male pure io.

    Poi ci ho ripensato e questa cosa la facevo io da piccola e la faccio anche adesso se leggo o sto dietro il computer.

    Evidentemente noi bambini e adulti fatti così abbiamo bisogno di un tempo di amortizzamento che ci va ricordato, capisco che a scuola con oltre 25 bambini sia troppo, ma hei, ci sono i bambini con bassa manutenzione e quelli che ne richiedono di più e se una maestra o scuola non è ing rado di non esagerare, dovrebbe almeno avere il buons enso dif arsi i fattacci suoi.

    Il nostro problema è che la scuola a Orso sta molto addosso e da un lato ne sono grata, hanno insistito per mandarlo dalla fisioterapista perchè scriveva da cani e sta migliorando a vista d’ occhio. Dall’ altro tutti questi test, analisi, certo che le vogliamo fare, certo che vogliamo escludere i tratti autistici ma io questo lo voglio dire ad alta voce: ERO COSI DA PICCOLA E A 46 ANNI SONO RIUSCITA BENE NELLA VITA E MI SONO TOLTA UN SACCO DI SODDISFAZIONI. Senza encefalogrammi, test, psicoterapeut. A mio figlio non li faccio mancare solo per evitargli lo sconforto del sentirsi contemporaneamente in gamba e stupido perché ha ritmi diversi. Solo questo.

    Un ambiente che ti accetti meglio da piccolo ti devono aiutare i genitori e possibilmente la scuola, da grande te lo trovi da te.

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  11. Dafne, perdonami, conosco la tua storia solo parzialmente, ma a me pare che il parere che “diagnosi non c’è e non si può fare” come dicevi nel commento precedente, e che a quest’età i bimbi diventano un’altra persona in capo a 6 mesi, è l’unica cosa da tenere a mente, sinceramente un dottore che avesse detto A ME GENITORE “Avete fatto una risonanza magnetica o elettroencefalogramma” mi avrebbe fornito la condizione necessaria e sufficiente per alzarmi dalla sedia, girare i tacchi e non tornare mai più in quello studio. Lo so che arrivo per ultima qui con i consigli, ma io semplicemente cambierei asilo. Scusa la banalità.

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  12. Tra giri di telefonate varie, sono riuscita a trovare una figura di “educatore riabilitativo psico-pedagosista” e non so nemmeno in che ordine vadano queste parole. naturalmente privato. all’ASL di appartenenza non riesco nemmeno a rintracciare la neuropsichiatra infantile, per non dire che dovrei trovare qualcuno esperto dell’età evolutiva… ieri primo incontro, con me anche terminator. Porto la relazione tecnica, porto una raccolta dei suoi disegni, porto me stessa piena di incertezze e questo bimbo meraviglioso costretto ad essere osservato, “capito”… Il QIT è altissimo, 116, esordisce la (simpatica) dott, con QIP 123. Avete fatto una risonanza magnetica? strabuzzo gli occhi e dico, No! elettroencefalogramma…? no, continuo. si dovrebbe fare…. per escludere qualsiasi danno organico, qualsiasi “problema”… mi spiego, incalza lei, se si trattasse di un autismo in forma latente sarebbe evidente solo con una MRI. dott, la prego, vorrei evitare questi esami se non è strettamente necessario… “perché siete qui…?” chiede lei e me lo chiedo anche io… le spiego tutta la trafila, non lo so nemmeno io, è un bimbo con caratteristiche particolari, è un po’ TROPPO, per certi aspetti, sensibile, curioso, agile, tenace, ma più cresce più riusciamo a trovare un equilibrio… a scuola, la maestra si lamenta di un bimbo sempre in movimento, “non troppo collaborativo” (e vorrei vedere, se uno ti strilla in testa se riesci ad essere collaborativo… ma questa è un’altra storia). c’è questa scheda tecnica del neuropsichiatra dell’ospedale che rivela di un bimbo con uno sviluppo intellettivo superiore alla media ed una stadio psico-emotivo “ancorato a stadi precedenti”… la dott scuote la testa, dice che non si tratta di iperattività, non si tratta di disarmonia, si tratta di un bambino con “un’accelerazione celebrale”, sta più avanti, tutto qui. Anzi continua, “io ho la sensazione che lui conti continuamente, nella sua testa… terminator, che numero è questo? 95, risponde. questo? 86…? e questo (messo a capovolto)? 51. sorprendente, riprende. A questa età, (5 anni) non si può parlare di neuropsichiatra, è troppo piccolo. Tuttavia, voglio prenderlo in consegna. Voglio capire che cosa c’è dietro questo rifiuto della scuola (asilo), dietro tutto questo che ci siamo detti. E’ un bimbo con una buona proprietà di linguaggio, molto sveglio, come reagisce quando lo sgridate? piange, dico. vuol far la pace… nessun dondolio, sibilo continuo o atteggiamento “fisso”? non mi sembra, dico. I suoi disegni, vede? hanno un tratto deciso, e sono tutti tratti dal basso verso l’alto “denunciano” un’aggressività latente… questo bimbo potenzialmente potrebbe diventare ingegnere come non riuscire a gestire tutto questo potenziale… dobbiamo capire come aiutarlo, cominciamo con un incontro a settimana, almeno fino a Luglio… è più difficile portare un punto alto verso la normalità che un punto basso verso l’alto… ma cos’è la normalità mi chiedo…? è necessario questo percorso per terminator? c’è così bisogno di “educarlo”…? sono piena di confusione, credetemi, piena di incertezze.

    Reply
    • @Dafne ormai leggiamo i tuoi racconti da “anni” e mi sembra quasi di conoscere te e il tuo meraviglioso terminator 😉
      allora mi permetto di dirti un paio di considerazioni che mi vengono al volo, che tu puoi prendere, leggere, rifletterci e poi farne ciò che vuoi.
      Prima di tutto, fermati, e respira. Hai respirato? Bene. Ora ripeti come me: “mio figlio è un bambino meraviglioso”. Ripetilo 100 volte. Guardalo mentre conta in inglese, guardalo mentre gioca con gli altri bambini, guardalo mentre impara a memoria le filastrocche. Ascoltalo parlare, bene, scandire le parole. Osservalo correre. E’ un bambino. E’ un bambino normalissimo. E’ un bambino con un quoziente intellettivo che a questa età, 5 anni, risulta un po’ più avanti della media. E allora? Non è malato. Non è strano. Non ha nulla di anormale. E’ un individuo bellissimo, con molta energia e voglia di conoscere e scoprire. Ha solo 5 anni. Ha tempo di crescere, di “adeguarsi” come questo medico vorrebbe (la frase “è più difficile portare un punto alto verso la normalità che un punto basso verso l’alto” mi spaventa da morire), o come vorrebbe la sua maestra. Se tutti questi studi su di lui avessero evidenziato una qualche difficoltà reale, allora capirei il voler andare avanti. Ma così mi chiedo, perché? A che pro? Vuoi che si metta fermo e zitto a disegnare come gli altri bambini? Vuoi che il punto in alto vada di nuovo verso il basso? E perché? I bambini crescendo si adeguano da soli, non temere. E’ la spinta dei coetanei a farli adeguare. Per farli crescere invece, e farli diventare degli individui con una buona autostima invece hanno bisogno di essere accettati per quello che sono, di essere apprezzati per i loro punti di forza, e non hanno bisogno di riflettori, non hanno bisogno di incontri con terapeuti che sono incuriositi da questo “fenomeno”.
      Ok, lo so, ti chiedo perdono. Questo è un consiglio non richiesto, e mi dovrei limitare a darti una pacca sulla spalla. Però ti sento molto vicina, nei dubbi e le incertezze che hanno caratterizzato i nostri 3, 4 e 5 anni. E ti dico che già a 6 anni la cosa è andata meglio, e ora a 7 non mi ricordo nemmeno più il perché di quelle preoccupazioni. Ne subentrano altre, diverse, nuove. Ma i bambini crescono, e quello che non riescono a fare a 3 lo riescono a fare dopo. Ognuno con i suoi tempi. E quelli che sbagliano sono gli adulti, i sistemi scolastici, le maestre ottuse che seguono schemi che vogliono inquadrare i bambini, portarli tutti allo stesso livello. Io ringrazio ogni giorno la scelta che abbiamo fatto di vivere in Svezia, in una scuola in cui mi sento dire ogni giorno che ognuno è diverso, e che prima o poi arrivano tutti. Chi prima e chi dopo. Ma ognuno con il suo passo.
      Spero di non averti confuso. Se queste analisi avessero messo in evidenza delle difficoltà oggettive ti direi cose diverse. Se fosse veramente molto indietro rispetto agli altri nello sviluppo intellettivo, allora mi sembrerebbe giusto lavorarci per aiutarlo. Ma visti i risultati, visto che il problema è in realtà una difficoltà della maestra perché lui ha bisogno di movimento (è un bambino, cribbio, i bambini si muovono!!!) questa è la risposta che mi è venuta dal cuore. Non è lui quello sbagliato.
      Ti lascio un grandissimo abbraccio.

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  13. Un altro Ivan 🙂 Dàje così, Dafne, ce l’avessero detto a noi da subito…

    @Tommasina: le esperienza parlano da sole, Tommasina, non posso dirti io cosa fare, non sarebbe giusto né onesto 🙂

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  14. @tutti
    rieccomi qui. Relazione “tecnica” ricevuta. Dopo 5 incontri tra neuropsichiatra infantile e 2 tra genitori e stesso neuropsichiatra, diagnosi non c’è e non si può fare afferma il dott, ho solo una relazione tecnica che descrive come sono andati gli incontri… “A questa età…” mi spiega il dott, “è tutto talmente in evoluzione che tra 6 mesi ci potremmo ritrovare dinanzi ad un bimbo completamente diverso… tuttavia c’è qualcosa che caratterizza terminator ed è questo: il suo sviluppo cognitivo-intellettivo è superiore alla media, mentre il suo sviluppo psico-emotivo risulta ancorato a stadi precedenti… è come se il suo stato emotivo non fosse in armonia con quello intellettivo…” Mi dice che non c’è nulla di precoccupante, che probabilmente le cose potrebbero armonizzarsi in seguito, ma che lui consiglierebbe di proseguire con la psicoterapia con un esperto dell’età evolutiva… dice che questo non è mirato a “modificare” terminator, perché è un bimbo pieno di potenziale, creatività e fantasia, e simpaticissimo, afferma tra l’altro, ma a mettere fuori il suo potenziale… che potrebbe invece essere oscurato da questo suo modo di “isolarsi nelle sue fantasticherie”… ora… che fare…? Ah, in più nella relazione tecnica, si consiglia EEG al bambino e sostegno psicologico ai genitori…

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