Ospitiamo Andrea e Gloria di autosvezzamento.it, un sito “di genitori per genitori” che si occupa di alimentazione complementare a richiesta, ma anche di tutto quello che riguarda l’alimentazione dei bambini, la crescita, il rapporto col cibo e tanto altro. Vi segnalo, tra i tanti, i loro post sui bambini inappetenti, che aiutano a fare pace con un problema diffuso.
Che vogliate o meno provare l’autosvezzamento, che vogliate solo saperne qualcosa in più, che non ne abbiate mai sentito parlare e vi incuriosisce, leggete questo post che introduce con precisione all’argomento. Da qui potete prendere spunto per provare questo approccio all’alimentazione infantile.
Fatti preliminari
Senza scrivere un trattato, prima di parlare di svezzamento, anzi di AUTOsvezzamento ecco alcuni fatti che è bene tenere a mente:
1) Lo svezzamento “tradizionale all’italiana”, e con questo intendo tutto l’ambaradam di mais e tapioca, farine varie, omogeneizzati monogusto, ecc., è una creazione esclusivamente nostrana; basta varcare il confine e le versioni “tradizionali” dello svezzamento cambiano di conseguenza. Ad esempio, i liofilizzati per la prima infanzia non esistono al di fuori dell’Italia, e gli omogeneizzati cambiano completamente da paese a paese e contengono molti ingredienti considerati “proibiti” in Italia (uovo e pomodoro in primis).
2) Il calendario di introduzione degli alimenti è una creazione personale del pediatra di turno, di fatti ne esistono tanti quanti sono gli operatori sanitari (e non) che danno consigli in merito allo svezzamento dei bambini.
3) Non esiste niente in letteratura che supporti il modo di svezzare “tradizionale” italiano, che dica vadano usati omogeneizzati o farine, o che supporti l’uso di brodo di patata e carota.
4) Per quanto riguarda le allergie, la ricerca suggerisce fortemente che non c’è bisogno di ritardare l’introduzione di alcun alimento.
5) Dagli ultimi 10 anni o giù di lì c’è accordo che lo svezzamento vada iniziato intorno ai sei mesi, il che vuole dire che qualcuno inizierà a 5 e altri a 8-9 o, ebbene sì, addirittura più tardi.
Tanto per dare qualche riferimento, per chi fosse interessato ad approfondire, qui trovate le direttive OMS, quelle della UE e, udite udite, quelle del Ministero della Salute italiano. Da nessuna parte si legge che quello che il pediatra medio italiano dà per scontato sia minimamente necessario.
Pappe = perdita di tempo?
Chiaramente se si decide di svezzare il proprio bambino seguendo il metodo “tradizionale all’italiana” non ci sono problemi, in quanto di sicuro non ne morirà (neanche nei casi estremi, che purtroppo esistono, di bambini ingozzati a forza), ma bisogna rendersi conto che lo si fa per scelta personale, per soddisfare il bisogno del genitore e null’altro, in quanto non sta scritto da nessuna parte che seguire un metodo così apporti alcun beneficio al bambino.
Ma allora tutte quelle madri che hanno seguito le indicazioni del proprio pediatra hanno perso tempo? Sì e no… Sì perché hanno fatto qualcosa che non era necessario, ma molto dispendioso in termini economici e di tempo; no perché in fondo hanno fatto quello che ha detto loro il pediatra, per cui non possono certo essere colpevolizzate; la responsabilità risiede nella scadente informazione che troppo spesso ci viene data da chi ci dovrebbe invece aiutare, ma per cento motivi non lo fa.
Svezzamento Vs. Alimentazione complementare
Concentriamoci ora brevemente sul termine “svezzamento”: in letteratura questa è una parola che viene usata poco, mentre si parla di “alimentazione complementare”, espressione che sta prendendo piede anche in circoli più informali. Uno dei capisaldi dello svezzamento “tradizionale all’italiana” è di sostituire una poppata con un pasto “solido”, successivamente di sostituirne un secondo fino a che il latte non è stato eliminato del tutto o quasi. Il problema di questo approccio “dall’alto”, è che il genitore decide quando il bambino deve abbandonare il latte, non viceversa. Se invece parliamo di “alimentazione complementare” ecco che immediatamente sottolineiamo il fatto che il latte rimane l’alimento principale e che i solidi sono quasi un “di più”. L’OMS, così come tutte le altre associazioni internazionali, è chiara nel dire che il latte deve rimanere l’alimento principale per circa i primi 12 mesi di vita del bambino, per cui non c’è nessuna fretta di togliere poppate. L’interesse per il latte piano piano scemerà da solo e i solidi diventeranno sempre più centrali alla dieta del bambino. Chiaramente alcuni completeranno questo passaggio più rapidamente, altri più lentamente, altri MOLTO più lentamente, ma qual è il problema? Dopo tutto se a un bambino è permesso imparare a camminare quando è pronto, o a parlare quando se la sente, perché lo stesso principio non dovrebbe valere per il cibo?
Deficienze alimentari
Molto, troppo spesso se il bambino non mangia sempre un pasto perfettamente bilanciato ci presentano come spauracchio la deficienza da questo, la carenza da quell’altro, ecc. ecc.
Prendiamo ad esempio la tanto temuta carenza da ferro e vi chiedo cos’è meglio, forzare un bambino a mangiare quando non è ancora pronto o aspettare e, nella peggiore delle ipotesi, dargli un’integrazione di ferro SE E QUANDO tale carenza verrà riscontrata? Dopo tutto, anche se gli presenti il famoso pasto perfettamente bilanciato, se poi non lo mangia tutto che succede? Tutto il lavoro di bilanciamento se ne va nel secchio. E se ne vuole di più? Le variabili in gioco sono troppe per pensare di aver tutto sotto controllo (una delle grande illusioni che le mamme italiane hanno e sulla quale l’industria del baby food specula ampiamente), per cui limitiamoci a quello che possiamo veramente valutare, ovvero SE il bambino vuole effettivamente mangiare, NON QUANTO O COSA secondo noi dovrebbe ingerire.
Alimentazione complementare A RICHIESTA
Finora di cosa abbiamo parlato: abbiamo detto che le tabelle di introduzione degli alimenti non hanno basi scientifiche, che il metodo dello svezzamento “all’italiana” può essere considerato come opera di fantasia e che che l’industria del baby food non ha ragione di esistere. Inoltre abbiamo sottolineato che i solidi, fino al compimento dei 12 mesi, fanno da complemento al latte, NON da sostituto.
L’ultimo tassello che rimane per completare il mosaico dell’autosvezzamento (conosciuto anche come Alimentazione Complementare a Richiesta, o ACR) è ricordarsi che la richiesta del cibo deve venire dal bambino e non da terzi. Dopo tutto, se quello che mangia non ha molta importanza, se quando lo mangia non ha molta importanza e se quanto ne mangia non ha molta importanza, a che pro affannarsi affinché ne mangi almeno un po’ quando secondo ME (e non secondo il bambino) è arrivato il momento giusto? Tanto vale lasciare decidere a lui.
Anarchia o sviluppo naturale?
Messa così sembra una cosa esoterica e quasi anarchica, ma invece non c’è niente di più semplice e naturale… tuo figlio condivide la tavola con te (ebbene sì, chi fa pasti separati a mio avviso perde una bella fetta della vita dei propri figli) e quando meno te lo aspetti… ZAC e arraffa un pezzo di carne… ZAC e prende un pezzo di pane. All’inizio non saprà cosa farsene e ci giocherà… lo metterà in bocca, lo sputerà, ci farà (secondo il nostro punto di vista) schifezze inenarrabili, ma queste sono cose che fanno tutte parte dell’apprendimento. Poi magari per due-tre giorni o per una settimana o più sembrerà disinteressato a quello che succede a tavola, concentrandosi invece sulle ombre sul muro, giocando con il telefonino della mamma o il telecomando della TV. Ma poi vi distraete un attimo… e ZAC! riparte alla carica.
Una storia vera
Tanto per fare un esempio di vita vissuta, figlia due ha cominciato a mostrare interesse per i solidi a 5 mesi, mentre eravamo in aereo in viaggio per l’Italia, e ci ha rubato un torsolo di mela; se l’è ciucciato per un bel po’ e poi ce l’ha restituito. Queste ciucciate di frutta sono andate avanti a fasi alterne per circa 6 settimane e verso i 6 mesi e mezzo, quando oramai stava seduta e non aveva più un riflesso di estrusione troppo forte, ha cominciato a volere qualcosa di maggiormente sostanzioso. In altre parole, cosa è successo? Noi genitori sapevamo che da un momento all’altro avrebbe cominciato a mangiare qualcosa, ma abbiamo fatto un passo indietro aspettando che l’interesse venisse da lei. Noi ci limitavamo ad avere a portata di mano qualcosa che lei potesse afferrare qualora lo avesse desiderato e così è stato.
Allattati fino alla maggiore età?
A chi teme che se non si toglie il latte (più o meno) bruscamente si finirà ad allattare fino alla laurea chiedo: avete mai conosciuto qualcuno che continua ad alimentarsi solo di latte, non dico in età adulta, ma passati i 2-3 anni? Ne avete mai sentito parlare? Io no, e allora a che pro cercare di fare le cose a modo mio, quando posso lasciare che seguano il loro corso e vivere una vita molto più tranquilla?
@andrea, grazie per il chiarimento.
@fab, no, no… l’idea è che si mangia tutti insieme. Magari all’inizio ci vuole un po’ di elasticità da parte di tutti per incontrarsi, ma di sicuro vuoi assicurarti che tutti stiano a tavola allo stesso tempo.
Se poi i bambini (o i genitori) sono affamatissimi con 30 minuti di anticipo, quel giorno gli dai un tappabuchi per farli stare zitti e il giorno dopo fai una merenda più ciccia.:)
Ti dico che nel nostro caso abbiamo sempre mangiato insieme. Anche se gli orari non funzionavano o magari uno dei genitori era fuori, le bambine non hanno mai mangiato da sole.
@andrea, sono molto d’accordo con te sulla questione “a richiesta”.
Leggendo qua e la’ mi sembra sempre che si corra molto con lo svezzamento,proprio con l’idea della sostituzione al piu presto delle poppate.
Da una che allatta ancora la sua duenne,ti diro’ che pur non avendo fatto autosvezzamento non ho mai sostituito le poppate. Beh poi un giorno e’ successo ovvio,ma chissa quando,non saprei,forse con l’asilo nido….
Insomma,io ho sempre adottato la tecnica “un po’ di pappa per te,qualche assaggio di cibi nuovi e una ciucciatina quando hai voglia”.
Quello che non ho ben capito e’ la questione orari dei pasti. E’ a richiesta pure quella?
Se e’ cosi,io non dono tanto d’accordo. A me piace che Lmeno pranzo e cena si mangino piu o meno alla stessa ora e tutti insieme se si puo’. Le merende le concedo quando uno ha fame. Insomma,ae uno ha fame a fame,ma mi piace anche l’idea di insegnare il saper aspettare. Se aspetti 10 minuti che mamma finisca la cena non muori mica di fame,ecco.
Scusa @Andrea ma pensi davvero che esista qualche bambino che al primo colpo si è fatto fuori tutta la prima pappa a 5 mesi?!?!?! Se lo ha fatto, è perchè era pronto e quindi rientra nelle tue linee guida, ma anche le pappe nella pratica vengono inserite gradualmente. Se un genitore alle 11.50 del giorno X decide che si passa alle pappe e costringe il figlio a mangiarsela tutta nonostante il figlio strepiti e chiaramente la rifiuti, il problema è un’altro, secondo me, non di pappa o non pappa…
@Claudia,
nel mio post ho cercato di soffermarmi fondamentalmente in quello che NON è necessario fare o che non è supportato dalla ricerca.
Quello che il singolo poi decide di fare nella propria famiglia dipende da caso a caso, ma l’importante è sottolineare che la maggior parte delle cose si fanno per comodità personale e non perché c’è un oggettivo guadagno. In questo non c’è niente di male, ma siccome le “comodità personali” variano da caso a caso volevo sottolineare che, prendendo come esempio @pasadena, la mela all’inizio non serve. Se gliela vuoi dare non ci sono problemi, ma se la salti a pie’ pari a tuo figlio mica importa niente:)
Un altro punto FONDAMENTALE che però sembra essere passato sotto silenzio, è che l’autosvezzamento NON vuol dire “fagli mangiare quello che ti pare”; in altre parole non c’è bisogno di fare autosvezzamento per fargli mangiare tutto, ma proprio tutto (per questo basta leggere una qualunque linea guida). Il menu è irrilevante.
Quello che è il punto chiave è invece che il bambino mangia A RICHIESTA. È lì che c’è la forza e la novità dell’autosvezzamento, non nel menu (quella che si può mangiare più o meno tutto è un’idea che circola da decenni)…
Il bambino passa dal latte ai solidi NON quando lo decide un terzo (chiunque esso sia), ma quando LUI è pronto.
Purtroppo questo è il concetto che nei discorsi che si fanno qui e là in rete sembra sempre passare inosservato, in quanto tutti si fissano sull’idea che
1) si sostituisce una poppata
2) per cui passi dal latte all’impepata di cozze.
Invece l’A RICHIESTA vuol dire che il passaggio da poppata a pasto è GRADUALE (o come piace dire a me “orizzontale) e non subitaneo (o verticale). Si comincia dando una morsetto qui e una ciucciatina là e piano piano le cose si evolvono.
Il bambino non impara a camminare alle 15:15 del 19 ottobre da un momento all’altro, invece comincia a tirarsi su, cade, si rialza, dopo qualche settimana fa qualche passetto, ecc. ecc. Lo stesso vale per il cibo… si comincia afferrando, toccando, provando, sputando, ecc. e piano piano si prende più confidenza e ci si lancia in cose più avventurose. Le pappe sono quasi come il bambino che deve camminare con il girello, quando magari lui starebbe tanto bene seduto:)
Se volete, il primo pasto completo lo si può paragonare alla prima volta che il bambino va da una parte all’altra del salotto camminando senza aiuto.
Insomma, non serve fissarsi sui cibi… quelli non sono importanti.
@fab Noi stiamo sperimentando lo stesso approccio. Mi piace l’idea dell’autosvezzamento, mi è piaciuto il libro di Piermarini, ma alla prova dei fatti certi aspetti mi sembrano quasi da “metodo” e mi tolgono un po’ di rilassatezza. Certe cose che mangiamo noi come primo approccio non mi sentirei di darle a Michele. Preferisco prima passare da cibi più sicuri tra virgolette, e, infatti, abbiamo iniziato con la classicissima mela, pur sapendo che si tratta di una convenzione, testata però da tanti bambini italiani.
@Gloria ma io non sono contraria! Lo trovo fantastico! Il post l’ho anche spedito a un sacco di gente. Ma dai vostri commenti emergono delle posizioni un po’ rigide su alcune cose, posizioni che cozzano con l’esperienza “sul campo” di molti genitori. Siccome il messaggio che volete far passare è comunque importante, forse vale la pena limare alcune affermazioni per mantenere una certa credibilità.
Non saprei,in parte sono d’accordo con l’autosvezzamento,in parte no.
Secondo me la verita’ sta nel mezzo,nel senso che si alle pappe e si agli assaggi del cibo dei genitori.
Mia figlia ha cominciato a mangiare la mela a pezzi ben dopo l’anno. Prima ne staccava un bel pezzo con quei 2 denti che aveva ma poi non riusciva a masticarlo bene,e quindi rischiava di soffocare.
Questo tanto per fare un esempio.
Io ho seguito una classica tabella per l’introduzione dei cibi (io sto in croazia e la tabella e’ completamente diversa dalla italiana) e ho sempre dato un alimento nuovo alla volta.
Non mi convince neanche il fatto che possano mangiare tutto subito.
Fino a ieri latte e poi di colpo di tutto e di piu’,mah,secondo me un po’ di cautela ci vuole,anche perche mali di pancia e irritazioni varie poi ce li sorbiamo noi genitori.
Poi ci sono tutti i vari cibi tipo fragole,kiwi,arachidi ma anche uovo e latte che possono dare allergie.
Insomma se mio figlio a 6 mesi vuole assaggiare la fragola,mah,ci penserei.
Prrsonalmente non ho preparato molte pappe ad hoc per mia figlia. Solo ai primi tempi per vedere un po’ le reazioni. Poi preparavo qualcosa per tutta la famiglia che potesse manfiare anche lei,tipo minestre,passati,verdure e carne al vapore,senza metterci sale e cosi via. Poi per noi magari aggiungevo la pasta e prr lei la pastina finche’ anche lei non e’ riuscita ad addentare la pasta.
Insomma preparavo alimenti di consistenze e sapori diversi per tutti ma adattati a lei.
Oggi a due anni cucina uguale per tutti. Cerco di alternare cose che so che le piacciono a cose nuove o difficili,in modo da sperimentare qua e la’ ma in scioltezza.
Se poi qualche volta non mangia,pazienxa. Se poi la carne e’ venuta troppo legnosa e dura,beh una frullatina ogni tanto per mimetizzarla nel riso ci sta.
@Claudia e Silvia
Capisco benissimo che intendete e lo condivido, una cosa che si ripete spesso la’ da noi e’ che tutto va inserito nelle abitudini e nelle peculiarita’ di ogni singola famiglia, perche’ una ricetta unica che valga per tutti non esiste (appunto il no agli schemini ecc). Ma qui, in un post che parla in generale di autosvezzamento non si puo’ che rimanere sul generale e parlare in generale. E qui scatta un grande conflitto, perche’ non esiste il generale senza una moltitudine di casi particolari. Solo che soffermarsi a parlare del singolo caso in un’occasione del genere porta facilmente a generalismi e a fraintendimenti, secondo me. Vedi sotto quando ho preso ad esempio plch… non possono certo permettermi di fare un’analisi del suo caso specifico (!) ma m’e’ sembrato un buon spunto per tirare fuori una problematica comune.
Credo che la pera a 5 mesi non ti risolva la fame notturna e credo fermamente che le pappe intese alla maniera canonica siano non necessarie, ma e’ ovvio che l’equilibrio della tua famiglia lo conosci solo tu (persona x) e io mai potrei venire a darti soluzioni preconfezionate. Quello che proviamo a fare nel nostro sito e’ diffondere e dare visibilita’ ad una maniera spontanea e non strutturata di pensare allo svezzamento dei bambini (lasciamo da parte i bambini piu’ grandi, si parla davvero solo di opinioni in questo caso), di dare spazio e voce a spunti di pensiero e discussioni su questi temi e permettere a chiunque di esporre il suo punto di vista, che sia in linea con il nostro o lo sia di meno, perche’ come dite giustamente ognuno di noi fa i conti con la proria giornata, la propria famiglia, ecc, e le maniere di applicare qualsiasi cosa, anche un non-metodo come questo, possono essere infinite.
Probabilmente a volte ci si lascia trascinare dalle convinzioni… abbiate pazienza (la sera poi noi ci tiriamio i capelli, eh :-D) in fin dei conti i caratteri sono quel che sono misurare le parole e’ un’arte che richiede applicazione e tempo. Credetemi… conciliare convinzione con passione, ascolto e apertura e’ un esercizio parecchio faticoso anche se appagante. Commenti come quelli di Claudia mi mettono sempre un po’ in crisi, in genere mi prendo una pausa di riflessione e poi provo a tirarne fuori qualcosa di buono… (per cui la ringrazio) del resto siamo piu’ spesso a contatto con gente che condivide questi concetti al 100% quindi sentire voci contrarie mi fa ancora un certo effetto…
Insomma, per concludere, il succo del messaggio e’ che i bambini (parlo di eta’ da svezzamento) ne sanno di piu’ su loro stessi e i loro bisogni di quanto comunemente non si pensi, e l’invito e’ ad osservare e ascoltare le loro richieste e lasciarli liberi di scoprire il mondo del cibo senza incasellare l’esperienza in regole, schemi, tempistiche prestabilite. Il tutto nel rispetto delle necessita’ della propria famiglia e secondo le inclinazioni personali. That’s all.
A casa nostra ha funzionato seguire l’istinto, con entrambi i figli.
Figlio 1, che adesso ha quasi 5 anni, l’alimentazione complementare a richiesta ce l’ha imposta, la tetta era il suo pasto principale fino a circa un anno, le pappe non gli sono mai interessate ma quello che mangiavamo noi era molto più interessante, e ci siamo fidati di lui e lo abbiamo assecondato (allora non conoscevo ancora “l’autosvezzamento”). Ammetto che alle volte mi vergognavo quando venivamo scoperti essere genitori anarchici sullo svezzamento (spaghetti al pomodoro a 6 mesi per esempio) e ammetto di averlo nascosto alla pediatra.
L’importante per me, era che crescesse bene e così è e fra l’altro fino ai 20 mesi non si è mai ammalato, quindi ero convinta che andasse bene così, ma non volevo rendere pubblico la scelta di non seguire le tabelle della pediatra. E’ ancora oggi onnivoro, curioso e non ci ha mai dato problemi, mangia di tutto e in quantità adeguate.
Con figlio 2 mi ero documentata avevo letto il libro di Piermarini, sono anche andata a un suo incontro, e ho sbirciato il sito di autosvezzamento.
E stavolta supportata dalle informazioni raccolte, ne ho parlato anche con la pediatra che mi ha dato comunque la tabella, ma che mi ha autorizzata a fare come volevamo, altri pediatri della città consigliano proprio l’autosvezzamento e lei non se la sentiva di sconsigliarcelo, ma di farle sapere come andava.
E’ andata bene anche con figlio 2, fortuna? boh non so, a 5 mesi, durante una scampagnata, mi ha rubato di mano una patata cotta nella brace, e se l’è ciucciata tutta. La tetta fino ai 13 mesi è stato il suo dessert dopo i pasti. Anche lui che adesso ha 17 mesi, mangia di tutto, proprio tutto (cioccolato, curry ecc…)
In famiglia mangiamo tutti insieme e tutti le stesse cose, questo credo che incida molto sul loro atteggiamento nei confronti del cibo.
La pediatra ci raccomandò già con primo figlio di variare e mangiar sano, ed è quello che facciamo e la cosa funziona.
Siamo stati fortunati e incrociamo le dita che continui così 🙂
Ecco, io sono molto, molto, molto d’accordo con Claudia. Cerchiamo di evitare di aderire incondizionatamente agli assoluti provenienti da tutte le parti. Più che altro impariamo ad adattare alle esigenze della nostra famiglia tutti gli assoluti che ci presentano come inamovibili e indiscutibili. Ogni tanto pensare che se funziona, allora vuol dire che (per noi) va bene, è un modo di alleggerire molto la nostra quotidianità.
@Supermambanana sono d’accordo.
@Andrea e @Gloria, a dire il vero credo che molti genitori potrebbero avere problemi con l’autosvezzamento, nemmeno questo e’ supportato da studi scientifici suppongo, e la veemenza con cui avete stabilito che per esempio le pappe sono inutil per TUTTI i bambini non e’ diversa da quella del pediatra che da’ ai genitori tutti la stessa ricettina.
A me sembra un buon metodo per quei bambini che si avvicinano al cibo prima per curiosita’, e dopo molto dopo per fame. Avrebbe forse funzionato con mia figlia, ma non con mio figlio che a 4 mesi pesava gia’ piu’ di 10 chili e adesso a quasi 5 ha decisamente fame. Ho voglia di mettergli in mano un pezzo di pera da “esplorare” Dopo le nottate con lui che chiede il latte ogni ora le faccio io, e allora preferisco frullargliela e fargliela mangiare, questa pera.
Forse dovreemmo intenderci sul significato di “necessario”. Per me la necessita’ non sta soltanto nella sopravvivenza del bambino, lo so che non muore di fame se comincia a mangiare tra un mese, ma la necessita’ include la qualita’ della vita di tutta la famiglia. Non morira’ di fame mis figlia quando fa le crisi isteriche perche’ si e’ dimenticata di mangiare ed e’ in crisi ipoglicemica, ma le sue crisi me le puppo io. Quindi a dare un morso a quel panino con la marmellata, si’, ce la costringo. Non morira’ un bambino con la crisi di acetone (esempio fatto da qualcuno prima), ma poi la notte con lui che vomita ce la faccio io. Anche in quel caso io un po’ di pressione la farei.
Io penso che il vostro lavoro per togliere un po’ d’ansia allo svezzamento sia molto importante, ma forse nel pentolone delle cose inutili ci avete buttato dentro troppe cose.
ecco e invece a me il discorso “e’ per attirare l’attenzione” mi pare la pezza a colore, come si dice dalle mie parti, per un po’ troppe cose: non mangia? vuole attenzione. Non dorme? vuole attenzione. Litiga col fratello? Vuole attenzione. Ti pianta la scenata? Vuole attenzione. Si trattiene dall’andare al bagno? Vuole attenzione. Si mette le dita nel naso? Vuole attenzione. Uuuuuh. Ma esistono ricerche che hanno provato sta cosa? O e’ la spiegazione one-size-fits-all, che guarda caso funziona sempre perche’ fa leva sul sempiterno senso di colpa genitoriale?
Allora, forse e’ il caso che chiarisca qualche punto, dunque: in realta’ non abbiamo fatto uno svezzamento tradizionale secondo tutti i crismi anche perche’ non vivo in Italia e qui i pediatri danno indicazioni molto vaghe sull’introduzione dei solidi, niente piano, niente tabelle.
Ho letto qualche libro (“Fate la pappa”), sentito mio madre, letto su internet… e provato. Ammetto che sono andata di grattugia e/o frullatore all’inizio soprattutto per il mio terrore del soffocamento (lo so, si puo’ soffocare anche con la pappina, ma forse e’ piu’ facile da ‘dislocare’ di un pezzo di mela?) e qui le indicazioni su cosa evitare trovate in giro erano tantissime, troppe.
Comunque gli assaggi di roba piu’ solida sono arrivati presto… senza molto successo (anche perche’ abbiamo provato soprattutto con la frutta e la frutta, come il 95% della roba dolce, viene rifiutata con sdegno fin dall’inizio… ma perseveriamo, il grande successo degli ultime mesi sono i biscotti).
Per quanto riguarda il ‘nostro’, di noi grandi, atteggiamento verso il cibo, ho scritto che veniamo da famiglie schizzinose, ma ne’ io ne’ mio marito lo siamo. Io lo ero e tanto fino all’adolescenza, mio marito probabilmente non lo e’ mai stato. I nostri genitori lo sono (e l’eta’, con i problemi di salute, non aiuta) ma vivono a 400 e mille km da qui e non credo abbiano influenzato tanto il pupo (per niente non lo posso dire, nonostante li veda di rado).
Sicuramente abbiamo fatto i nostri errori, tipo adagiarsi un po’ troppo sul conosciuto, su quello che a lui piace e mangia volentieri, ma non credo che gli stiamo trasmettendo un atteggiamento sbagliatoverso il cibo: niente pressioni, niente drammi: non lo vuoi? proviamo tra un pochino, non lo vuoi ancora? vabbe’, sara’ per la prossima volta. Ora va al nido, ma solo di pomeriggio e a merenda mostra gli stessi gusti che a casa: ok fette biscottate e yogurt bianco, un poco di brioche anche, il resto niente.
Dal mio passato di schizzinosa posso dire che non rifiutavo alcune cose per manipolare i miei e/o per mettermi in vista. L’etichetta di quella che non mangia mi pesava all’asilo, gli altri bambini non giocavano molto con me per quello (!!), ogni tanto ci provavo, mi ricordo ancora che un giorno ho detto oggi prendo la pasta rossa… ma poi non ce l’ho fatta: il ragu’! non sono riuscita a ingoiare (sono passati piu’di 35 anni e me lo ricordo ancora). I miei genitori sono stati pazienti: mi pelavano pomodori e uva, aspettavano le ore che finissi (lenta in tutto)… e poi e’ passata. Nota: io soffrivo di crisi di acetone terrificanti, il che non aiutava.
Ecco, mi piace molto il paragone che fa @Serena fra fame (oddio, diciamo appetito) e sonno. Quante volte, col pargolo di tre o quattro mesi, magari in concomitanza al primo salto di crescita, vi siete sentiti dire “eh, se non dorme significa che non ne ha bisogno”, “se regge fino alle 11 di sera venite con noi al ristorante, tanto SE HA SONNO SI ADDORMENTA COMUNQUE”. Col cavolo. Tanti, tantissimi bambini quando perdono la finestra del sonno (= pasto) mandano tutto al diavolo. E poi giù le crisi, e in macchina si addormentano di quel pisolino (= spuntino) che ti rovina tutta la routine giornaliera e anche la nottata eccetera eccetera. Certo, se lasciassimo fare completamente a loro sul totale di una settimana dormirebbero/mangerebbero abbastanza, ma in maniera totalmente sconclusionata e che ci manda ai pazzi a noi.
Ci sono bambini che vogliono sempre il dessert anche quando hanno la pancia piena da scoppiare e ci sono bambini a cui il senso di sazietà dà fastidio, e si fermano prima e non gli basta. Certo, sono d’accordo che riconoscere il profilo di nostro figlio non è facile, specialmente con le 20239542029384 sovrastrutture sul cibo che in genere abbiamo noi adulti, ma a volte è così.
@Andrea quello che dici sul mangiare meno per attirare l’attenzione è verissimo nella gran parte dei casi, ma non sempre e di certo non nei casi in cui in bambino è inappetente (nel senso che mangia meno di ciò di cui ha bisogno) dalla nascita o poco dopo. Io credo come te che la cosa migliore da fare quando un bambino manifesta un brusco cambimento nell’appetito, nel sonno o nell’autonomia al bagno eccetera sia di chiedersi se ci possa essere una motivazione psicologica diversa dietro. Purtroppo il circolo delle attenzioni incentrato sul cibo è estremamente vizioso, perchè l’adulto di riferimento naturalmente tende poi a dare queste attenzioni a tavola, distorcendo comunque il rapporto del bambino col cibo. Insomma non è facile.