Le raccomandazioni di molte delle associazioni a sostegno dell’allattamento invitano le neomamme ad allattare a richiesta il proprio bambino. Ma siamo sicuri che l’allattamento a richiesta sia veramente positivo fino in fondo sempre e comunque? Ovviamente dipende da cosa si intende con allattamento a richiesta e sono certa che ognuna che ha adottato questo modello di allattamento lo ha interpretato in base alle sue necessità e sensibilità, però vorrei condividere con voi qualche riflessione in merito.
L’allattamento a richiesta, nel senso stretto del termine, può essere descritto brevemente con la seguente sequenza di eventi: il bambino piange, la mamma lo attacca al seno. Ogni volta che il bambino piange viene attaccato al seno, e questo è vero sia per il neonato che per il bambino più grande. L’allattamento diventa quindi un mezzo per rispondere ai vari bisogni, quale fame, sete, voglia di coccole, sonno o anche semplicemente noia. Mi ricordo ancora la sensazione di irrequietezza che la lettura di un post testimonianza di un allattamento a richiesta vero e proprio di una donna canadese in Mongolia, tradotto e pubblicato da genitorichannel.it che ha partecipato al nostro blogstorming sull’allattamento materno qualche mese fa. In quel post questa donna di nome Ruth racconta la sua esperienza di allattamento in una cultura completamente diversa dalla nostra, e di come la tetta in Mongolia sia la soluzione per tutti i problemi, anche per bambini più grandi, al punto che persino il duenne che litiga con l’amichetto per il possesso di un gioco viene strategicamente distratto dalla madre con il richiamo della tetta. Estremo? Forse, o forse no. Credo semplicemente che certe cose funzionino bene in certe culture, mentre in altre no, ma credo soprattutto che non sempre le cose vengano fatte nella stessa maniera e con gli stessi significati in tutte le culture. Spesso infatti si prendono ad esempio usanze di culture diverse perché sono considerate più vicine a madre natura, o comunque ad un comportamento istintivo o naturale, che dovrebbe quindi aver superato il duro test della selezione naturale, mentre invece non c’entra nulla.
Come spesso accade in questo momento storico/pedagogico queste pratiche naturali nascono come reazione ad una pratica in voga precedentemente. In particolare qualche decennio fa l’unico allattamento consigliato era quello rigido ad orario, in cui le poppate, o meglio il biberon, veniva dato guardando l’orologio e attendendo 3-4 ore tra una poppata e la successiva. Mentre da un lato è evidente che i bambini crescevano lo stesso, tanto quanto quelli allattati ogni 15 minuti, questo ritmo controllato di allattamento non era un bisogno del bambino quanto piuttosto quello del genitore. E già sento qualcuna di voi gridare orrore! ma non sarà forse il caso di smetterla di preoccuparsi sempre e solo del bambino e iniziare a preoccuparsi anche un po’ della mamma? Perché se la mamma sta male, il bambino sta peggio. Se la mamma è serena e tranquilla, e questo può avvenire sia se allatta ogni 30 minuti sia se allatta ogni 4 ore, sia se allatta al seno, sia se allatta con il biberon, allora anche il bambino cresce più tranquillo.
Non solo, io a volte ho la sensazione che l’allattamento a richiesta sia un po’ sopravvalutato. Ovviamente non sto parlando delle prime settimane di vita, quelle in cui l’allattamento deve avere un po’ la precedenza su tutto il resto almeno finché non arriva la montata e il tutto inizia a funzionare. Però in generale vorrei condividere con voi alcune riflessioni:
Un bambino che viene allattato in continuazione mangia poco ogni volta, un bambino che viene allattato ogni 2-3 ore mangia ad ogni pasto quello di cui ha bisogno nelle prossime 2 ore. Mentre entrambi i modelli possono andare bene al bambino, forse nel secondo vedo un bel vantaggio per la madre che in quelle 2 ore può fare altro che stare seduta ad allattare il piccolo. Alcune madri potrebbero non sentire questa esigenza, ma molte altre si, e non mi sembra il caso di demonizzare questo bisogno in nome di un presunto vantaggio per il piccolo.
Inoltre io sono convinta che se il bimbo non piange perché ha fame e si risponde sempre offrendo il seno, non ci si sta mettendo in relazione con il bambino, non si sta attenti ai suoi bisogni, ma gli si mette un “tappo in bocca” simbolico e concreto che dà una risposta sbagliata e unica a tutti i suoi bisogni. Siamo sicuri di comprendere fino in fondo le conseguenze di queste azioni nel caso in cui siano portate avanti in modo estremo? La relazione con il cibo visto come consolatorio, una relazione di legame psicologico con la madre che soddisfa ogni bisogno, sono solo alcuni esempi che mi vengono in mente ripensando ad un post scritto qualche tempo fa da Zauberei in cui stili di accudimento estremi, di basso e alto contatto, vengono analizzati in relazione alle possibili conseguenze sul bambino.
In realtà sono convinta che la maggiorparte delle madri che allatta a richiesta non lo faccia in modo “estremo”, e che passate le prime settimane o i primi mesi molte inizino a porre dei limiti. Limiti che sono necessari per prendere le distanze e creare quel vuoto in cui il bambino può esplorare per crescere.
Del resto in una relazione di attaccamento normale, in cui si risponde al pianto del bambino cercando di capire ciò di cui ha veramente bisogno e si evita di offrire il seno per tutto, capita proprio che l’allattamento si assesti su un ritmo di 2-3 ore più o meno per tutti i bambini. E questo è il mio modo di interpretare l’allattamento a richiesta, non come una sequenza: il bambino piange, la madre gli offre il seno, ma come una relazione tra bambino e madre che risponde al bisogno di cibo del figlio offrendogli il seno, e cercando di distinguere il pianto da sonno da quello da fame ad esempio.
In questo senso l’allattamento a richiesta per me è come un ballo di coppia, in cui si prova insieme, ci si studia a vicenda, si impara dagli errori fino ad arrivare ad un ritmo congeniale per entrambi, fino al punto in cui si procede con passo sicuro senza bisogno di contare, o di stare a pensare alla destra o alla sinistra, lasciandosi guidare dalla musica e dimenticandosi infine anche di controllare l’orologio.
Buon allattamento a tutte!
Buongiorno, sono una mamma che ha allattato a richiesta e lungamente. Nella libertà delle scelta di ogni mamma, in questo articolo c’è un errore di fondo, già nelle prime righe, dove c’è scritto: “Il bambino piange, la mamma lo attacca al seno”. Ecco questo non è l’allattamento a richiesta, questo è mettere un tappo in bocca.
L’allattamento a richiesta è: “il bambino ha bisogno (di mangiare, bere, consolazione), allora lo attacco al seno”. Prima che pianga: mi accorgo da altro (es. quando è molto piccolo inizia a succhiarsi le mani) che ha bisogno di essere allattato. Questo nei primi mesi di vita può essere necessario anche 10-12 volte al giorno; poi si va stabilizzando sulle 5-6 volte al giorno e mattina, merenda e sera quando vengono introdotte le pappe.
Il mettere la tetta in bocca come un tappo per non affrontare il problema ogni volta che piange è esattamente uguale al mettere il ciuccio in bocca ogni volta che piange, e non è una prerogativa di chi allatta a richiesta, anzi…
Fortunatamente non ho le idee confuse riguardo al l’allattamento a richiesta, ma se le avessi questo articolo le peggiorerebbe!!! Nessuna allatta i propri figli ogni 15 minuti o perché piangono x qualunque motivo, ma stiamo scherzando?! Oggi sia le ostetriche che pediatri informano le mamme, x non parlar dei consultori e delle associazioni come La Leche League..!
Allattare a richiesta significa imparare a conoscere e interpretare i bisogno dei propri figli, tra cui quello di mangiare appunto…e non dare loro il seno ogni qualvolta mostrino irrequietezza o pianto! Questa nozione che viene qui data x certa e falsissima! Mamme, non ascoltate quanto detto qui sopra!! Si allatta quando il piccolo mostra segnali di fame e la mia bimba non ha mai pianto perché io la allatto quando vedo che inizia a succhiare le manine, girare la testa, schioccare la lingua…sono segnali inequivocabili, il pianto è solo l’ultimo segno!
Allattare a richiesta è un’arte che ogni mamma deve affinare col
Suo piccolo imparando a capirne le esigenze e la comunicazione al fine di instaurare un profondo rapporto di fiducia e rispetto nel nome della comprensione e dell’ascolto. Questo a detta di esimi esperti dell’infanzia crea nel bambino sicurezza e senso di fiducia.
Non è assecondare i nostri piccoli nei loro momenti di pianto, ma capire cosa chiedono e dare loro ciò di cui hanno bisogno nel perido in cui la comunicazione non è verbale!!
Mi scuso perché ho fatto un errore, volevo dire 20 ore di formazione, e preciso che non è che gli psicologi non devono pararne, mi spiego meglio: loro giustamente considerano l’allattamento dal punto di vista psicologico, ma volevo sottolineare che a volte dietro certe espressioni e raccomandazioni ci sono aspetti diversi che però poi nella divulgazione ai genitori e nelle discussioni tra genitori, mescolate a punti di vista di altre discipline, arrivano distorti o sovrainterpretati
Commento questo vecchio post per dire delle cose che mi pare che non siano state dette da nessuno. Ci sarebbe in realtà moltissimo da dire, giusto qualche spunto.
La comunicazione del sostegno all’allattamento non sempre è felice, ad esempio l’espressione “a richiesta” è un po’ vaga e ambigua.
In realtà nella mia formazione sull’allattamento OMS/Unicef (ma credo ci stia scritto anche in qualche manuale per genitori) ho imparato che “a richiesta” non significa “ogni volta che il bambino piange”. Significa piuttosto “ogni volta che il bambino mostra di aver fame”: attraverso segnali precoci, che appunto precedono il pianto, come roteare la lingua, girare la testa verso la tetta, fare dei versetti ecc.
lo scopo non è evitare al bambino qualunque forma di frustrazione.
lo scopo di questo invito – allatta a richiesta – è fornire un’indicazione su cui basarsi per capire quando nutrire il bimbo in modo che la produzione di latte e le sue capacità di suzione siano efficaci.
tant’è.
ed è ovviamente una raccomandazione sanitaria e in quanto tale basata sulle statistiche. cioè: è stato osservato che la maggior parte degli allattamenti funziona bene in questo modo, e che in molti casi cercare di introdurre degli orari portava al fallimento dell’allattamento. ma naturalmente non è così in tutti i casi e ci sono mamme che allattano a orario efficacemente.
ci si concentra, su questo tema, sempre sull’aspetto relazionale e sul tema della frustrazione: una scuola di pensiero dice che è importante che il bimbo non sia troppo fusionale, che le mamme non ne tollerano il pianto ecc. e un’altra ammonisce che qualunque frustrazione può produrre altissimi livelli di cortisolo dagli effetti fatali… comunque la si pensi, voglio precisare che il senso delle linee guida non ha niente a che fare con tutto ciò.
ha semplicemente lo scopo di far funzionare il sistema di nutrimento del bambino, sfatando miti come il fatto che il seno debba “ricaricarsi” tra una poppata e l’altra (questo è falso perché il senso non si riempie né si svuota, ma, poiché produce latte durante la poppata, semplicemente si drena – però è vero, per esempio, che all’inizio della poppata si produce un latte più zuccherino, mentre alla fine se ne produce uno più nutriente, dunque i bimbi allattati che fanno molte e frequenti poppate brevi possono assumere troppo “primo latte” e troppo poco secondo, cosa che può farli crescere un po’ meno oppure, più spesso, dare problemi di colichette).
inoltre, non si dice mai, ma “a richiesta” significa anche a richiesta della madre: se la madre sente il seno troppo pieno è bene che lo offra attivamente al bimbo, altrimenti rischia l’ingorgo.
In definitiva vorrei dire che di allattamento parlano un po’ tutti, ma banalmente i più titolati sono i consulenti IBCLC, a volte le ostetriche (se ben preparate) o chi ha fatto almeno una formazione 10 ore. Molto meno psicologi e (strano ma vero) pediatri.
mi stupisce sempre un pochetto constatare come, quando si parla di argomenti controversi, la voce di chi cerca di rimanere imparziale e porsi domande, documentandosi a partire da fonti diverse, sia spesso criticata a favore di chi invece ha una posizione dichiarata a priori, e quindi parla chiaramente “pro domo sua”. Ma tant’e’, questo e’ internet immagino.
non sono assolutamente d’accordo con quanto sopra scritto… sarebbe bene che chi scrive su argomenti così importanti e delicati si documenti a dovere prima di dispensare le proprie considerazioni personali a mamme inesperte o in difficoltà!
consiglio invece questa lettura http://www.lllitalia.org/index.php?option=com_content&task=view&id=25&Itemid=36
salve!noto che il post è un po’ vecchio ma tratta un argomento sempre attuale e quotidiano, perchè ogni volta che nasce un bambino, con lui, nasce anche una mamma! vorrei dire la mia.. allattare a richiesta non significa “zeppare” (infilare in malo modo) la puppa in bocca al bambino ogni volta che piange.. assolutamente no! anche perchè nemmeno il ciuccio va usato in questo modo! allattare a richiesta significa provvedere a soddisfare alcuni bisogni del neonato porgendo il seno..gesto estremamente naturale e amorevole, senza forzature ne da parte del bimbo ne da parte della madre. il bambino non cercherà il seno se ha un capello che gli da prurito nel pannolino eh!per capirsi!non cercherà il seno se gli manca la figura del babbo o se vuol raggiungere un gioco poco distante! non la penso come dici tu.. cercherà invece il seno (di sua madre!) per fame (solo il bambino sa quanta fame ha e quando ce l’ha), bisogno di contatto-coccola, in caso di stanchezza (noi cercheremmo il divano e l’abbraccio di una persona cara), in caso di tristezza, irrequietezza..ma anche per consolidare l’amore e l’affetto e il rapporto madre-figlio! ma non cercherà il seno perchè ha caldo o ha freddo.. quindi il seno non è un tappo per zittire il pianto! e se il bambino lasciato libero di attaccarsi a richiesta si attaccherà spesso sarà solo cosa positiva perchè è solo così che il latte continuerà ad esserci e soprattutto ad essere cosi come serve in quel momento al bambino! non è affatto vero che se allattato a richiesta si attacca e rimane per meno tempo! fa il suo pasto e se poi magari si riattacca a breve è per sete o perche ha mal di pancia e la suzione del seno da inizio ai meccanismi di peristalsi ecc… mio figlio ha 8 mesi, è allattato esclusivamente al seno, a richiesta, e non è mai andato oltre le due ore (da sveglio) tra una puppata e l’altra..e non mi lamento! sono riuscita a fare spesa, andare a farmi i capelli, dormire, pulire casa, incontrare amici, fare l’amore col mio compagno,organizzare cene e tante altre cose! è ovvio che la madre in primis deve condividere la scelta dell allattamento a richiesta e viverla con serenità e non sentirla come un peso! ho allattato credo ovunque, e sono sempre stata ben accetta, menomale! mi sto facendo promotrice dell’allattamento al seno e in particolare quello a richiesta, in mezzo allo stupore, non a caso, di molte mamme “vecchio stile-orario” che si meravigliano quando vedono che ancora oggi, grazie a Dio, quando mio figlio si stacca dalla puppa il latte sgorga come un ruscello! sempre alla giusta temperatura, sempre equilibrato sotto l’aspetto nutritivo, sempre pronto a rispondere a malesseri fisici in quanto gia da una puppata all’altra crea e quindi trasmette anticorpi idonei al “problema”..e poi non ci dimentichiamo che la suzione è una delle capacità innate dell’essere umano! e poi..il mio piccolino tutto accoccolato alla sua mamma che con gli occhi girati indietro puppa il suo lattuccio..dice veramente tutto! per chi non è riuscito ad allattare dico sempre, e ci credo!, che comunque l’amore della mamma non mancherà mai al bambino! ma non mi si venga a dire che l’allattamento a richiesta è sovravvalutato perchè..mi arrabbio un pochino!!!!!!!
Benedetto post! Me lo ero perso.
Tra l’allattamento a richiesta ad ogni costo e l’allattamento ad orari fissi esiste il vasto territorio del buon senso.
Per inesperienza, fidandomi dell’allattamento a richiesta per poco non faccio morire di fame Figlio-uno. Lo attaccavo ogni volta che chiedeva, lui ciucciava un po’ e si addormentava. Il problema è che dormiva tanto, chiedeva poco e ciucciava ancora meno. “Fidati di lui”, mi dicevano. Quello che nessuno mi aveva spiegato è che a volte i bambini se mangiano troppo poco, diventano deboli, cedono al sonno e non hanno energie né per piangere né per ciucciare a sufficenza. Nel mio caso fidarmi era stato un errore. Avevo poco latte e non gli bastava e siccome non ciucciava abbastanza, invece di aumentare il latte diminuiva. A due mesi pesava 3 chili, il pediatra me ne disse di tutti i colori. Una volta passati al latte artificiale la trasformazione è stata totale: ha cominciato a stare sveglio più a lungo, a crescere e a chiedere. Ho benedetto il biberon e gli orari fissi.
@ Eri: per dovere di cronaca l’immagine dell’amore liquido non é originale mia ma l’ho letta su un libro che si intitola “Allattare secondo natura” e in fondo dice proprio questo: non é solo questione di sostanze nutrienti, bensí di scambio emotivo. Basti pensare che il primo anno di vita di un bambino é una sorta di proseguimento della gravidanza, un’esogestazione, perció a mio avviso e per la mia esperienza di mamma, non si dovrebbe privarli di questo immenso piacere. E non dovremmo privarcene neanche noi donne, sempre che questo rappresenti un piacere e non un obbligo o, addirittura in certi casi, una “tortura”. Ora sono alla 21ma settimana del secondo figlio e spero tanto che stavolta sia tutto diverso…a parte il grande amore per lui come per lei.
@Chiara: che bella immagine questa dell’amore liquido . La tua storia somiglia un po’ alla mia con il mio primo figlio: la prima settimana lui è stato ricoverato in pediatria. L differenza é stata che una volta dimessa sono andata in pediatria per stare con lui. Ma l’allattamento é stato difficile e si è fermato a cinque mesi… Con il mio secondo bimbo é stato tutto diverso: nessun problema, nessun ricovero in pediatria ed un fluidissimo allattamento esclusivo, che non mi pesa affatto… Sono davvero felice… È mi dispiace per come é andata la mia prima esperienza e di non essere riuscita ad allattare di più mio figlio, ma nonostante questo mio rammarico non mi sento né in colpa né credo che mio figlio ne risentirà, perché lo amo tantissimo, e alla fine, credo sia questa la cosa che conta di più…
@Serena, lo so che dicevamo la stessa cosa, ma appunto, tu la sostieni alla fine del tuo post, dicendo che l’allattamento a richiesta dovrebbe essere così…. Invece per me l’allattamento a richiesta é così e non potrebbe essere diversamente, un valzer, che io ballerei sempre…. Quasi.. Perché le due-tre poppate notturne me le eviterei volentieri….
Ooooh, qui si che ne ho da dire! Premessa: ho allattato mia figlia fino a 11 mesi, poi un bel giorno ha deciso da sola di non attaccarsi piú e la cosa é stata senza traumi ne’ stress da parte di entrambe (giusto il seno un po’ dolente per me ma niente di che paragonato agli inizi).
A seguito di un parto complicato e finito malamente con un cesareo semi d’urgenza, non ho potuto tenere con me la piccola dal primo momento a causa di problemi sopraggiunti durante il travaglio per i quali lei é stata ricoverata in reparto di patologia neonatale per una settimana, la settimana piú lunga di tutta la mia vita. La potevo vedere, e quindi attacare al seno, SOLO AD ORARI IMPOSTI e voi immaginate quanto sia stato diffcile avviare l’allattamento una volta tornate a casa, insieme per la prima volta (eh si perché io sono uscita come da prassi in terza giornata e lei é rimasta in ospedale una settimana). Io praticamente non avevo latte! lei piangeva come un’ossessa per la fame. Sicuramente lo stress non ci ha aiutate, non sapevo cosa fare e l’istinto mi ha portata a prendere l’artificiale per farla calmare. Aveva proprio fame. Questo non mi ha impedito di continuare ad allattarla al seno, a richiesta, ma con un allattamento misto che all’inizio é stato un incubo poi si é regolarizzato. A richiesta per me voleva dire che se lei piangeva ma aveva appena mangiato, prima di riproporle il seno, provavo a vedere se volesse altro. Poi se cosí non riuscivo, seno era. E lei si é sempre calmata. Non ha mai preso il ciuccio e ne ho provati 3 o 4 modelli (soprattutto per gli spostamenti in macchina, visto che sembrava un’aquila!) ma niente. Oggi, a 2 anni e nove mesi, non ha un oggetto preferito/transizionale ma quando ha bisogno/voglia di coccole cerca il contatto pelle su pelle con me. Si, in fondo sono io il suo “ciuccio” anche se non ciuccia piú da un bel po’ e se mi guardo indietro rifarei mille volte tutto quello che ho fatto! E ci sono stati dei momenti di panico vero e proprio, di pianti, di tette doloranti spremute a mano dall’amica ostetrica che mi ha sostenuta, aiutata e consolata. Di incoraggiamento da mio marito e dalla mia mamma ne ho avuto all’infinito ma il consiglio piú prezioso, e solo ora veramente compreso, era che UNA MAMMA CHE STA BENE ED E’ SERENA FA STARE BENE E SERENO ANCHE IL PROPRIO BAMBINO, qualsiasi forma di allattamento scelga. E poi, di conseguenza, i ritmi e gli equilibri si instaurano da soli. Ho invidiato per mesi tutte le mamme che allattavano in maniera esclusiva e senza problemi i loro bambini e mi sentivo (giá anche per il parto “subito” in quel modo) e per l’allattamento misto, una mamma di serie B. Niente di piú sbagliato! Una mamma che fa di tutto per dare il meglio a se stessa e al proprio figlio non é mai una madre di serie B…sempre che ne esistano… Allattare i nostri cuccioli é un dono della natura, é amore liquido…
scusate, arrivo sempre in condizioni di stanchezza limite, e non ce la faccio mai prima.
Una precisazione – nessuno pensa che ci sia una relazionalità di causa effetto in nessun comportamento preso in esame da singolo, mi spiace se mi fossi fatta fraintendere in questa direzione. Credo che però certe situazioni siano più ricorrenti in circostanze di malessere, e vengono utilizzate sia come spia per andare a indagare una difficoltà e una problematicità, che come territorio per sperimentare una soluzione a quella problematicità. Non ho percentuali alla mano – che però sono reperibili immagino, ma credo che fondamentalmente la teoria di fondo è che la protratta fusionalità tra bambino e madre e la mancata diversificazione tra soggetti separati sia alla base di una serie di patologie successive. Gli oggetti transizionali – per la verità molto di più il pupazzo dopo che il ciuccio prima, svolgono la funzione di consentire il passaggio dalla fitta relazione alla autonomia del piccolo. Poi i bambini usano tante strategie alternative, il dito in bocca è uno di quelle, ma la teoria di fondo è questa. Poi veramente, io non credo che sarebbe serio da parte mia, mettermi a sparare sentenze su delle esperienze che vengono scritte, ecco. non mi pare il caso di spingermi oltre.
(Serena il periodo è intenso – appena posso ti cerco e ti dico)
Grazie Zauberei per la precisazione. E solidarizzo profondamente con la sensazione di mancanza di tempo per fare tutto 🙂
@zauberei,scusami,forse sono sembrata un po aggressiva,non era nelle mie intenzioni.e non era nelle mie intenzioni neanche far passare per “la verita'” la mia esperienza personale. Al contrario! Io non metto in dubbio che esustano situazioni problematiche legate all’ansia da pianto del neonato,dall’allattamento come unica risposta etc. Penso pero’ che siano delle situazioni limite,forse patologiche.
A me sembra,anche da quanto emerge dai commenti qui,che le mamme tendano a porsi in modo critico di fronte al pianto del bimbo,usando la tetta con parsimonia,diciamo cosi,senza sfoderarla al primo singhiozzo.
Forse mi sono espressa male,volevo dire che se nei casi problematici c’e’ stato un legame ansia da pianto-allattamento/mancanza di oggetto transizionale/ciuccio, forse non vale pero’ il contrario,ovvero che un bambino allattato a richiesta e senza oggetto transizionale poi debba avere dei problemi.
Veramente interessante sia il post, sia gli interventi. Anche a me ha colpito molto il discorso della soglia di tolleranza del pianto del bambino. Aggiungo solo due parole sulla mia esperienza personale e vorrei fare una domanda. Personalmente non ho avuto serie difficoltà ad accogliere e a sintonizzarmi sui bisogni dei bambini quando erano neonati, ho allattato (certo con alcune difficoltà soprattutto iniziali con il primo figlio) ma complessivamente vivendo un’esperienza positiva, riuscendo a rispondere, almeno così mi sembra, alle diverse richieste in modo tutto sommato sereno per me e per loro. Il problema del pianto e della tolleranza al richiamo di un bisogno per me è emerso successivamente nella fase di costruzione di una relazione ancora più “articolata” con il bambino e ha finito per coincidere con una serie di eventi oggettivi esterni per cui la mia stanchezza e la mia fatica si erano fatte più acute. Se possibile mi piacerebbe capire meglio quindi cosa significa “regolazione di stato tra bambino e madre”, citata da zauberei
@zauberei Nemmeno i miei figli hanno mai voluto oggetti transizionali, né ciuccio né orsacchiotti. Hanno avuto la mamma fintantoché avevano bisogno di contatto fisico e allattamento, poi piano piano sono passati all’indipendenza senza traumi. Anche a me come mammamsterdam piacerebbe capire il perché è molto importante l’oggetto transizionale. Nel senso che i miei sono bambini tranquilli e mi chiedo cosa mi aspetti….