Aiutare il bambino a parlare

Lo sviluppo del linguaggio verbale in un bambino è un processo molto lento e complesso. E’ un processo che avviene praticamente sin dalla nascita, se non addirittura da prima, e si protrae per tutta la crescita attraversando varie fasi.

Gorgheggi e lallismi
Nei primi mesi di vita il neonato non è certamente in grado di parlare, eppure non è troppo presto per iniziare a gettare le basi dello sviluppo del linguaggio.
Entro i primi 3 mesi il bebè inizia ad emettere dei suoni che altro non sono che i premonitori della conversazione che da li a pochi anni vi troverete a sostenere insieme.
Gia in questa fase è importante guardare sempre il bebè negli occhi quando gli si parla, usare un tono di voce tranquillo, e spiegargli sempre cosa si sta facendo, ad esempio “ora cambiamo il pannolino”.

Tra i 6 e 9 mesi i gorgheggi si fanno più abbondanti ed articolati, e il bimbo inizia a puntare gli oggetti con l’indice. Se ad esempio punta la palla, può voler dire “guarda li che bell’oggetto!” oppure “come si chiama quella?” oppure “vorrei avere quella cosa li tonda, me la passi?
Pensiamo a tutte le sfumature possibili di quel puntare l’indice e invece di rispondere “vuoi questa? Eccola” proviamo a capire come possiamo usare la sua curiosità per quell’oggetto per aiutarlo a sviluppare il linguaggio. Come prima cosa ad esempio, diamogli un nome. Diciamo quindi “palla. Questa è una palla! Lo sai dire palla?” se continua a puntare il dito gli si può dare la palla e aggiungere qualche dettaglio: “è una palla rossa.” Man mano che il bambino cresce si possono aggiungere sempre più aggettivi che aiutino a descrivere la palla, facendo magari riferimento alla sua forma “la palla è tonda” o alla sensazione tattile “Senti come è liscia” aiutandolo in questo modo ad ampliare gradualmente il suo vocabolario.
In questa fase è importante fare delle pause quando si parla al bambino, per permettergli di intervenire nella conversazione, anche solo con un lalalala.

La prima parola.
Ad un certo punto avverrà il miracolo. Il bambino punterà il dito e dirà “pajja”. Quello è il momento in cui voi andrete in brodo di giuggiole e sarete orgogliosi che vostro figlio finalmente abbia detto una parola sensata. Lui sarà felicissimo della vostra gioia, e della sua capacità di pronunciare quella parola. E probabilmente inizierà a dire “pajja” indicando la palla, ma anche indicando qualsiasi altro oggetto. Non vi scoraggiate. Si sta solo esercitando.

Chiama tutto pajja
Prima di tutto non bisogna MAI correggerlo. Non dite “non si dice pajja, è PALLA! Capito? Sai dire palla?” alcuni bambini potrebbero scoraggiarsi e decidere che quella cosa del parlare non fa per loro. Per insinuare una correzione della pronuncia, senza dirgli che sta sbagliando, provate semplicemente a ripetere la parola in modo corretto. Magari dicendo “Si. Questa è una palla!
Se indica un altro oggetto dicendo pajja, probabilmente vi sta dicendo che non sa dire il nome dell’altro oggetto, ma siccome sa dire palla (o pajja) allora dice quella parola tanto per tentare di instaurare una conversazione con voi. Aiutatelo semplicemente dicendogli il nome dell’oggetto indicato.

Non è una scimmia.
La fase delle prime parole è quella in cui il genitore va completamente fuori di testa, e succede puntualmente che si inizi a lodare la nuova capacità aquisita e dichiarare ai quattro venti che “mio figlio dice palla!”. A quel punto raccontate ai nonni/alla vicina/al fornaio di quanto è bravo, e magari aggiungete “fai sentire come dici palla. P A L L A!” solo che lui vi guarda, volto impassibile, e non emette parola.

Le frasi.
Una volta raggiunta una massa critica di parole conosciute, il bambino potrebbe iniziare a creare delle vere e proprie frasi di 2 o 3 parole. Questa cosa a me ha sempre affascinato moltissimo. Perché la capacità di mettere insieme delle frasi può essere precedente alla costruzione verbale delle frasi stesse, perlomeno nel bambino che è un po’ più lento nel parlare. Il Vikingo mi metteva in mano la sua tazzetta dell’acqua vuota e mi indicava il lavandino in cucina per dirmi di riempirla. Pollicino un paio di giorni fa è arrivato di corsa da me, ha attirato la mia attenzione, ha battuto le mani mostrandomi un sorriso di soddisfazione e ha puntanto l’indice verso il soggiorno intimandomi di seguilo. Li mi ha mostrato i 2 vagoni del treno che, dopo averci lavorare a lungo, era finalmente riuscito ad attaccare tra di loro. E se non è una frase questa!

Non si capisce niente.
Ad un certo punto i bambini si sbloccano. Inizieranno a parlare a raffica, ad istruire l’orsetto, a leggersi libri a voce alta, e a raccontare storie alla nonna. Solo che è molto probabile che voi non capirete nulla. Almeno il 50% delle parole sono totalmente incomprensibili, storpiate, dal suono improbabile che anche chiedendogli di ripeterle un milione di volte non riuscirete mai a farcela. Non è grave. Imparerete velocemente ad interpretare le sue storpiature, e arriverete anche a chiedervi come sia possibile che gli altri non lo capiscano.

Ci sono alcune regole semplicissime, che forse la maggiorparte di noi segue abbastanza spontaneamente, che se applicate sin dall’inizio, aiutano il bambino nello sviluppo del linguaggio:

  • parlare in modo chiaro cercando di scandire le parole
  • non prevenire quello che sta cercando di dirvi, togliendogli le parole di bocca. Aspettate che abbia finito di parlare. Poi ripetete la frase o la parola in modo corretto (ma senza correggerlo).
  • usare frasi per descrivere quello che il bambino sta facendo. Ad esempio. “Hai preso la macchina grande!”
  • diminuire il numero di domande così dette di controllo, ad esempio ” hai una palla rossa?”. Il bambino capirà subito che state cercando di verificare il suo linguaggio, e eviterà di rispondervi, oppure inizierà a sentirsi insicuro.
  • leggete dei libri ogni giorno, e se non riesce a rimanere attento per la durata della storia, guardate solo le figure e descrivete quello che vedete.
  • non mettetelo davanti alla TV con la speranza che lo aiuti a sviluppare il linguaggio. E’ provato che non solo non funziona, ma è anche deleterio, togliendo tempo prezioso al gioco.
  • non lasciarlo perennemente con il ciuccio in bocca!

E naturalmente, evitate in ogni modo di fare confronti con altri bambini.
Ogni bambino ha i suoi tempi, e se vostro figlio ha qualche difficoltà l’ultima cosa che ha voglia di sapere è che sua cugina di 3 mesi più piccola già riesce a dire precipitevolissimevolmente.

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23 thoughts on “Aiutare il bambino a parlare”

  1. Meryem a tre anni ha una proprietà di linguaggio piuttosto notevole, ma ci sono alcune cose che non correggerà mai: pimo fra tutti, il “pagone” (pavone). Secondo me gli piace così.

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  2. Ah ah che meraviglia leggere queste esperienze… chissà quali storpiature del mio cucciolo diventeranno leggendarie!!!
    Una domanda: fermo restando che (grazie ai turni) io e il consorte facciamo di tutto per non derogare il cucciolo, lui però trascorre anche del tempo (poco a dire il vero) con i nonni i quali hanno concezioni pedagogiche di vecchia scuola e quindi gli parlano di bumba, babà ecc. ecc. Già vedo mio suocera che ad ogni incontro si metterà a ridere per ogni parola sballata che dirà, a fargli il verso e a correggerlo (lo sgridava a 4 mesi perchè rideva con la bocca aperta perchè non si fa :((( )… c’è un modo per fare comprendere ai nonni con simpatia e gentilezza che devono comportarsi diversamente??? E’ meglio lasciar perdere??? Il mio cucciolo ha sei mesi e a volte io rischio di passare con loro per la “Pedagoga saccente” o rompiballe … ma spesso non ne fanno una giusta… almeno dal punto di vista di quella che può essere la sensibilità di mio figlio!!!

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  3. Mia figlia non è mai andata al nido, ma parla tantissimo lo stesso, anche se spesso è moooolto difficile capire cosa sta dicendo (ha 27 mesi). vedrai che presto si sbloccherà anche la tua e allora inizierai a sognare qualche minuto si silenzio!!

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  4. la mia cucciola ha 18 mesi e dice solo Mamma e papà!! so che ogni bambino ha i suoi tempi, ma….! io non sono una gran chiacchierona, ma da quando è nata mi sono sempre sforzata di parlare il più possibile, di raccontargli sempre tutto, ma non ci sono grandi risultati! ieri una mia amica mi ha detto che finchè non andrà al nido e quindi non si relazionerà con i suoi pari non migliorerà! io non ne sono convinta. voi che mi dite? lei si fa capire benissimo anche dagli estranei! io dico che comanda tutti senza pronunciare una parola! :-)) ma aspetterò con pazienza che la mia cucciola si sblocchi.

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  5. Mi sono scompisciata dalle risate, a leggere le storpiature dei vostri nani Grazie!
    Ne aggiungo alcune della mia Nina:
    Loro puonno: leggi:loro possono
    Oppure: venio e tieno per vengo e tengo
    Sicuramente ora dimentico le più divertenti.
    Aggiungerei poi che molti bambini (anche la mia) nei primi tempi di apprendimento del linguaggio tendono a balbettare.
    Ricordo che, tentanto di far finta di nulla, aspettavo con pazienza che finisse la parola. Intanto mi struggevo e speravo che lei non se ne accorgesse. Qualche volta, per trarla da un lungo impaccio, la aiutavo.
    Mi chiedo qual’è l’atteggiamento più giusto da assumere in questi casi.
    Ora mia figlia non ha più problemi, ma penso potrebbe essere utile ad altre mamme. Grazie

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  6. Anche la gnoma parla a gesti! Arriva, dice mamma (l’unica parola che dice, e serve per chiamare la persona di cui si fida di più al momento, me, la sorella, la nonna…), allungando la mano e sfregando le dita come chiamare un micio, quando capisci che ti vuole ti dà la mano, ti porta dove serve, ti indica, più ti avvicini all’obbiettivo più scuote la testa facendo si (tipo fuocho, fuochino…) per saltellare felice quando ci sei arrivato. E devo dire che è molto abile. Però quasi 17 mesi, e il nostro vocabolario si ferma a ahm ahm ahm mam mam mamma. Punto!

    La grande, ha iniziato prima, a 14 mesi
    cacche = carte
    tattoe = tratture
    pum pum (battendosi la testa con le mani) se si faceva male. Per altre devo rispolverare i vecchi diari!

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  7. Oltre a non parlare in “bambinese” bisognerebbe far capire a certi soggetti che i bambini, anche quando hanno raggiunto una certa capacità di espressione, non sono adulti in miniatura e pertanto non sempre amano essere sottoposti ad interrogatori da parte dei primi venuti. Se il bambino rifiuta la relazione con un adulto non è “colpa” del bambino, ma semplicemente l’adulto ha un modo di relazionarsi che al bambino (molto più sensibile agli atteggiamenti e al non verbale di noi) non piace e questo va rispettato. Purtroppo molti adulti non hanno questa sensibilità.
    Grazie mille, come sempre, per gli spunti!

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  8. sono anch’io daccordo sul fatto che non bisogna parlare al bambino in presunto bambinese: “hai visto quel dado lì che belle peppe?? Vuoi un pò di titto?”
    ma come si fa???????????????
    Anche perchè si fa fatica due volte, dopo che hanno appreso le parole dado, peppe, titto, bumba etc etc bisogna insegnar loro le parole giuste…tanto vale iniziare subito!

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  9. Giorgia canta la canzone di Cenerentola che pulisce il pavimento…”Canta musignol canta musignol!!”…l’usignolo si è arricchito di una emme??…

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  10. Aggiungerei anche correggere gli adulti che in presenza del bambino usano parole storpiate, tanto più se sono persone di riferimento per il bambino.
    Mia suocera ha continuato per 2 anni a chiedergli “vuoi la bumba?” ed io a ringhiare “acqua. si chiama acqua. no bumba: ACQUA”… per fortuna mio figlio è più intelligente di mia suocera 😀

    Grazie per questo “prontuario”, col primo ho fatto tutto inconsapevolmente, col secondo, quando sarà il momento, spero di ricordarmi queste cose e non essere troppo sommersa dalla confusione 😀

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  11. …anche la mia grande diceva uomopattino!!! e diceva anche camion per uno, ma due erano i cami!
    Queste perle rimangono impresse a lungo nella memoria, come dimenticare:
    “guarda un capriolo” “ma mamma si chiama così perchè fa le capriole??”
    o l’ultima di ieri (adesso ha 7 anni):
    -“guarda babbo l’autopompa dei vigili del fuoco, chissà dov’è l’incendio che vanno a spegnere!”
    -” ma no, sai i vigili del fuoco vanno anche dove è allagato o ad aiutare se qualcuno a bisogno, non solo a spegnere il fuoco!”
    -“ah?!? e perchè non si chiamano vigili di tutto, allora???!!!??”

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  12. La mia triplice esperienza di zia mi ha insegnato che il momento peggiore e’ quello in cui smettono di storpiare. Allora ci lasciamo prendere dalla nostalgia di espressioni assolutamente adorabili, il piu’ delle volte di rigidissima provenienza latina (volo, che cosa dicete, che cosa facete, i grandi classici insomma), altre personalissima ma meravogliosa. E queste entrano nel lessico familiare. Perle dei miei nipoti, ad esempio, rimaste ormai nel nostro perenne dizionario, comprendono: andare al summercato, il mappatondo (sempre in coppia con la mondogolfiera), l’uomopattino, e, dulcis in fundo, il comandando (=telecomando). Geniale, no?
    In compenso, la prima frase di mio nipote non fu gioiosa come quelle del Vikingo e Pollicino, ma fu “no scale bum male testa”.
    TopaGigia per ora fraseggia a gesti, o combinazioni di gesti vari e gli onnipresenti “no” e “la'”. Gesto di mettere il collirio negli occhi, chiaramente “no”, vede lo scivolo, indica se stessa e “la'”, ieri abbiamo avuto un “cucco (=succodifrutta)” e gesto di si con la testa. Cose cosi’…

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  13. Ciao! Posso aggiungere un’altra cosa che secondo me è da evitare? Se da un lato non bisogna correggere il bimbo, dall’altro lato non bisogna iniziare a parlare come lui, sbaglio?
    Lo dico perché alcuni genitori che conosco, quando parlano con il bambino, praticamente lo imitano! “ai bitto che bejja la pajja?”
    Mi sembra assurdo!

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    • @Rossana hai perfettamente ragione. Non ho pensato a dirlo, perchè mi sembrava ovvio, ma a pensarci è talmente diffuso che i genitori inizino a parlare come i loro duenni, che vale la pena sottolinearlo. Grazie!
      @Barbara l’uomopattino è bellissimo. Mi hai fatto venire in mente che io da piccola dicevo la scrivaMia, oppure scrivatua, o scrivasua, a seconda dei casi 😉

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