Con gli acronimi ADHD e ADD ci si riferisce a un disturbo neurobiologico che in italiano si chiama Disturbo da Deficit di Attenzione con o senza Iperattività (la H dell’acronimo che sta per Hyperactivity), di cui si stima siano affetti il 7% dei bambini e il 4% degli adulti. Io stessa sono stata diagnosticata qualche anno fa – un esito che forse non ha sorpreso nessuno che mi conoscesse bene, ma c’è una grossa differenza tra un sospetto a casaccio di, che so, bipolarità, iperattività, schizofrenia e un percorso diagnostico serio come quello che ho ricevuto, effettuato da psichiatri e psicologi in un centro specializzato.
Siccome tutto è iniziato tramite attività di sostegno che ho fatto come volontaria a scuola dei miei figli, nel corso degli anni oltre a dovermi informare in proprio per scendere a patti con la mia situazione, ho avuto modo di conoscere diverse persone con questa diagnosi, anche adulti, e mi sono resa conto di un paio di cose che potrebbero essere di conforto a chi si ritrova in casa dei bambini estremamente distratti e sognatori, e forse anche davvero troppo vivaci, e che si chiede come andrà a finire con loro.
Le previsioni non sono consolanti. Cito dal sito dell’Istituto di Neuroscienze: “Gli individui che ne sono affetti hanno spesso un basso livello di studi, difficoltà lavorative e relazionali, cambiano frequentemente lavoro, partner e amicizie, sono spesso vittime di traumi e incidenti stradali, hanno più frequentemente problemi matrimoniali (separazioni, divorzi) e legali.”
In particolare gli uomini hanno contro anche il testosterone e spesso fanno fatica a controllare scatti violenti o autolesionisti. Ho conosciuto ragazzini che pensavano al suicidio come unica soluzione o che avevano scatti violenti, ricevere un enorme aiuto da una terapia specializzata. Non so di cosa discutessero con gli psicologi che li vedevano una volta alla settimana, so che seguivano metodi per imparare ad organizzarsi, per l’autostima individuando punti forti e deboli, e come gestire la rabbia.
Nella mia esperienza, sapere di “essere ADHD” aiuta moltissimo e fa tutta la differenza del mondo, e oggigiorno questa consapevolezza e le possibilità di far diagnosticare presto un bambino ci sono. In particolare vorrei tradurvi una lista trovata nelle mie varie letture in cui non solo mi sono riconosciuta in proprio, ma che mi è stata confermata da altre persone. Perché vedete, io penso di essere un po’ la prova del nove che si può crescere con una condizione non diagnosticata come l’ADHD e riuscire anche benino nella vita, ma ho fatto anche a tempo a conoscere altre persone, in particolare uomini ora adulti, che lavorando con me nelle attività con i ragazzini che seguiamo, sono giunti a conclusioni un po’ più pesanti delle mie.
Uno in particolare durante una pausa ha confessato:
“Vedi, da quando seguo un po’ da vicino questi ragazzini io ho capito che da piccolo ero esattamente come X. Ed è per questo che bevevo.” Poi non è mai più tornato sull’argomento. Ma una dipendenza da alcol e stupefacenti maggiore della media nel tentativo di “automedicarsi” è anche un fenomeno noto nella letteratura medica e nella prassi.
Un altro mio coetaneo che conosco da alcuni anni (che davvero è incapace di stare seduto fermo senza saltellare sulle chiappe) e che è una persona tutt’altro che stupida o limitata, ha lasciato la scuola dopo il biennio delle professionali e da allora ha lavorato nelle costruzioni. Il suo modo di gestirsi la vita e gli attacchi di rabbia, è quello di farsi tantissime canne, ed è per questo che è venuto a vivere ad Amsterdam, anche nella speranza di trovare un lavoro un po’ meno pesante fisicamente. È una brava persona, ma nella vita ha avuto grandi limitazioni e comunque sa di non essere in grado di farsi una vita stabile e avere una famiglia.
Un altro ancora che ammette di avere un po’ la tendenza ossessivo-compulsiva (e che da bambino racconta di avere avuto attacchi di rabbia distruttivi, una volta ha menato il fratello adolescente di 6 anni più grande e il doppio di lui fisicamente), ha risolto organizzandosi la vita secondo schemi e routine. Sua moglie ha il lavoro full-time, lui come me è traduttore da casa e segue figli ed economia domestica e anche se a volte lo trovo un po’ rigido negli atteggiamenti: se a loro va bene così, è un modo anche quello.
Ma consoliamoci, ho voluto tradurvi e commentarvi questi
Fattori per il successo dei bambini ADHD nella vita adulta
- Il sostegno di chi ti ama è fondamentale. Sia io che mio padre abbiamo avuto l’enorme fortuna di innamorarci e avere matrimoni stabili e duraturi con persone estremamente concrete e organizzate (dio li fa e poi li accoppia). E questo non è affatto scontato: più di una volta, a colloquio con gli specialisti che mi hanno seguito quando io e mio marito descrivevamo il nostro percorso e la nostra vita e come ci gestivamo matrimonio e figli ho visto sguardi che sembravano chiedersi: ma come è possibile che stiate ancora insieme dopo 28 anni?
- Accettare che si tratta di un disturbo neurogenetico che influisce sullo sviluppo dei meccanismi di autoregolazione del bambino. Dopo una vita passata a dimenticarmi cose ovvie, scordarmi nomi e volti delle persone, avere una pessima gestione del tempo, un po’ grazie al perfezionista che ho accanto, un po’ per la tigna di essere meglio degli altri mi sono costruita trucchi e meccanismi per gestirmi il quotidiano, ma non pretendo che un bambino o un ragazzino ci arrivi subito e da solo. Lavagne, liste, routine, promemoria vanno inculcati senza stancarsi, senza accusare il bambino di scarsa volontà, e continuare per mesi e anni fino a che non hanno interiorizzato i trucchi.
- Trovate dei modi per compensare i deficit che hanno, approfittate di tutte le opportunità di sostegno a scuola e fuori, identificate i talenti del bambino (anche se inusuali, meglio se attività anche manuali o creative; se lo rilassa svitare computer e elettrodomestici rotti fategli un angolino e cercateglieli in giro – poi ogni tanto buttate con discrezione i pezzi vecchi). Insegnategli a trovarvi conforto e orgoglio nelle sue capacità, e, al contrario, capite insieme a lui quali sono i suoi punti deboli e insegnategli a chiedere aiuto per affrontarli. L’eccellenza accademica va sostenuta sempre, per non abbandonare a sé stesso e ai gorghi della disistima un bambino che in realtà potrebbe saper fare tante cose, basta tirargliele fuori, che gli serviranno come punto di appoggio e incoraggiamento nella vita.
- Se vi suggeriscono la medicalizzazione, consideratela seriamente e senza pregiudizi. Io da quando prendo il farmaco specifico, che mi è stato prescritto, sono più efficiente, mi stresso meno, mi è migliorata l’autostima e riesco a vivere e soprattutto a lavorare meglio. Meglio una pillola sotto controllo medico oggi che un alcolismo domani. Vi dico qualcosa in più qui. Inoltre gli adolescenti per definizione si ribellano e magari rifiutano la medicazione (lo psichiatra mi raccontò di un ragazzino diabetico che non voleva l’insulina, per dire. Sono così gli stronzetti, vanno amati ed aiutati). Se vedete che li aiuta, insistete e fateglielo capire. Un ragazzino smise, poi due settimane dopo era in lacrime con l’insegnante che si perdeva le cose e non riusciva a concentrarsi. Ero presente per caso, gli raccontai che a me era successo lo stesso quando avevo smesso e che l’effetto l’ho notato solo allora, da allora riprese e riuscì a recuperare tutte le insufficienze.
- Non mollate mai; capitelo, non incazzatevi (magari ogni tanto un consiglio brusco è utile, ma non dategli addosso per cose che oggettivamente non può controllare. Il fancazzismo invece è controllabile, non transigete troppo su quello). Sostenetelo, difendetelo, anche a scuola, con i parenti impiccioni e ovunque. Fategli capire che siete dalla sua parte per aiutarlo anche quando fa cazzate. Se fa fatica vedete se potete intervenire con discrezione – magari confidandovi con i genitori degli amichetti per spiegare che certe cose non le fa apposta. A me fece tutta la differenza del mondo quando il padre dell’amichetto, che consideravo stronzo, di mio figlio, mi spiegò in confidenza che aveva una forma di autismo, e di considerarlo se mi fossi accorta di comportamenti strani. Ecco, l’autismo ce l’aveva, un angelo non lo era di suo, ma saperlo mi ha aiutato anche a dire più chiaramente di no quando non volevo che si vedessero e a organizzare appuntamenti più strutturati quando volevano giocare, senza ferire il ragazzino e scontentare mio figlio. E anche a spiegare a mio figlio che il suo amico gli voleva bene anche se a volte faceva stupidaggini.
- Non abbandonate vostro figlio, le maniere forti qui non funzionano. Certe mattine NO, ci possono essere più spesso di quanto possiate sopportare! Un trucco è, prima di arrabbiarsi, chiedergli: “Vedo che oggi fai fatica, ti posso aiutare? adesso ti aiuto, ma sappi che non voglio spazientirmi, vienimi incontro anche tu.“
- La formula per il successo, diceva la mia lista è questa: Accettazione + Cura e medicine se necessario + coltivare talenti e attitudini + Risorse + Persone che ti amano e ti sostengono.
Ce l’abbiamo fatta in tanti, ce la faranno anche i ragazzini di oggi che hanno più risorse di quante ne avessimo noi, e soprattutto hanno genitori che leggono Genitoricrescono.