A quattordici anni ti odierà

Un guestpost di Raperonzolo, impareggiabile autrice di Mamme sull’orlo di una crisi di nervi, ci spinge a coltivare il dubbio. Perchè il dubbio è il motore della crescita. Chi ha certezze, è fermo e forse perduto…
Ed il genitore vive e convive con i suoi dubbi, che non risolverà mai. Quando è il momento di accettare e quando quello di guidare? Amare vuol dire accogliere od orientare? E quando mi saltano i nervi, come la mettiamo??? Per tutte quelle volte che ci viene da dire: ma col cavolo che ti accetto, figlio mio!!!

Un bel giorno alla mamma sorge un dubbio. Lei che ha sempre fatto del suo meglio per mantenere verso i figli un atteggiamento corretto ed equilibrato, di accettazione ed amore incondizionato, improvvisamente si scopre Pol Pot. Succede una mattina con i capelli ritti in testa, sbraitando come un’invasata contro la propria prole, rea del perseverare nel fare tutte le cose che gli è già stato detto un fantastilione di volte di non fare, e di non fare invece tutte le cose che ogni sacrosanta mattina dovrebbero fare, quali: fare colazione, lavarsi e vestirsi. Qualcuno, sia questo il marito, o più probabilmente uno specchio o il riflesso della propria coscienza le fa strabuzzare gli occhi e rintuzzare la colazione: “a quattordici anni ti odierà”. La vocina è un sibilo di serpente che s’insinua.
Da quel momento in poi la crisi è degenerante. Il dubbio amletico spacca la mamma come una noce di cocco. Non è l’amare o il non amare, lì il dubbio non sussiste, perché un figlio lo si ama fino al midollo anche quando fa saltare i nervi, ci mancherebbe altro. Si tratta piuttosto punto di capire perché i nervi saltano. Ho problemi neurologici? Si domanda lei. Sono vittima dei miei umani limiti? Sarà lo stress? Cosa dovrei fare per non farmeli saltare? Una vacanza da sola ai Caraibi? Valium, Prozac, agopuntura, omeopatia o psicoanalisi? Poi la risposta arriva e lì, con quella risposta che poi è una domanda cominciano i guai: I mie figli li accetto veramente fino in fondo o no? Perché, si chiede la nostra che ormai turbina a rotta di collo, come si concilia il li amo comunque siano con il mi fanno girare?
Per Rape’ il nocciolo della questione è tutto qua: esiste il mondo delle idee e il mondo delle cose concrete, esiste l’amore platonico e quello fatto di momenti celestiali e graffi e testate contro il muro. Quello per i figli è un po’ l’uno e un po’ l’altro; un po’ ideale e tutto concreto.
E’ facile per ogni mamma dichiarare apertamente il proprio manifesto: Qualunque cosa facciano per me andrà bene. Rispetterò sempre la sua personalità e le sue scelte. Ok, pensa Rape’ che queste cose, come il 99% dei genitori, le avrà dette (in tutta onestà, s’intende) qualche centinaio di volte. Però che succede quando il vulcanico secondogenito allaga il bagno perché sta esplorando la meccanica dei vasi comunicanti? Che succede quando il visionario e sognatore primogenito litiga nel fare un’addizione perché per lui due più due non fanno necessariamente quattro? Per Rape’ succede che col cavolo che qualunque cosa facciano per me andrà bene. Col cavolo che rispetto la sua personalità e le sue scelte.
Ok, qualcuno obietterà, ma sono due cose diverse. Accettare ed educare non sono la stessa cosa. Ma Rape’ non è più tanto sicura. Non che non sia sicura del fatto che l’accettare e l’educare vadano posti su due piani diversi, piuttosto del fatto che il limite tra i due abbia ben poco di oggettivo: è il limite soggettivamente creato da ciascun genitore rispetto al proprio rapporto con i figli. E’ il limite che divide il genitore moderato e paziente da Pol Pot.
Il rapporto con i propri figli non nasce all’improvviso un bel giorno quando sono grandi e la mamma dice, va bene sia che ti sposi con Carmela o con Giancarlo, sia che fai il muratore o l’astronauta, sia che continui a vivere a casa o te ne vai a Timbuctu. E non nasce neanche dalle dichiarazioni d’intenti o dalle genitoriali poetiche (le teoriche visioni di massima), nasce piuttosto dalle miriadi di piccole cose quotidiane; dagli incontri e dagli scontri; da quello che dei nostri figli vogliamo e sappiamo accettare e da quello che invece vogliamo educare e correggere; da quando seminano giocattoli per tutta casa, fanno a botte, piantano un capriccio o prendono un brutto voto a scuola.
Ci sono e ci saranno sempre diversi filoni di pensiero e gli estremi più lontani: genitori che lasceranno sempre tutto andare non correggendo mai i figli (abdicando il loro ruolo di educatori) e quelli che invece imporranno modelli comportamentali rigidi. Poi c’è la giusta via di mezzo, quella a cui ogni genitore coscienzioso aspira. Ma a trovarlo quel mezzo.
E allora la domanda martella: Sto educando o sto esagerando? Li voglio per come sono o li vorrei cambiare?

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36 thoughts on “A quattordici anni ti odierà”

  1. Più che giusto vi nomino Cavalieri della Cucina!Ora so che posso sfogarmi via rete in modo meno fracassone.Scherzi a parte è proprio bello leggere le urla di protesta contro i nostri amatissimi bimbi.Vedo che esistono genitori più incasinati di me,altro che certi sapientoni pieni di torie su come farli dormire!

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  2. Ciao
    mi chiamo Daniele ho un bimbo di due anni e un altro in arrivo. Finalmente ho trovato un sito dove vedo commenti di genitori che ammettono di aver dei grattacapi con i figli.Allora non son l’unico che fa fatica!In genere descrivono la vita di genitore come una benedizione continua mentre a me ogni tanto viene voglia di spaccare tutto.Complimenti per la sezione genitori che sbroccano se il secondo interpreta la notte come il primo ora so di avere un alternativa di sfogo meno dannosa dei calci alle sedie della cucina..

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  3. Bellissimo post.. La verità è che i nostri bambini li accettiamo così come sono…se fanno quello che vogliamo noi!
    Per me è l’opposto. Per come si sono messe le cose in famiglia, dico sovente a mio marito:”a 15 anni ti odierà”(mi sono concessa un anno in più di indulgenza..)
    Mio marito invece mi accusa di lassismo. bah! Qualcuno ha la sfera di cristallo da prestarmi un attimino?

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  4. Anche io sono figlia unica, e concordo con Silvia pensando al rapporto con mia madre.
    Quante volte anche noi abbiamo pensato che la nostra piccolina a 14 anni ci ammazzerà in un raptus di follia per averle negato qualcosa. I nostri no, oggi che ha 5 anni, sono davvero tanti, e da pochi giorni stiamo mettendo in pratica le alternative al no (quello non lo puoi fare perchè è pericoloso, ma vediamo se c’è un altro modo meno pericoloso per fare quella cosa). Qualche volta dà buoni risultati, soprattutto quando il tempo e soprattutto la fantasia a disposizione ce lo permettono.
    Tra i punti fermi che ho e che sto cercando di trasmettere a lei, ce n’è uno in particolare che mi ripeto come un mantra quando mi trovo nel dilemma educazionale di scegliere (a volte inconsciamente) tra rigidità e permissimismo, tra negazione ed accettazione, sia del suo essere che dei suoi comportamenti. Il mio parametro di riferimento è la libertà. “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri”. Quindi se lei sta facendo qualcosa che non solo è pericolosa ma anche di disturbo per me, io la fermo e cerco di trasmettere la mia sensazione di malessere. Preciso che quando dico disturbo non intendo il disturbo dato dai giochi rumorosi dei bambini, ma il disturbo fatto apposta per non dare tregua (tipo quando sono al telefono o sto parlando brevemente con qualcuno di cose importanti). Ritengo che 5 anni e mezzo non siano pochi per capire, anche se non è una filosofia che può o riesce ancora a fare sua.
    Inoltre sto cercando di farle capire che io l’accetto e le voglio bene per quello che è, ma che non posso accettare tutti i suoi comportamenti, soprattutto quelli che mettono in pericolo lei o gli altri, oppure quelli che mi rendono triste.
    Volete sapere come sta andando? Ha capito che nella vita non si può fare tutto quello che si vuole, e ha capito che mamma e papà non sono al suo “servizio” ma hanno gli stessi suoi diritti in casa, uno prima di tutti: il diritto a stare bene.
    E quando (il più delle volte) si dimentica di questo, io glielo ricordo, e lei per tutta risposta torna con un disegnino in regalo. Peccato che invece di chiedere scusa, dice “dài, ti perdono….”. Secondo voi mi prende in giro?

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  5. ecco anche io mi ricordo mia madre che urlava, non spesso, e non tanto lo strillo in se, ma lo sguardo si e le labbra strette di quando si stava davvero incavolando e non voleva esplodere… ed eccomi qua, con il fantastico duo, 7 e 5 anni, la mattina per andar a scuola, e dai vestiti e dai lavati i denti e ma entra in macchina e ma e ma e ma, e loro due che parlano fra loro e giocano e si sfottono e si spingono e litigano e fanno cadere le cose e partono per mettere il cappotto e tornano con le figurine e prendono il lunch bag e lasciano la cartella e dai e dai e su e su e su…. un bel AUHEEEEEEEE MA MI STATE A SENTIREEEEEEE non me lo toglie nessuno dalla gola, eh? 😛

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  6. Close the door, vorrei a questo punto spezzare una lancia a favore di mia madre: anche io sono figlia unica, anche la mia mamma è stata molto severa, ma non ho mai provato la sensazione che il buon rapporto con lei potesse consistere in “dimmi tutto quello che hai fatto, poi io ti correggo, poi dimmi che ho ragione, ECCO LO VEDI COME ANDIAMO D’ACCORDO?”. Mi sono vissuta i miei conflitti, aspri, ma non ho mai sentito l’obbligo di doverla compiacere per avere il suo affetto. Ho avuto autonomia e spazion di manovra anche negli errori. Sarà per questo che non sono affatto terrorizzata dall’idea del figlio unico.

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  7. io ho un problema con gli urli, e con i genitori che sbroccano urlando e non riescono a trattenersi.

    i ricordi di mia mamma da bambina sono : lei che sorride, lei che canta, lei che urla. urla. urla. urla. fra i miei incubi notturni c’erano mia mamma e la mamma della mia vicina di casa che parlavano da un balcone all’altro e dicevano “sapessi quanto sgrido mia figlia io” “ma no sta’ pur sicura, sono più brava io a sgridarla”. gli occhi di mia mamma che mi fulminano e la sua voce che urla sono un brutto ricordo, come di qualcosa che riusciva a paralizzarmi del tutto. mi vergogno ad ammetterlo ma sono cresciuta con tanta paura di mia mamma.

    dagli 11 a 14 anni i miei erano così preoccupati di vedermi “sbandare” che ogni mio segno di insofferenza veniva analizzato insieme per ore, per capirne le cause. immagino che lo facessero perche’ come ha scritto un’altra mamma in un altro blog hai bisogno di capire chi è questo estraneo che di colpo ti sta di fronte.

    ma giuro che io, da figlia unica, non ne potevo davvero più di questo occhio indagatore che voleva a tutti i costi sapere chi fossi e avere il buon rapporto con me. quando sei figlio unico sei in minoranza e quindi il BUON RAPPORTO consiste in : dimmi tutto quello che hai fatto, poi io ti correggo, poi dimmi che ho ragione, ECCO LO VEDI COME ANDIAMO D’ACCORDO?

    con mia figlia dentro di me mi sono fatta un punto d’onore di non urlare e possibilmente di non essere così invadente, anche se lì nasce l’interrogativo “ma nell’era di Internet una mamma si può permettere di non essere invadente?” ecco soprattutto spero di bissare con un fratellino/sorellina, anche se so che sarà faticoso, su questo concordiamo con mio marito, anche lui figlio unico.

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  8. mammamsterdam dammi il cinque 🙂

    io spero tanto che mi odi a 14 anni quel tanto che basta per andarsene per la sua strada senza sensi di colpa, la telefonata se vuoi senno’ sto bene lo stesso, io ho aspettato troppo a partire, e ora se me ne pento!

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  9. Si si, e so bene che non è odio vero.
    Ma quando una cinquenne incavolata ti dice “ti odio” ringhiando (perché il sorriso c’è quando lo fa per scherzo, ma se è arrabbiata ringhia, e il “non ti odio” arriva più in là, dopo lo scoppio, dopo i chiarimenti), quando già ti risponde “che pizza!” o “che noia che sei non posso mai fare niente” e tu a capirla ti senti troppo permissiva (non mi piace la risposta “che pizza” né verso di me né verso altri, né da lei né da altri) e a metterla in castigo troppo severa, e a parlarle non ci cavi un ragno dal muro… Ecco, quando a 5 anni sei così, non puoi pensare ai 14, non ce la puoi fare, ecco…

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  10. @Daniela, secondo me se ti senti troppo di là e troppo di qua sei nel mezzo per definizione 🙂
    E quanto dici sul “ti odio… ma no non è vero ti adoro” è esattamente quello che intendevo prima.

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  11. E’ il mio dubbio più forte, sarà che mia madre non la posso definire una buona madre, e vivo quindi col terrore che mia figlia, un giorno, mi veda con gli stessi occhi con cui io ora vedo lei…
    Eppure educare è tutto, anche dire no e farsele girare. Perché io spiego, parlo, ripeto, e ripeto ancora, e sono umana, e alla fine, quando so che ha capito, che sa, che non può negare che sia così (è mattina, sai che devi vestirti, vuoi vestirti perché ti rifiuti di uscire in pigiama, sai che è tardi, l’hai capito, lo vedo, lo dici, ma ti ostini e ridi) allora urlo. E non voglio ma urlo.
    Però al mondo non ci sono solo mamme, no? E la gente, se la sfidi, si arrabbia! Meglio impararlo con una che alla fine, comunque sia, ti abbraccerà, giusto?
    Ecco, ma la via di mezzo dove sta? Io non ci credo alle mamme perfette. Anzi, posso dirlo? Io penso che siano peggio le mamme perfette di quelle che sbagliano e si ostinano a sbagliare. Una madre che sbaglia sempre, magari la odi, magari non è una buona madre, ma da grande potrai sempre dire “non voglio essere come lei, voglio fare meglio”. Una madre perfetta ti annienta: non ci riuscirai mai, non ce la fai, provi a essere perfetto ma poi capita l’attimo e ti perdi e ti rendi conto che è irraggiungibile. E ti senti in difetto.

    Che ci vuole? La via di mezzo. Quella che quando è il momento no magari urla anche, e sbaglia anche. Ma poi passa, ti abbraccia, si spiega, e passa. Ovvio che è il momento no e non il modo di tirare avanti un rapporto. Quella che ti risponde, ti spiega, ti ascolta, ma poi c’è il giorno che non va e ti dice solo “oggi non ce la faccio, oggi parla con papà”. Quella che ti fa pasticciare con i colori a dita, e poi domani vuole pulire casa e ti mette davanti alla tv. Quella che fa la torta con te, anche se lo vedi che i gusci d’uovo nell’impasto non le piacciono e non sorride tanto.

    Uff, però io questa via di mezzo non la trovo. Mi sento sempre troppo di qua o di là. O troppo permissiva o severa. O troppo dura o troppo debole. E intanto mia figlia che mi odia già me lo dice. Poi sorride e mi dice “non è vero, ti adoro” ma ha già scoperto che mi fa male. E ai 14 anni non ci voglio pensare che sono ancora lunghi quelli che mi aspettano, abbastanza difficili da soli senza aggiungerci i problemi che verranno!

    Intanto che la amo glielo dico sempre. “anche se mi arrabbio, anche se urlo, anche quando mi è scappato lo sculaccione, anche se non ti ascolto sempre, ti amo, e te lo ricorderò ogni volta che posso”. E per fortuna ci sono anche tanti, tanti momenti si. Speriamo che si ricordino anche quelli!

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  12. Bene ci mancano 6 anni, che mi odi pure per allora, se ci tiene e vaffanculo. è adesso che si deve mettere le scarpe, vestirsi e mangiare da solo e togliesri le scarpe e metterle nell’armadio da solo, che deve rispettare i miei spazi dopo il quinto grugnito da solo e farsi la doccia senza allagare il bagno e cavolo, ma può essere che tutte queste ore della mia vita e della mia giornata debbano essere sprecate a ripetere cose assolutamente normali e incazzaemi per cose assolutamente irrilevatniiii e cazzo, basta lasciatemi vivereeeeee.

    No, questa non andava su genitori sbroccano. Siamo umani e proprio per questo ottimi educatori. Cioè da grandi non ci possono accusare di averli fatti crescere nell’utopia del mondo meraviglioso come dovrebbe essere che non è e adesso fatti loro. Interrogarsi è bene, tirare a campare pure.

    Tanto qualcosa di cui accusarci ci sarà sempre e non è poi bello avere una madre da odiare per tutte le cose che ti vano storte nella vita? Non è molto peggio doversi odiare da soli? Cavolo, io mia madre la amo ancora enormemente proprio perché sta lì a farmi da parafulmine. e ai nostri figli gli vogliamo negare questa gioia? E chi li aiuta, dopo, lo psichiatra? Ma lo sappiamo quanto costa uno buono?

    No, no, bell’e mamma, ci oensa mammina tua adesso.

    🙂

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  13. Qualche pensiero sparso, che finora di argomenti ne avete sollevati tanti:

    Io ero una che no, niente figli. Mica per altro, ma poi come lo gestisco un adolescente? Non mi fanno paura i pannolini, nè temo l’odio (un attimo e vi spiego perchè), quello che mi terrorizzava e mi terrorizza ancora è una tredici-quattordicenne che mi chiede perchè diavolo l’abbia messa in questo schifo di mondo. Ancora non ho idea di cosa le risponderò…

    Ecco, l’odio. Io sinceramente non credo che quello sia odio vero. L’odio vero è un’altra cosa, dai. E’ normale e forse anche giusto che un adolescente si ribelli ai genitori, che dica parole grosse, che faccia tutte le scelte sbagliate tanto per dare fastidio e testare i limiti, ma secondo me è un’esplorazione emotiva sulle emozioni davvero negative che va fatta, ma non è odio vero. A posteriori, voi avete veramente odiato i vostri genitori? Gli avete veramente augurato i peggiori malanni, ma credendoci davvero, e intendevate davvero tutte le cose negative che gli avete urlato addosso? Oddio forse io ero eccessivamente una brava ragazza, ma io non li ho mai odiati davvero…

    Accettare o educare… c’e’ una cosa che forse io non ho capito bene dai discorsi che stiamo facendo sull’accettazione e l’accoglienza, ma anche da questo post sembra che l’accettare corrisponda al permettere loro di fare (tutto) quello che vogliono. Se mio figlio sta selvaggiamente picchiando un coetaneo io lo vedo e penso: “lo devo accettare così com’è, aggressivo e impulsivo, o lo devo educare a non picchiare gli altri?”. Ok, era un esempio limite e nella vita di tutti giorni lo spartiacque è molto meno ovvio, ma io non credo che accettare significhi permettere (lo ammetto, probabilmente non sono ancora stata messa alla prova sul serio, avendo io una bimba di 18 mesi). Accettare secondo me significa amare per e nonostante tutto, amare anche se l’educazione è difficile, amare anche se ti fa saltare i nervi. Che non vuol dire che i nervi non ti saltino qualche volta, per carità, ma che daresti tutto per lui comunque, che non lo scambieresti con nessun altro perchè anche in quei momenti no l’angelo più obbediente del mondo non ti farebbe sentire così felice e completa come ti fa sentire tuo figlio. D’altra parte le emozioni più forti, positive e negative, le proviamo con chi amiamo di più.

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