La mia collega di lavoro deve andare via presto oggi. Questa settimana i figli sono da lei. E’ separata e ha due bimbi, una grande di 7 anni e l’altro piccolo di 3. Lei e il suo ex fanno una settimana a testa. Ossia i bambini si trasferiscono ogni settimana di casa, alternandosi tra i genitori.
Difficile? Pesante? I bambini hanno bisogno di stabilità?
Chiedo alla mia collega come la vivono i figli questa cosa di trasferirsi ogni settimana, e lei mi dice che si adattano abbastanza bene. Che all’inizio era più difficile, ma orami si sono abituati. Del resto una separazione non è mai facile per i bambini, no?! E il trasferirsi ogni settimana è la parte più facile della faccenda.
Le spiego che in Italia questa cosa non avviene praticamente mai, e che di fatto i bambini vivono sempre a casa della mamma, e che il papà lo vedono un fine settimana ogni due, e poi magari ci scappa qualche vacanza estiva insieme. Lei mi guarda incredula e mi chiede il perché di questa cosa. Le spiego che si fa per il bene del bambino, che dicono abbia bisogno di stabilità, e di sentire una casa come la sua, dove avere le sue cose, la sua stanza, la sua tana. Lei mi risponde che però la stabilità la da anche un rapporto sicuro con entrambi i genitori, e questo non può avvenire quando uno dei due ha una frequentazione così rara con i figli.
Non so che risponderle. Mi sembra un’osservazione molto sensata la sua. La stabilità emotiva data dalla frequentazione di entrambi i genitori alla stessa stregua, mi sembra decisamente più importante della stabilità di avere un unico luogo da chiamare casa. Certo se si potesse avere entrambi non staremmo nemmeno qui a parlarne. Ma in caso di separazione evidentemente non si possono avere entrambi.
Tutti i miei amici svedesi separati vivono più o meno questa alternanza.
Chiedo chiarimenti ad un altro amico, al secondo matrimonio. I tre figli del primo matrimonio, ormai adolescenti, si alternano ogni due settimane tra le due case parentali. Lui mi spiega che nel momento della separazione i genitori devono decidere come intendono gestire la cosa, e che non c’è praticamente mai una decisione imposta dall’alto. Devono trovare loro un accordo, e in genere, di base, ci si alterna in questo modo. Ovviamente bisogna vivere tutti nella stessa città perché il tutto sia fattibile, con la scuola e gli amici e le attività extra. Certo è facile a dirsi, perché Stoccolma è sufficientemente piccola, ma gli faccio notare che a Roma non potrebbe funzionare, bisognerebbe stare nello stesso quartiere o giù di lì, perché il traffico non permetterebbe mai di attraversare la città per andare a scuola. Lui mi risponde che non capisce il problema. Si tratta di stare con i figli, quindi ci si organizza in modo da trovare casa vicini.
Anche qui non trovo nulla da dire, perché mi sembra che la logica non fa una piega.
Il mio amico è perplesso però, e mi chiede se quindi con il sistema italiano la mamma si ritrova ad avere un carico maggiore di lavoro rispetto al padre. Mi fa sorridere il fatto che questa osservazione venga fatta da un uomo. In effetti è vero. La mamma separata italiana si ritrova tutto sulle sue spalle, prendere decisioni, fare acquisti, far funzionare la quotidianità, tutto interamente da sola. E poi c’è il problema dei soldi. L’assegno di mantenimento che i padri italiani si trovano a pagare ogni mese, pratica che raramente funziona liscia come l’olio, senza contare le spese extra.
Gli chiedo come funziona qui in Svezia per i soldi. Lui cade dalle nuvole. Alternandosi in questo modo i figli, ovviamente nessuno ha bisogno di pagare il vitto all’altro. Basta accordarsi sulle spese extra, e su questo, mi risponde, basta un po’ di buon senso.
Si, il vecchio caro buon senso.
A volte ho la sensazione che il buon senso su certe faccende sia solo una chimera. Parlando di media, ovviamente. Ho conosciuto anche io casi in Italia in cui la separazione ha funzionato bene, in cui non si è perso di vista il senso di quel Progetto Famiglia iniziale, che magari non si riesce più a portare avanti sotto lo stesso tetto, e che però continua ad esistere, diviso tra due case anche se in modo imparo.
Eppure io credo che la separazione non dovrebbe annnullare totalmente il Progetto Famiglia, e la gestioni dei figli dovrebbe essere sempre una questione condivisa. Ma è veramente tanto difficile farlo? Non è che questa faccenda che i figli di fatto stanno con le madri, invece di garantire stabilità al bambino, si presta a generare invidie, discussioni, risentimento, e faccia perdere di vista quelle che sono le cose veramente importanti?
Guardo i miei figli e mi immedesimo in certe situazioni. Il Vikingo con il suo attaccamento al padre quasi morboso, che in questi giorni in cui il padre è lontano per lavoro non fa altro che chiedere di lui, fotografare per lui, disegnare per lui. E Pollicino dall’alto dei suoi quasi 2 anni, che va in giro battendo le mani e cantando “cappa pipì papà!”
In che modo la loro stabilità emotiva in caso di separazione, sarebbe garantita dal vivere prevalentemente in una casa e incontrare il padre ogni due settimane? Non sarebbe meglio che potessero frequentare il padre tanto quanto la madre? Non è che ci stiamo nascondendo dietro un fuscello per evitare che i padri si continuino a prendere le loro responsabilità anche dopo una separazione, e alleggerire il carico sulle donne-mamme che si ritrovano sempre sole perché i figli sono delle madri?
Mi chiedo.
Sto iniziando adesso a leggere di questo argomento perche´il mio compagno ha un nuovo amore e vuoleuna vita senza di me. In questo momento sono ancora troppo disperata per leggere i vostri post senza lacrme….
La bigenitorialità, ovvero la responsabilità genitoriale post-separativa, è un diritto dei minori e un dovere degli adulti.
Una sana metabolizzazione della differenza fra coniugalità e genitorialità ne è la base. In parole povere consapevolezza. Non esisterebbero i bambini con la valigia se si annientasse uno dei due genitori, cosa che nessun bambino desidera, poichè non deve neppure immaginare che la separazione sia una sua responsabilità.
Amare i figli anche dopo la separazione è sintomo di una crescita che il nostro paese, fatic a acogliere, ma va nella direzione del rispetto del minore in primis, e di tutti gli “attori” famigliari che scegliendo di separarsi, sanno bene che la vita cambierà. E’ sano creare le condizioni paffinchè un bambino non perda alcun genitore, vivecersa la sottrazione di un figlio ad un genitore si rivela causa di profondi disagi che danno adito a molteplici reazioni, spesso pericolose per se stessi e per gli altri. Il progetto Genitoriale non può essere violentato da una separazione, infatti deve poter prosseguire e arrivare ad una nuova dimensione, ove permane l’amore per i figli, e la casa non è una…ma la casa è dove c’è il cuore, ogni casa col cuore è dei nostri figli, e l’unica separazione da evitare è quella da loro…i nostri cuccioli e cittadini di domani.
Date un occhiata alle linee guida della bnigenitorialità, potrebbe aprire la mente a molte persone che stanno pensando di separarsi, questo video è in uso nei centri di mediazione familiare italiani più aggiornati, da almeno un paio d’anni:
http://www.youtube.com/watch?v=yIpW-08LiCQ
Ciao, è la prima volta che scrivo ma mi occorre un aiuto!!!
mi sto separando e ho mille dubbi per i miei due cuccioli di 4 e 2 anni.
la “grande” è legatissima al papà e non la sta prendendo bene, il “piccolo” sta reagendo meglio.
come hanno affrontato i vostri figli la separazione?
qual è stato l’atteggiamento migliore per far superare nel modo più sereno possibile la nuova realtà?
NB la separazione l’ho voluta io, lui non l’ha ancora del tutto accettata e cerca in tutti i modi di tornare insieme.
grazie
@ C
Cara C., quello che ho apprezzato nel tuo discorso è il tuo chiederti se stessi facendo la cosa giusta. Da quello che dici, qualcuno riferisce che “il” bambino (quindi, uno su tre) avrebbe bisogno di stabilità. Mi fa pensare che i tuoi bambini siano stati in qualche modo ascoltati ed osservati da qualche professionista. A meno di non volere essere paranoici, potrebbe anche essere che ci sia del buon senso e della ragione. Continuo ad insistere che ogni caso è un caso a sè. Se, come dici, entrambi voi riconoscete all’altro genitore la possibilità di vedere i bambini quando vuole e se, come dici, almeno uno dei tuoi figli – in questo momento – ha bisogno di continuità abitativa beh… io una riflessione la farei. Qui non si tratta di fare giurisprudenza per la causa comune: è la tua vita, la vostra vita. Scegliete con cuore ed il buon senso e non per questioni di principio o di vittorie di Pirro. In bocca al lupo…
C, capisco benissimo la tua delusione: il problema, secondo me, è che siamo in una fase di evoluzione e, una volta tanto, la legge (la riforma del 2006) è andata più avanti della giurisprudenza.
L’accordo che avete prospettato è perfettamente compatibile con la legge e meritate anche un elogio per essere riusciti ad accordarvi in questo senso, ma ci sono giudici che non riescono a scavalcare gli usi ormai consolidati.
Non si riesce a far passare il concetto che, con la riforma, il mantenimento ai maggiorenni andrebbe pagato direttamente a loro; non si riescono a far passare accordi un po’ innovativi sull’affidamento della casa coniugale (per esempio, dato che nessuno può più permettersi due appartamenti, molti genitori vorrebbero dividere gli appartamenti in due mini appartamenti, magari sacrificando i loro spazi, ma spesso viene negato parlando di “separazione in casa”); insomma, nella pratica gli ostacoli sono molti.
Però saranno le pronunce come la vostra, se verrà accolta o se insisterete per farla accogliere, che cambieranno la giurisprudenza di questo Paese e la faranno adeguare alle esigenze reali.
Ci sono giudici che vi farebbero i complimenti per un accordo del genere e altri che non lo omologano: l’Italia è molto poco unita e a volte ogni tribunale è un istituzione a sè (a volte sembra che applichino codici diversi!!), per di più, ripeto, credo proprio che siamo in una fase di passaggio.
Insistete. Provateci. Giuridicamente è corretto.
questa conversazione cade proprio al momento giusto!
la prossima settimana ho l’udienza in tribunale, davanti al consiglio che non ha omologato (a dicembre) la prima istanza consensuale in cui si prevedeva la gestione dei bambini di 5, 7, e 9 anni, una settimana con ciascun genitore….senza nessun alimento ma solo con la condivisione al 50% di tutte le spese extra(sport, mediche…etc).
accordo raggiunto non senza difficoltà, perchè per un padre che ha sempre partecipato ed accudito i suoi figli pari che la madre, vedersi prospettare l’ipotesi di essere confinato al ruolo di visitatore occasionale con la possibilità di tenerli a w.e. alterni….è psicologicamente devastante!
da madre, sapendo quanto entrambe amiamo i nostri figli, ho pensato a cosa fosse meglio per loro, e pensavo che l’accordo trovato fosse una valida soluzione.
Purtropppo però il tribunale non omologa l’accordo.
In questi mesi , in attesa della prossima udienza, mi sono chiesta spesso se le riserve del tribunale fossero dettate da un atteggiamento conservatore e poco aperto ad accordi ancora poco percorsi come quello depositato, o se fossero dettate dalle preoccupazioni sulle conseguenze che questo accordo potrebbe avere sullo sviluppo psicologico dei minori.
Più volte parlando con il mio avv …mi sono sentita fare il discorso citato nella lettera:
…..”Le spiego che si fa per il bene del bambino,che dicono abbia bisogno di stabilità, e di sentire una casa come la sua, dove avere le sue cose, la sua stanza, la sua tana……..
e mi chiedevo se stessi sbagliando tutto!
per questo ho trovato molto confortante leggere questa discussione….
penso che per i bambini la cosa più importante è avere accanto una madre e un padre presenti e con cui rapportarsi serenamente , limitando al massimo i conflitti…… e credo che stare una settimana con un genitore (lasciando all’altro la possibilità di vedere i figli quando vuole….durante la settimana) e una settimana con l’altro ….. sia la scelta ottimale, o il male minore ,in una situazione complessa come quella di una famiglia separata.
mi auguro quindi di riuscire a convincere il tribunale ad omologare il nostro accordo…
non voglio entrare nei dettagli della mia situazione personale, perchè non l’ho mai capita, forse si definirà nel momento in cui io o il papà delle mie figlie avremo un altro/a compagno/a.
però sin da quando stavamo assieme dicevamo di voler comprare una grande casa da dividere in due appartamenti, con la stanza delle bimbe che comunicasse con entrambi gli appartamenti, nel caso ci fossimo separati. poi non ci sono stati i soldi per un tale progetto, e in effetti, nei primi momenti della separazione è stato meglio così, perchè vedersi ogni giorno avrebbe fatto/fa male.
comunque.
quando raccontavamo in giro del nostro progetto ci guardavano tutti allibiti. perchè non è la legge, ma le persone, che vogliono che le separazioni siano gestite come in effetti avviene in italia: tutto il carico alla mamma, il papà ci mette i soldi (forse).
a noi dicono che siamo strani, perchè non ci scanniamo, non abbiamo mai messo per iscritto “chi deve cosa a chi”.
eppure la maestra delle mie figlie ha detto che non ha mai visto dei bambini così sereni dopo una separazione.
io faccio a modo mio, anche se spesso non è facile.
Mio figlio, già ad otto mesi, quando rientravamo a casa dopo un giro di poche ore o pochi giorni, appena messo piede oltre la porta tirava un sospirone che sembrava dire “ooooh! finalmente a casa!”.
Adattabile ed abituato ai viaggi, da sempre è stato legato in modo speciale alla “sua” casa.
Il suo papà arrivava il giovedì sera per ripartire lunedì mattina, lavorando a più di 300 Km di distanza. Per scelta condivisa io ho disinvestito parzialmente sulla professione perchè Dado aveva un disturbo specifico di apprendimento, perché il lavoro del padre era decisamente più redditizio, perché avevamo due nonni lontani e due indisponibili, perché io “dovevo” seguire i lavori di costruzione delle nostra casa. Quando il bimbo aveva 10 anni, il papà è uscito definitivamente di casa per seguire un nuovo amore (dopo tre anni drammatici di vado-resto). Nel corso della separazione abbiamo discusso su diverse cose ma mai sulla gestione-educazione del piccolo: affido condiviso, abitazione presso la madre, week-end alternati, vacanze minime col padre 4 settimane (giusto perché bisognava indicare qualcosa). In realtà non ricordo bene gli accordi presi perché non abbiamo mai avuto problemi. Se il padre aveva un congresso, Dado stava con me anche due week-end in fila; se io avevo un corso, stava con il padre – senza guardare al calendario. Se il papà desiderava vederlo (e capitava spesso, grazie a Dio!) o fare qualche vacanza in più, non si guardava al calendario. Natali un po’ impegnativi: cena della vigilia a Milano con nonni materni, pranzo del 25 con papà e nonni in Veneto.
Nel nostro caso, la continuità dell’abitazione è stata un’esigenza forte per il bambino (per come lui era, per le “sfide” complesse che stava affrontando a scuola e in famiglia) e nè io nè il papà abbiamo avuto dubbi su cosa fosse meglio per lui. Anche se, questo, è “costato” a noi adulti: vivo nella casa, “costruita” da me ma di proprietà di mio marito, nello stesso giardino dei miei suoceri.
A mio marito è costato (costa) un adeguato assegno di mantenimento per me e per il figlio (oggi 15enne).
All’inizio ho chiesto qualche mese di “cuscinetto”, prima che Dado andasse a dormire a casa della nuova compagna di papà, poi ho agevolato questa nuova realtà. Oggi anche io ho un nuovo amore, il nostro giovanotto va serenamente a dormire “da loro” o “con noi” e sta volentieri con tutti.
Non mi sento affatto una sfruttatrice per l’assegno destinato a me: sono stata 23 con un uomo, all’inizio lavoravo solo io per tutti, poi lui ha cominciato a guadagnare moltissimo anche grazie ad una divisione di compiti concordata (per cui ho “lasciato indietro” parte della professione) per essere efficaci nella cura di un progetto comune (benessere comune, casa, figlio DIS, gestione familiare). Poi lui ha “cambiato idea” e, senza la sua partecipazione, non dico sarei andata sotto i ponti ma quasi. E Dado con me. Non è che dopo gli -anta ti rilanci professionalmente solo perchè lo decidi! Ora lavoro, ma 10 anni di part-time sono difficili da trasformare in full-time.
Morale: come in ogni faccenda umana, ogni caso è un caso a sè. In Svezia come in Italia mi domando quante volte si facciano veramente gli interessi dei minori. Certo è che se qualcuno avesse il potere di farlo e mi dicesse “vivi una settimana qui ed una lì” a me non piacerebbe affatto.
Mi domando, ad esempio, cosa succede – in Svezia – quando i figli hanno un po’ di potere personale in più. Va bene che a 18 anni escono di casa ma prima, verso i 12-13… accettano sempre di buon grado di fare i pendolari?
E cosa succede a Cenerentola se, quando ha 45 anni, il Principe Azzurro la “scarica” per un’altra? E’ giusto che torni a ginocchioni a raspare pavimenti?
Drammatiche certe storie di papà separati in difficoltà ma ci sono anche altre storie…