La solitudine del genitore di adolescenti – ovvero come sopravvivere al cervello adolescenziale

Figli, ormai adolescenti, che praticamente ci rifiutano, vivono in un mondo in cui noi non entriamo più, e che spesso ci spaventa: chi si riconosce in questa descrizione alzi la mano. E quanto ci sentiamo soli, in questo periodo soprattutto, specie se questo mondo ha dei lati oscuri di cui un po’ ci sentiamo responsabili se non altro per non essere stati attenti a tempo debito. È difficile aprirsi con altri genitori, non si parla allo stesso modo dei ragazzi grandi, non ci si sente a proprio agio: non è esattamente lo stesso che lamentarsi per i terrible two!

Hai tradito la mia fiducia

Quanto spesso ho sentito questa frase. I nostri ragazzi ci rivelano un lato di loro che non riconosciamo, alcuni cominciano a mentirci di più sulle cose importanti, altri a nasconderci cose, altri ad essere indisponenti, ad offenderci, magari anche alzare le mani, altri tutto insieme, e di più. Scopriamo ad esempio che hanno cambiato la password sul loro cellulare, nonostante tutte le conversazioni che abbiamo avuto prima di darglielo, sui pericoli, sulla reperibilità, sui controlli. O che hanno preso soldi dal nostro portafoglio. O che sperimentano con la prima sigaretta vera o elettronica, o magari una canna. O si lasciano andare a commenti sessisti o razzisti sui social.

E ce li ricordiamo benissimo da piccoli quando sostenevano convintamente con noi che non avrebbero mai fatto queste cose, mai-mai-mai-mai! Questo ricordo, il ricordo di quella tranquillità che ci faceva dire “ne abbiamo parlato, hanno capito”, è straziante. Hanno tradito la nostra fiducia, concludiamo. Quante volte l’avrò detto anche io. Come se questo fatto di comportarsi diversamente da come li abbiamo amati, ricambiati, per tanti anni lo percepissimo come un rompere un legame, proprio con noi personalmente. Di proposito, e all’improvviso. Quello che sembriamo dimenticare, è il fattore età.

L’adolescenza è un’età

Da genitori, e specialmente nei confronti dei primogeniti o figli unici, non abbiamo bene la percezione dell’età effettiva, non tanto fisica, quanto mentale, e relazionale. Li vediamo sull’orlo della vita adulta, a volte più alti di noi, e ci sembra naturale avere la stessa reazione che avremmo nei confronti di altri adulti che rivelassero un lato caratteriale sconosciuto: tradimento, sorpresa, delusione, perché avevamo un’immagine di loro che corrispondeva a certi valori, soprattutto nei nostri confronti, e che ora disattendono.

Applicare la stessa misura ai nostri adolescenti o preadolescenti, parlare di comportamento non in linea con quello che conoscevamo di loro, è però un errore concettuale di fondo. Perché quello che erano tre anni fa, quello che sono ora, e quello che diventeranno fra tre anni, sono tre “persone” che non hanno la stessa continuità che può avere lo stesso periodo di sei anni in un adulto. Considerare un tradimento il fatto che, dopo tanta confidenza, scopriamo che ci nascondono qualcosa, sentire di aver perso fiducia in loro quando dopo tanti anni di completa affidabilità scopriamo che hanno imparato come aggirare le impostazioni di privacy su internet, rimpiangere il rapporto di totale connessione che avevano con noi una volta,  significa non aver bene in mente cosa sta succedendo loro nell’adolescenza. 

Ci preoccupiamo tanto di spiegare loro i cambiamenti fisici che stanno per affrontare o stanno affrontando con la pubertà, ma ci dimentichiamo di spiegare loro che anche il loro cervello sta subendo un cambiamento massiccio, e crea esattamente lo stesso disorientamento. Anche il loro cervello sta trasformandosi da quello infantile a quello adulto, ed è questa pure una trasformazione fisica, reale e concreta come quella. Parlare di tradimento sarebbe come rinfacciare ai bimbi che iniziano a camminare bene di voler rinnegare il gattonare. Se non è giusto pretendere che continuino a camminare in maniera buffa perché ci inteneriscono, allo stesso modo non è giusto pretendere che loro cervello si fermi. Perché di quello stiamo parlando, delle fasi che devono attraversare per passare dal cervello infantile a quello adulto.


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Il cervello “nuovo” di un adolescente

Insomma, se ci lamentiamo che i nostri ragazzi non sembrano capaci di capire i nostri sentimenti, o di attribuire importanza a cose importanti, tipo lo studio, è perché non sono disegnati per farlo. Deve succedere, ed è normale. È normale che sperimentino, è normale che ci contraddicano, è normale avere un conflitto con loro, è anche normale rendersi conto che hanno (sembrano avere) perso la capacità di vedere le conseguenze di certe azioni, soprattutto conseguenze morali. Non solo è normale, ma, cosa ben più importante, non è personale: non ce l’hanno con noi. E, ovviamente, non succede solo a noi.

Forse questo è qualcosa di cui potremmo parlare con loro, così come parliamo dei cambiamenti nel loro corpo. Insieme al “discorso”, sulla sessualità e la pubertà, possiamo aggiungere che il loro cervello sta subendo un processo simile. Praticamente il cervello di un adolescente in questo periodo… si autodistrugge. La neuroscienza ce lo ha mostrato, sconvolgendo gli stessi ricercatori: si autodistrugge, per poter diventare più efficiente. È un processo chiamato potatura, una vera propria eliminazione delle sinapsi che non saranno più utilizzate, e che non saranno più utili. È un cambiamento massiccio, ed è un cambiamento che crea scompensi di umore, e che crea tutte le famose caratteristiche che attribuiamo stereotipicamente agli adolescenti. Noi ci siamo passati, ricordiamo perfettamente certe sensazioni di estraniamento, ma nessuno ce l’ha spiegato all’epoca, perché nessuno l’aveva studiato ancora.

Contemporaneamente alla potatura, il cervello subisce un altro processo importante chiamato mielinizzazione. La mielina è una sostanza che va a rivestire i neuroni, rendendoli più efficienti a veicolare l’informazione. E stiamo parlando di salto di efficienza drastico: durante questo periodo i neuroni rimasti dopo la potatura diventano fino a tremila volte più efficienti di quanto non fossero prima. La cosa non accade all’improvviso ovviamente, ma il risultato, visibile in età adulta, è il cervello, come dicono gli scienziati, ‘interconnesso’: un cervello estremamente efficiente ed efficace. Il cervello adulto appunto. Non si ottiene quello, se non si è passati attraverso il periodo tosto adolescenziale.

La scoperta di questi due processi non solo ha spiegato molti comportamenti, ma ha anche consolidato intuizioni pedagogiche, come il fatto che sarebbe meglio imparare una lingua straniera, o a suonare uno strumento, o praticare uno sport o la danza, prima che la potatura cominci, e al contempo fare in modo che durante la potatura si continui a mantenere viva questa attività, per consolidarla. Quindi, ad esempio, intraprendere una lingua straniera o uno strumento musicale per la prima volta alla scuola superiore è chiaramente una strategia infruttuosa.

Genitori: aiutare i figli e noi stessi

Cosa vuol dire in soldoni per noi genitori essere consapevoli della potatura e la mielinizzazione? Come possiamo aiutarli in questo periodo?

PARLIAMO, ANCORA E ANCORA

Se abbiamo parlato e straparlato di sesso, droghe e rock&roll da piccoli, è importante ora come non mai non smettere: gli adolescenti “ragionano con l’amigdala”, quindi sono facilmente sopraffatti dalle emozioni, ma allo stesso tempo (potatura!) non sanno esprimerle. O anche (potatura!) sembrano aver dimenticato che certi comportamenti a rischio sono, appunto, a rischio. Ripetiamoci quindi, parliamo nuovamente con loro dei rischi, di droga, di sesso, e facciamo far loro rifornimento di vocabolario per parlarne a loro volta (mielinizzazione!).

ANALIZZIAMO CON LORO PROCESSI DECISIONALI

Quando immancabilmente faranno cavolate, tratteniamo la voglia di sgridare o partire con lo spiegone, ma cerchiamo di sviluppare (mielinizzazione!) le connessioni logiche, di far dire loro, a parole loro, come avrebbero potuto comportarsi diversamente. Anche, diamo loro l’opportunità di migliorare i processi decisionali in generale (mielinizzazione!), chiediamo loro consigli, facciamoli pianificare per noi, facciamo prendere loro decisioni anche per noi. Paura? Buttiamoci!

ACCETTIAMOCI E ACCETTIAMOLI

Cosa invece possiamo fare per aiutare NOI STESSI? Beh, come genitori degli anni 2000 sfruttiamo la nostra posizione di maggiore comprensione per cercare di non restare delusi o arrabbiati per le loro reazioni. Se è inumano pretendere di riuscire sempre a mantenere una irreale compostezza, o non provare tristezza, almeno però cerchiamo di restare lucidi e ricordarci perché sta succedendo tutto questo. Soprattutto, cerchiamo di non sentirci in colpa per non essere stati capaci di inculcare per tempo certi valori: i valori che abbiamo comunicato ci sono, saranno lì sempre. E se anche noi saremo lì sempre, sempre pronti rispondere alle loro domande, sempre pronti a voltare pagina e ricominciare da capo ogni volta che fanno qualcosa che ci delude, sempre pronti a mantenere la corda dall’altra parte mentre loro tirano e strattonano dalla loro parte, vedrete che, al tempo giusto, quando l’entropia si sarà assestata, questi valori saranno presenti, li avranno metabolizzati. 

CONTINUIAMO A CONFRONTARCI

E soprattutto, condividiamo, le frustrazioni e i fallimenti, i dubbi e le delusioni, apriamo le porte del nostro quotidiano e lasciamo entrare gli altri genitori nel nostro casino, e incoraggiamo gli altri a fare lo stesso. Non giudichiamo e non sentiamoci giudicati, ricordiamoci che i ragazzi che si mettono nei guai la prossima volta potrebbero benissimo essere quelli nostri.

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