Come e perché dare le dimissioni dal posto fisso. Una scelta che non è più così infrequente, che sembra sconsiderata e incosciente, soprattutto per chi ha famiglia, ma che a volte è l’unica per fare davvero un passo avanti nella propria vita.
Giorgia vive in un piccolo centro italiano: ha 40 anni, 2 figli, un buon marito e un posto fisso, part time.
Da poco ha preso una decisione importante: rassegnerà le dimissioni.
Perché, le chiediamo, con un po’ di preoccupazione apprensiva? E soprattutto, cosa farai dopo?
Ad essere sinceri, non ho ancora idea di che cosa farò. Prima però che diciate che sono una pazza incosciente, sarà il caso che vi racconti tutto da principio.
Amo molto il mio lavoro. Ma un paio di anni fa le relazioni nel luogo in cui lavoro hanno iniziato a deteriorarsi e nei nuovi equilibri che si sono creati è diventato sempre più difficile sentire di avere uno spazio mio. Contemporaneamente, sono fallite alcune negoziazioni che potessero garantirmi un’equa soddisfazione economica.
Come hai reagito?
Come primo approccio, ho cercato di adattarmi ad essere una semplice operativa, mi sono concentrata sul singolo atto, mi sono interrogata su come cambiare me stessa, ho lavorato sullo stare bene come persona.
Per lungo tempo mi sono detta che si trattava solo di “poche” ore, necessarie a guadagnare un fisso mensile utile alla vita familiare. Ho cercato di valorizzare il tempo dedicato alla famiglia, di vivere tirando una riga netta tra la me lavorativa e la vita in famiglia.
Quando hai capito che le cose non andavano?
Per molto tempo ho minimizzato le mie sensazioni, ho cercato di contenerle e di metterle in discussione confrontandomi con amici e conoscenti. Ma quando il disagio che vivevo durante la giornata lavorativa è diventato tale da oltrepassare il confine netto che avevo cercato di mettere tra la mia famiglia e il lavoro e tutte le relazioni famigliari hanno iniziato a soffrirne, ho dovuto affrontare la situazione.
A chi chiedere aiuto, per prendere la decisione giusta?
Prima di tutto, ci tengo a dire che non c’è un’unica situazione giusta. La mia, per ora, è questa, ma perché è sostenuta da calcoli, prospettive, idee.
Quello che è importante per me è stato in primo luogo comprendere che non esistono due “Giorgia” ma che quella che sono deve poter esistere anche quando lavora, o comunque avere voce in capitolo quando si affrontano gli inevitabili compromessi.
Ci ho messo quasi un anno per ritenere che il mio disagio era una motivazione sufficiente per prendere una scelta. In quest’anno mi sono confrontata con tutti: famiglia, partner, amici, sindacati, un consulente del lavoro esterno alla ditta, patronato, commercialista, persino l’Inps! Ho letto tutto: contratto, norme, consigli. Ora sono arrivata a questa decisione: so che sarà una grossa sfida, ma ho capito che non voglio perdermi l’opportunità di essere pienamente me stessa. Non “nonostante io tenga famiglia” ma proprio perché “tengo famiglia”: voglio rientrare al lavoro sapendo di aver fatto il mio pezzettino per il mondo, non sobbarcata e costretta da un peso.
Allora: buon’avventura, Giorgia, speriamo che i post di questo mese ti ispirino!
Lo spero anch’io e… dita incrociate!! 😉
In bocca al lupo! Io ho vissuto una esperienza molto simile alla tua, avevo un buon lavoro a tempo pieno e un ottimo stipendio, ma sapevo che se mai avessi voluto un figlio non avrei mai potuto coniugare le due cose, (sinceramente manco ci pensavo!!!) vivo lontano dai miei gli unici che avrebbero forse potuto aiutarmi un pochino, dico forse in quanto un po’ avanti con l’età!!!
Il mio lavoro però era cambiato e io per via dei difficili rapporti interpersonali non stavo per niente bene e ne risentiva in primis la qualità del mio lavoro! Proprio in quel momento, quando proprio proprio non me l’aspettavo ho scoperto di aspettare il mio nano! Gravidanza difficile per cui via dal lavoro e ina grandissima scelta da fare rientrare o no a lavoro?
In tanti mi hanno data della pazza, ma a conti fatti, e per fatti intendo proprio con la calcolatrice, tra asilo e tate con lo stipendio, se pur buono, proprio non ci stavo! Poi uscire alle 7 di mattina e rientrare alle 8 di sera, mettendo svariati km tra me e mio figlio, mi faceva stare male al solo pensiero! E quindi mi sono licenziata! È stata dura adattarsi alla nuova situazione economica, fa quadrare tutto mutuo bollette e spese con il solo stipendio di mio marito è stata e lo è ancora tosta, ma si fa!
Però una piccola “rivincita” (specifico rivincita nel senso che non ho preso per una volta la scelta giusta) è arrivata qualche giorno fa, mi chiama una mia ex collega, che non sentivo dal giorno in cui mi sono licenziata, che mi racconta che l’azienda è purtroppo e lo dico con enorme dispiacere fallita! Se non mi fossi licenziata non mi sarei goduta i primi 3 anni del mio amore e sarei comunque nella stessa medesima situazione, con l’unica differenza che non avrei usufruito dei vantaggi economici della mia scelta, disoccupazione liquidazione ecc…cose che purtroppo chi è rimasto in azienda probabilmente non vedrà mai!
Quindi ancora un enorme in bocca al lupo!
In bocca al lupo. Nella mia (piccola) esperienza, le situazioni più interessanti sono emerse proprio lasciando le sicurezze; finché si fanno piccoli passettini alla volta difficilmente saltano fuori grandi opportunità 😉