Era attento, era concentrato, occhi negli occhi, mi stava di sicuro ascoltando! Peccato aver poi intravisto quella piccola mano afferrare furtiva la macchinina per nasconderla dentro ai pantaloni. “Nano, volevo parlare un po’ con te, ma mi stavi ascoltando?” “Eccerto! Stavi dicendo che sei una tigre spaaaaventosa!” “Emh, no, a dire il vero no”. “Peccato! Sarebbe stato bellissimo!” aggiunge sconsolato prima di andarsene ruggendo.
Ecco, parlare con il trenne è così. I giochi chiamano, la mente insegue le tigri e i piedi friggono: non si può ascoltare più di tanto tutte quelle parole. Ci vogliono concetti che corrano semplici e veloci come la sua macchinina da corsa.
Per questo quando mi hanno presentato “Pants”, un progetto dell’NSPCC (National Society for the Prevention of Cruelty to Children ), che si propone di parlare proprio ai più piccoli di educazione sessuale e prevenzione degli abusi, ho pensato che fosse un approccio perfetto per affrontare il discorso con il biondino. D’altronde i tempi sono maturi, la presa di coscienza di sé e del suo corpo è iniziata, le domande più o meno imbarazzanti anche e io credo sia giusto e necessario fornire fin da subito risposte corrette e consigliare atteggiamenti giusti, semplici ma forti.
Mi metto così a studiare la “regola della mutandina”.
I punti focali si giocano sull’acronimo della parola PANTS, mutandina per l’appunto, in cui ogni lettera rimanda a un aspetto fondamentale:
P “Privates are private”
Vietato toccare! Le parti del corpo generalmente coperte dalla biancheria non si toccano! Le mutandine sono un limite facile da ricordare, e l’immagine (insieme ai grattini) ha permesso al treenne di casa di capire subito l’idea e identificare facilmente le parti del suo corpo di cui stavo parlando.
A “Always remember your body belongs to you”
Il corpo è mio e me lo gestisco io! Un concetto non così facile per un bimbo ancora piccolo abituato a essere aiutato per vestirsi, lavarsi e andare in bagno: capire che il corpo è solo suo e che gli altri lo devono rispettare è un bel passo che noi dobbiamo ancora compiere.
N “No means no”
No vuol dire no. E aiutare il bambino a capire che questa parola ha potere e che può servirsene per rifiutare situazioni che lo fanno sentire a disagio anche nei confronti di un adulto è fondamentale (nonché già utilizzato nelle più svariate occasioni contro di me…)
T “Talk about secrets that upset you”
Non tutti i segreti sono scherzi buffi o cocci di bicchieri caduti da nascondere, ce ne sono alcuni che rendono tristi o che vengono imposti: è importante spiegare che questi ultimi, semplicemente, non dovrebbero esistere.
S “Speak up. someone can help”
Tu parla, io ti ascolto. Senza giudicarti, senza prenderti in giro, senza nascondermi dietro a ridicoli tabù e parole complicate.
Che vi dicevo? La regola della mutandina ha il dono della sintesi, è semplice e facile da memorizzare. Almeno per i bimbi inglesi che hanno, fin dall’asilo, grande familiarità con gli acronimi e i giochi di parole, mentre il mio treenne riconosce le nostre iniziali e poco più! Va bene, nesssun problema, metto da parte l’acronimo per i tempi futuri, abbandono la ricerca di una parola altrettanto immediata che si presti per tradurre il tutto in italiano al piccoletto e per ora la considero soprattutto un pro-memoria dei punti che voglio affrontare.
E con pazienza, sfidando le mille distrazioni, cercando la bizzarra congiunzione astrale necessaria (ovvero sfruttando l’immobilità imposta dal seggiolino dell’auto), inizio a parlare con mio figlio. Nel bel mezzo delle nostre chiacchierate mi colpisce un pensiero: ho appena spiegato a Puki la regola della P quando il piccolo mi dimostra che non è così semplice. Puki prende fiato e snocciola un elenco interminabile di persone che lo aiutano quotidianamente e che sono in effetti pertanto autorizzate a toccarlo, anche nelle zone che ho appena definito come off limits. Parte dai parenti stretti, passa agli amici più cari e poi agli insegnanti e al personale dell’asilo, che hanno la nostra fiducia, ci mancherebbe, anche se poi a ben pensarci non posso certo dire di conoscerli tutti… che faccia avrà mai il maestro di psicomotricità?
Stupita mi rendo conto che è complicato riuscire a spiegare in modo proficuo a un bimbo così piccolo, anche se già abbastanza indipendente, l’importanza della sua intimità, almeno non quando la realtà con cui poi si confronta ogni giorno va in una direzione totalmente opposta.
Mi fermo e mi chiedo come agire: potrei rimandare i miei discorsi di qualche mese, ma so che è pronto, e credo che sarebbe solo una comoda scorciatoia per me. Potrei incrinare la sua sconfinata fiducia negli altri ma la paura non aiuta mai a crescere, fa solo rimpicciolire e nascondere tremanti in un angolo. Scelgo sicuramente di proteggerlo educandolo all’amore e al rispetto per se stesso. Ecco una bella sfida, che, confesso, ancora non mi è del tutto chiaro come affrontare…
Voi come lo fareste oppure come lo avete fatto?
– di Giada Quandofuoripiove –
@ Ema : secondo me non si tratta di dare alle coccole con gli adulti una connotazione negativa, ma permettere al bambino di sottrarsi a un adulto invadente anche se quest’ultimo sembra dispiaciuto. Frasi del tipo “Dai un bacio alla zia che sennò ci sta male” a mio avviso sono solo apparentemente innocue, e parlo in particolare per le femmine: non ho a disposizione studi e dati ma mi sembra sempre che se un maschietto non si mostra particolarmente entusiasta di essere un erogatore di baci, viene liquidato come “timido”, mentre se una femmina si tira indietro le pressioni su di lei perché non scontenti parenti e amici sono molto più forti. Poi quando questa bambina inizierà ad avere 11-12-13-14 anni e il professore-allenatore-maestro di turno, ma anche il gruppo di compagni di scuola, le farà pressioni perché sia “gentile”, in realtà quello che sentirà non sarà molto diverso da quello che le aveva detto la mamma quando era piccolissima.
Io sono curiosa!!
Che un suo no valga cerco di farglielo capire spiegandole quando non accetto i suoi no come risposta (ha2 anni e mezzo, per cui sono parecchi).
Avevo letto tempo fa dell’ importanza di far capire che ogni “gioco” si può interrompere, ma sono un po’ lontana nella pratica.
Spero in altri commenti più illuminanti!
Molto interessante. Dovrò cercare di impararla a memoria. Così, su due piedi, mi pare di poter confermarti che è prestino, se penso ai miei treenni. Certo, man mano che si presenta l’occasione può essere facilitante parlarne in questi termini. O forse sono io che sono in difficoltà a farlo e mi difendo dietro l’idea che loro non siano pronti… mah!?
PER ME.Come tutte le comunicazioni verbali e teoriche con i bambini funzionano relativamente (altrimenti basterebbe spiegare la teoria della lettura e dell’aritmetica per avere l’apprendimento base, invece occorrono anni)mentre viene introiettata la pratica.
Un bambino di tre anni dovrebbe restare solo unicamente con persone più che fidate. Infatti è così che accade e gli abusanti sono nella quasi totalità dei casi persone di famiglia.
La prevenzione, per me, consiste nella sperimentazione graduale dell’autonomia nella gestione della proprio intimità, anche con chi è autorizzato a occuparsi di lui, facendogli percepire che quelle parti del corpo sono solo sue.
I baci e gli abbracci costituiscono modalità per educare all’espressione dell’affettività e bloccare o dare una connotazione negativa mi sembra sbagliato. Certo un bambino non è un erogatore di baci a comando ma i genitori potranno intervenire con gli eventuali adulti invadenti, non scaricando sul bambino questa responsabilità e ingessando le sue manifestazioni affettive.
Mi permetto di allegare un link che può dare qualche spunto ai genitori su come affrontare l’argomento:è diretto ai più piccoli e ai loro genitori. Comunque credo che un buon modo di affrontare questo tipo di discorsi con i bambini più piccoli, possa essere quello di partire dall’esempio dei baci. Spesso gli adulti chiedono baci ai bambini, ecco magari dire che sono e devono sentirsi liberi di dire di no a chiunque, possa essere un buon inizio per affrontare il discorso le prime volte…
http://www.quinonsitocca.it/Default_it.asp
un po’ alla volta, direi, insistendo molto, come peraltro faceva l’ asilo, che anche tra amici ci si tocca e ci si bacia solo se anche l’ altro `e d’ accordo, e quindi proteggendolo da zie e zii invadenti e sbaciucchioni ribadendo il concetto. Accettando quando non vuole farsi toccare da noi. Boh. strada facendo, direi, ma ero molto consapevole di questo rispetto del suo corpo e spazio privato fin da subito, quindi è andata da se.