Una delle grandi svolte della mia vita, di quelle che mi ha fatto capire che un’epoca era passata e ne cominciava un’altra, è stata la constatazione che “estate” e “ferie” erano diventati sinonimi. C’è voluta tutta la capacità coercitiva di un contratto di lavoro e di due figli per far coincidere le due cose, e per far esplodere un po’ di problemi. Niente di catastrofico, però ‘sta coincidenza di significati continua a non andarmi molto giù.
Il fatto è che non è sempre così. Generalmente il nome della stagione potrebbe indicare un periodo nel qule non vai in ferie, o per scelta tua (preferisci la montagna) o per scelta altrui (sei disoccupato quindi stai sempre ‘in ferie’). Il problema è che il peso della famiglia si fa sentire particolarmente nei mesi caldi – da queste parti del globo – perché una parte della famiglia è già in ferie e tu no.
I figli finiscono prima la scuola, e c’è da riempire l’intervallo che va dalle loro “ferie” alle tue – che, come nel mio caso, per insindacabile decisione del datore di lavoro si svolgono in tre settimane d’agosto. Il primo compito durissimo, per l’estete del papà, è non farli annoiare non potendo stare con loro. Frase tipica, da giugno in poi, che scambi con la compagna: “Che gli facciamo fare?”
Qualche cosa la trovi sempre, ma l’impazienza aumenta, perché è contagiosa e prende anche te. E’ che la loro vacanza fa scontrare la pazienza e le aspettative. E’ tutto l’anno che le aspetti, le ferie, ma ci arrivi stanco, e non hai forse più la pazienza per sopportare l’amalgama impossibile tra la tua stanchezza da ricaricare e l’impazienza di figli e figlie. E questo periodo critico, per me, si svolge in giugno e luglio.
Il caldo, in più, mette alla prova la vicinanza. L’estate è in questo molto istruttiva, perché si sta con figli e compagna come non accade mai durante l’anno, e s’imparano tante cose che durante l’anno non c’è tempo di fermarsi ad apprendere. Certo è una quotidianità molto particolare, estiva, vacanziera, ma spesso è l’unica occasione di stare insieme dalla colazione alla cena ininterrottamente. Si acuiscono i contrasti, vengono fuori le incompatibilità e le prove di forza (specie tra maschi) si sprecano. Energie e pigrizie collidono, e spesso il risultato non è per niente rilassante e vacanziero. Peccato, sono giorni fuori dall’ordinario e non andrebbero sprecati a imporsi l’un l’altro – per quello c’è tutto il resto dell’anno, con le sue costrizioni.
E’ per questo che, da quando sono papà, la mia estate è analogica. La virtualità è intensa e interessante, ma nell’ordinario la vivo nei tempi nei quali non sto in famiglia. In vacanza, come detto, la famiglia c’è sempre, quindi la virtualità no. Per tre settimane niente PC né web, né televisione: c’è solo la radio e – addirittura – il giornale. E i libri ovviamente, ma quelli ci sono pure durante il resto dell’anno. In questo modo per me l’estate è sincronia: non c’è bisogno di organizzarsi, siamo già tutti lì e tutti insieme. Non è difficile né cambiare idea né non avere alcuna idea. Tutta quella tecnologia, anche se piacevole, constringe ad avere a che fare col tempo, mentre invece in vacanza voglio prendermi la libertà di non sapere che ore sono.
Non basta mica non avere l’orologio, sapete? Io non lo porto più ormai da anni, tanto non serve. Nel senso che ovunque voi guardiate c’è sempre qualcosa che vi dice che ore sono, sia al chiuso della casa o dell’ufficio che in giro, per la strada, sui mezzi pubblici, in auto. Qualunque tipo di display riporta, da qualche parte, l’ora esatta. Per me la vacanza è: non sapere che ore sono, e quasi non poterlo sapere neanche volendo.
Non ho scelto io questa società che mi permette di stare con la mia famiglia un mese (scarso) all’anno, ma più di tanto non posso fare. Intanto, quel mese lo difendo. Sento di gente che “si organizza” le giornate riempiendole di attività da fare. Ma quello non è il lavoro?
Per me la vacanza è stare senza fare assolutamente niente di utile, né alle finanze né alla salute. Non m’importa di quello che mangio, non m’importa di quello che faccio, né quasi m’importa di dove sto – purché sia al mare, grazie. Voglio solo obbedire inerte a figli e moglie, alla famiglia, dato che per tutto l’anno ho dovuto dire troppo spesso no sempre e soprattutto a cose da fare con loro. Io in vacanza dico sempre di sì. L’unico progetto è stare insieme, il resto verrà.
So’ strano? Sicuramente, ma a me piace così.
Suona bene, ma io l’estate la vorrei soprattutto di compagnia e frequentazioni. Io e mia figlia a tu per tu per 24 ore ce l’ho già tutti i fine settimana. Non vorrei necessariamente programmi, ma amici intorno (possibilmente con bambini) sì.
Agosto è anche il periodo in cui viaggiamo, ma lo “staccare” dalla quotidianità per me è anche l’interrompere dal lavoro e stare con la mia famiglia.
è vero ma trovo più soddisfazione (e davvero stacco totale dalla quotidianità) in un viaggio. altrimenti non c’è altro periodo dell’anno per poterlo fare. voi quando viaggiate con la famiglia?
Io non vedo l’ora arrivi agosto per poter vivere senza fretta, senza orari, senza programmi.
Vivere la famiglia, mio figlio, mio marito, tutti e tre insieme.
:-)))
“Io in vacanza dico sempre di sì. L’unico progetto è stare insieme, il resto verrà.” Che bella frase e soprattutto che bel progetto!
Anch’io non porto mai l’orologio, trascorro una vacanza analogica e soprattutto almeno in questo periodo non programmo praticamente nulla. Ieri, per dire, io e mio figlio abbiamo pranzato alle 14:00. A tanti fa venire l’esaurimento, a me ricarica le pile alla grande. E poi, tanto, mio figlio non ha mai fame. Tutto sommato un figlio così torna utile in certi frangenti…
Ciao!dopo tante estati passate a lavorare peggio che in inverno quest’anno ci siamo detti “vacanza è…” anzitutto dormire un pò di più(ora che i tre pargoli lo permettono)e fare ciò che ci piace!
e’ perche’ anche la grande illusione che ci ha inculcato l’immaginario collettivo e’ che l’estate sia per riposarsi. Macche’ riposarsi! E’ per stare insieme, vero, cosa bella buona e giusta, e’ per vedere parenti, e’ per fare un po’ di viaggi, e’ per leggere magari qualcosa in piu’, ma di certo NON per riposarsi. Io dopo il turbinio viaggi, parenti, nonni, mare (bleah!) non appena rimetto piede in ufficio a settembre, vado nel cucinino dipartimentale, mi prendo la mia tazzona di caffe, vado in stanza, accendo il computer e tiro fuori il sospirone rimasto in gola da 6 settimane…. aaaaaahhhhhhhhh! 😛
È un po’ quello che tentiamo di fare noi, spanciarci al mare senza obblighi e prendersi un paio di giorni per fare i pomodori. Prima mi potevo permettere le due settimane extra con i figli in Abruzzo, mi ero fatta la connessione telefonica proprio per avere Internet e continuare a lavorare, negli ultimi due anni non era possibile e mi mancano veramente quei 10 giorni di cavoli miei a vedere amici e parenti, cazzeggiare col mondo che incrocio solo in Italia eccetera. Quest’ anno forse ci riesco e per me è necessario pure quello.