E ora dove andiamo?

Ieri sera sono stata al cinema: una serata molto femminile per un film altrettanto femminile, “E ora dove andiamo?” della regista libanese Nadine Labaki.
Le recensioni che leggo in giro classificano il film come “commedia drammatica”, definizione che, francamente, mi sembra bizzarra. E’ invece, secondo me, una commedia inaspettata: dove, a dispetto dei temi, si ride parecchio e di gusto.
Quello che realmente mi ha colpito è proprio il tema.
Si tratta indubbiamente di un film contro gli integralismi religiosi, un film sulla convivenza possibile, sulla fragilità delle differenze culturali, sulla coesistenza umana.
Ma poi, più a fondo, questo è un film sul tema della cura.
Le donne si prendono cura. Dei figli, dei villaggi, degli uomini, dei sentimenti, della pace, della politica, del mondo intero.
L’equilibrio del mondo è nelle mani delle donne: a dispetto di uomini-bambini, sempre adolescenti, in preda a pulsioni semplici, pronti a farsi anche ammazzare per niente; a dispetto delle lacrime non piante, perchè anche piangere un figlio morto è un lusso; a dispetto di una cassa di fucili sepolta chissà dove, che pende come una spada di Damocle sulla vita di tutti.

In un medioriente qualsiasi, un piccolo villaggio è rimasto isolato per il crollo quasi totale di un ponte. Fuori dal villaggio c’è solo polvere e mine. Dentro ci sono due comunità, una cristiana e l’altra musulmana che convivono in pace, mentre il resto del mondo intorno si spara.
Questa pace, difficile e sempre un po’ precaria, è state tessuta dalle donne: unite in una comunità femminile solidale, tesa a salvare figli, mariti e padri, a interrompere la catena di morti.
Ma è una pace fragilissima, sempre in pericolo.
Loro, le donne, sapranno inventare sempre espedienti, anche grotteschi, per ricucire quella tela sottile che è sempre lì per lacerarsi. Con l’aiuto e la comprensione di altre donne, figlie di altri drammi, sapranno danzare leggere come equilibriste sul filo sottile che tiene il mondo unito e vivo.

E allora le riflessioni si spingono ancora più avanti. Se la cura è affidata solo alle donne, l’equilibrio è fragile. E basta un alito di vento che porta notizie da fuori, per disfare la pacifica convivenza. Questo è, a mio avviso, il vero tema centrale: se le donne sono sole a mantenere gli equilibri, seppure siano abili, fantasiose, coraggiose e appassionate, con un nonnulla tutto svanisce e il sangue torna a scorrere.
Se gli uomini non sanno stare al loro fianco, prendendosi anche loro cura della pace familiare e politica, non c’è futuro possibile.
Le donne sono sole a prendersi cura del loro mondo. E invece non vogliono più esserlo.

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8 thoughts on “E ora dove andiamo?”

  1. anche io l’ho visto e mi è piaciuto moltissimo, ne ho parlato qui

    http://momsinthecity.wordpress.com/2012/02/01/ho-visto-e-adesso-dove-andiamo/

    Da sempre le donne hanno la capacità di accudire, amare, tollerare, accogliere e negli ultimo decenni hanno fatto grandi passi avanti, sono cambiate profondamente, sono cresciute. Gli uomini non hanno seguito il cambiamento, non hanno saputo fare altrettanto, sono rimasti spiazzati e ancorati al vecchio. Cresceranno si spera

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  2. L’ho visto qualche sera fa. Devo dire che dopo questa presentazione mi aspettavo tanto, e non sono assolutamente rimasta delusa. Bellissimo, davvero. Gli uomini non facevano una figura tanto barbina al cinema dai tempi di “Speriamo che sia femmina”… ma in questo film forse è anche peggio.

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  3. mamusiti, coraggio, cambiera’, DEVE cambiare per forza di cose, e’ soltanto che in italia ci si sta arrivando partendo un po’ piu’ da lontano, c’e’ un leggero ritardo, ma per forza, per forza, si dovra’ recuperare presto

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  4. Ciao Barbara,sono assolutamente d’accordo un processo così radicale dev’esser intrapreso anche al maschile,come dice giustamente Silvia in modo da affiancare nel percorso le donne…e forse sta a noi,con le peculiarità che ci son proprie non solo veicolare ma anche cercare di favorire questo cambiamento partendo dal nostro microcosmo…
    Personalmente,vorrei rassicurarti,ho avuto più riscontri positivi che negativi finora rapportandomi all’esterno di quella ristretta cerchia di persone che praticano il culto che ho abbandonato…infatti,quando parlavo di spiraglio di luce,mi riferivo alla mia personale esperienza ma ci ho messo un attimo a ripiombare nel gelo dell’incomprensione dato dalla paura del diverso…che a dirla tutta,la mamma che additava una certa cultura come mancante di educazione non era a sua volta italiana…lo confesso,ero spiazzata…pensavo si fosse un filo più avanti…Ecco forse il mio scoglio personale lo visualizzo dove dici che non tutte le donne vogliono…gli altri due punti sono superabili ma senza questo…come si fa a non volere ? …su questo punto proprio mi scontro da anni…come diamine si fa a non volere !?!…ok,scusate,ho messo uno scambio e costruito le rotaie tanto sono fuori tema…

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  5. Bellissimo post, Silvia. Voglio vederlo!!
    @mamusiti: ovviamente mi dispiace molto per la tua esperienza, e per quella dell’altra mamma. Anche io provengo da una famiglia culturalmente variegata e ti capisco in pieno. Comunque credo che questo sia un altro motivo per non poter “delegare” solo alle donne il ruolo di cura delle relazioni interpersonali (in senso lato, e non solo di quelle): non tutte le donne sono in grado, non tutte le donne capiscono e non tutte le donne vogliono.

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  6. …e invece purtroppo,a dispetto della bellissima immagine delle donne che cercano di prendersi cura della pace fuori e dentro di loro mi tocca riportare una testimonianza che mi ha turbata non poco.
    Lavoro a tempo pieno per cui lo scambio con le mamme è spesso affrettato e superficiale ma recentemente,in una delle sporadiche volte in cui son di giro al ritiro dello “schiappottino” dall’asilo e relativa destinazione parchetto,mi è stato manifestato un malessere più che giustificato,sacrosanto.
    Sono tre giorni che ci penso,da quando mi è stato comunicato,mi chiedo come posso aiutare questo “piccolo processo di pace”.
    Debbo fare,a questo punto,l’ennesima premessa: io sono il frutto della mescolanza di diverse culture e nonstante mi sia da tempo dissociata dalla stessa,provengo da una religione…diciamo così…”bistrattata”; di conseguenza,o forse no, le mie preferenze in fatto di mamme sono molto variegate e di conseguenza,questa volta per certo,alcuni episodi mi allarmano e mi rattristano non poco.
    Ora,la mamma che mi ha messo a parte della situazione mi ha confidato che le altre mamme della sua stessa origine religiosa sono esasperate dal comportamento estremamente razzista di una donna che io conosco.
    Mi allontano un momento per supportare il “cucciolo d’aragonia” nella sua personale lotta contro l’improvvisa dissenteria e quando torno lo scenario non è dei più sereni : una mamma arrivata in quel momento lamenta l’inciviltà nel preservare la cosa comune proprio da parte di “quelle” mamme…lo capisco anche perché,invece di reagire,la mamma che mi ha raccontato gli abituali e ripetuti casi di scherno è in palese atteggiamento di chiusura o meglio nervoso controllato,tace e cupa guarda il nulla. Per “completezza d’informazione” ( onestamente al quel punto iniziavo ad esser leggermente esasperata pur’io ) mi affretto a precisare che è pratica comune anche tra i nostri stessi connazionali ivi residenti da generazioni,assensi diffusi…equilibrio momentaneamente ristabilito ma temo di farmi la fatidica domanda…per quanto ? …è un percorso ancora molto lungo…la mia fretta è dovuta dal fatto che ho visto uno spiraglio costruttivo da cui proveniva una luce accecante e non vedo l’ora che questa consapevolezza ci pervada…vorrei esserci ancora per vivere questo cambiamento epocale…è una delle mie massime aspirazioni…

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