Un parto non si dimentica

Serena: “Però questo mese un post sul racconto di un parto ci vuole. Scrivilo tu”
Silvia: “IO??? Ma sono passati più di 7 anni, non mi ricordo quasi nulla e poi è stato un parto banalissimo!”
Serena: “Io un parto l’ho già raccontato qui, quindi ora tocca a te. E poi è questo il punto: dimostra che il parto non si dimentica, anche se non è successo niente di particolare. Ogni parto è uguale a tanti, ma assolutamente unico. E poi, come tutte, lo avrai raccontato alle amiche con figli, a tutte quelle che dopo hanno avuto figli, a sconosciute neomamme ai giardinetti, a tutti i parenti, insomma, potrai raccontarlo un’altra volta, no?”.
Silvia: “Tu dici?… Allora provo…”

Il mio è stato un buon parto.
Ora, ripensandoci a più di sette anni di distanza, mi ricordo tanti particolari e ben poco della visione d’insieme. Sarà che la partecipazione emotiva è tanta, anche quando ti senti ben razionale e piuttosto tranquilla, come mi sentivo io e così quello che resta sono solo le immagini più dense e palpabili.
Mi ricordo frasi, immagini sparse, momenti, più che una vicenda nel suo insieme.
Eravamo alla 41a settimana e tre quarti… insomma, un giorno dopo e lo avremmo dovuto sfrattare con un’ingiunzione. Quello che mi sono domandata spesso è: ma perchè uno che per 9 mesi non ha dato un calcio decente, si è fatto vivo a malapena con qualche sfarfallio, praticamente non si è mosso e si è chiuso a riccio ad ogni ecografia, è rimasto lì dentro finchè non siamo andati a tirarlo fuori con le buone o con le cattive…. poi, una volta uscito, non si è più fermato per i successivi 7 anni?
Finora una risposta non l’ho trovata e, col tempo, sto decisamente dimenticano anche la domanda. Ma tant’è, quasi alla fine della 42a settimana era decisamente ora di uscire.

Tarda mattinata, monitoraggio… Basta: c’è un posto in reparto (wow! Agognato posto nel reparto strafigo!) e comunque dovremmo convincerlo a uscire. “Signora si faccia portare la valigia, andiamo a partorire”.
Primo metodo per convincere un neonato a uscire allo scoperto: rompergli le acque. Come si fa? Con i ferri da calza!!! Sì, esatto, è così: arriva un’ostetrica, apre una bustina sterile e tira fuori, come fosse un grande grissino nel pacchettino monoporzione, una specie di ferro da calza in legno e lo usa proprio per bucare e far uscire le acque…
Quando al corso pre parto vi dicono che, in caso di rottura delle acque, potete anche non correre in ospedale, perchè comunque c’è tutto il tempo di andarci con calma, sappiate che è assolutamente vero! Anche così, nessun cenno di movimento verso l’uscita: per lui era solo bassa marea… Intanto si è fatta sera tardi…

E così non resta che l’ossitocina. Brutta parola… L’ossitocina provoca le contrazioni. Ecco, no, non proprio. L’ossitocina provoca un’unica contrazione ininterrotta, senza pause per riprendere fiato. Una contrazione artificiale, che quindi non ha il ritmo di quelle naturali: non è gradata e non è cadenzata. Quindi insomma, fa un male cane. Ecco, quel momento me lo ricordo proprio con poca simpatia.
Sento fuori dalla porta: “Dottore’, je chiedo se vòle l’epidurale qui alla signora?” (gli ostetrici sono molto professionali, ma questo era proprio di Roma!). Sì, sì, sì, epidurale por favor!
“No” Oddio come no… “No, che glielo chiedi a fare, certo che la vuole, sta scritto qui che è d’accordo e con quella botta di ossitocina che le abbiamo dato l’epidurale la vuole di sicuro, te lo dico io!”. Santa donna, ginecologa e sicuramente madre, anche il fiato mi hai fatto risparmiare: hai ragione, certo che la voglio! Dai, chiamate l’anestesista.
L’anestesista si materializza nella sua deliziosa felpina di pile blu da turno di notte in pieno inverno: rapida e sicura, con una manina delicata, infila l’aghetto come nulla fosse e voilà… Dopo un po’ tutto diventa magicamente sopportabile! Il dolore resta, le contrazioni restano, le sensazioni restano. Ma tutto si abbassa di un tono, tutto perde il tono disperante: c’è, ma si sopporta. E allora, a quel punto, è proprio il caso di mettercela tutta! Ragazzi, facciamo presto, che qui c’è qualcuno che deve nascere: mettiamoci lucidamente a spingere con convinzione!

Il bello di questo ospedale è che non ha né sala travaglio, né sala parto, ma stanzette personali destinate ad accogliere le partorienti e i papà, dal travaglio alle due ore successive al parto. Insomma, fin dal corso pre parto, mi si decantavano i benefici della privacy e dell’intimità…
Il mio però, si dimostra da subito un parto affollatissimo. L’ospedale è anche sede della facoltà di ostetricia e quindi a me tocca, fin dal momento della rottura delle acque: un’ostetrica titolare, una tirocinante del terzo anno e una tirocinante del secondo anno (e siamo alle prime 3 persone). Ognuna dà ordini all’altra in scala gerarchica: l’ostetrica impartisce istruzioni alla tirocinante, la quale, per sentirsi importante, devolve una parte dei suoi compiti alla tirocinante più giovane… Ok, fate pure, del resto sono un parto semplice, se non imparate su di me… da qualcosa dovrete pur cominciare… Nel momento clou si fa viva la ginecologa (quella di cui avevo solo sentito la voce angelica che dava l’ok all’epidurale), ma dato che giù in pronto soccorso pare che non ci sia gran movimento, un’altra ginecologa di turno chiama al telefono e chiede di poter salire, se c’è un parto in corso, perché ha con sé una specializzanda alle prime armi che vorrebbe tanto assistere. Così salgono su entrambe. Ora ci sono 6 persone…
Insomma, ci sono sei giovani donne che fanno conversazione, commentando amabilmente il mio parto. Ragazze, volete un tè, pasticcini o meglio dei pop corn?
Fortunatamente, questo mi vale una discreta serie di complimenti: ma che brava, come spinge bene! (Grazie ragazze, non vedo l’ora che vi togliate dai piedi, per quello cerco di spicciarmi!) Ma del resto, largo ai giovani, fate pure, visto che tutto va bene, ho deciso di darvi fiducia (e sono sempre di buonumore per l’epidurale – ma cosa ci mettete dentro oltre all’analgesico??)!
Ad un certo punto, dopo solo tre ore scarse di travaglio, francamente molto gestibile, sgattaiola fuori questa personcina: piuttosto carino e per niente sgualcito, neanche troppo rosso… Insomma, sembra che lui non abbia fatto nessuna fatica. Eccolo lì, sporco come poi scoprirò riuscirà a sporcarsi anche in futuro, sdraiato finalmente su di me, bello come il sole, con gli occhi aperti puntati dritti nei miei occhi e le rughe sulla fronte in un’espressione che gli è rimasta ancora oggi: ecco, questa è un’immagine folgorante, un esserino che ti guarda e sembra dire “oibò, cos’è successo?”. Niente piccolo mio, sei nato… ora comincia il bello.
A quel punto il papà (molto più provato di me, ammettiamolo) lo accompagna alla sua prima visita medica (che è un po’ la prima gara, infatti danno il punteggio APGAR, quindi è cosa da papà!) e al bagnetto, come da protocollo dell’ospedale: facciamolo sentire partecipe, mentre io mi risistemo le budella!
Per la giovane medico specializzanda pare io sia la sua prima placenta dal vivo (che emozione!) e così la mia ginecologa titolare, ad un certo punto le fa: “Come te la cavi con i punti?”. Questa domanda non mi piace… secondo voi glielo sta chiedendo così, a titolo di curiosità? NO, continua così: “Dai, fammi vedere” e le cede il posto!!!!! Ve l’ho detto, sono un parto tranquillo e comunque devo ammettere che in quel momento ho fiducia in tutto il mondo. Infatti mi chiedono se per me è un problema e mi scopro a rispondere: “Ma no, faccia, faccia pure…” La mia parte razionale sta protestando: “No dico, ma sei pazza???”. Però c’è da dire che mi è stata praticata un’episiotomia che si ricuce con DUE soli punti! Ma da dove dovevano farla cominciare questa poverina, se non da me??? Fortunatamente sento dire: “Ah però, hai un’ottima mano…” Ecco, grazie di averlo detto dottoressa!”
In effetti devo ammettere che non ho alcun ricordo di fastidio di punti nei giorni successivi: un talento quella ragazza!

Ora, tornati i due uomini di casa, ci toccano due ore di assoluta intimità e solitudine nella nostra stanzetta. Stavolta spariscono tutti: siamo nel cuore di Roma, ormai è l’alba e la finestra dà sul Tevere e sui ponti. Non mi viene in mente un posto più bello dove nascere. Io mi riposo un po’ sul letto, Andrea dorme beato nella culletta e il papà lo guarda incantato. (Goditelo: non dormirà così dal 5° giorno al terzo anno di vita! Ma per ora non possiamo saperlo e tutto è perfetto).
Già trascorse le due ore? Dobbiamo tornare nella stanza? Bene, andiamo piccoletto. Mi alzo, guardo stupita un tizio che mi viene incontro con una sedia a rotelle: e per chi è questa? No, grazie, io ho solo partorito, sto benissimo. Spingo la culletta in camera e ce ne andiamo insieme là fuori a fronteggiare l’assalto dei nonni…

Ecco, alla fine è stato un racconto lunghissimo. Qualcuno è arrivato alla fine? Allora adesso continuate voi.
Qui di seguito, nei commenti raccontateci il vostro parto: mettiamo insieme una raccolta di immagini e racconti di parti. Naturali, cesarei d’urgenza, cesarei programmati, epidurali, mancate epidurali, esperienze positive e negative. Una carrellata di veri parti per ricordarci il momento iniziale, quello in cui si dà il via.

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Tema del mese: il parto

L’epidurale e il valore del dolore

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50 thoughts on “Un parto non si dimentica”

  1. Grazie Francesca,
    conoscendomi avrei battuto la testa contro il muro pur di far valere la mia volontà. Se non avessi avuto la possibilità di partorire in una casa di maternità anch’io avrei fatto come la tua amica.
    Per tutti.
    La posizione litotomica (sdraiata) è una comodità per il personale ospadeliero, non è incoraggiata per una questione di sicurezza.
    Ma è possibile rifiutarsi? E’ legale obbligare una donna a questo?
    (Soprattutto quando tale posizione aumenta il dolore in modo considerevole).

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  2. @MIRIAM: da quel che mi hanno detto al corso pre parto, la posizione da assumere nella fase espulsiva dipende esclusivamente dall’equipe medica e quindi dall’opspedale in cui si sceglie di partorire, questo perchè in italia il parto è stato medicalizzato del tutto. cmq so per certo che ci sono strutture (ma per lo più private o cmq ospedali per così dire “d’avanguardia”) in cui si può partorire ad es. in piedi stando accovacciate (l’ha fatto una mia amica ma si è dovuta spostare in provincia di milano)

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  3. Vorrei soddisfare una mia piccola curiosità.
    Quando feci il giro di alcuni ospedali, a Milano, tutti o quasi negavano o nicchiavano sulla possibilità di scegliere liberamente la posizione del parto, durante la fase espulsiva. Questo 6 anni e mezzo fa.
    E’ ancora cosi? Una partoriente si può rifiutare di assumere la classica posizione sdraiata o semi sdraiata?
    Trovo che sia un’ingiustizia costringere le persone ad una certa passività. Ricordo di aver chiesto espressamente di non volere l’epidurale e l’episiotomia, le risposte sono state le più varie, qualcuna sgarbata, frettolosa e altre insistenti affinchè firmassi per l’eventuale epidurale.
    Qualcuna di voi ha potuto scegliere?
    Grazie.

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  4. La mia pancia a 34+6 era enorme, due gemelli, detti mimì e cocò. La mattina del 31 dicembre 2007 mi sono svegliata presto per fare qualche telefonata, dovevo organizzare la cena della vigilia, che non avevo ancora pianificato cosa fare… e mentre sono in bagno… molto poco romantico… sento che perdo dei liquidi da dove non dovrei, guardo meglio nel water per verificarne il colore… trasparente trasparente. Però mi appanico, io ho scelto da subito il cesareo; non credo nel valore formativo del dolore, non voglio soffrire come una bestia, vivo nel 2000 e cacchio me la godo. Chiamo mia madre… “Mamma perdo liquido trasparente sono le acque?” “… e io che ne so?! vai in ospedale!!!” Capisco che lei come mia sorella e mia suocera sono più appanicate di me, mio marito… lo sente dalle mie telefonate e si immusonisce che non è stato il primo a sapere. (Passata la fase muso…) chiamo il mio anzi i miei ginecologi… che mi mandano in clinica, e noi con calma, io ormai serafica, facciamo la valigia, saliamo in macchina e arriviamo alle 13 circa. Mi monitorano e scherziamo tutti insieme… ci siamo io e Babbo, mia madre, un’amica di mia madre, nonna putativa, che ha preso il primo treno appena saputo, mio cognato e mia cognata anche lei in attesa, mio suocera via cellulare… dice le parolacce perchè ha messo la benzina al posto del diesel data l’emozione ed è impantanato col motore da un meccanico nel nulla dell’appennino marchigiano e mia suocera col di lei marito che piange perchè non è con me e infine mia sorella che piange perchè non ci sarà… e io che devo consolare tutte loro, intrattenere chi passa e va… però a me per come sono fatta non mi pesa, anzi, questi due nella mia pancia sentono tante voci, vivono mille emozioni da quando si sono impiantati. Odio il silenzio e la calma… sono fatta così. E loro nascono così alle 1652 e 1653 di un lunedì pomeriggio, mentre la musica classica va in sottofondo, il ginecologo bello ammette di essere venuto dalla montagna senza averlo detto alla moglie, che è gelosa, l’altro lo prende in giro, io lo sfotto e Babbo chiede informazioni sui tagli chirurgici e le procedure mediche. Ho fatto la spinale. Poi si sente un pianto, Lui Tommaso lo hanno tirato fuori che era quasi senza liquido, e me lo danno che ha la mano in testa ed eè corrucciatissimo, lei Flavia, aprono la sacca e la svegliano… urla belluine e disumane… poi piange arrabbiatissima. La mia piccolina, me la danno e si calma. POi col babbo vanno a fare l’apgar. Stanno bene e respirano da soli… nonostante siano prematuri e piccoli di peso, noi abbiamo avuto un parto tranquillisso, perchè come mi disse il bravo ginecologo due giorni dopo “tanta allegria, te lo devo proprio dire, non l’avevo mai vista. Complimenti”.

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  5. Grazie ragazze, è stata breve ma davvero spaventosa. La cosa più brutta è stata che ero sola, nessuno dei “miei” sapeva dov’ero e TopaGigia era in mano a chissà chi. Quando mi hanno riportata in stanza verso mezzogiorno le compagne di stanza mi fanno “allora come va col gel? hai contrazioni?” Poi vedono che non ho più la pancia e tutti i tubi attaccati e devo dire che è scattata una solidarietà meravigliosa.
    Insomma alla fine è andato tutto bene ma il cesareo è davvero pesante. Fisicamente intendo, come intervento. Ne avrei fatto volentieri a meno…

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  6. Il mio parto? Gravidanza meravigliosa, non una nausea, non un disturbo. Una minaccia d’aborto al classico passaggio dal secondo al terzo mese, ovviamente in concomitanza con un concorso, risolta con tre settimane a casa. Da lì passeggiate nei boschi col cane di due ore e mezza ogni giorno, forma smagliante (che per me che soffro di problemi metabolici è stata davvero una cosa indescrivibile), preso in tutto 7kg (e dopo il parto stavo sotto di 11!!). Bimba con crescita perfetta, eccetera. 40 settimane, niente. 41 settimane, niente. Ma niente di niente, eh. Durante i monitoraggi mi emozionavo per le contrazioni delle altre…. A 41+2 il ginecologo mi dice che il giorno dopo mi ricoveravano d’ufficio, prassi dell’ospedale, la placenta è “matura” (cioè non invecchiata ma ci manca poco). Il giorno dopo, 41+3, prima delle 8 di mattina, vado in ospedale per fare l’induzione. Ospedale strapieno, aspettiamo qualche dimissione per darti un letto. Alle 10 mi mettono su una barella fuori da una stanza, mi raccomandano di non scendere dalla barella che al pronto soccorso c’è la fila… Alle 11.30 mi danno il letto, ma è troppo tardi per fare l’induzione, ti teniamo in osservazione e casomai domattina induciamo (ma come, non c’era la fila?). Quel giorno mi faccio 4 monitoraggi (chevvelodicoaffà, strapiatti), 3 visite (“cerchiamo di stimolare un pò di dilatazione qua, signora le dà fastidio fare da cavia per questa specializzanda alla sua prima visita?” “no no, faccia pure”, “signò, tanto è inutile, mezzo centimetro forse sono riuscita a darle”) e niente. Notte nervosa, la mattina presto mi dicono di andare in medicheria entro le 8 che mi fanno il gel. A quel punto siamo a 41+4. Io da brava vado in medicheria alle 8 meno 5, e per fortuna mi porto la borsa. Il medico di guardia implora pietà, è sabato, c’è più gente di ieri, signora per favore vada a fare il gel in blocco parto. Ok. Mi avvio fra travaglianti urlanti in corridoio e visite fuori orario, arrivo in blocco parto dove almeno mi stanno aspettando e hanno già la mia cartella. Mi danno una sala travaglio, bellissima, mi fanno stendere e arriva un dottorino timido a farmi il gel aiutato da un’ostetrica e un’infermiera. Fatto il gel e verificato che ho ancora il mio mezzo cm di dilatazione, mi attaccano il monitoraggio, mi chiedono se ho firmato per l’epidurale e mi dicono “in genere dopo 6 ore bisogna fare un’altra applicazione, si metta comoda che comunque per un paio d’ore sicuramente non succede nulla. Col monitoraggio attaccato per un pò deve stare qui sul letto, non può andare in giro”. Prendo il telefono, scrivo un sms al Prof con queste ultime parole famose, inoltro lo stesso sms a mia madre, spengo il telefono e parte una contrazione. Ho appena il tempo di realizzare che sto provando simultaneamente tre sensazioni: a) anvedi che culo, stai a vedere che si fa in fretta, b) ah, ecco com’è fatta una contrazione e c) ma non erano due ore di calma??? qui c’è qualcosa che non va, che la contrazione scende e il monitor suona. Respiro per calmarmi, il monitor smette di suonare. Passano una trentina di secondi e arriva la seconda contrazione, sempre fastidiosa ma non dolorosa. Il monitor risuona e io comincio a pensare che sia normale. Passano altri 20-30 secondi e arriva la terza, che mi costringe a rannicchiare le gambe verso la pancia. Il monitor riparte, ma stavolta suona tipo ambulanza e si illumina tutto, e io mi spavento per poi cadere in terrore puro quando vedo arrivare l’ostetrica con una faccia che non dimenticherò mai. Spenge il monitor e comincia a urlare “perchè questa che ha fatto il gel non ha un accesso in vena??? Spasmex!!” E mi infila un ago nel polso con qualcosa che blocca le contrazioni. “Chi c’è di turno? Non mi frega un cazzo che c’è il cambio turno, rimandali dentro SUBITO! E digli di muoversi che arriviamo!”. Poi respira, mi guarda sorridendo e mi fa “cara, ce la fai a camminare?”. Io sconsolata le rispondo “si… mi fate un cesareo, vero? devo andare in sala operatoria?” e lei “si, possibilmente in fretta”, mi acchiappa per la coda dei capelli, mi mette in piedi e mi accompagna strattonandomi attraverso il blocco parto, con l’infermiera che mi corre dietro raccogliendo le cose che mi cadono dalla borsa. Arrivo davanti alla sala operatoria e vedo la porta spalancata, gente che si allaccia camici e mascherine, mi rendo conto di aver perso anche una ciabatta. L’ostetrica mi spinge dentro ma lei resta fuori, passo dalle mani di due persone a quelle di forse 10 persone nuove, di cui non vedo le facce e che cominciano subito a lavorare su di me. Mi fanno la spinale mentre mi infilano l’apparecchio per la pressione, ho due mani diverse su ogni arto che mi spostano e mi sistemano, mi disinfettano, mi spogliano. E mi rendo conto che sto tremando, batto i denti e non vedo l’ora che sia finita. Sento il taglio ma chissenefrega, voglio mia figlia e la voglio SUBITO. Poco dopo sento piangere e tiro un sospiro di sollievo. Ogni 15-20 secondi qualcuno mi chiede come va, cercano di parlarmi, di tranquillizzarmi perchè continuo a tremare come una foglia, ma io in realtà sono anche troppo lucida. Tutti mi chiamano “cara”, qualcuno mi chiede se la bimba ha già un nome. “S-s-s-si ma-ma-ma dov-v-v-v’è? Posso v-v-vederla?” no, non ora, è a fare le valutazioni perchè ha sofferto tanto, sai? Quindi non è finita… Dopo qualche minuto quella del nido che è stata la prima persona a prendere in braccio TopaGigia e che invidierò per sempre per questo torna per dirmi che la bimba sta bene e non è in TIN, ma al nido con gli altri bambini e ha un’ottima valutazione e io piango. Vi risparmio il carico emotivo di quel momento. L’operazione dura ancora un bel pò, qualcuno mi fa “cara, per il calcolo dell’ascendente, l’ora della nascita è alle 8.48”. Io faccio una faccia sconvolta e lei mi dice “si, dalla chiamata dell’ostetrica alla nascita ci abbiamo messo 7 minuti”.
    Oddio. Non so se complimentarmi o terrorizzarmi di nuovo.
    Comunque, dopo qualche minuto si rendono conto che ancora non l’ho vista e me la portano, ma me la fanno solo vedere, non tenere, forse perchè tremo ancora. Ha gli occhi spalancati, e mi guarda, e mi vede, sono neri neri ed è tutta pelata, ma quegli occhi… E’ imbestialita, ha la boccuccia all’ingiù la fronte tutta corrucciata ma non piange, si vede che ha carattere. Io le dico “Amore mio, stai bene? Sei bellissima…” e la fronte le si rilassa, e mi commuovo di nuovo. Ma se la riportano via e la vedrò solo per la poppata delle 16.30. Poco dopo qualcuno mi chiede “ma tuo marito è qui fuori che aspetta?” e io “no, mio marito è al parco col cane”. Tutti ridono, mi chiedono se voglio chiamarlo io o se voglio dar loro il suo numero così lo chiamano. Io balbetto ancora e chiedo di chiamarlo (se riesco a convincerlo a scrivere qui avrete la sua versione che deve essere abbastanza esilarante). In sala risveglio mentre cerco di smettere di tremare arriva l’anestesista a farmi firmare il consenso, io cerco di apparire divertita e rilassata e dopo che ho firmato lui mi fa “adesso posso dirtelo, cara, è stata un’emergenza vera”. “L’avevo capito, dottore”. “no, non hai capito. Ci siamo fatti i complimenti a vicenda perchè è finito tutto bene”.
    E sul tutto bene del dottore mi scuso per la lungaggine, mi sa che avevo ancora bisogno di esorcizzare la paura.

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  7. Parto in acqua, con la prima non ho potuto perché donavo il cordone (ma appena nata ci hanno riempito la vasca e abbiamo fatto il bagno insieme! Meraviglioso! Almeno per me, lei si è messa a urlare come una pazza…). Con la seconda.. non ho avuto il tempo, è nata subito, e poi via per l’antibiotico…

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  8. Per Serena. Parto in acqua.
    Ero convinta di fare il parto in vasca, invece quando sono giunta alla Casa del p. la mia dilatazione era già di 8 cm, non riuscivo quasi a sedermi e stando sdraiata il dolore centuplicava!
    L’unica posizione che mi dava sollievo e forza era quella accovacciata.
    E io che mi sognavo insieme all’acqua, le luci soffuse,la musica, gli aromi e le candele.
    Le luci soffuse sono state le uniche che ho sopportato. Musica e profumi mi avrebbero irritato. 😉

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  9. Elio “doveva” nascere il 14 aprile ed è nato il 23 con un parto indotto. io stavo benone, con una gran panza e la previsione della ginecologa di partorire un pupo sui 4 kg. La mattina del 22 vado a ricoverarmi con la mia borsina. Il primo ciclo di induzione non ha alcun effetto, e così il secondo, che mi fanno nel tardo pomeriggio. La sera, prima di spegnere le luci del reparto, mi mandano a fare un tracciato: piatto. Pacca sulle spalle e ritorno in reparto. Chiedo all’ostetrica se andiamo anche con il terzo ciclo di induzione e lei mi dice che sono pazza, e che si farà la mattina dopo. E io timidamente: “ma se neanche domani mattina niente, cesareo e via??? (già a quel punto capivo poco…e temevo la beffa di beccarmi induzione più cesareo a causa dei 4 kg di pupo). E lei: “ma figurati, si fa un giorno di pausa e poi si riprende con un nuovo ciclo di induzione” “ah beh”, dico io, “eccome no, un giorno di pausa, bella idea…”. E chiamo il mio compagno incazzata che un giorno a far niente in ospedale non ci voglio stare.
    Tempo cinque minuti e comincio a sentirmi totalmente sottosopra (NB: fino a quel momento mai avuta una contrazione), vado dall’ostetrica ad indagare le possibili cause e mi sento dire “genio, sono le contrazioni!!”. Ne prendo atto, e l’ostetrica mi visita: 5 cm di dilatazione. Così, dalla calma piatta a 5 cm in mezz’ora. Chiamo il compagno che si precipita al volo, e chiedo che mi venga fatta l’epidurale (a pagamento, e solo perché per lavoro ho un’assicurazione sanitaria che mi copre tutte le spese). Ora, avrei potuto non farla, le previsioni erano che tutto sarebbe stato molto rapido. Ma ho pensato che volevo godermelo, che non mi sarebbe ricapitato di potermi permettere l’epidurale (nell’ospedale in cui ho partorito ci sono dieci epidurali gratuite alla settimana, il resto a pagamento), e che era un mio diritto partorire come mi pareva. Ero informata e sapevo quello che sarebbe potuto accadere, e le ostetriche non hanno fatto alcun ostruzionismo.
    E mi è andata bene: il compagno è arrivato mentre mi stavano facendo l’epidurale, che mi ha provocato una gran fattanza e mi ha fatto dormire per un’oretta. Dopodiché, eravamo ai fatidici 10 cm ed la fase espulsiva è durata una 40ina di minuti. L’epidurale mi ha permesso di sentire bene il momento della contrazione e poco il dolore. Ed Elio è nato di 4 kg come previsto – ahimè lo hanno subito portato fuori dalla sala parto perché aveva mezzo giro di cordone, e non l’ho potuto vedere subito (ma il suo papà sì, perlomeno). Ma di questo me ne sono rammaricata dopo, in quel momento ero talmente piena di adrenalina che continuavo a ripetere che avevo fatto tutto da sola, tutto da sola, e che potevo anche farne un altro subito, nel caso. In realtà, altro che tutto da sola, c’era con me un’ostetrica bravissima che avrei baciato dalla riconoscenza, e il mio compagno, che mi sventolava per il caldo con una padella di carta…
    e poi hanno portato Elio, ed è iniziato un incanto.

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  10. Ho notato, ma non è escluso che possa essermi sfuggito, che non ci sono racconti di parto in acqua. Io ho fatto il travaglio nella vasca ed è stata un’esperienza assolutamente positiva. Ancora oggi riesco a rivivere la sensazione di estremo benessere che ho provato nel momento in cui mi sono immersa nell’acqua calda, stremata da una notte insonne (ho rotto le acque alle 23.45, quindi circa un quarto d’ora dopo essermi messa a letto…e poi, anche se le contrazioni sono iniziate solo dopo qualche ora, non ho più chiuso occhio) e da chilometri percorsi avanti e indietro nel corridoio del reparto. Purtroppo l’acqua, oltre ad aver avuto l’effetto benefico di rendermi il travaglio molto più gestibile, ha avuto anhe l’effetto negativo di rallentare le contrazioni, motivo per cui la fase espulsiva l’ho fatta in sala parto con l’ossitocina (del cui effetto non mi sono quasi accorta).
    Avrei potuto fare l’epidurale, ma non sono mai stata tanto convinta di volerla e alla fine non l’ho chiesta neanche quando ormai era evidente che non avrei partorito in acqua. E’ stata una decisione del tutto irrazionale legata alla paura, per quanto priva di reale fondamento, sia della procedura che delle sue possibili complicanze. Nonostante il dolore e l’angoscia che ho provato, non mi sono mai pentita di questa decisione.
    A titolo informativo, se qualcuna di voi pensa che la stradale non faccia mai controlli, rendo noto che noi siamo stati fermati per un controllo di routine mentre andavamo in ospedale…mio marito non dimenticherà mai la faccia che ha fatto l’agente quando gli ha detto che mi stava accompaganando a partorire!
    Qualche sera fa, leggendo alcuni degli elenchi dei motivi per cui vale la pena vivere sul sito di repubblica, ho trovato questo motivo, che mi ha commossa e che vorrei condividere con voi, anche se non ricordo il nome dell’autrice, perchè penso che ogni mamma lo possa capire fino in fondo: “vedere mia figlia per la prima volta e riconoscerla”

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  11. Il mio parto è stato caratterizzato da una speranza delusa: la tanto agognata e più volte richiesta epidurale di cui l’ospedale in cui ho partorito fa un gran vanto non mi è stata praticata. I motivi devo ancora scoprirli…ma io un sospetto ce l’ho…. credo sia un misto di alta filofia unita ad una questione di vile denaro risparmiato. Io, quando dopo un travaglio di 16 ore, ho realizzato che mi avrebbero portato in sala parto senza analgesia perché Tato stava mettendo fuori la testa, mi sono messa a piangere. Ho avuto un vero crollo psicologico. Poi, per carità, fisiologicamente il parto è stato semplice, senza complicazioni, anch’io solo 2 punticini e mezz’ora dopo stavo una meraviglia. Ma resta che l’ho vissuta malissimo, un diritto negato. Chi ve l’ha detto che io, nel 2007 vogli partorire come nel Medioevo? Curiamo mali impossibili, facciamo interventi a cuore aperto ed io devo soffrire perché qualcun’altro decide che è sano, filosoficamente corretto o più prosaicamente meramente conveniente per l’ospedale? Allora ditelo subito ed io mi cercherò un altro luogo più adatto alle mie esigenze. Cosa che farò senz’altro la prossima volta.

    Tornando al racconto di Silvia: anche a me hanno rotto le acque (sensazione per nulla piacevole…non mi parlare di ferri da calza ché ho ancora i brividi ora!!!), ma da quel momento ho avuto poche contrazioni che mi hanno smontato le budella e poi Tato ha fatto capolino con la testa.
    Mi ha colpito il fatto che il tuo amplificato non si muovesse nella pancia….il mio era già amplificato da dentro: di notte non dormiva mai (e questo avrebbe dovuto insospettirmi) ma dava botte da orbi fino alle 5 del mattino. Faceva compiere evoluzioni impressioni al mio povero ventre e si chetava solo quando passeggiavo. Insomma dimostrava già di essere amplificato…. Allora se il prossimo stesse più tranquillo nella pancia non devo farmi illusioni, vero?????

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  12. Quasi sei anni son passati, accipicchia!
    Gravidanza buona, reflusso gastrico a parte, parto da manuale pochi giorni dopo la DDP. Prime contrazioni nel tardo pomeriggio, nascita del piccolo poco dopo la mezzanotte.
    La prima sensazione che ricordo è la potenza, la voglia di arrivare alla fine, le mie mani che si aggrappavano un po’ alla vasca e un po’ a quelle di mio marito.
    Affiorano sprazzi comici di noi due imbambolati di fronte a quel pesciolino di nostro figlio, la nostra cara ostetrica che ci chiede se “finalmente” vogliamo conoscere il suo sesso…
    La calda, caldissima intimità di noi tre nel lettone la stessa notte del parto, il primo sguardo liquido e inconfondibile di quella piccola creatura. Queste sono le emozioni che si sono fissate in modo indelebile.
    Del parto rammento l’estenuante concentrazione e la posizione… Sono rimasta per più di quattro ore semi accovacciata, l’ultima spinta è stata così veloce e inaspettata che per poco il piccolo finiva a terra. :))

    Un bel ricordo, un dolore sopportabile perchè non prolungato, ma non mi ha cambiato la vita. Banalmente, il bello in tutte le sue sfumature, viene dopo.

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