Un po’ per abitudine, un po’ per colpa dei miei studi, sono sempre molto interessato all’etimologia delle parole. Trucco significa anche, o almeno significava, baratto, scambio, buon affare. Ecco che questa parola comincia ad avere un senso più chiaro, se rapportata alla mia vita quotidiana con i miei figli. Di trucchi, di scambi vantaggiosi, se ne fanno in continuazione.
C’è il trucco del cibo indigesto o dall’apparenza poco interessante, che grazie a un trucco diventa – se non altro – un tentativo di farselo piacere: i tremendi spinaci diventano barba di drago, e strappando una risata, forse ci scappa anche l’assaggio.
C’è il trucco del robot, che la mattina trasforma le precise e scandite tappe al bagno in divertenti evoluzioni in una catena di montaggio: e allora bidet, vestiti, pettinata e lavaggio denti e viso diventano successivi cablaggi di un mostro replicante.
C’è il trucco del diventare grande, che convince tuo figlio a seguirti anche nelle imprese più noiose, se lo convinci che sarà utile e che hai bisogno di lui; ecco che col “trucco del papà che non ce la fa”, resci a portartelo appresso all’autolavaggio, a fargli pulire la stanza, a farlo partecipare alla spesa (invece che fargli trasformare il supermercato in un autodromo).
C’è il trucco dell’un po’ e un po’, nel quale è possibile convincere quel tuo figlio che vuole giocare un’ora con te che può accontentarsi di mezz’ora, se l’altra mezza gioca da solo mentre papà lavora o aiuta la mamma.
Non sono trucchi, o comunque non sono solo trucchi: sono scambi. Se riesci a mettere insieme il tuo e il suo orizzonte, qualcosa da scambiarvi ci sarà, e uno potrà fare qualcosa per l’altro. Non con la logica della ricompensa, che è la più facile ma non dà risultati duraturi; ma con la logica del baratto, per cui poi tutti e due ci ritroviamo qualcosa che non avevamo prima.
Il più duro trucco da inventarsi è quello per fargli smettere una cosa che gli piace. In quel caso, purtroppo, non c’è molto da fare – è un trucco che non hanno ancora inventato neanche per noi adulti. Sarò un sentimentale, ma in quel caso la butto sull’empatia. Anche a me dispiace che lui smetta – è quasi sempre vero, tra l’altro – e non ho alternative da proporgli. Solo la promessa che torneremo a fare quella cosa insieme.
Avranno tutta la vita per trasformarsi in travet, anche loro ingranaggi di una macchina sociale fatta di doveri. Se prima di impostare il mio rapporto con loro sulla forza, sull’autorità, riesco a usare il trucco della complicità, forse posso riuscire ad avere in cambio, da parte loro, un amore che non sia solo dovuto, ma soprattutto voluto.
Un figlio mi dà la sua rara pazienza, e avrà il mio raro tempo; un figlio mi dà il suo ascolto, meno distratto del solito, e io gli darò il mio, più interessato del solito; lui mi darà sempre più indipendenza, e io gli darò sempre più libertà.
Non sono mica nato papà. Crescono i figli, e crescono i papà – è un vecchio trucco anche questo.
Ne parlavo proprio oggi con una psicologa: il comportamentismo, con il suo “rinforzo positivo” ha, forzandola un po’, sdoganato il ricatto.
Anche questo è un trucco, se vogliamo, ma mi piace molto questo modo di “impegnarci” a dare letture positive a quello che siamo in grado di fare… ‘ca nisciuno nasce imparato.
Non vedo l’ora che arrivi quesTa fase più verbale nel rapporto con mia figlia! Spero di riuscire a essere fantasiosa e sorridente!
il trucco piu’ arduo e’ quello di mantenere la leggerezza necessaria per inventarsi i trucchi :-/
“Crescono i figli, e crescono i papà – è un vecchio trucco anche questo” e questo mi fa tornare in mente che la genitorialità è una maratona, anche se a me manca la dimensione del tempo e dell’attesa….
trucchi per imparare a gestirsela?
Molto interessante. I trucchi intesi come strategia per coinvolgere e fare un passaggio insieme mi piacciono moltissimo: trasfigurare certe cose per renderle allegre, piacevoli e fantasiose è un gioco che si fa insieme. Si impara molto: ad essere più leggeri, a ridere insieme, a trasformare certi aspetti della realtà in qualcosa di più accettabile, però essendo attivi nel farlo e nel farlo insieme, senza manipolare e aggirare per ottenere qualcosa (come qualche volta a noi genitori capita di fare per sfinimento…)…senza trucco e senza inganno…. Ieri mattina presto ho chiesto a mio figlio se si era ricordato di lavarsi la faccia (mi annoio da sola a pensare e a fare questa domanda 🙂 sigh). Silenzio. Mamma – dice – il prossimo anno mi sa che a Natale chiedo una macchinetta “strappaccaccole” (quelle degli occhi – almeno questa precisazione mi sento di farla..). E così noi nel bagno invece del robot che hai tu, abbiamo la macchinetta strappaccaccole che aiuta a rendere tutta l’operazione meno noiosa… Il trucco come scambio, come divertimento, ti racconto una storia e intanto condividiamo una risata, alla fine è un pezzo di strada che si fa insieme.