Sentiamo l’esigenza di trattare il tema della dignità umana come un’urgenza politica e culturale, ma soprattutto educativa, per crescere figli in un mondo che possa tornare umano.
Il tema di questo mese nasce da un brainstorming complicato e faticoso del nostro gruppo di lavoro. Lo ha introdotto il clima elettorale, che va ben al di là del momento specifico, e ci siamo trovati tutti a condividere una sensazione di profondo disagio e preoccupazione, non solo per la situazione politica attuale, non solo per il quadro politico italiano, quanto per il clima culturale in cui le decisioni e discussioni politiche si continuano a sviluppare ed evolvere in tutto il mondo.
In Italia assistiamo a un dibattito politico che ha metodologie al limite dell’infantilismo, destituito di contenuti e fondato su slogan privi di contenuto, che vengono branditi come armi “contro”, piuttosto che come intenti costruttivi. Negli Stati Uniti assistiamo al paradosso di voler armare gli insegnanti nelle scuole per ripristinare un ideale incoerente e assurdo di sicurezza. In tutta Europa avanzano le destre più estreme e nazionaliste, come se la storia più recente fosse stata spazzata via dalla memoria o forse, peggio, con il chiaro intento di riportarla in vita. L’esclusione, la separazione, la divisione è posta come soluzione a qualsiasi problema sociale. In oriente si armano testate nucleari in mano a regimi oscurantisti e nell’oriente più vicino le stragi sono talmente frequenti da non essere più notizie.
A livello personale, siamo sfiniti dalla polarizzazione delle discussioni, anche attraverso i social media, attraverso i quali ormai viaggiano tutte le voci che orientano le opinioni. Sembra impossibile confrontarsi con qualcuno, senza arrivare allo scontro. Ogni confronto, su qualsiasi tema è ostacolato dalla continua domanda “questo sarà dalla mia parte o dall’altra parte?”, senza nemmeno comprendere di che parti stiamo parlando, in quale contesa, su quale campo di battaglia, in nome di cosa e perché. E così restiamo ciechi e sordi alle opinioni diverse, impermeabili alle proposte, ostili, arrabbiati, trincerati dietro i nostri vecchi e consunti sacchetti di sabbia, che ci proteggono dall’assalto dell'”altro”, ma che ci impediscono di guardare fuori dalle nostre finestre.
E così i genitori assalgono gli insegnanti a scuola perché il figlio ha preso un brutto voto. E così una ragazza appena ventenne che cammina sola, senza soldi e in visibile stato di alterazione è una disperata da pagare poco in cambio di sesso, e non una persona da soccorrere. E così l’ennesima donna che ha chiesto aiuto perché ha paura di ciò che è diventato il padre dei suoi figli è rimandata a casa a farsi ammazzare, insieme ai suoi bambini.
La globalizzazione è un progetto umano fallito? Se ci aspettavamo che portasse alla condivisione culturale, abbiamo sbagliato, piuttosto ha generato la globalizzazione dell’odio. E’ il punto più basso dell’esperienza umana, questo? Quello in cui abbiamo smesso di evolverci e iniziamo a ripercorrere tutti gli errori già fatti nella storia? E’ tutto irrimediabilmente senza soluzione?
E’ forse la democrazia ad essere un progetto fallito? Io sono sempre stata convinta di quanto diceva Winston Churchill: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. Però ora la mia convinzione vacilla: quando metti grandi scelte in mano a persone che sono state coltivate in una colpevole ignoranza, la demagogia prolifera.
Ma noi in questo mondo dobbiamo crescerci dei figli, non possiamo mica arrenderci così: in fondo è questo lo sgomento maggiore, questo il vero terrore. Noi abbiamo il dovere di promuovere un cambiamento, adesso, subito. Dobbiamo sconfiggere questo senso di impotenza di fronte alla perdita di umanità.
Forse ogni soluzione si trova nel concetto di dignità. Ogni volta che il conflitto è cieco e senza soluzione, è perché qualcuno nega dignità a un altro. Dovremmo orientare le nostre scelte guidati dalla dignità: dignità che è umana, che deve essere offerta a tutti e che non possiamo negare ad alcuno. E’ un dovere primario in ogni contatto tra esseri umani: poi vengono le opinioni diverse, le controversie, magari le lotte e gli scontri, che sono pure leciti e inevitabili. Reagire contro chi ce la toglie e vivere senza mai negarla agli altri.
Tornare a essere umani vuol dire, innanzi tutto, riscoprire la dignità.
Dobbiamo adottare, in ogni nostra manifestazione, un linguaggio in cui, per far avvenire la comunicazione, siamo disponibili a considerare l’altro portatore di un’opinione diversa dalla nostra e non un nemico.
E allora si torna sempre lì: alla scuola, all’educazione, al coltivare il pensiero critico. La dignità è strettamente collegata con la conoscenza.
E’ un percorso che investe la vita di tutti i giorni: per esempio, quando rimproveriamo i figli, dobbiamo riuscire a farlo senza calpestare la loro dignità; quando commentiamo un’opinione, dobbiamo riuscire a farlo con parole ed espressioni che, possono sì esprimere contrarietà o indignazione, ma senza attaccare la dignità di chi le ha espresse.
Ma se banalmente penso alle elezioni di domenica e rifletto sulla quantità di persone che dicono di votare “turandosi il naso” o di scegliere “il meno peggio”, mi dico che a tutte queste persone, a tutti noi, è stata tolta la dignità della scelta democratica del voto, svuotato di contenuto.
Cosa diciamo ai nostri figli? Che dopo aver combattuto per averlo questo suffragio universale, ora glielo consegniamo vuoto di significato, o peggio, quasi pericoloso?
Forse, visto quello che abbiamo combinato globalmente, più che parlare AI figli dovremmo stare ad ascoltarli.
E’ un mese confuso, questo, in cui vorremmo esplorare la dignità, le tante perdite di dignità, per cercare la via verso l’umanità, come dovere primario verso i nostri figli.