Per quanto possa cambiare, da persona a persona, la percezione di quando ci si sente davvero genitori… di fatto, in concreto, in pratica… inizia tutto da lì. Dal momento del parto.
Il momento del distacco, della partenza. Quello in cui nasce un genitore, un figlio, una famiglia in una nuova configurazione (quale che fosse la precedente).
L’ho sperimentato più volte: se ci sono un po’ di mamme riunite, basta un accenno al momento del parto e, come niente, inizia una serie di racconti dettagliatissimi sull’evento da parte di ciascuna. Si ha una gran voglia di condividere: se si è neomamme si finisce per non raccontare altro anche a perfette sconosciute, poi magari il tema si esaurisce e si affievolisce l’interesse, per ripresentarsi però sporadicamente all’occasione.
Indubbiamente è una di quelle esperienze forti della vita, se non per il parto in sè, che poi magari davvero dopo ci si pensa poco (dimenticarlo, però, no, è impossibile!), per tutto quello che ne consegue.
Il parto è un evento dopo il quale, DAVVERO, niente sarà più come prima: e vale per il primo parto, ma anche per il secondo, il terzo e via dicendo.
E’ un atto rivoluzionario. Cos’altro in poche ore può cambiare così tanto l’esistenza? Giusto una catastrofe naturale… Ma non mi sembra un buon paragone… (o meglio, è abbastanza chiaro e onesto, ma magari un po’ sgradevole).
E poi, partorire, è una cosa “da donne”. Ce ne sono rimaste così poche ormai di cose “da donne”, che bisognerà pur godere di questo privilegio?! Che poi sarà pure una cosa da donne, ma l’effetto rivoluzionario del parto c’è anche nella vita degli uomini (o almeno di quelli che non sono scappati prima).
Per quanto si coinvolgano i padri, per quanto siano nelle sale parto, per quanto il rooming in permetta loro il contatto più stretto fin dai primi minuti di vita dei figli… be’, però non è la stessa cosa!
Il parto è anche un’esperienza culturale. Ogni cultura ha il suo modo di partorire: la nostra, di occidentali moderni, è un’esperienza ospedaliera e medicalizzata. Fino a una manciata di anni fà non era così. Il parto contadino avveniva in casa. Spostare i parti negli ospedali ha salvato tanti bambini e tante mamme, ma ora a molti sta venendo voglia di dire basta, fermiamoci, un parto non è una malattia, non è un intervento. E così la cultura del parto si evolve e cambia con i tempi.
Partorire… vi viene in mente un gesto più creativo? Chissà che millenni di supremazia sociale maschile, non derivino proprio dall’invidia di quel momento lì: quello in cui si genera e si dà alla luce un figlio. A pensarci è qualcosa che mette paura: qualsiasi cosa si possa fare, vincere battaglie, varcare oceani, costruire palazzi, governare nazioni, scoprire le leggi che governano fisica, chimica e genetica, quasi nulla sta al pari con il partorire.
Questo mese navighiamo nel parto e nei parti. Andiamo alla scoperta di questo atto potente, creativo e rivoluzionario che però vive nell’esperienza di tante donne.
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