In rete è nato un movimento d’opinione che si riunisce intorno all’hashtag di twitter #save194 che sostiene la difesa dell’operatività della legge sull’aborto (la n.194 del 1978), per contrastare la possibilità che il 20 giugno prossimo la Corte Costituzionale operi modifiche restrittive a queste norme.
Il caso nasce da una richiesta di autorizzazione all’aborto al Giudice Tutelare di Spoleto, da parte di una ragazza minorenne. La legge, infatti, prevede che se una minorenne non vuole comunicare la sua gravidanza ai genitori, che dovrebbero autorizzarla all’interruzione, può chiedere l’autorizzazione all’aborto con un ricorso in Tribunale. Il Giudice Tutelare, in questo caso, ha sostanzialmente negato l’autorizzazione (perchè, pur restando la decisione sospesa, il decorso del tempo dà luogo ovviamente all’impossibilità di abortire), ipotizzando l’incostituzionalità di alcune norme contenute nella legge.
Quando un giudice di merito rileva l’incostituzionalità di alcune norme, rinvia la decisione alla Corte Costituzionale, la quale, se ritiene che gli articoli di legge in esame abbiano davvero dei profili di contrasto con la Costituzione, li cancella.
L’art.4 della legge 194 è stato indicato come incostituzionale e dunque potrebbe essere cancellato il 20 giugno per decisione della Consulta, lasciando così la legge tronca e inapplicabile. Infatti l’art. 4 è il cuore della legge, quello che definisce l’interruzione volontaria di gravidanza, e così recita “Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia. ”
Questa norma è stata ritenuta dal giudice di merito in contrasto con l’art. 2 e 32 della Costituzione, che tutelano rispettivamente i diritti inviolabili dell’uomo (tra cui quello all’esistenza in vita) e il diritto alla salute. Il dubbio di incostituzionalità sarebbe avallato, sempre secondo questo giudice, da una sentenza della Corte di Giustizia Europea, nella quale si definisce l’embrione un “soggetto da tutelarsi in assoluto” (ma la sentenza verte in tema di divieto di brevettabilità di prodotti ottenuti dalla ricerca sulle cellule staminali embrionali e, comunque, la Corte di Giustizia è un organo giurisdizionale, che non incide direttamente sulle legislazioni dei singoli Stati).
La questione giuridicamente gira tutta intorno al concetto di embrione come soggetto autonomo, ai tempi di questa autonomia dalla donna che l’ha concepito e al diritto di autodeterminazione della donna, secondario o meno rispetto al diritto primario alla vita dell’embrione.
La stessa questione, ideologicamente, gira tutta intorno alla procreazione vista come un diritto, oppure come un dovere.
Parlare di questo argomento senza esprimere un’opinione in un senso o nell’altro è, francamente, impossibile.
Un dato obiettivo sta nel fatto che, tra pochi giorni, potremmo vivere in un vuoto legislativo che impedirà di fatto il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Da mercoledì prossimo, quindi, l’Italia potrebbe ritornare alla situazione precedente al 1978, quando l’aborto si praticava clandestinamente, in belle cliniche private rispettose della privacy per chi poteva permetterselo, compiendo dei falsi nelle cartelle cliniche per mascherare l’intervento, oppure in condizioni precarie di estremo pericolo per la vita delle donne, per chi non poteva permettersi altro.
Penso con ottimismo al fatto che la Corte Costituzionale sia composta da giuristi di grande esperienza, che sanno bene che ogni intervento di cancellazione di norme di legge crea anni di inapplicabilità delle leggi stesse (perchè ovviamente la Corte, essendo un organo giurisdizionale e non legislativo, può cancellare norme, non sostituirle). Al di là dell’ideologia di ognuno, credo che siedano nella Consulta persone in grado di comprendere che un vuoto legislativo del genere ci proietterebbe in una dimensione lontana da qualsiasi altro Paese occidentale.
Il punto però è un altro.
La legge 194 in Italia ha sempre avuto vita difficilissima, in particolare per l’obiezione di coscienza (prevista per il personale sanitario all’art.9) ampiamente diffusa. L’enorme numero di medici e paramedici obiettori, infatti, rende le interruzioni volontarie di gravidanza in ospedale pubblico difficili da ottenere ed estremamente travagliate.
Ogni evoluzione scientifica in questo campo è stata accolta con difficoltà nel nostro Paese: la RU 486, farmaco che consente un aborto non chirurgico è relegato a un ruolo secondario e addirittura ha faticato ad essere introdotto per presunta violazione proprio della legge n.194; addirittura l’accesso alla contraccezione d’emergenza, altrove considerata un farmaco da banco, viene ostacolato.
E oggi cosa altro accade? Perchè si torna ad attaccare questa legge, quando invece da molte parti si chiede da tempo di renderla più agevole? Culturalmente cosa significa tornare a dover combattere per l’aborto, che pure sembrava un diritto alla scelta consolidato ormai 34 anni?
Significa forse che la “questione femminile” è ancora del tutto irrisolta? Che la procreazione e la maternità, in quanto funzioni femminili, possono ancora essere usate come arma contro le donne?
Una legge che garantisca l’interruzione volontaria di gravidanza non costringe all’aborto. L’assenza di una legge, costringe a maternità non volute o impossibili o a ricorrere all’illegalità.
Probabilmente il 20 giugno non cambierà nulla. La Consulta non cancellerà l’art. 4 e la legge continuerà ad esistere, come oggi. Ma forse è il momento per pensare che l’applicazione della legge va difesa, perchè oggi è la sua effettività ad essere spesso minata.
Anche dopo il 20 giugno #save194 sia un tema di riflessione e discussione.
Qualche articolo interessante:
#save194, anche dopo il 20 giugno di Loredana Lipperini
#save 194 de Il corpo delle donne (con il testo del post pubblicato da molti blog)
Manifestazioni, presidi, sit-in, flash-mob e altro per #save194 di Femminismo a Sud
@Serena, su questo forse posso illuminare io. Nel Regno Unito come ho detto il limite è 24 settimane e si voleva abbassarlo perché sembra al giorno d’oggi il limite per il quale c’è una (se pur remota) possibilità che il feto sopravviva (anche se con tutta probabilità con gravissimi problemi) è più o meno quello. Tuttavia il governo non se l’è sentita di prendere posizione, così come i parlamentari, così tutte le varie modifiche alla legge proposte sono state bocciate).
andrea, ti do’ l’attenuante della fretta ma se stiamo discutendo allora almeno cerchiamo di capirci. Il “giusto” e lo “sbagliato” lo toglierei di mezzo, cosi’ come la morale. Vedi il mio commento di sopra. La definizione che cerchi, ci credo che non la trovi, e spero proprio non la troverai mai, se non dentro di te.
Io ho il sospetto che il limite dei circa 3 mesi dipende dal fatto che un feto possa sopravvivere al di fuori del ventre materno o meno. Questo limite sul piano medico si sta abbassando, credo che una nascita prematura alla 20esima settimana sia il limite inferiore finora, con pochissime possibilità di riuscita. Se questo che affermo è vero (e ora non ho tempo di cercare riferimenti e mi scuso per le eventuali imprecisioni) significa che l’individuo bambino acquisisce diritti nel momento in cui può farcela senza la madre, ma non prima. E’ chiaro che questo limite si sposterà man mano che la tecnologia andrà avanti, ma per il momento è così. Come riporta Silvia nel post, con le leggi sulla fecondazione assistita si è dato un ruolo giuridico ad un individuo che non esiste ancora, a discapito della donna che già esiste, e questo si, mi sembra immorale (sempre secondo la MIA personalissima morale, of course)
@Barbara,
scusa, ma vado di corsissima (e meno male, direte voi…)
non è una questione di ergersi in cattedra o meno, ma di definizione che non trovo. A me ancora non è chiaro (e non lo sarà mai… per cui dico per dire), è come si possa legiferare per dire che io individuo ho il diritto di sopprimere un altro individuo. La legge in questione è abbastanza chiara, ma (giustamente) non si pronuncia sul PERCHÉ sia giusta e un altro limite sbagliato. A mio avviso, lo stato non ha il potere di emanare una tale legge.
La risposte che viene data qui, ovvero che “90 giorni mi sembra il limite giusto”, “se hanno fatto la legge, devono aver ragione” non aiutano nel capire PERCHÉ queste delimitazioni siano moralmente/eticamente giuste. Si dice solo: “si fa così per cui deve essere giusto così”
Il fatto che lo si faccia da sempre non è una risposta, dopo tutto si ruba e si ammazza da sempre, ma non per questo si è deciso di legalizzare anche queste attività.
Il motivo per cui ho postato quel link è per chiedere (così come fanno gli autori; l’articolo è molto interessante e val la pena di leggerlo anche se non dice niente di nuovo) fin dove ci si può spingere… se ragioniamo che solo la morale corrente sia quella valida, anche quando si parla di vita e di morte, allora domani si può decidere chissà cosa… Vedi la Cina con la loro politica del figlio unico, tanto per fare un esempio.
Scusate se sono incoerente, ma devo davvero correre 😀
http://www.storicamente.org/07_dossier/famiglia/aborto_clandestino.htm
tanto per tenere anche questo a mente
(sulle statistiche non so se voglio entrarci, anche perche’ se ci mettiamo a contare, allora dobbiamo contarli tutti, anche contare quelli illegali e clandestini, e se metti quelli, i numeri italiani hanno un bel picco, specie prima della 194, e non penso di dover soffermarmi a parlare delle conseguenze nefaste della cosa)
ecco, super l’ha detto molto meglio
@Andrea, scusa te lo chiedo un pò a brutto muso, mi riconosci per favore che anche io ho una morale? e che in quanto tale la mia ha la stessa validità della tua? Perchè se non è così non spreco il mio tempo a discutere con te, perdonami. Se vuoi cercare di convincermi portandomi esempi del perchè ritieni le tue idee migliori delle mie ti ascolto, se vuoi difendere le tue idee prego, ma se parti mettendoti su una pedana e mettendo me sotto, beh non ci sto.
Una cosa è la morale comune, sulla quale si basano le leggi, una cosa è la morale personale. Dire che permettere l’aborto dopo che si persegue il delitto passionale (solo al maschile, NB) sia un controsenso proprio non lo accetto (ok, ho estremizzato le tue parole, ma di primo acchitto le ho lette così). La morale personale è quella su cui si basa la coscienza personale, quello che ti fa dire ciò che ritieni giusto o sbagliato. La morale comune è un pò la media, ed è quella che ci fa dire cosa sia lecito e cosa no, che è ben diverso. Ci sono tante leggi che non mi piacciono, ma le rispetto lo stesso perchè faccio parte di una società che può avere esigenze diverse dalle mie. Non mi piace invece che ci sia qualcuno che mi voglia imporre la propria morale, perchè ho già la mia e mi sta bene così.
Non commento l’articolo che linki (ho letto solo l’abstract) perchè non condivido quelle idee nemmeno io, e te l’ho già scritto qualche commento fa.
Ritengo la legge buona perchè ritengo che sia giusto permettere ad una donna di abortire (anche io vorrei dire “coppie” ma purtroppo è la donna che abortisce), e sia giusto mettere dei limiti. Da quello che scrivi tu mi sembra invece che non la conosci molto bene. C’è un articolo che riguarda l’interruzone volontaria, che poi è quello sotto accusa. Ma la legge prevede informazione, istituzione di consultori, prevenzione, il riconoscimento dell’aborto terapeutico come diverso dall’IVG eccetera.
(non sono sicura del motivo per cui ha segnalato l’articolo, ma e’ un bell’esempio di cio’ che cercavo di dire, la rivista riguarda la “etica medica” e chi partecipa con i contributi esprime i propri argomenti, dettati dalla propria morale, come questo qui, esattamente nell’esercizio di ascoltarsi tutti di cui parlavo prima)
andrea, perche’ la morale e’ soggettiva e dipende quasi esclusivamente dai propri principi, la morale di una religione non e’ necessariamente uguale a quella di un’altra, ne’ si puo’ dire dall’esterno quale delle due sia buona. La morale si riferisce a cosa e’ giusto e cosa e’ sbagliato. Non si puo’ legiferare in questo senso, perche’ non si puo’ convincere nessuno di cosa sia giusto o sbagliato. Si puo’ legiferare nell’accezione di giusto che riguarda il lecito e l’illecito, l’ammissibile (dalla societa’) e il non ammissibile. E’ un lavoro sistematico, che riguarda l’etica piu’ che la morale, ed e’ fatto di minuziosi esercizi di definizione, organizzazione e pragmatizzazione. L’etica riguarda le regole che ci diamo, nel decidere le quali ci ascoltiamo tutti, ognuno con i propri argomenti dettati dalla propria personale morale, e poi decidiamo quale e’ il corso di azioni che la societa’ deve considerare ammissibile e lecito (non “giusto” o “sbagliato”).
Andrea, in realtà le scelte legislative non sono fatte in base a una Morale, ma in base alla morale corrente, comune in quel periodo storico. Insomma, la M maiuscola non ce la mette nessuno. Per questo le leggi cambiano.
@Super e Barbara,
dite che non ci dovrebbe entrare la Morale, ma come fai se parliamo di chi ha diritto di vivere e chi non lo ha? Se a te, individuo, do il diritto di scegliere chi deve vivere e chi deve morire, non è una scelta Morale?
Ad esempio, in Italia non c’è la pena capitale perché ritenuta inaccettabile (nonostante ogni tanto ci sia qualcuno che dica che debba essere reintrodotta). I delitti d’onore, che prima erano “moralmente” accettabili, ora non lo sono più. Prima i duelli non erano perseguibili, ora lo sono.
Tutte queste scelte sono state fatte in nome di una Morale che salvaguarda la vita.
Mi ero dimenticato di postare il link a questo articolo:
http://jme.bmj.com/content/early/2012/03/01/medethics-2011-100411.full
(lo avrete probabilmente già visto).
@Barbara, perché ritieni questa legge “buona”? Intendo dire, cosa la rende “buona” da un punto di vista applicativo? In teoria con la legge non ci sarebbe l’aborto come contraccezione, ma solo in casi eccezionali e particolarissimi (come riportato nel post), invece la legge viene interpretata in modo MOLTO più libertario (lasciando perdere la questione degli obiettori) e che generano i numeri di cui sopra. Nel Regno Unito la situazione è la medesima… la legge dovrebbe consentire l’aborto in determinati casi, ma invece si ha l’aborto “a richiesta”.
Ecco, Barbara solleva un argomento a cui tengo: questi discorsi tendono a identificare l’anti-abortista come portatore di Morale e l’abortista (uso i termini nell’accezione esemplificativa proposta da Andrea) come Immorale o dotato di morale ridotta. Se questa legge esiste è perchè le spinte ideologiche e culturali, che esprimono anche la morale comune, al momento della sua emanazione, contemplavano entrambi i punti di vista. Quindi in Italia esistono persone favorevoli e persone contrarie all’aborto: non possiamo mandare al confino nessuno dei due gruppi.
Ah, scusa, Andrea, ti ricordo che la legge 194 ha già passato un referendum, quindi è stata accettata (o meglio, difesa) da TUTTA la popolazione, non imposta dal legislatore.
Se sia migliorabile? Certo, tutto lo è, ma come dice Silvia mentre scrivo (notifiche via mail 🙂 ) io e te consideriamo “miglioramenti” due cose molto diverse. Personalmente punterei prima di tutto sulla prevenzione e sull’informazione, in modo da diminuire i numeri. Poi sull’agilità di applicazione. E in primis farei qualcosa per lo scandalo dell’obiezione.
Io ho semplicemente detto che esistono due piani della questione: quello giuridico e quello morale. E poi ho sostenuto che dobbiamo fare il possibile per difendere questa legge e, dopo averla difesa, mitigare le anomalie che la rendono difficilmente applicabile (e per questo vi rimando al post di domani).
Capisco benissimo che, per chi è contrario all’aborto, una legge sull’aborto è comunque ingiusta, ma questo non è un mondo perfetto e, personalmente, preferisco che una donna, ma mi piacerebbe dire una coppia, possa scegliere, piuttosto che tornare alla clandestinità.
Perché la storia è chiara: l’essere umano ha SEMPRE praticato l’aborto volontario.
Sul punto che l’aborto sia un metodo contraccettivo o sia vissuto come tale con tanta facilità, non sono d’accordo. Ogni aborto lascia un segno, una traccia indelebile.
Ma perchè allora, per limitare gli aborti, non c’è un programma sensato di educazione sessuale, di educazione alla contraccezione e un accesso adeguato alla contraccezione d’emergenza? (Che poi è sempre il tema di domani)
@Andrea, la morale E’ soggettiva. Ho diritto di ritenere giusto quello che mi pare, e ti riconosco il tuo diritto di ritenere giusto quello che ti pare a te. Se resti incinto di un feto che si sa avere delle malformazioni, io ti riconosco il tuo diritto di portare avanti la gravidanza ed essere aiutato il più possibile nel crescere un figlio con problemi, perchè rispetto la tua coscienza e la tua decisione. Ci mancherebbe. Vorrei che fosse rispettata anche la mia, però, possibilmente senza essere giudicata da chi pensa di avere una morale con la M maiuscola, perchè una morale ce l’abbiamo tutti.
Di quello che succede negli altri paesi sinceramente so davvero poco, in parte perchè abbiamo tanti problemi con quest legge in casa nostra che non so a chi dare i resti. Comunque no, personalmente non sono d’accordo con questi limiti così lunghi, penso che i tre mesi italiani siano un limite abbastanza buono. Certo, se poi i consultori facessero le cose in fretta una volta che hai deciso invece di farti aspettare fino all’ultimo o farti scadere i limiti (taaaanti esempi) sarebbe meglio, ma ecco che torniamo ai problemi di APPLICAZIONE di questa legge, che sulla carta io ritengo davvero buona.
Io di donne che hanno abortito ne conosco qualcuna, non molte, e ti assicuro che tutte ancora ci piangono sopra. L’aborto non è un metodo anticoncezionale, e mi permetto di dire che se fosse praticato con più facilità nelle strutture pubbliche la cosa sarebbe ancora più sentita e controllata.