Ad un certo punto praticamente tutti i bambini arrivano alla fase del perchè. Chiunque ci sia passato sa che quando si inizia con il perchè, è difficilissimo arrivare ad un punto. Mi ricordo mia nipote quest’estate che chiedeva al nonno “nonno, che fai?” e lui “annaffio le piante” e lei “e perchè annaffi le piante?” e lui “perchè hanno bisogno di acqua”, e “perchè hanno bisogno di acqua?” e così via, e per quante spiegazioni, plausibili o meno, il povero nonno potesse tirare fuori, nessuna placava la curiosità della sua dolce nipotina di 2 anni e mezzo. Al contrario, qualsiasi risposta sembrava alimentare la sua voglia di persistere nel chiedere “perchè”. Attenzione, non si tratta di una piccola Einstein alla ricerca del perchè della vita, ma di una sana richiesta di attenzione unita al gusto dell’esplorazione del linguaggio, oltre che alla necessità di conferma che il nonno fosse comunque li a sua disposizione.
Non so voi, ma io mi stanco molto presto di questa catena di perchè, e quindi ho iniziato a pensare a come uscirne senza distruggerne il senso completamente. Ho provato questa tecnica con mio figlio, che ha recentemente iniziato l’amato gioco. Quando inizia con una domanda, iterata per un paio di risposte, io giro la domanda a lui. Per esempio se mi chiede “perchè la luna è in cielo di giorno invece di dormire?” io gli rispondo “non saprei, secondo te perchè?”. Lui inizialmente mi guardava perplesso, con lo sguardo di chi ti giudica una rompiscatole che non sta alle regole. Poi, con un pò di incoraggiamento da parte mia, ha capito le potenzialità del gioco. Allora ci si butta a capofitto, e si da libero sfogo alla fantasia. Forse la luna non era stanca e non voleva andare a dormire, o forse sta andando a trovare un amica che è sveglia solo di giorno. E come si chiamerà l’amica della luna? E cosa faranno insieme? Così diamo vita a storie fantastiche, in cui l’unico limite all’immaginazione è quello che ci poniamo da soli. E il divertimento è assicurato!
Eh Eh… ma non c-e- solo il periodo dei PERCHE’ !!! e nessuno mi aveva avvisata prima!!!!! aaaaahhhh!!!!
qui la mia piccola ha quasi 2 anni e siamo in piena fase ‘Dov-e- Pinco? Dov’e’ Pallino?’ (tipicamente si sono appena spostati 2 metri piu’ in la’) e poi soddisfatto il primo quesito arriva il secondo ‘E cosa fa Pinco? e cosa fa Pallino?’…. e vai cosi- tutto il giorno, ampliando il discorso a Mamma, Papa’, Nonno, Nonna, parenti e amici vari, ma anche Cucciolo, Pisolo, Brontolo…. etc etc.
Oh, mi sto inventando di quelle storie! potrei scrivere l-appendice a Biancaneve e i 7 nani!
Vabbe-, se tanto mi da tanto, non oso pensare come sara- il periodo dei Perche- ! PAURA !!!!!!
Me lo ricordo perfettamente il primo “pecchè?”: pecchè c’è il rumore e la luce quando arriva il temporale? Stavamo cercando di tornare a casa di corsa proprio per non prendercelo quel temporale estivo al mare, e toccava anche trovare una risposta al primo pecchè… Ora, io più o meno so perchè c’è il rumore e la luce in cielo quando arriva il temporale… però più meno. Si, lo so che è una questione di elettricità, ma, insomma, mi sembrava proprio di essere disonesta a rispondere a casaccio al primo pecchè. Ho imbastito una spiegazione per sommi capi e poi ho spiegato al Sorcetto che certe cose è meglio chiederle a papà, altre a mamma. E quella era proprio una di quelle da papà.
Insomma: al primo pecchè io ho fatto una clamorosa figuraccia.
In realtà però a me piace la “catena dei pecchè”, che ormai sono diventati peRchè da un bel pezzo e, anzi, più spesso sono diventati “come funziona?”
Io e il Sorcetto ci divertiamo ad allungare a dismisura la catena dei perchè: è un esercizio dialettico e, quello si, mi piace. Le prime risposte sono coerenti e concrete, poi iniziamo a giocarci su e io mi invento le risposte agli ultimi perchè: ovviamente con il Sorcetto consapevole di cosa è vero e cosa è inventato.
Il problema è che le curiosità dell’ingegnerino in erba non sono quasi mai letterarie, ma sempre tecniche, e così molto spesso dopo una spiegazione arraffazzonata… confesso che non lo so e che è meglio chiedere papà. Anche perchè sul “come funziona?” io mi do per vinta.
E papà come spiega? Usando tranquillamente termini tecnici ed ingegnerese puro. E il Sorcio? Non fa una piega: a lui l’ingegnerese gli va bene, anche se non lo capisce. Ma io lo so perchè: perchè le parole sono evocative e molto spesso sono più belle e misteriose del loro significato. E questo, se lo capisci da piccolo, forse non diventi neanche un ingegnere…