Perché abbiamo ancora bisogno di pippi calzelunghe

Le storie che scegliamo di leggere ai nostri figli veicolano modelli di comportamento, ideali, un pesante bagaglio culturale ma a volte, forse, anche idee rivoluzionarie. In un mondo di favole in cui le principesse attendono il loro principe azzurro che le salverà, in cui i maschi sono astuti, forti e coraggiosi, mentre le femmine sono belle, graziose ma deboli, una bambina si distingue tra tutti. Abbiamo chiesto ad Anna Lo piano, alias piattinicinesi, l’autrice di una meravigliosa storia per ragazzi Amelia e zio gatto. Indagine alla PMI, di parlarcene in qualità di esperta di letteratura infantile.

Se ci fosse un solo personaggio femminile da salvare in tutta la letteratura per bambini, allora credo che quel personaggio dovrebbe essere Pippi Calzelunghe.

Nata in tempo di guerra, nel 1944, Pippi è ancora oggi la più moderna di tutte noi signore invecchiate leggendo e rileggendo le sue avventure. Moderna e rivoluzionaria, come fu moderna e rivoluzionaria Astrid Lindgren, la sua autrice: una segretaria svedese che con i suoi personaggi e la sua vis polemica provocò diverse discussioni accese in Svezia, e finì per esercitare un’influenza notevole sulle decisioni politiche del suo paese.

Pippi nasce da un’invenzione linguistica di Karin, la figlia minore di Astrid Lindgren, che era a letto malata e si cercava un modo per passare il tempo. “Raccontami una storia su Pippi Calzelunghe” chiese alla madre, e lei pensò che “un nome tanto eccezionale meritava di appartenere a una ragazzina altrettanto eccezionale”. Per anni Pippi divenne il “loro” personaggio, finché un giorno, allettata in seguito a una caduta sul ghiaccio (il che dimostra per la seconda volta che ogni tanto bisogna stare fermi per inventare) Astrid Lindgren si mise a scrivere quelle storie, che vennero pubblicate l’anno successivo. Era il 1945.

Pippi però non ebbe vita facile. Come personaggio era scomodo. Restia alle regole e alla buona educazione, sembrava fare tutto quello che ai bambini per bene viene imposto di non fare.

Ma d’altronde la sua autrice aveva delle idee personali su cosa fosse meglio per i bambini. E anche per gli adulti. Restia lei stessa alle regole sociali, quando era rimasta incinta a 18 anni aveva scelto consapevolmente di non ricorrere a un matrimonio riparatore con il padre del bambino, preferendo lasciare tutto e trasferirsi a Stoccolma, dove poteva sottrarsi al giudizio di chi la conosceva e mantenersi da sola, in piena autonomia. Per quanto la Svezia potesse essere all’avanguardia anche allora, era il 1926, e una ragazza madre era una ragazza madre.

Da bambina adoravo la Lindgren, era in assoluto il mio autore preferito, ma tutte queste cose su di lei le ho scoperte solo recentemente. E d’un tratto ho capito perché da piccola mi identificassi tanto con Annika, con i suoi completini pastello, perché come lei fossi affascinata e insieme spaventata da quella bambina, Pippi, che è una femmina ma si comporta anche come un maschio, e fa tutte quelle cose che a noi brave bambine sono state sempre proibite.

Pippi vive in una casa senza adulti, piena di bovindi, soffitte e luoghi nascosti. E’ la casa delle avventure, delle scoperte, delle paure e delle prove di coraggio, tra le quali la più difficile è quella di essere da soli. Perché gli adulti si impongono, dettano regole, ma sono anche capaci di confortare.

“- Ma allora chi ti dice quando devi andare a letto, di sera, e cose simili? – chiese Annika.

– Me lo dico da sola – spiegò Pippi – dapprima con le buone, e se non obbedisco, in tono che non ammette repliche, e se continuo a non voler obbedire, allora finisce a sculacciate.”

Pippi appartiene irrimediabilmente all’infanzia. Il suo è un mondo dove tutto è possibile, dove la fantasia è sfrenata e giustifica ogni cosa: un papà pirata, una mamma che ti guarda col cannocchiale, alberi che regalano gazzose. Dove basta inventare una parola per dare vita a un nuovo oggetto: che sia la scatola-senza-biscotti, lo spunk o la madicina. E d’altronde Pippi stessa non è anche lei nata da un’invenzione linguistica? Pippi appartiene al mondo dell’infanzia così come lo intendeva la Lindgren. “(Gli adulti) sono pieni di supersitizioni e fisime: credono per esempio che succeda chissà cosa, magari di tagliarsi, se ci si infila il coltello in bocca, e così via.” Un mondo di giochi in libertà, all’aperto, senza paura dei rischi e dei pericoli. Un mondo al quale lei cerca di rimanere aggrappata ingurgitando le straordinarie pillole cunegunde, che non fanno mai diventare grunde. (Sono pillole veramente straordinarie. Da piccola le ho ingurgitate anch’io ed effettivamente ho smesso di crescere. Sono rimasta ai miei 9 anni. Purtroppo anche in altezza).

Però Pippi è anche adulta, nel senso che da subito è consapevole di doversela cavare, in qualche modo, senza far ricorso necessariamente all’aiuto di qualcuno.

Pippi è indipendente economicamente. La sua ricchezza è senza fondo e gratuita, perché non ha dovuto lavorare per ottenerla. Questo la rende libera anche dal denaro, che lei usa in modo distaccato. Pippi è una persona anche molto generosa. Il suo più grande piacere è fare dei regali agli amici, e condividere quello che ha.

Pippi non ha bisogno di qualcuno che la difenda, si difende da sola. E’ fortissima e soprattutto si fa beffe dei bulli, dei ladri e delle forze dell’ordine.

Pippi se ne frega delle pulizie. Tanto Annika è perfetta e pulitina, quanto lei si veste in modo eccentrico e casuale. A casa sua non c’è tempo per le pulizie del venerdì, e quando cucina non si formalizza se le frittelle si attaccano al soffitto. Pippi è la rivolta della casalinga frustrata, della bambina ordinata, del lavati le mani prima durante e dopo qualsiasi cosa, delle salviettine intime e dei deodoranti a prova di autobus. Le scarpe di Pippi sono la lotta armata a Jimmy Choo, le sue trecce rosse una guerrilla urbana contro i parrucchieri.

Pippi se ne frega delle convenzioni. Dormire con la testa sul cuscino e camminare con la testa in avanti, è possibile, ma è possibile anche il contrario.

Pippi è attiva e si dà da fare. Non aspetta regali, concessioni o principi azzurri. Se ha fame cucina, se ha voglia di avventura la va a cercare, e quando le prende nostalgia del natale decora la sua casa e adobba l’albero con mille luci. Pippi è l’antipiagnisteo.

Per questo dopo tanti anni a leggere Pippi non si sbaglia. Che a guardare bene per noi Annike adulte in cerca di rivoluzioni, di signore calzelunghe ce n’è ancora molto bisogno.

** Le immagini sono tratte dal sito: http://www.astridlindgren.se/en.

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49 thoughts on “Perché abbiamo ancora bisogno di pippi calzelunghe”

  1. Daniela, dai, diamo a Clara quel che è di Clara!!! Si rimette in piedi dalla sedia a rotelle nonostante la signorina Rotthermaier! Ma che possiamo chiedere di più a quella povera figlia! 😉

    Anna, allora alla prossima occasione compro una bella edizione di Emil.

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  2. @alessia facciamo una lettera aperta per la riedizione!
    anche io ho i vecchi libri, quelli con le foto dei film dell’epoca. ogni tanto conservare fa bene 🙂
    @silvia ivece secondo me ha un buon effetto. l’ho sperimentato di persona, perché Emil si mette nei pasticci per troppa intelligenza fuori dall’ordinario, e vedendosi dall’esterno le piccole pesti imparano parecchio, anche e soprattutto ad accettarsi.
    @daniela la strega è il contraltare della principessa. c’è un momento in cui le ragazzine passano dal costume rosa a quello nero, ed è un momento di grande consapevolezza.

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  3. Ho riletto cercando spunti di letture per la cucciola.

    Heidi però… vero, personaggio femminile, ma posso dire che mi sembra trooooppo docile? Insomma, mai un secondo di rabbia, e l’amica (quella sulla carrozzina) taaaaanto lagnosa, tutto un po’ smielato, insomma, non so, a me piacciono i personaggi con un po’ più di polso e qualche crisi di rabbia 😉

    A parte questo, per i libri, ho trovato due libri di “strega allegra”, di Impey Rose mi pare, che alla mia gnoma sono piaciuti tanto, adatti verso i 5 anni, protagonista questa streghetta (in età da elementari), nel primo (strega allegra e il draghetto) trova un draghetto e riesce a convincere, con tanto impegno e qualche pasticcio, i suoi a tenerlo, nel secondo è a scuola, con poca voglia di andarci, un compagno dispettoso, insomma, bello perché è una normalissima bambina in cui ogni bimbo si può immedesimare, pasticciona, testona, simpaticissima!

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  4. Ecco, mi toccherà prendermi l’intera serie!
    Io non li ho mai letti, e guardavo il telefilm sporadicamente. Evidentemente mi sono persa troppe cose… Grazie anche per gli altri suggerimenti, darò un’occhiata in giro!

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  5. Il libro di Bullerby l’ho amato ancora di più, ero già alle elementari e me lo leggevo da sola, purtroppo ho visto che è introvabile, io per fortuna ho ancora la mia copia dell’epoca (devo solo trovarla a casa dei miei…).

    Pippi invece me la facevo leggere prima (e poi me la rileggevo da sola) a fumetti, esisteva un’edizione in 3 volumi di Salani (che ovviamente ho conservato) bellissima e con i disegni originali, purtroppo è fuori catalogo anche quella! 🙁

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  6. Ci hanno passato delle cassette di pippi… Che dire, la mia bimba ne è rimasta entusiasta, a volte perplessa, ma le ha riguardate tantissimo… Il Natale da sola? Ma alla fine non andavano da lei tutti i bimbi del villaggio? Boh, però non è il film, sono puntate, non so.

    Ora l’epoca pippi (che è arrivata dopo l’epoca Dora) è passata per lasciare posto all’epoca numerotti. 😉

    Le ho cercato un libro, in biblioteca però era davvero ancora troppo lungo per lei. Lo ricercherò.

    Come la vedo? Un po’ troppe pretese per una bimba (un padre che la lascia sola consapevole di farlo, lei che si deve aggiustare anche per organizzarsi un natale e un compleanno, ecco, queste cose lasciavano perplessa la mia gnoma), ma anche tanta fiducia nelle possibilità di ognuno. In una puntata ha rovesciato un secchio d’acqua in terra, per pulire il pavimento pattinandoci sopra con due spazzole sotto i piedi. La gnoma mi ha chiesto “mamma, ma noi possiamo” illuminata e speranzosa. Le ho risposto “tesoro, sarebbe divertentissimo farlo, ma molto meno asciugare” e ha capito che non era la realtà.

    Ecco, basta che ce lo ricordiamo anche noi, e recupera subito leggerezza!

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  7. qualche risposta ancora

    l’età per leggere Pippi non c’è. Si può provare anche a partire dai 3 o 4 anni. se i figli vi seguono continuate, altrimenti soprassedete. sicuramente per i bimbi di 4.5 anni vanno bene i racconti di bullerby e karlsonn sul tetto, ed Emil, mitico ragazzino intelligentissimo e combinaguai. un altro ribelle meraviglioso.
    per i più grandi (9-10 anni) Rasmus e il vagabondo, vacanze all’isola dei gabbiani e i fratelli cuoridileone, molto bello. parla della morte quindi molti genitori ne hanno paura. io l’ho letto da piccola e ancora ne conservo un ricordo meraviglioso.

    per le protagoniste femminili interessabti vi consiglio anche i romanzi di Eva Ibbotson. La adoro.

    per uuna biografia sulla Lindgren purtroppo in italiano non c’è niente. Serena, magari potrebbere essere il tuo prossimo incarico quello di tradurre dallo svedese qualcosa!!!! comunque qualche info la trovate sul sito linkato in fondo al post

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  8. appunto, quando si dice la forma mentis…

    figlia sopra

    tutti e due sotto, a ben vedere!!!

    Così ha doppiamente ragione Serena: cosa è adatto ai maschi e cosa alle femmine? O cosa è adatto a entrambi?
    Ah, le differenze! 🙂

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  9. che strano, da babbo penso forse che abbiamo bisogno di Pippi Calzelunghe (dico “abbiamo” noi maschietti) per capire che gli stereotipi sul femminile si possono ribaltare con molta facilità o meglio con la fatica necessaria a capire che lo status quo, le idee sul mondo non sono mai ferme ma si spostano se le guardi da angolazioni diverse. Se le (ri)discuti in continuazione senza aver paura che ti cambino sotto gli occhi.
    Non so.
    Mi è venuta voglia di rileggerlo insieme ai miei figli (tutti e due, femmina e maschio, of course)…

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  10. che strano, da babbo penso forse che abbiamo bisogno di Pippi Calzelunghe (dico “abbiamo” noi maschietti) per capire che gli stereotipi sul femminile si possono ribaltare con molta facilità o meglio con la fatica necessaria a capire che lo status quo, le idee sul mondo non sono mai ferme ma si spostano se le guardi da angolazioni diverse. Se le (ri)discuti in continuazione senza aver paura che ti cambino sotto gli occhi.
    Non so.
    Mi è venuta voglia di rileggerlo con mia figlia…

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  11. Anch’io non ho conosciuto bene Pippi e da piccola mi sembrava “strana”, forse proprio perché non rientra negli stereotipi classici delle favole.
    Vi ringrazio tantissimo per i consigli sulla lettura (che in effetti meriterebbero un post a parte): mia figlia è ancora piccola ma sullo scaffale l’aspettano già le Favole al telefono e Matilde (visto che si chiama come lei), aggiungerò anche questi!
    Comunque fortunatamente anche le favole si stanno evolvendo, visto che anche il super-tradizionale disney sforna protagoniste come Belle o Tiana della Principessa e il Ranocchio.
    Piano piano…

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  12. la solitudine di Pippi e’ la stessa solitudine di Peter Pan, entrambi adorati da me da piccola (closethedoor: Matilda, concordo!!! bellissima) cosi’ come adoravo Mary Poppins, non nel film sdolcinato e canterino, ma nei romanzi della Travers, assolutamente fantastici, li ho riletti e riletti fino allo sfinimento. E, fra i tetti di Peter Pan e quelli di Mary Poppins, capite bene che non appena ho messo piede oltremanica mi sono detta io non me ne vado piu’ di qua 🙂

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    • Vorrei sottolineare quello che ha detto anche Silvia. Non è una lettura adatta solo alle femmine, è una lettura assolutamente adatta a tutti, maschi e femmine!

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  13. Close, anche io ho imparato a leggere su Topolino. Prima seguivo le storie guardando le figure, poi ho iniziato a leggere per cercare i capirle fino in fondo!
    Noto però che i fumetti arrivano un po’ dopo. Mi sbaglio?

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