Ieri sono volate sul web un paio di polemiche che mi hanno particolarmente colpito, soprattutto perché me le sono ritrovate la sera a tavola insieme a Ivan e Andrea.
Qualche antefatto, in parte già molto noti e in parte privati: un ex premier italiano si è lasciato andare, in una situazione congressuale/pubblicitaria, a una volgare battuta sessista rivolgendosi a una donna che era lì per svolgere il suo lavoro, che non ha saputo o potuto fare altro che un sorriso di circostanza, mentre il pubblico rideva ed applaudiva; ore più tardi, in diretta televisiva, un comico truccato per uno sketch satirico come un noto politico ha formulato una pesante battuta sessista rivolgendosi a una donna ex ministro in studio (studio nel quale si rideva e si applaudiva), la quale ha replicato esigendo scuse che non sono arrivate né dal comico né dal conduttore in studio. Questi due episodi, per una circostanza abbastanza casuale, sono stati visti anche dai miei figli perché abbiamo cenato insieme all’ora del notiziario serale.
Per quanto riguarda un giudizio sui due episodi in sé, mi basta e avanza quanto detto da Giovanna Cosenza.
I miei due figli hanno visto quelle scene, hanno sentito quelle parole in televisione: vediamo insieme di capire qual è il grosso problema che un genitore deve affrontare, in queste situazioni.
Non è un problema spiegare chi sono i protagonisti. Si può benissimo, per dei bambini di cinque e otto anni, limitarsi a spiegazioni oggettive senza far pesare troppo la propria opinione politica, il prorpio orientamento di giudizio. Trovo che faccia parte del mio dovere, per esempio, non parlare ai miei figli facendo precedere al cognome dell’ex Presidente del Consiglio aggettivi offensivi sul piano personale. Già è complicato spiegargli perché è “cavaliere”, figuratevi se mi va di indottrinarlo sulle parolacce più in voga per descriverlo. Ce ne sarà tutto il tempo, già lo so. E questo vale per tutti i politici, uomini e donne.
Non è un problema neanche spiegare il signficato di locuzioni come “Lei viene? Ma quante volte viene?” oppure “Fortuna che c’è aaa nostra Carfagna elettorale che… qualcosa tira sempre su”. Sono a disposizione di chiunque mille perifrasi, giri di parole, o spiegazioni accettabili per un bambino – il web e il mercato editoriale sono pieni di offerte, in questo senso. Inoltre, ci vuole molta dimestichezza con il linguaggio per apprezzare doppi sensi e allusioni, forme retoriche che perlopiù sfuggono ai bambini. Per loro metafore e paragoni sono molto efficaci e apprezzati, ma l’ironia o la satira sono ancora un gradino più su, bisognerà attendere anche per quelle.
Quello che è veramente complicato da spiegare è il motivo per cui tutti ridono davanti a qualcosa che, invece, non fa ridere per niente mamma e papà. Io e mia moglie non ci troviamo niente da ridere nel sessismo – come in ogni altra forma di razzismo – e non ci piace neanche fare il classico sorriso o ghigno di circostanza pensando “io sono diverso, io non farei mai così”. Troviamo entrambe le cose molto ipocrite, per non dire peggio, per cui abbiamo un comportamento molto diverso da quello che si vedeva sullo schermo, e purtroppo anche da quello che capita di vedere ogni tanto nella nostra vita sociale. Mamma e papà fanno delle cose che “non fanno tutti” – mamma e papà non trovano il sessismo divertente – e questo sì che è un problema complicato. Perché un bambino vede le persone ridere ed è davvero difficile fargli capire che una cosa bella come ridere potrebbe essere sbagliato, offensivo, volgare e triste.
Fateci un favore: smettete di ridere anche voi, davanti al sessismo come davanti a ogni altra forma di razzismo, anche se usata “per far ridere”. Aiuterete i miei figli e, mi permetto di credere, anche i vostri.
Questo post deve fare il giro del globo per quello che dici e per come lo dici.
Aggiungo solo una frase dettami una volta da un’amica psicologa di fronte al mio sgomento e demoralizzazione a fronte di comportamenti altrui di cui non mi capacito e per cui non ho parole adatte per spiegarne a mia figlia: Cara Monica, se tutti avessero ricevuto da bambini uno sguardo amorevole quanto basta, un abbraccio quando ne avrebbe avuto bisogno, se tutti si fossero sentiti desiderati, voluti, amati quanto basta… il mondo sarebbe migliore, ma non è così.
E a me sembra che stiamo tornando sotto certi aspetti alle bassezze del passato in cui la società “civile” non era ancora stata scoperta…
Igor, portare una maschera non giustifica un bel niente – la scelta di quelle parole a quell’ospite in studio è di Marcorè, non di Gasparri. Tu stesso hai detto che in altre situazioni ha scelto altri linguaggi, quindi il sessismo è il suo. E non servono prove, non stiamo cercando un crimine, solo la responsabilità di una scelta. E, come per quella del Gasparri ‘vero’, il sessismo è una scelta ingiustificabile per chiunque.
La satira del sessista la puoi fare mostrandone la pochezza di argomenti, la nascosta paura di soccombere a un genere diverso, l’ignoranza celata nei luoghi comuni in cui crede, l’incapacità di attribuirsi la violenza che comunica, la difficoltà dei suoi pregiudizi ad applicarsi alle donne della sua famiglia, la volontà di esercitare un potere senza il quale non sa riconoscersi… strumenti alternativi a una battutaccia ce ne sono tanti e vengono in mente pure a me che comico non sono.
E non sto solidarizzando con Carfagna se dico che il linguaggio di Marcorè è stato sessista. Questa cosa non implica affatto l’altra, e non ho voglia di annoiare ancora di più gli altri inseguendo argomenti che non c’entrano.
Ma l’imitazione satirica è una caricatura (più o meno acuta) proprio di “ciò che vuoi satireggiare” come dici tu. Se faccio la satira del sessista o gli faccio dire cose sessiste oppure non gli faccio dire nulla (e non è colpa di chi fa satira se la gente ride per il sessismo e non per la caricatura). L’effetto-Bagaglino è quello che giustamente dici tu, rendere simpatici gli obiettivi un po’ come fa Crozza con Bersani. Ma quella è un’altra cosa legata al fare più o meno bene la satira.
La satira deve ricorrere anche al sessismo e al razzismo (ovviamente cum grano salis) se servono per deformare in modo ‘realistico’ (non riesco a spiegarmi con altri termini) l’obiettivo; certo il rischio concreto è che si rida di questo sessismo e di questo razzismo anziché della caricatura e possiamo discutere sull’opportunità di farlo. Ma per favore evitiamo di attribuire i difetti della caricatura a chi la rappresenta (a meno che non abbiamo prove del contrario, ovviamente)
Solidarizziamo con la Carfagna quando veramente lo merita, ad esempio quando fu attaccata da Sabina Guzzanti (in versione tribuno della plebe) qualche anno fa in quella manifestazione pubblica per le presunte intercettazioni sulle ministre che parlavano del sesso orale a Berlusconi, quella sì una roba squallidissima; e per la ‘mignottocrazia’ di Guzzanti padre.
Ho cercato lo spezzone di Crozza-Ingroia su Google.
Diciamo che neanche Crozza è Chaplin.
A mio parere la Carfagna non meriterà mai un insulto sessista perché la legge del taglione è una cosa disumana. Quindi non la applicherei neanche alla satira.
Si può ridere di tutto, Igor, ma se replichi ciò che vuoi satireggiare, fai un favore a quest’ultimo. Al Bagaglino, pochi anni fa, era permesso in televisione ciò che ad altri era vietato proprio perché quella satira faceva molto comodo ai “bersagli”.
Il sessismo non è meno violento perché lo fa “il buono” mascherato da “cattivo”. E se Marcorè ha voglia di ‘bagaglinare’, può farlo certamente – a me non fa ridere. Quello è sessismo.
Lorenzo non sto dicendo che tra chi rideva non ci sia gente sessista, però c’è anche gente che ride per Vichi di Casapound di Caterina Guzzanti e il mafioso che telefona a zu’ Silvio di suo fratello, ma non per questo si stanno sdoganando argomenti serissimi come il neofascismo o la mafia. Tutt’altra storia è quando Grillo o Berlusconi fanno robe simili.
Ho già detto che Marcoré è ben lontano da Chaplin, e possiamo benissimo non ridere e può non piacerci, però non accusiamolo di sessismo quando fa una battuta come quella quando è Gasparri. Non ho ancora sentito levate di scudi (e spero di non sentirne, per il bene della libertà di satira per quanto sia discutibile) ad esempio su Crozza che per imitare Ingroia ricorre allo stereotipo del meridionale pigro e nullafacente.
Diciamo che se non avesse optato per il doppio piccione con l’unica fava mi sarei rasserenata di più
@supermambanana
Per quanto uno possa amare Marcoré, penso che nessuno lo ritenga Chaplin, quindi accontentiamoci del contributo della sua satira e limitiamoci a vederla come dileggio del potere. L’ha battuta non l’ha detta il vero Gasparri, ma il sessismo (e l’imbecillità complessiva, aggiungerei io) di quest’uomo sono conclamate da tempo. Poteva scegliere altre caratteristiche gasparriane, come ha fatto in Marcoré passato, e cosa dovremo dire, che non si deve ridere del neofascismo, del razzismo, dell’arroganza del potere? (tutte cose che infatti di per sé non fanno ridere
La Carfagna si può ‘meritare’ una simile battuta non perché è stata una soubrette o ha fatto calendari – ovviamente non c’è nulla di male – ma perché il suo antisessismo mi sembra molto a corrente alternata, scandalizzata con Marcoré nel giorno in cui il suo amato presidente – con la sua faccia e nel bel mezzo di un’iniziativa politica – aveva appena fatto la scenetta del ‘venire’ (e questa è solo la punta di un iceberg molto più grande).
Igor,
Chaplin ha fatto tutto un film su Hitler facendone un capolavoro della satira senza il bisogno di usare un linguaggio antisemita.
Se Marcorè non è Chaplin – e Gasparri non è Hitler – il problema è loro e non mio che per loro incapacità devo sorbirmi linguaggi e atteggiamenti sessisti affinché vengano strappate risate complici che avallano quel linguaggio.
Credo che la cosa a te sfuggita sia che in entrambi i casi il pubblico ha riso, approvando così con un gesto inequivocabile “tutto il pacchetto”: Berlusconi e e suoi orgasmi, Gasparri, Marcorè, i peni eretti e il sessismo. Le tue distinzioni, oltre che discutibili, sono fatte a posteriori: non possono avere quella stessa efficacia, quindi non servono, ormai il sessimo è già passato da uno agli altri. Se si vuole fermare il sessismo, va fermata quella risata complice, mostrando che ce ne possono essere altre – su Gasparri, poi, figuriamoci! – che non avallano nessun razzismo.
@supermambanana, anche secondo me.
Igor ci ho pensato molto su questa cosa, perche’ anche oggetto di dibattito in molti siti, ma non sono completamente sicura. Gasparri non ha pronunciato quella battuta, Marcorè, nell’interpretare Gasparri, ha scelto quella battuta. Non si puo’ totalmente dissociare Marcorè dalla scelta di ridicolizzare Gasparri usando quella battuta, e non altre. O dalla scelta di nominare, in quella battuta, la Carfagna, nonostante lei fosse presente in sala. Marcorè ha scelto, per ridicolizzare Gasparri, di mettergli in bocca una battuta sessista. Né si può affermare che fosse “satira”, la satira deve stupirti, deve farti pensare, deve farti riflettere dandoti un angolo di lettura diverso a certi comportamenti di qualcuno, tipicamente potente. Qui non c’era satira, c’era una reiterazione trita e ritrita del personaggio sessista. E il fatto che sia stata proprio la Carfagna oggetto della battuta, e non un’altra presente in studio, un’altra che non avrebbe dato adito al classico commento “e, ma se l’è meritata”, aggrava l’ipotesi di sessismo. Secondo me, eh? 🙂
@Lorenza, beh almeno il tuo collega vede il problema. Perchè non si tratta solo di riceverle, certe mancanze di rispetto, ma anche di rispondere in modo inattaccabile (vedi commenti vari ricevuti da quella poveretta) e immediato, quando sei imbarazzata davanti a tutti e penso anche incacchiata…
Mi piacerebbe sapere cosa penserebbero tutte queste belle persone che minimizzano se queste stesse “battute” venissero fatte alle loro mogli o figlie, o meglio ancora a loro stessi da un uomo con evidente interesse nei loro confronti.
Lorenzo, concordo pienamente con te che la Tv non è il male e va cambiata e non è sufficiente spegnerla perché purtroppo le trasmissioni continuano anche se noi non le guardiamo.
Purtroppo è vero che il problema è fuori, ormai sembra che si sia abbassato il livello di sensibilità e si possa dire o fare tutto.
Giusto ieri commentavo con i colleghi questi fatti e molte colleghe donne non capivano la mia indignazione, molte dicevano “eh vabbè, si sa che B. è sopra le righe”, “ma che vuoi che sia, non è mica l’unico”.
Ecco, no, vabbè un cavolo. Appunto B. non è l’unico, ed è ancora più graveil fatto che sia proprio un personaggio di spicco a sdoganare il peggiore sessismo da osteria.
Ci sono cose che non andrebbero dette e non andrebbero fatte, tra le tante suddividere le donne tra “racchie invidiose” e “gnocche”, sottintende un’idea oscurantista della donna e del suo ruolo (o meglio “uso”) che mi spaventa.
A sopresa mi ha fatto sorridere un collega che ha esclamato con slancio “certo deve essere difficile a volte essere donne!”. Eh già 🙂
Penso però che a tutti stia sfuggendo un fatto… non c’è dubbio sul sessismo e in ultima analisi sulla non comicità della battuta. Ma c’è un fatto importante: non l’ha detta Marcoré, l’ha detta Gasparri, Gasparri interpretato da Marcoré. Non è come certe uscite di Grillo, per dire, che ci mette la sua faccia vera. Immagino che se dovessi imitare Hitler dovrei mettergli in bocca espressioni razziste e antisemite, cose che non farebbero ridere di per sé certamente ridere.
Secondo me quella battuta, in bocca a Gasparri, non è affatto fuori luogo per quanto lo conosciamo. E Gasparri non fa ridere, o meglio è ridicolo ma non nel senso dell’acutezza di una cosa che può uscire dalla sua bocca: è ridicolo perché è una persona ignorante e limitata, cosa che di per sé non è comica, ma lo diventa nel momento in cui lui invece si ritiene arrogantemente superiore.
Doppia hola, Lorenzo, per il post e per il commento. E concordo anche con Lorenza, facile prendersela con la donna che come fa, sbaglia. Troppo facile. Non ho visto nessuno dei due episodi incriminati (TopaGigia va a letto proprio tra le 20 e le 20.15, grazie al cielo), ma la cosa triste è che non faccio nessuna fatica a immaginarmeli, perchè negli ultimi anni ne abbiamo visti tanti, troppi troppo simili. Il problema è anche questo: la quantità di sessismo al quale siamo giornalmente esposti. Le chiacchere al bar, sui mezzi pubblici, al lavoro, e poi la tv e il cinema, anche straniero, le pubblicità per strada e sui giornali…
Credo che non ridere, mostrare a noi stessi e a chi ci sta intorno che queste battute non ci fanno ridere perchè davvero non c’è niente da ridere sia il punto di partenza più chiaro, rivoluzionario e coerente che abbiamo.