Nel mare ci sono i coccodrilli

La Staccata: Quella che state per leggere è in assoluto la recensione più difficile che abbia mai scritto per questa rubrica. Il mio timore era quello di scadere nella retorica e di riportare frasi fatte quali: “Esiste al mondo gente molto più sfortunata di noi”. Questo lo sa chiunque, persino un bimbo. Il mio dubbio oscillava fra l’opportunità di rendere o meno partecipe Superboy di realtà lontane anni luce dalla sua. Lui vive in una famiglia non dico agiata, ma che ha il privilegio di potergli offrire tutto ciò di cui ha bisogno uno ragazzino della sua età: affetto, principalmente, ma anche la sicurezza di poter continuare a comportarsi da bambino fin quando le circostanze lo consentiranno.

Il suoi problemi includono il non superare il livello di un videogame, il dispiacere per un bisticcio con l’amichetto del cuore oppure il non saper gestire la sua precoce voglia di essere un adolescente bizzoso, sospeso in un limbo scomodo a metà fra il bimbo ancora bisognoso dei suoi genitori e il ragazzino assetato di indipendenza. Vive difficoltà da bambino, insomma, com’è giusto che sia.

Ci ho pensato su un bel po’ prima di leggere questo splendido racconto di Fabio Geda a mio figlio. E’ tratto dalla storia vera, drammatica e intensa di un ragazzino poco più grande di lui costretto improvvisamente a diventare un uomo. La testimonianza di Enaiat è splendidamente trascritta dall’autore, ma temevo che potesse turbare mio figlio. Non è stato così. Spiegarvi perché dovreste proporre “Nel mare ci sono i coccodrilli” ai vostri bambini rischiava di farmi scivolare nella banalità. Scovare la giusta chiave di lettura non è stato semplice. A trarmi dall’empasse è stato, come al solito, Superboy.

Cito uno stralcio della sua recensione “E’ un libro dove Enaiat ritrova un suo amico a Torino che lo aiuta e quindi è a lieto fine, come le favole.” E’ una frase semplicissima, però credo che sia fondamentale per spiegarvi perché questo libro va letto: molti dimostrano perplessità nei confronti della struttura delle fiabe, io per prima. Sono spesso infarcite di personaggi mostruosi, streghe cattive, troll affamati di carne umana e lupi cattivi. Ma il lupo cattivo, alla fine, muore sempre. A vincere è il lieto fine, ed è questo il perno principale al quale sono saldamente ancorate le fiabe.

Di lupi cattivi Enaiat ne incontra diversi, uno più spietato dell’altro. Ma alla fine riesce a liberarsi del suo carico di dolore. Durante il suo interminabile viaggio quello che lo sorregge è il dono prezioso che sua madre gli fa prima di lasciarlo. Gli regala un sogno: “… poi ha alzato lo sguardo in direzione della finestra, e ha cominciato a parlare di sogni senza smettere di solleticarmi il collo. Di sogni come la luna, alla cui luce è possibile mangiare, la sera. E di desideri, che un desiderio bisogna sempre averlo davanti agli occhi, come un asino una carota. Che un desiderio, qualunque sia, lo si tiene in alto, a una spanna dalla fronte, allora di vivere varrà sempre la pena.” Ho letto questo libro tutto d’un fiato, incastrata fra pena, stupore, meraviglia e ammirazione per questo ragazzino speciale ma purtroppo non unico.

“Ma non stupirti. Non ero solo. Perché questa è anche la storia di tanti bambini come me.” Questo c’è scritto sulla quarta di copertina, eppure vi assicuro che leggere questo libro vi stupirà. Non ci troverete mai un lamento, né ostentazione del dolore, autocompiacimento o pietismo. E’ ricco di speranza e persino di ironia. E’ una storia formidabile. Perché leggerla ai nostri figli? Per insegnargli che cos’è la forza e incoraggiarli a non arrendersi mai di fronte ai propri sogni.

Precisazione: il testo che abbiamo recensito è un’edizione illustrata e pensata ad hoc per i lettori in erba; ne esiste una versione integrale ma non è adatta ai bambini. Lo consiglio a partire dagli 8 anni in poi.

Superboy: questo libro è tratto dalla storia vera di Enaiatollah Akbari, un bambino afgano che ha dovuto lasciare il suo Paese per un viaggio durato cinque anni. E’ partito a dieci e si è fermato a quindici. Ha dovuto abbandonare l’Afganistan perché un uomo era venuto a casa sua e aveva detto a suo padre che doveva scaricare un carico di merce dall’Iran all’Afganistan. Per convincerlo ha detto: “ Se tu non vai in Iran a prendere quella merce per noi, noi uccidiamo la tua famiglia. Se tu scappi con la merce, noi uccidiamo la tua famiglia. Se quando arrivi manca della merce o è rovinata, noi uccidiamo la tua famiglia.” E questo non è un bel modo di fare affari (questa frase la dice Enaiat, così è il suo nome breve, ed è ironica. Certo che non è un bel modo di fare affari! ) Dei banditi hanno assalito il camion e il papà è stato ucciso e la merce rubata. Allora quest’uomo è venuto a casa di Enaiatollah e ha detto alla madre che doveva lavorare per lui. Così lei ha scavato una buca in giardino dove poteva nascondersi assieme ai suoi fratelli. Però dopo un po’ Enaiat non entrava più nella buca perché era diventato grande e allora è dovuto scappare via dall’Afganistan e mettersi a lavorare per sopravvivere.

Il fatto che un bambino deve lavorare non è una bella cosa perché sei ancora troppo piccolo. Un bambino deve studiare, stare con i suoi genitori e giocare con gli amici. Lavorare è una cosa faticosa da grandi. Ha viaggiato molto, il libro ha una mappa che lo mostra. Da Nava è andato a Kandahar, poi a Quetta (in Pakistan) poi in molte città dell’Iran, in Turchia, in Grecia e alla fine in Italia, a Torino.
Il primo viaggio in Pakistan lui è rimasto da solo, aveva solo dieci anni e la sua mamma gli ha detto che dovevano dividersi, perché lì sarebbe stato al sicuro. Questo perché nel suo paese c’era la guerra. Secondo me la mia mamma mi ha letto questo libro perché… è molto difficile da spiegare il perché. Forse perché nella vita non è sempre: “Tanto lo fa mamma, tanto mi aiuta papà…” ma bisogna anche sapere che la vita è tutt’altra cosa, molto tutt’altra. Cioè ti puoi trovare in situazioni difficili e in quel caso non si può dire: “Tanto me lo fa mamma.” Io sapevo che ci sono bambini che vivono queste storie orribili, l’ho sentito in televisione ma ora che l’ho letto in questo libro mi risulta molto più chiaro quello che sentono.

E’ un libro dove Enaiat ritrova un suo amico a Torino che lo aiuta e quindi è a lieto fine, come le favole: trova una famiglia che gli vuole bene, ricomincia ad andare a scuola, mangia bene e si sente amato che è quello che dovrebbero avere tutti i bambini. Poi telefona alla mamma e non dicono niente, solo lacrime salate. Questo significa che anche se una mamma è lontana da te continua ad amarti. La mamma di Enaiat è felice perché il suo bambino non è più in mezzo alla guerra (e vicino a quel brigante cattivo) e ha inseguito il suo desiderio. Io mi sono un po’ commosso, ma non ho pianto.

– de La Staccata 

Se ti fosse venuta voglia di acquistare questo libro, fallo usando questo link e aiuterai questo sito a crescere:
LaFeltrinelli.it
Amazon.it

Prova a leggere anche:

Previous

L’autostima misurata sul fratello gemello

Fecondazione assistita: ora la possibilità di non riconoscere il figlio

Next

23 thoughts on “Nel mare ci sono i coccodrilli”

  1. Solo ora trovo il tempo di leggere i commenti. Sono contenta che il mio regalo sia stato così tanto condiviso. Io stimo molto Fabio Geda, perché ha saputo raccontare questa storia da educatore qual è e non da giornalista. Quando è uscita l’edizione illustrata non ho resistito e l’ho presa per Piccolo Jedi, un bambino curioso con una luce straordinaria negli occhi, che amo molto (Meryem è ancora troppo piccola).

    Reply
  2. Io il libro l’ho letto ma non sapevo dell’edizione illustrata. Credo proprio che l’acquisterò, mio figlio è nel momento giusto per leggere nero su bianco ciò che io gli racconto, della sua fortuna di stare in una percentuale piccola di bambini privilegiati(perchè la maggioranza sul nostro pianeta non lo è altrettanto).
    Grazie a Superboy!

    Reply
  3. pensavo una cosa mentre leggevo la recensione e i commenti, e cioe’ il fatto che Superboy non abbia pianto e’ la testimonianza che questo e’ proprio il momento giusto per raccontare certe storie, prima quindi che reazioni come il pianto possano rendere meno efficace la lettura: noi piangiamo perche’ ci identifichiamo con la situazione, perche’ sappiamo delle guerre, perche’ magari pensiamo a questo bimbo e lo vediamo con gli occhi che guardano i nostri bimbi, abbiamo cioe’ un vissuto alle spalle come adulti che ci fa “collegare i puntini”, mentre per un bambino questi sono ancora “fatti” semplici e chiari, non devono rendersi conto del dramma completo, non sarebbe giusto ne’ opportuno alla loro eta’, per rendersi conto di un dramma cosi’ devono essere genitori a loro volta per esempio, ma possono benissimo accettare la storia per quello che e’, e quindi, come diceva Silvia, sapere un po’ di piu’ del loro compagno di banco, guardarlo con consapevolezza, e senza la compassione che certe volte a noi adulti ci fa piu’ danno che altro

    Reply
  4. @Franci: i nostri commenti si sono incrociati. Mentre tu pubblicavi il tuo, io rispondevo a Silvia e a Closethedoor.
    Ecco cosa significa il “grazie” che ho risposto a Silvia. Di cose belle ne ho fatte tante assieme a mio figlio, ma nulla è paragonabile a questa rubrica. E’ anche grazie a questo spazio che Superboy riesce sempre a soprendermi.

    Reply
  5. @Silvia: smentisco la mia fama di logorroica allo stadio terminale rispondendoti semplicemente “grazie”.

    @Closethedoor: sì, Superboy sta sicuramente crescendo. Però (e questo è il mio personalissimo parere) il fatto che non abbia pianto da una parte per me è un sollievo ( torno sempre al discorso del “questo libro turberà troppo mio figlio?”), dall’altra forse indica che, per quanto possa essere un ragazzino sensibile, probabilmente non si è reso del tutto conto del dramma di Enaiat. Considerando, però, che mio figlio ha un vissuto troppo distante da quello del protagonista del libro, credo che la sua reazione sia del tutto comprensibile. Questa storia però l’ha colpito, me ne ha parlato per giorni e ieri l’ha anche riletta. In realtà avevo questo libro fra le mani già da un mese, ma non mi decidevo a farglielo leggere. Ora so che ho fatto la scelta giusta, almeno per lui.

    Reply
  6. “io mi sono commosso, ma non ho pianto” E lo vedi l’ometto come sta crescendo 😀 Bellissima recensione di entrambi, grazie davvero della segnalazione! Condivido in pieno quanto dici sulle fiabe, sono state snobbate per molto tempo ma più di qualcuno ne ha dimostrato la funzione sui bambini, quelle classiche però, non quelle ritoccate e manipolate da Disney che fa sparire o trasforma i personaggi troppo inquietanti: le fiabe tirano fuori le paure più profonde, ti fanno vedere il drago e ti dicono che lo puoi sconfiggere.

    Reply
  7. Ammetto che leggendo quello che ha scritto Superboy, mi sono scese diverse lacrime.
    Quello che potrebbe essere difficile da capire in questo libro, per un bambino, è che Enaiat non fugge dalla povertà, ma dall’ingiustizia, dal conflitto e dalla supremazia di uomini su uomini esercitata con la violenza.
    La povertà è un concetto semplice: c’è anche nelle favole. Tutti lì sono prima poveri, poi ricchi e felici.
    La guerra, il conflitto tra etnie, l’ingiustizia pura e semplice perpetrata come sistema di vita, invece, non sono comprensibili. Questa, secondo me, la difficoltà di questo libro.
    Eppure oggi il ragazzino che siede al banco accanto ai nostri figli potrebbe essere scappato da una situazione del genere. Per questo credo sia importante far capire anche ai nostri bambini che là fuori c’è un “tutt’altro”, come ha efficacemente detto il mio recensore preferito (scusa Lu’!). Perché sappiano accogliere, aprire le braccia e fare spazio a chi arriva da lontano.
    Aver realizzato la versione per bambini di questo libro è stato un gesto editoriale coraggioso. Averlo fatto leggere e recensire a Superboy anche, perchè il timore di turbare i nostri figli è sempre presente ed è giusto aver paura di non rispettare i loro tempi.
    Ringrazio Luana per questa recensione, per non essersi tirata indietro. E ringrazio Chiara che mi ha regalato questo libro.

    Reply
  8. @Cì: hai più che ragione. Questa rubrica è strutturata in tandem proprio per fornire il punto di vista di un bambino, ritengo che sia importantissimo perché aggiunge un plusvalore fondamentale a ciò che scrivo io. Sono soltanto un’adulta, io. Certe cose non riesco a coglierle come fa lui ( e qualsiasi altro bambino del pianeta), mio figlio mi regala gli occhiali per sconfiggere la mia miopia.

    @Chiara: non credo affatto che la tua argomentazione sia da troglodita, tutt’altro. Spesso i nostri bambini ( il mio in prima fila) non si rendono veramente conto delle loro pretese. Farglielo presente con fa mai male. Preciso per dovere di cronaca, così come ho fatto tante altre volte, che le recensioni di Superboy nascono in questo modo: ci mettiamo seduti vicino, io con le mani pronte sulla tastiera per trascrivere al volo ciò che dice. Spesso inizia a parlare a raffica, seppur io sia velocissima nella digitazione non riesco mai quasi a seguirlo. Mi limito a fargli da segretaria e a riportare testualmente ciò che mi dice, pause, dialettismi e sproloqui grammaticali inclusi. Sono proprio quelli che rendono le sue recensioni così simpatiche e vere.
    Quando vedo però che si interrompe perché non sa come proseguire nei suoi pensieri (com’è normale che sia, in fondo ha solo 8 anni e una manciata di mesi) gli pongo qualche domanda per facilitargli il compito e lui risponde. Sono stata io a chiedergli “Perché secondo te ho pensato di leggerti questo libro?”. Lui ha esitato un istante, poi mi ha risposto in un modo che mi ha colpito dritto al cuore: “…ma bisogna anche sapere che la vita è tutt’altra cosa, molto tutt’altra. Cioè ti puoi trovare in situazioni difficili e in quel caso non si può dire: “Tanto me lo fa mamma.” Questa piccola frase e il suo “bisogna anche sapere” ha sciolto ogni mio dubbio. Credo che sia stata una lettura decisamente “istruttiva”, anche se so bene che istruttiva non è il termine più appropriato per definire questa meraviglia di libro.

    Reply
  9. Qualche giorno fa mi sono arrabbiata davvero con mio figlio grande perché a 7 anni ha fatto un capriccio da bambino viziato, un malcontento generale perché il suo superfluo a volte è troppo, ma per lui non basta mai. Ho fatto una cosa pedagogicamente da paleolitico (lo so): gli ho detto che nel mondo ci sono bambini che non hanno mai visto un giocattolo nuovo, un paio di scarpe nuove, e che fanno una fatica terribile tutti i giorni. E’ un’argomentazione forse sbagliata, ma lui ha capito. Mi domando a questo punto se non sia giusto completare il quadro leggendogli questo libro. Forse è un po’ presto, forse corro il rischio di commuovermi mentre lo leggo, e non va molto bene. Ma il fatto che Superboy si ponga la domanda del “perché la mamma mi ha fatto leggere questo libro” la dice lunga sul fatto che i bambini capiscono, spesso, che certi libri sono per noi un modo di dire loro le cose indirettamente. In questo senso per esempio quel capolavoro che è “Urlo di mamma” per me era servito moltissimo.

    Reply
  10. Che bella recensione, grazie!
    Mi ha colpito il punto di vista di Superboy, è la cosa più interessante capire come “leggono” i libri che proponiamo ed elaborano i temi più delicati, e questo è sicuramente un libro importante.
    Per noi è prestissimo ma tengo presente.

    Reply
  11. @Mammamsterdam: sì, vanno semplicemente raccontate ai bambini. Credimi: Fabio Geda non avrebbe potuto farlo meglio di così.

    @M di MS: i commenti di Superboy ( che ha 8 anni e mezzo) li leggi nella recensione. Sapeva già che esistono certe mostruosità, ma solo leggendo il libro gli risulta più chiaro cosa sentono questi bambini. Si è commosso, ma non ha pianto. Quello che mi ha detto, e che non ho scritto in questo post, è che si sente molto fortunato e la pianterà di fare capricci stupidi. Io spero che mantenga questa promessa, non per un mio rendiconto personale, ma perché questa sarebbe la riprova che leggere questo libro gli ha fatto bene.
    Chi ha potuto buttare via questo libro? Già, me lo chiedo pure io, anche se ho letto solo la riduzione per bambini è un’autentica bestemmia gettare nella spazzatura una storia come questa. E’ come se nel bidone ci fossero finiti i bambini come Enaiat. Il che, a pensarci bene, purtroppo accade.

    @Lorenzo: se vuoi, invece di cederlo in comodato d’uso gratuito a Capa Tropea, Superboy lo consegno a te. Dimmi dove abiti. E’ il mio modo bislacco per dirti grazie.

    Reply
  12. Luana, quali sono stati i commenti di Superboy? A proposito, mi ricordi quanti anni ha?

    Io ho letto il libro nella versione per adulti ed è qualcosa che non si può dimenticare. Ma sai anche come mai l’ho letto?
    L’ho trovato nella spazzatura. Non sapevo di cosa parlasse, ma l’ho raccolto perchè ero scandalizzata dal trovare un libro nuovo nella spazzatura.
    Poi ho letto tutta d’un fiato la storia e mi sono chiesta ancora una volta chi avesse avuto il coraggio di buttarlo via.

    Reply
  13. Una recensione che mi ha fatto piangere come una fontana, figurati quando lo leggerò ai miei figli. Ma hai ragione tu che ci sono storie che semplicemente vanno raccontate.

    Reply

Leave a Comment