Ma che cos’ è questa emancipazione?

I dati di Google Analytics sono sempre interessantissimi per chi gestisce un sito. I nostri, tra le tante informazioni che ci danno su come viene recepito il nostro lavoro, ci indicano una considerevole presenza giornaliera di lettori dall’estero. Dato che il nostro sito è in italiano, ne deduciamo che ci leggono molti italiani che vivono all’estero. Del resto noi la expat (ma mi dicono che questo termine non sempre è ben tollerato dai nostri connazionali “emigrati”) ce l’abbiamo in casa!
E così abbiamo pensato che poteva essere gradita una rubrica in cui si raccontasse il punto di vista delle famiglie italiane o italo-qualcosa, che non vivono in Italia.
La nostra expat principale, Serena, aveva già scritto molto sull’argomento, così abbiamo incaricato la nostra ex contr.appuntatrice Supermambanana di offrirci il suo punto di vista, da italiana in UK, su ogni tema del mese. Ma potevamo lasciarla sola, dopo un anno a contr.appuntare con Silvietta? Giammai! Ecco allora che abbiamo arruolato nelle nostre fila una collaboratrice d’eccezione: Mammamsterdam.
Oggi inaugura lei, con il suo stile “fiume in piena”, la nuova rubrica GC International, parlandoci a modo suo di emancipazione femminile. Mettiamoci comodi e stiamo a sentire.

La nuova questione femminile? Ammazza, stiamo diventando persone serie. E allora ne approfitto per un’ analisi comparatistica nonché interculturale, attaccandomi financo alle teorie di Geert Hofstede, padre internazionale della cross-cultural communication per togliermi un po’ di sassolini dalle scarpe sulle emancipatissime, come no, mogli e madri nederlandesi.

No, perché con la scusa che vivo ad Amsterdam e me ne sono autonominata il cantore di corte, capite che mi vengano attribuite le cose più svariate. Ma il peggio non sarebbe che molta gente pensi che passo le giornate saltellando dal coffee-shop al sex-shop per fare dello shop-till-you drop (che con questa combinazione manco ci vorrebbe tanto, a crollare intendo, che mi manca il fisico e lo so), il peggio è la gente che mi interpella convinta che l’Olanda sia ancora il paradiso del libero pensiero, permissivismo et emancipazione, il laboratorio sociale d’Europa (hanno cominciato a dirselo da soli negli anni ‘80 mi pare e ancora ci credono), il paradiso del modello polder (anche questo è uno dei miti fondanti degli olandesi e come tutti i miti si vende bene ma non è che ti migliori il quotidiano, tutt’ altro). Insomma, ne approfitto per sfatarvi un po’ di miti sull’emancipazione degli olandesi che poi così se volete potete cercare di farvi tirar su da Serena per vedere se almeno la Scandinavia regge, che son tempi brutti signora mia.

E quindi, la femmina olandese, è veramente emancipata? Cosa riesce a fare l’Olanda a livello di politiche e servizi per giungere a tanto? E soprattutto, la donna e madre olandese è contenta di quello che ha? A queste e altre domande cercherò di rispondere oggi per GC International.

Ah, tutto questo ovviamente è storicamente determinato e la storia è come il sovrappeso, ognuno ha il suo (stavo per dire le tette, ma poi mi è sembrato discriminatorio verso i lettori masculi).

Allora, cosa notiamo nella missione di vita ed emancipazione della madre lavoratrice olandese?

1)    Intanto a parità di mansioni guadagna meno degli uomini, e in questo è in ottima compagnia con le colleghe di altri paesi. Questo in genere perché gli uomini sono più bravi e assertivi nel negoziare i periodici aumenti di stipendio e bonus. Però spesso lavora in proprio e allora guadagna quello che vuole.

2)    Lavora moltissimo part time (perché gli orari scolastici anteguerra sono ancora tarati sulla madre che sta a casa e che dalle 12 alle 13 si va a prendere i figli da scuola, li porta a casa per fargli mangiare un panino – qui si pranza a panini e si cena cucinato alle 18), poi li riporta a scuola e se li riprende alle 15, cara grazia se riesce a fare la spesa nelle pause (perché l’olandese fa la spesa piccola per i pasti ogni giorno e quella grossa per il resto al sabato).

3)    Partorisce spesso in casa, perché ci hanno fatto campagne promozionali selvagge e loro credono al mito del parto naturale (spesso non vogliono neanche sapere il sesso del nascituro perché è più naturale così e vuoi mettere la sorpresa). Ovviamente tutto questo costa meno al servizio nazionale, e comunque hanno percentuali di morte perinatale tra le più alte in Europa. Se questo dipenda anche dal fatto che hanno anche le primipare più vecchie d’Europa non lo so.

4)    Educazione sessuale e pillola gliel’hanno inculcato talmente bene che poi quando dopo i trenta vogliono rimanere incinte, si meravigliano che non restino incinte di botto. In compenso gli aborti sono molto pochi, ma anche lì non c’è problema. Il ginecologo obiettore non esiste, quello che esiste è il medico obiettore agli antibiotici, prima di prescrivertene uno meglio che tu sia moribondo. La pillola e la spirale comunque sono quasi sempre state comprese nel pacchetto dei farmaci gratuiti che ti tocca con l’assicurazione sanitaria, ogni tanto per risparmiare ci provano a toglierla, francamente in questo momento non so dirvi come stiamo messi. pillola del giorno dopo, idem.

5)    E a proposito di salute, qui tutto passa attraverso il medico di famiglia, visite specialistiche comprese. Il pap test di prevenzione te lo fanno standard ogni 5 anni, in Italia è consigliato annualmente. Ma se hai fondati motivi per controlli frequenti, ovviamente te li prescrivono, tutti a carico del servizio sanitario nazionale.  Per i bambini dai 0 ai 4 anni esiste il consultorio pediatrico che li controlla, pesa, misura, testa, vaccina e da consigli su come tirarli su. Per le malattie, il medico di famiglia. I pediatri lavorano solo in ospedale e solo per casi gravi. Il medico di famiglia comunque in caso di febbre ti riceve solo dopo che per almeno tre giorni hai/hanno avuto almeno 38. Prima lascia perdere – ma se fai la madre isterica e preoccupata o insisti, o ti inventi dei sintomi, ti ricevono anche prima.

6)    Se partorisce in ospedale e tutto va bene, il tempo di ricucirti, farti una flebo, bagnetto al bambino e doccia a te, e ti dimettono. Come due miei amici che ricoverati d’urgenza perché il bambino, durante il parto in casa è risultato messo di traverso, a mezzanotte sono stati lasciati liberi di tornare a casa con tanti auguri, senza manco sapere da che lato cambiare il pannolino. Per fortuna alle 8.30 avevano in casa la puericultrice che per i primi 8 giorni dopo il parto viene per 8 ore al giorno a farti da mamma e da infermiera. Pesa, misura, controlla punti (ma non può toglierli, per quello viene l’ostetrica) e cordone ombelicale, riempie dossier sulle poppate, pipì e cacchine del pupo e tu glielo devi aggiornare quando non c’è. Ti insegna a lavare, cambiare, allattare e fare il bagnetto. La mia mi ha anche insegnato a massaggiare il pupo e mi costringeva a mettermi a dormire, rifiutava di tornare a casa se non mi vedeva fare il pisolino. Ti cucina, fa la spesa, pulisce casa, fa il caffè agli ospiti e ti porta e riprende da scuola gli eventuali altri figli. Costa allo stato meno che tenerti un po’ di giorni in ospedale e fa molto di più. Con il vantaggio che non è tua madre e neanche tua suocera. In quella settimana lì, e parlo sempre di situazioni senza grosse complicazioni, torna a visitarti a casa la tua ostetrica, e viene l’ infermiera di quartiere a fare un prelievo al bambino per tutta una serie di test di routine.

7)    L’epidurale in teoria è sempre possibile se partorisci in ospedale, ma come in Italia se proprio ci tieni meglio chiederla prima. E il servizio sanitario standard ti fa solo un’ecografia intorno alle 12 settimane, e puramente per stabilire il termine se non ti ricordi quando hai concepito. Per il resto ti scegli la tua/le tue ostetriche che ti seguiranno tutta la gravidanza a intervalli sempre più ravvicinati, che ti organizzano visite e controlli se necessari (ricordo che una volta durante una visita di routine l’ostetrica si disse se non stavamo più tranquille a fare un monitoraggio, prese il telefono, chiamò l’ospedale, mi chiese quanto tempo pensavo di metterci ad arrivarci e poi disse; va bene, fra venti minuti è lì e venti minuti dopo stavo attaccata alla macchina). Insomma, non medicalizzano il parto, tutt’altro, ma tutto quello che serve e tutti i motivi di dubbio o preoccupazione li controllano a fondo.

8)    In genere la madre lavoratrice olandese se allatta al seno smette intorno al terzo mese (il congedo di maternità è di 16 settimane di cui 4 obbligatorie prima del termine, so di donne felici di un parto poco prima del termine perché gli dava qualche settimana in più con il neonato). Vero che ha diritto a tot tempo al giorno per tirarsi il latte sul posto di lavoro, ma come ovunque, la maggior parte delle aziende non ha uno spazio adatto e stare seduta in toilette a slogarti il polso con il tiralatte per una mano e guardarti la foto del pargolo abbandonato altrove nell’altra, diciamo che cara grazia quella che arriva a 4 mesi. Vero che anche i padri potrebbero prendersi il part-time, anche se un congedo vero e proprio non ce l’hanno, i soliti due o tre giorni per contare le contrazioni al momento supremo e andare a fare la denuncia all’ anagrafe il giorno dopo, e via, di nuovo al pezzo.

Qualche padre ci prova a prendersi il part-time, è previsto e in alcuni ambienti persino accettato, ma se guardi i padri che alle 3 di pomeriggio recuperano i figli a scuola per portarli a qualche attività, ti accorgi che o vivono del sussidio, o lavorano con i turni o sono tutti liberi professionisti, fighi o sfigati, fa lo stesso (per esempio cugino preferito che fa il manager sotto padrone il lunedì lavora da casa e pensa lui a prendere e ritirare le figlie, ma nel frattempo lavora e si rifà delle ore pomeridiane perdute la sera. Ed è comunque un’eccezione). Però se è lei a tenerci di più al lavoro o ha più possibilità di carriera, il padre olandese non ha il minimo problema a prenderselo lui il part-time e seguire i figli.

9)    Gli asili nidi esistono da relativamente poco, sono privati e costano un botto, ma con normative che cambiano di anno in anno con la dichiarazione dei redditi te ne detraggono una parte. Idem per pre-scuola (dalle 7:30 fino all’ apertura della scuola accolgono i bambini e gli fanno fare colazione e giocare un po’ prima di portarli a scuola) e doposcuola, te li paghi. Però ti scegli i giorni che ti pare – compatibilmente con il part-time che hai e le liste d’attesa – e in quei giorni lì sfrutti fino all’ultimo minuto – tanto sta pagato – che in genere è intorno alle 18.30. Considerato che la famiglia olandese tipo alle 18 in genere ha già sparecchiato e lavato i piatti, i ritardatari sono i soliti sfigati che lavorano fuorisede e si fanno 3 ore di coda al giorno per andare al lavoro. E se lasci i bambini da qualche parte più di 3 giorni alla settimana ti guardano malissimo e ti chiedono che li hai fatti a fare i figli se li devi far tirar su da altri. O te lo dicono alle spalle.

10) I punti esposti sopra chiariscono anche che quando la famiglia tipo si siede a tavolino per decidere entrate, uscite e organizzazione della vita familiare con i figli, in genere la decisione “più logica” e inevitabile è quella che la madre riduca o smetta del tutto di lavorare per spupazzarsi i figli fino almeno tutte le elementari, ovvero 12 anni. Cosa che in parecchie fanno più che volentieri, e infatti sono le madri laureate che “scelgono” di stare a casa per i figli le grandi riserve lavorative di quando l’economia tira. Poi in quei momenti mancano i posti a nido e doposcuola, ma in qualche modo si risolve, ci sono sempre i nonni, le vicine e gli amici.

11) In genere la donna olandese, con o senza figli il tempo per se stessa se lo prende eccome. In molte (e qui più donne che uomini) hanno il part-time di 4 giorni per avere il tempo di “fare cose belle per sé” che può spaziare dall’andare in palestra, unirsi a un coro per studiarsi la Passione di Matteo per Pasqua (una roba che sotto Pasqua ci sono quasi solo concerti della passione in giro), studiare per un dottorato, fare un qualche volontariato, che in Olanda la gente nuova la conosci solo se ci fai qualcosa insieme e se non ne incontri abbastanza al lavoro, ti metti a fare qualcosa per socializzare.

Una cosa molto tipica sono le uscite tra amici, che tanto li vedi solo previo appuntamento preso almeno 3 settimane prima, che qui tutti hanno i loro ritmi e i loro impegni fissi, e siccome gli olandesi amano l’ ordine e la regolarità spesso anche queste diventano appuntamenti fissi.

Per esempio figlio 2 sabato è stato a un compleanno di maschi, con tutta una serie di padri e zii da fare da accompagnatori. “Si, mi spiegava la madre, perché mia cognata tutti gli anni in questo periodo si fa il weekend di shopping con le amiche e a questo giro sono andate ad Anversa, per cui ogni volta mio fratello viene da solo a dare una mano con il compleanno di mio figlio”. Certo, se con le amiche hai questo periodo fisso, è inamovibile anche se poi nella vita ti ritrovi un marito dotato di nipote che fa il compleanno.

Che a proposito di uscite e di attività comuni per socializzare, il mio periodo delle migliori cene fuori è stato quando ero nella commissione genitori all’asilo, tutte madri, chevvelodicoaffà, al massimo a scuola ritrovi qualche padre a fare da tesoriere, e siccome ci eravamo molto simpatiche ogni 6 settimane avevamo iniziato ad andarcene a cena fuori per testare i ristoranti recensiti. Che con i figli piccoli e il lavoro una pausa di respiro ci vuole e farla in gruppo aiuta a non metterla in secondo piano.

Ma ci sono miei amici che per esempio si prendono una settimana di vacanze separati, tipo lui che da vent’anni si fa la settimana bianca fissa da solo con il cugino (e poi segue per la settimana successiva il resto della santa casa che lo raggiunge) e lei che appunto va a farsi i suoi giri con le amiche o la madre e le sorelle, (io invece scappo in Italia da sola e mi invento la qualunque per la gioia di non avere palle al piede).

Ora, se io penso a tutto questo, mi tornano in mente le mie colleghe di università a Groningen, tanti e tanti anni fa che mi facevano le donne emancipate, loro si che non erano schiave dell’uomo come le italiane, loro si che avevano il diritto di sbronzarsi in birreria e raccattare ogni sera un tipo diverso senza sentirsi dare della troia – di fatto se frequenti solo e sempre la stessa birreria dopo un po’ qualcosa alle spalle te la cominciano pure a dire, vai tranquilla – loro si che se volevano convivere con il ragazzo i padri non avevano niente da dire (visto che vivevano delle borse di studio il padre non dovendole finanziare aveva magari meno argomenti per imporre i suoi pareri), loro si che se volevano fare un figlio da sole non dipendevano da nessuno (e questo dei sussidi alle madri single, anche se ormai i sussidi non sono più quello che erano una volta, sono una lancia che mi sento di spezzare, anche perché in genere non sono le quindicenni senza voglia di fare un tubo nella vita che si fanno mettere incinte per avere casa e sussidio per fatti loro come accade spesso in altri paesi, ma sono anche le divorziate che non debbono dipendere dall’ex e hanno una serie di supporti pubblici. Cosa ottima in quei casi in cui possono rifarsi una vita anche se hanno figli piccoli, e talvolta traumatizzati, da seguire e che quindi non gli permettono di cercarsi un lavoro full-time per mantenersi entrambi).

[quote]Insomma a suo tempo e anche adesso a me veniva da dire: a che mi serve essere libera di sbronzarmi come un marinaio se in questo paese fino a quasi gli anni ’80 le maestre quando si sposavano dovevano licenziarsi sennò chi glieli guardava i figli? L’ emancipazione è un fatto di costume o di libertà nelle cose che contano? E quali sono le cose che contano?

Be, intanto l’autonomia economica da un uomo, padre o (ex)marito che sia mi sembra un bel primo passo, ben venga lo stato quando serve, che la gente fa pure più figli.  Fa più figli anche quando gli stipendi sono abbastanza buoni da far stare a casa la madre per risparmiare sull’asilo e allora già che ci sei in genere di figli tendi a farne due o tre, per ammortizzare le spese iniziali. Ma tutta questa cultura della madre che smette o riduce il lavoro per i primi anni dei figli resta una cosa che pagano solo loro, che avranno un buco di carriera, non arriveranno mai più a prendere lo stesso stipendio che avrebbero maturato se avessero continuato a lavorare e che se per caso divorziano restano a piedi, perchè loro sono quelle che hanno investito nella famiglia e gli uomini nella carriera. Non a caso molte laureate approfittano della pausa figli per mettersi in proprio quando capiscono che così è l’unico modo per non rimetterci in introiti e competenze e gestirsi meglio i tempi pubblico-privato. Che certe volte queste aziende hanno un tale successo che anche il pater familias si licenzia per lavorare con la moglie. E se va male, non è un dramma, ti trovi un altro lavoro.

Alcune lodevoli eccezioni ci sono, il mio mito è Femke Halsema, nominata segretario del partito, che dopo batoste elettorali è riuscita a tirarlo su, il tutto quando aveva appena avuto due gemelli di cui uno anche un po’ complesso e insonne. Il marito si è messo subito a part-time per seguire i bambini e lei arrivava la mattina in parlamento con le occhiaie fino al mento, due borsoni di carte che si era studiata e combattiva come sempre. Finita la legislazione si è ritirata. Normale, lo ha fatto anche Wouter Bos, ex ministro delle finanze ai tempi della crisi delle banche, che a un certo punto, e dopo essere stato maltrattato in tutti i modi dal partito di governo che alla fine se lo è dovuto mettere in coalizione per salvare la baracca, ha mollato la politica adducendo le cure per i figli da seguire adesso che hanno bisogno di lui. O Job Cohen, ex sindaco di Amsterdam e candidato premier alle ultime elezioni, che quando appunto è diventato sindaco (che qui è nominato dal partito che vince le amministrative, non eletto) lo ha fatto rinunciando a un posto da ministro a causa della salute della moglie e per non costringerla a traslocare all’Aja e starle comunque il più possibile accanto.

Nelle città nidi e doposcuola ci sono anche se sono cari ammazzati, ma ci sono anche le ludoteche per i bambini dai 3 ai 4 anni che ancora non vanno a scuola, dove la madre può mollarli per quel paio d’ore una o due volte a settimana a giocare intanto che fa qualcos’altro. Ci sono tante attività per bambini low cost, per cui anche se vivi del sussidio tuo figlio a sport o a prendersi libri e film in biblioteca ci può sempre andare. E ci sono le scuole che hanno sempre qualcosa da far fare a quelle madri che per convinzione decidono di non lavorare per dedicarsi ai figli. La mia vicina, madre di quattro figlie, da quando la conosco manda praticamente avanti da sola il 60% delle attività extra della scuola, dalle gite e feste al coordinamento della sorveglianza a ora di pranzo (si, per fortuna da un paio d’ anni non tocca più riprendersi i figli da scuola tra le 12 e le 13, li lasci lì e i volontari che sorvegliano ricevono un piccolo rimborso spese). Ogni volta dice che ne ha abbastanza e che se mollasse la scuola potrebbe per esempio prendersi un master.

Si, la madre olandese ha il suo tempo per fare le sue belle cosine, uscire con le amiche, prendersi il caffè con l’ex senza essere massacrata per troppo amore dal legittimo in corso, andare in vacanza, fosse pure un weekend con la squadra di hockey o di shopping, o di mostre, lavorare al proprio sviluppo umano rimettendosi a studiare (una mia collega si è iscritta a legge part time quando la figlia è entrata alle superiori e io ancora sono meravigliata del coraggio di prendersi un impegno di studio di 8-9 anni dopo i quaranta , senza contare le tasse).

Sarà che ha ragione un mio collega molto sardo che quando ha sentito che me ne andavo in Italia con i figli senza marito mi ha fatto:
“Ah, ma allora tuo marito è liberale, ti fa andare da sola, per questo ti sei sposata un olandese?”

[quote1]Ma, mi sa proprio di si. In fondo che c’ è di male a fare l’ autostop con l’ emancipazione altrui?
Anche se, lo dico onestamente, io ancora non l’ ho capito bene quanto sono emancipate queste olandesi, ma intanto penso ad emanciparmi io.

– di Mammamsterdam

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Una nuova questione femminile: le buone prassi di #donnexdonne

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30 thoughts on “Ma che cos’ è questa emancipazione?”

  1. Beh…in Italia,spesso,non è un problema di rinunciare al lavoro (spesso non puoi) o di chiedere il part-time (che sta diventando un miraggio),in Italia al momento,il problema è “avercelo” un lavoro,e io che sono donna e ho 36 anni,non posso permettermi di fare un figlio,perchè per dieci anni ho fatto la precaria,la tappabuchi delle altre che andavano in “maternità” con contratti sempre a termine. Ora che sono disoccupata e sono laureata con 11 anni di esperienza nel mio settore,non mi assumono perchè ormai hanno paura che magari lo faccio anche io un figlio.. Forse sbaglio,non lo so,ma leggendo io ci trovo sempre del meglio rispetto alla situazione italiana,qui i nidi ci sono,ma sono cari lo stesso e le mie amiche i figli,se non avessero i nonni,dovrebbero metterli in tasca per poter lavorare e pagare il mutuo.. Scusatemi lo sfogo ma io sto pensando di andarmene da questo Paese e l’Olanda è dove vorrei andare.. Bel post,ti leggo sempre,ma non avevo mai commentato. Mi piace il tuo blog. Un abbraccio

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  2. Gli stipendi sono piu alti, ma poi magari in città vanno in bici o in vacanza in campeggio e non fanno spese che facciamo noi, spendono meno per vestirsi, per mangiare, sono sparagnini. È tutto un sistema che c’ è dietro.

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  3. concordo sul fatto che l’emancipazione la facciano servizi e legislazione. A leggere sembrerebbe che poi pure le madame d’olanda non se la passino benissimo, voglio dire anche a loro tocca rinunciare in parte al lavoro perchè la bilancia gestionefigli/danè non è proprio in equilibrio. sempre così in grande leggerezza mi vien da dire che il maschio olandese a parità di titolo ed esperienza guadagna mooolto più dell’omologo italico se con moglie con lavoro part-time, figli, mutuo e spese varie riesce a tirare avanti tutta la baracca con un livello in apparenza ( poi magari dietro han le pezze al culo ) medio alto.

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  4. Bellissimo post. Il mio primo pensiero va alle italiane: a me colpisce sempre come lo stereotipo della famiglia italiana (“ma voi vivete ancora tutti in casa insieme, genitori, nonni, zii, nipoti” stile Albero degli zoccoli) e della donna italiana sia radicato in Europa, e poi non abbia alcun aggancio con la realtà. E la gente si stupisce. E quando poi vai a guardare in casa degli altri, non è che siano arrivati proprio tutti all’emancipazione del gatto, eh.
    Il mio secondo pensiero va a quanto racconti del sistema sanitario/ostetrico olandese: che se in Italia ti azzardi a dire che non si può stare dieci giorni in ospedale per fare due esami, ti accusano di voler disfare il sistema di welfare. Epperò. Ma in Olanda hanno costruito sicuramente un sistema di accompagnamento sociale molto più articolato e a misura di madre (dei pediatri abbiamo già parlato!).
    Il mio terzo pensiero va alle donne italiane che sbavano per avere il part-time, ma guai a toccare il posto fisso, e guai a toccare i 12 mesi di astensione, tra obbligatoria e facoltativa, con posto garantito (?) al rientro.
    Mi piace molto quello che tu scrivi riguardo alla libertà individuale e a prendersi il tempo per sé, oltre a sapere quanto lo Stato spende per i bambini (penso solo allo sport, penso a quanto si può detrarre in Italia sulle attività sportive dei bambini, e mi viene da piangere).
    E mi piace tantisssimo l’autostop: se quaggiù fossimo capaci di fare autostop e di vedere anche i pezzi che si sono persi per strada gli altri, ma iniziassimo a partire, sarebbe già qualcosa!! [perdona lunghezza commento]

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  5. bel post, complimenti, è stato proprio interessante vedere come se la cavano in olanda… non gli invidio molto le serate alcoliche o le vacanze da soli (sinceramente mi piace farmele insieme) ma la puericultrice a casa per otto giorni sì… quella gliela invidio da morire!!

    Poi devo chiedere una cosa: ma se una donna si ritira dal lavoro per stare a casa coi figli, riesce veramente a ri-inserircisi 10 anni dopo? Io non credo che in Italia sia possibile e sinceramente mi sembra difficile ovunque… dopo 10 anni di “inattività” (da quel punto di vista) come fai a fare concorsi o a presentarti a una ditta o a farti clienti (se vuoi lavorare in proprio) quando magari ci sono persone della tua età che quel lavoro lo fanno continuativamente da dieci anni?!?
    Lo dico perchè io lavoro in proprio e ogni tanto mi passa per la testa l’idea di smettere per dedicare più tempo a mio figlio (e a quelli che avremmo in programma di fare) ma poi mi rendo conto che, il giorno in cui vorrò o avrò bisogno di tornare a lavorare, non troverei assolutamente più spazio!!

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  6. Nun me dite niente, questo weekend devo negoziare il weekend sola soletta in Italia per il vinitaly, ma mi sa che me lo sono rovinata inserendo le feste dei figli con gli amici in quei giorni. Anche se per par condicio dovrebbe potersele spupazzare da solo, in fondo fa solo l’ autista.

    M di mS, fa piacere vedere che non solo mantengono le buone abitudini all’ estero, così magari fanno proseliti.

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  7. Abbiamo amici olandesi che hanno scelto di vivere in Italia e ogni tanto ci divertiamo a fare i confronti.
    Lei ha scelto di stare a casa e ha fatto i canonici 3 figli, però ha tutti i sabati mattina liberi per il parrucchiere o alto. Lui va a sciare tutti gli anni con gli amici e lei si fa il week-end lungo ad Amsterdam, con le vecchie amiche.
    Lui vorrebbe che lei ricominciasse a lavorare, lei invece è felice così.
    Mah, forse certe abitudini bisognerebbe prendersele e basta, senza scomodare gli olandesi.

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  8. Un altro aspetto che secondo me per noi è interessante, è che l’ emancipazione della madre e del padre la fanno i servizi e la legislazione. In casa i mariti lavorano pure, riordinano, stirano, cucinano, ma se come il marito di una mia amica, trovi lavoro insistendo per il part-time di 4 giorni e mezzo per poterti dedicare ai figli un pomeriggio alla settimana, e il tuo capo è uno di 60 anni che vive nel paesello con 5 figli tiratigli su dalla moglie, come padre moderno e urbano non ti capisce e dopo un anno non ti rinnova il contratto. Che va bene perché adesso ha 5 pomeriggi per godersi i figli, ma è quello che vuoi nella vita?

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  9. Sono una donna e sono una mamma, quindi per me parlare di emancipazione su Genitori Crescono significa trovare il punto di incontro tra i due ruoli. Comunque si, Barbara, lo hai riassunto benissimo.

    Per le statistiche, io non avrei problemi a cercarle e darvele, ma è una cosa che faccio con enorme cautela (e quindi nn faccio) perchè non puoi semplicemente mettere dati raccolti con metodi diversi e pensare che se li paragoni ti dicano qualcosa. Per esempio, morte perinatale: come la definisci? Quanti mesi, settimane, giorni? come definisci un prematuro? Ogni paese lo fa a modo suo e quindi è impossibile paragonare. (Intanto chiedo a mia suocera che è medico del consultorio pediatrico).

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  10. Grazie mammamsterdam, molto interessante. Come visione d’insieme, correggimi se sbaglio, interpreto il tuo racconto in questo modo: le donne olandesi sono più emancipate delle italiane come donne, non più di tanto come madri.
    Questo è un aspetto che mi interessa molto, anche perchè mi pare che il tema del mese fosse stato pensato più come riflessione sulle donne e invece mi sembra che ci stiamo incartando un pò sugli aspetti più strettamente genitoriali (parlo soprattutto dei commenti, non dei post 🙂 ). Il che in questo sito è da un lato comprensibilissimo, dall’altro forse riflette proprio la nostra cultura che tende a considerarci soprattutto madri e meno donne dal momento in cui lo diventiamo (madri).

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  11. PS: accanto a un racconto “qualitativo” sarebbe anche interessante avere dei dati “quantitativi” (mortalità e morbilità infantile, tasso di natalità, tasso di occupazione femminile, statistiche sulla violenza domestica e sui femminicidi, scolarizzazione…) tanto per fare un confronto un po’ più “scientifico” (se così si può dire!).

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  12. molto interessante. alcune cose già le sapevo, del parto in casa e dell’elevata mortalità perinatale (anche se c’è chi sostiene che le due cose non siano collegate…), personalmente sono contraria al parto in casa ma sono anche convinta che dipenda da come è organizzato il sistema sanitario. certo il ritratto che fai è di un paese in cui le donne non sono così emancipae come ci si aspetterebbe, ma comunque qualcosina in più rispetto alle nostre. le contraddizioni ci sono, ma ci sono pure da noi, anche se su temi diversi. si potrebbero scrivere lunghi commenti per ciascun punto che hai analizzato, ma sarebbe troppo lungo. volevo solo precisare una cosa sul pap test: in Italia è consigliato ogni 3 anni, non ogni anno. o meglio, ogni 3 anni hai diritto a farlo gratis e la regione ti invia una lettera a casa in cui ti invita a prendere un appuntamento. se in alcune regioni i tempi sono diversi correggetemi. 5 anni comunque mi sembra un po’ tantino.

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