Io ho partorito entrambi i miei figli in una struttura per il sostegno del parto naturale in quel di Stoccolma. Si tratta di una struttura all’interno di un ospedale, in cui si seguono alcune regole e procedure che tendono a rendere il parto il meno medicalizzato possibile. La partoriente viene messa in una sala travaglio da sola, e non insieme ad altre partorienti in varie fasi più o meno avanzate, e quindi si risparmia prima di tutto le urla delle altre, poi ha più libertà e calma per concentrarsi sul proprio parto. Inoltre la partoriente può scegliere come muoversi, se muoversi, che posizione assumere e le vengono offerte tutta una serie di oggetti improbabili per trovare la posizione giusta e alleviare il dolore, tipo palle per saltare, materassi di varie forme, sedie, panchetti misteriosi, oltre alla possibilità di immergersi in acqua.
Il ginecoloco non entra in sala se non ci sono complicazioni di tipo medico, e la partoriente viene seguita da un’ostetrica che sta con lei nei tempi e modi scelti dalla donna (sempre a meno di complicazioni).
Proprio per tutta questa serie di scelte possibili, alla donna che partorisce viene richiesto di presentarsi in reparto con valigia e piano del parto.
In pratica si tratta di una breve descrizione di come vorremmo fosse il nostro parto ideale, che viene utilizzato come guida dall’ostetrica presente in sala parto per sapere come comportarsi nei nostri confronti.
Il mio piano del parto ad esempio includeva l’uso di qualsiasi metodo fosse possibile impiegare per alleviare il dolore: agopuntura, TENS, infiltrazioni di acqua sterile sottocutanee, e gas esilarante, ma allo stesso tempo dichiaravo che avrei preferito evitare l’epidurale, pur lasciando aperta la possibilità di farla. Inoltre il mio piano includeva la richiesta di essere informata di ogni decisione presa dal personale medico. Richiedevo la presenza di mio marito in sala parto. E richiedevo che l’ostetrica mi aiutasse attivamente suggerendo posizioni e aiutandomi nella respirazione.
Diciamo che il piano del parto mi ha aiutata a concentrarmi su questo momento e a fare mente locale su cosa avrei voluto, pur sapendo che al momento clou le cose possono cambiare notevolmente, e quindi cercando di non rimanere delusa se una parte del piano non fosse proprio andata come avrei voluto.
Il piano del parto infatti non è un contratto, ma solo una guida per farsi conoscere dall’ostetrica in una situazione in cui c’è spesso poco tempo per le presentazioni formali. Insomma appena varcata la soglia del reparto, mentre te stai li che inspiri ed espiri, lei si prende il foglietto che tuo marito prontamente tira fuori dalla valigia e se lo legge.
Mi è sempre sembrata una bellissima idea, e molto utile per tutti.
Al mio primo parto (prime contrazioni lunedì notte, nascita del Vikingo a mezzogiorno del giovedì) le ho provate un po’ tutte, fino a raggiungere l’epidurale anche in seguito a ossitocina a go-go. Il problema è che il parto dopo aver fatto l’epidurale si è fermato, e alla fine il Vikingo è stato tirato fuori con la ventosa.
Nonostante le innumerevoli domande poste a ostetriche e medici, mi è stato detto che era impossibile sapere se fosse stata l’epidurale a far fermare il parto, ma che pensavano fosse improbabile. Io ovviamente da brava mamma testona, mi sono comunque convinta delle seguenti cose:
1. il gas esilarante che ha preceduto l’epidurale non è stata una buona scelta. Ho perso il controllo, e il dolore ha preso il sopravvento. Il che mi ha fatto richiedere l’epidurale
2. se non avessi fatto l’epidurale non avrebbero avuto bisogno di tirarlo fuori con la ventosa
inutile dire che i medici con cui ho parlato hanno cercato di convincermi che non aveva senso fare queste ipotesi, e che ogni supposizione lascia il tempo che trova visto che io in quel momento urlavo e avevo chiaramente bisogno dell’epidurale. Ma tanto è che al secondo figlio nel mio piano del parto ho aggiunto che non avrei voluto usare il gas esilarante, e che avrei voluto evitare l’epidurale.
Sul meccanismo del dolore mentre ero incinta del secondo mi sono informata più che per il primo parto, ho letto, ho rielaborato, ho elucubrato a ruota libera (e se lo avete perso leggetevi quello che scrivevo pochi giorni prima). In seguito alle mie folli meditazioni sul tema del dolore, ho detto a GG con molta chiarezza verso la fine della gravidanza (e ripetuto al momento di salire sul taxi per andare in ospedale): non importa se ti urlo che voglio l’epidurale. Tu l’epidurale non devi farmela fare. Capito?
Ecco, solo una donna in preda agli ormoni impazziti, e che ha dimenticato il dolore del primo parto (unico motivo per cui si continuano a fare figli) può dire una cosa del genere. E il povero marito ha tentato di obiettare timidamente, ma poi ha deciso che era meglio annuire e farmi stare calma.
Il racconto del mio secondo parto lo potete leggere qui, quindi non entrerò più di tanto in dettagli. Ad un certo punto l’ostetrica mi ha detto “leggo nel piano del parto che non vuoi il gas esilarante. Perché?” Io le ho spiegato che la prima volta ho perso il controllo e non mi è piaciuto. Lei mi ha risposto che evidentemente ne avevo preso troppo, e che il trucco è proprio quello di prenderne quanto basta per calmare il dolore ma senza perdere il controllo. Mi lascio convincere, e quindi partiamo con il gas esilarante. Lei consegna la maschera a mio marito che ha il compito di togliermela nel momento in cui si arriva a metà contrazione proprio per evitare che io ne prenda troppa. Le prime tre contrazioni vanno bene. Ci stiamo riuscendo. Alla quarta contrazione crollo. All’apice del dolore quando lui sta per togliermi la mascherina lo fulmino con gli occhi, e lui non osa toglierla. L’ostetrica inizia a dire che così non va, e gli dice di toglierla prima la prossima volta. Arriva un’altra contrazione gli strappo la mascherina dalle mani e me la tengo stretta sul viso. Non so cosa sia successo esattamente dopo, so solo che l’ostetrica mi ha tolto la mascherina e io ho iniziato a urlare EPIDURALE!!!!
Ora potete immaginare cosa è passato nella testa di mio marito: cazzo! E ora? Mi ha confessato solo a posteriori di non sapere assolutamente cosa fare. Ricordandosi della mia minaccia si è trovato in un vicolo cieco.
Fortunatamente l’ostetrica a quel punto ci ha spiegato che non c’era tempo per l’epidurale quindi dovevamo procedere con la spinale, e così il marito poveretto ha tirato un sospiro di sollievo. Tecnicamente parlando infatti si trattava di altro, e quindi, non aveva ricevuto ordini assurdi da una donna a forma di pallone in preda agli ormoni impazziti.
Ormai sono passati due anni e ci si ride su, ma ovviamente quel momento lui l’ha vissuto con terrore.
Il piano del parto insomma si è rivelato un ottimo mezzo per rifletterci a priori, ma anche per avere poi la libertà di dimenticarselo quando ci si trasforma nella bestia umana che è la donna partoriente.
@Luna io tutte quelle domande al corso le ho fatte, anzi alcune non ho neanche dovuto farle perchè mi ero infirmata precedentemente e altre le hanno prevenute gli ostetrici nella loro panoramica iniziale. Su questo niente da dire. Ma io poi ho avuto un cesareo d’urgenza, e mi sono resa conto che di quella situazione non sapevo nulla. Sapevo solo che la degenza sarebbe durata un giorno in più, e sapevo che in casi urgenti facevano la spinale e che la totale era riservata a casi rarissimi di ultraurgenza (mi confermi che è ancora più rapida?). A parte questo non sapevo del digiuno, di quanto ci avrei messo a tornare in stanza, di quando avrei visto mia figlia. Insomma ero bene informata sul parto naturale perchè il corso era gestito dagli ostetrici, e nulla faceva pensare che avrei dovuto subire un cesareo. Ma soprattutto non sapevo nulla delle procedure che portano a un cesareo, chi prende la decisione e perchè. Mi spiego?
Poi esistono le segnalazione all’URP. Ad ogni segnalazione negativa segue sempre il richiamo da parte dell’Azienda dei professionisti nominati nella lettera per chiedere chiarimenti. Una lettera in genere non fa nulla. Ma se piovono decine e deicne…e decine…ecco forse qualcuno inizia a pensare che c’è qualcosa che non va (anche magari solo che in una sala travaglio di 40 metri quadri travaglianao assieme 6 donne senza mariti (perchè per la privacy, i mariti in genere non li fanno stare).
Poi esistono i mezzi della stampa. Sapete…può dare fastidio vedersi pubblicare lettere o articoli in cui si “denunciano” certe cose…che possono anche essere cose del tipo strutture insufficienti da un punto di vista architettonico, ma anche pesanti carenze di personle che non permettono alle ostetriche di assistere adeguatamente una mamma !
Infine per i fatti + ecclatanti esistono i legali, come ultima istanza.
A questo però va messo acanto anche l’ottimo lavoro e le ottime strutture che ogni giorno vengono offerte alle mamme, di cui mai nessuno parla e che viene per scontato. Anche in qs caso andrebbero fatte le segnalzioni positive (non accade quasi mai). Insomma si dovrebbe dare a Cesare quel che è di Cesare.
Ma…il substrato di tutto ciò è …L’INFOMAZIONE e pertanto la conoscenza di tante cose, che si dovrebbero sapere ed invece spesso vengono non dette, o dette in modo scorretto. Senza questo substrato non si può capire laddove le cose vanno bene e dove no. E perciò si torna al punto di partenza.
La discussione è molto interessante e sta sollevando numerose problematiche. Credo possa essere un terreno fertile per fare tante riflessioni su cose a cui non si pensa, o che non si sa o che si sospetta ma senza avere mai conferme.
Io credo che le mamme dovrebbero iniziare a fare un sacco di domande ai corsi preparto ed ai ginecologi ed alle ostetriche , ma non solo su “stupidaggini” m anche sulle cose “serie”, tipo :-
quanti parti/anno fate?
quanti cesarei?
quanti parto operativi (ventose)
quanti parti in acqua?
quante epidurali?
quante episiotomie?
La mamma è libera di camminare e partorie liberamente?
quanti parti in posizione NOn ginecologica fate /anno?
La sala cesareo è vicina alla sala parto o è diverso piani sopra o sotto?
il pediatra c’è di notte , sabato e domenica?
c’è una pedoatria/neonatologia?
c’è un arianimazione/centro trasfusionale, laboratorio ch efunzioano h24?
Quante donne travagliano nella sala travaglio? il marito può stare tutto il tempo con la moglie?
si fa il rooming in ?
Se la mamma è sfinita e vuole dormire, può chiedere che il giglioletto venga accudito dal personale del nido?
in ch emodo si offre la’ssistenza sull’allattamento ?
… altre cose che probabilmente mi sono dimenticata
Si inizia così. Facendo domande ben precisie, e pretendendo risposte altrettanto precise! Questi sono dati che devono essere messi a disposizione dell’utenza. Non sono dati “privati”. Alcune strutture so rispondono “noi non diciamo questi dati, non si possono dire pubblicamente”: NIENTE DI + FALSO!
Ma questa risposta è già sufficienmte per pesare la serietà del punto nascita. E allora se queste domande iniziano a farle non 1 o 2 mamme ma decine, decine e decine…..ecco che inizia già la crisi ….e le difficoltà per la struttura, in quanto sottosposta a pressioni di concorrenza con le altre maternità, in quanto iniziano ad uscire i punti critici, che fino a quel momento nessuno o quasi sapeva!
closethedoor (e anche per alleggerire un po’ la discussione) – supponiamo che esista una malattia stranissima dell’alluce sinistro, che porta a morte sicura. Supponiamo anche che sia abbastanza diffusa. Supponiamo inoltre che dopo molti casi di denunce etc si decida che, ogni volta che si sospetta sta malattia, si taglia il piede. Zac, e via. Ora, le statistiche diranno che la percentuale di morti per la malattia all’alluce e’ uno spettacolare 0%. Applausi e tribuna d’onore. Ma se ci fermiamo a questo numero non vediamo il quantitativo esorbitante di persone senza piede sinistro in circolazione, alcune (possibilmente molte) delle quali avevano soltanto un callo. Questo per dire che la mia era anche un po’ ironia sul primato italiano, per poter dire che va tutto bene si dovrebbero contare anche tutti quelli che si lamentano per dover zoppicare a vita. E per dire che i numeri non e’ affatto vero che siano qualcosa di oggettivo, anzi!
Ecco @supermambanana ha detto meravigliosamente bene quello che stavo cercando di dire anche io. Luna si trova evidentemente a che fare con tutti quelli a cui non è stato tagliato il piede e ne avrebbero avuto bisogno, e quindi la sua posizione è più che comprensibile. Ma non mi sento di criticare chi sceglie di non farselo tagliare. E secondo me di discussioni come queste in rete e fuori se ne dovrebbero fare di più.
@Luna forse potremmo aggiungere alla tua lista (utilissima) di domande qualche riferimento al cesario? anche per rispondere a Barbara. Perché forse ai corsi preparto dovrebbero informare anche sul cesario e magari fare in modo che la donna possa viverla con più serenità.
Comunque condivido in pieno l’analisi che fa Close The Door di quel 2% di differenza che l’ospedaliero vede e che poi non può più ignorare.
@Luna, si certo chiarissimo, ma era proprio la mia (pessima) impressione.
Quello che voglio dire è che la sicurezza va benissimo, ma dove mettiamo il limite di rischio? O meglio dovrei dire (ed è questo quello che non mi sta bene) che il limite del rischio lo decide lui, sfruttando la mia ignoranza in medicina e rigirandomisi come gli pare, invece di aiutarmi a decidere secondo il principio della scelta informta. E’ chiaro che non posso sapere tutto di medicina, ma il medico non dovrebbe fare la cosa migliore per il paziente (i pazienti in questo caso, madre e figlio)? Aiutarmi a decidere, magari con lo scarico di responsabilità della mia scelta informata?
Quante di noi hanno avuto l’impressione di essere una loro pratica lavorativa e non delle persone? Perchè tanto poi il postoperatorio me lo devo fare io, e per lui è normale, ma per me no.
@Luna
“Una buona struttura ospedaliera dovrebbe offrire la stessa umanità, agio , comfort che una casa può affrire una donna. Questo è il punto! Non sale travaglio con ammassate 4-5 donne….scene da spettacolo teatrale con tanto di pubblico (7-12 persone) in sede di parto….affrettatissime assistenze per carenza di personale…ecc ecc.
(!)
E’ su questo che le donne dovrebbero battersi!E con forza!”
Mi trovi perfettamente d’accordo e penso lo saranno tutte le donne qui presenti.
Battersi come? Ho ben presente le facce degli ospedalieri a certe richieste e ahimé la poca solidarietà della future madri lì presenti.
Le case di maternità spingono molto a un percorso di consapevolezza e giusto rispetto dei propri diritti. L’ho provato durante il corso pre parto, aperto a tutti, anche a quelle che partoriscono in ospedale.
Oltre la casa di maternità noi avevamo anche l’ospedale allertato.
Ho chiesto prima quali fossero i protocolli utilizzati e alcune risposte dubbie o negative ci hanno portato a prepare una sorta di mini piano del parto. Mio marito era pronto a far valere il più possibile. Parlo di 6 anni fa, nel frattempo so per certo, che molto è migliorato, tanto però è ancora lasciato al caso e alle persone che incontri durante il turno lavorativo.
Non trovo stupido linkare qualsivoglia materiale, sempre che i gestori del sito/blog siano d’accordo!
A questa stregua è stupido tutto, anche citare percentuali a casaccio non suffragate in prima battuta da fonti autorevoli.
Potrebbe essere utile, non so se sia stato già fatto in tutta Italia, chiedere alle stesse Case del parto le statistiche dei loro parti.
Penso sia facilmente desumibile capire quante madri sono state inviate in ospedale.
Nel mio caso hanno compilato una cartelle clinica e un partogramma.
A Luna.
“Trovo i tuoi toni fuori luogo, assolutaemnte inutili e non costruttivi, parecchio fastidiosi.
Non ne capisco il motivo e se persistono non otterranno miei ulteriori risposte.”
°°-0
Nessun tono fuori luogo, visto che ci “parliamo” attraverso un pc.
Forse la mancanza di emoticons e della voce rendono tutto più aggressivo…
Ho fatto delle domande in modo che noi tutti/e si possa capire meglio.
Con un minimo di conoscenza matematica,logica e con pazienza, tutte noi siamo capaci di leggere una ricerca o una statistica. Non vorrei correre nell’errore di sottovalutare le capacità cognitive delle qui presenti.
Nessun sconfinamento professionale, quindi.
Non intervengo su questo bellissimo e democratico sito per convincere altre future madri a partorire in casa.
Porto la mia esperienza e se leggi con attenzione auspico che si possano affiancare centri nascita naturale ad un grande ospedale (tipo quello di Ostia). Anche il Sant’Anna a Torino offre il parto a domicilio, se non ricordo male.
In Italia ci sono poche casa di maternità che oltre a far nascere svolgono altre attività (corsi mamma bambini, sostegno all’allattamento,corsi pre parto, accompagnamento ostetrico ecc..)
Vorrei nuovamente sottolineare che le donne accettate per il parto in casa sono davvero pochissime e in condizioni di estrema sicurezza.
Questo è stato il mio caso e di alcune altre madri che hanno fatto il corso pre parto con me.
“Eco il problema è che non sentirai mai di donne morte incasa per un parto perchè ti ricordo che in caso di casini….chi si accolla l’onere di trattare loro o i loro neoanti sono gli ospedalieri. E loro vedono la loro morte o eventuale disabilità che ne è derivata.”
Correggimi se sbaglio, lo studio sul Canada valuta proprio questo tipo di evento.
Non c’e nessuno scontro da parte mia, però se le condizioni di alcuni ospedali rimangano tali e la probabilità di morte madre/bambino in casa e in ospedale sono circa le stesse, non posso che confermare la MIA scelta sul parto domiciliare.
Oggi sono un po’ di fretta, tornerò con più calma.
Barbara, i cesarei gratuiti si fanno per i seguenti motivi :
– inesperienza del gine che ha paura di afforntare un parto spontaneo
– consapevolezza (negli H di primo livello e cliniche private – soprattutto- ) che per mancanza di personale presente è più sicuro fare un cesareo (e quindi chiamando dentro tutto: anestesista, pediatra, infermieri strumentisti, secodno ginecologo) che un parto spontaneo senza di essi
– perchè è + facile seguire fino in fondo una gravidanza seguita privatamente con la felicità della mamma (che però in realtà non viene correttamente infomata!) di sapere che il suo gine la seguirà anche nel parto – cesareo però…però si concorda la data (tipica frase: ma siiii signora…che vuole soffrire le pene dell’inferno del travaglio?…facciamo un tagleitto e via…glielo faccio io…così non lei soffre…siamo sicuri che il bambno nasce tranquillamente…..anzi, scegliamo anche il giorno della nascita di suo figlio…aspetti che vedo nell’agenda…)
– per medicina difensiva (= eccesso di zelo o di prudenza talvolta , per paura di finirein rogne…e allora alla prima virgola storta è meglio non rischiare la denuncia e si va in ceareo) – e questa è una realissima realtà, che sta avanzando sempre più!
-semplicemente per prassi: alcune cliniche ed H rasentano l’80-90% di tc
E’ suffiiciente come spiegazione?E soprattutto chiara?
Pina, al volissimo:
tu affermi “Mentre si sente parlare ogni tanto graie a dio , di incidenti accaduti in ambiente ospedaliero, non mi sembra di sentire altrettanto per i parti svolti a casa, in quanto per l’0 atmosfera particolarmente positiva e tranquilla per la donna,che sembra suffucente a far andare tutto per il suo percorso fisiologico.”
Eco il problema è che non sentirai mai di donne morte incasa per un parto perchè ti ricordo che in caso di casini….chi si accolla l’onere di trattare loro o i loro neoanti sono gli ospedalieri. E loro vedono la loro morte o eventuale disabilità che ne è derivata.
Una buona struttura ospedaliera dovrebbe offrire la stessa umanità, agio , comfort che una casa può affrire una donna. Questo è il punto! Non sale travaglio con ammassate 4-5 donne….scene da spettacolo teatrale con tanto di pubblico (7-12 persone) in sede di parto….affrettatissime assistenze per carenza di personale…ecc ecc.
(!)
E’ su questo che le donne dovrebbero battersi!E con forza!
e la conclusione è che quando è arrivata finalmente la levatrice, la bambina era già morta soffocata.
Pina non voglio suscitare polemiche ma dal tono in cui scrivi mi sembri ben ben pronta a colpevolizzare le donne che non sono abbastanza ‘convinte’ e che quindi mandano il loro parto a rotoli. Spero almeno che tu non faccia questo genere di discorsi né prima né dopo alle donne che assisti: sto raccogliendo diverse testimonianze di racconti di parto e ne ho diversi in cui la mamma parte convintissima e poi qualcosa va storto – anche parecchio storto – ugualmente. Per cui per favore, possiamo evitare di dire che se hai un’emorragia “è perché non ci credevi abbastanza”?
“Io non assisterei mai una donna che è convinta che tutto è complicato e che occorrono 25 professionisti per far nascere un bambino, quando un secolo fa’ poteva fare tutto da sola, e far trovare al marito al rientro dal lavoro il loro bambino”
“…”
“Chiamate la levatrice!”
“E a cosa ti serve la levatrice? Io ho sempre fatto tutto da sola, e ne ho comprati quindici”
N. Revelli, “L’anello forte, La donna: storie di vita contadina”, Torino, Einaudi, 1985
A questo passaggio però manca la conclusione, cara Pina.
scusate, ma ho scritto velocemente e c’é qualche errore. il punto in cui dico ” La differenza del parto in caso, è casa. Ciao a tutte .
Care mamme, posso permettermi un commento dopo 25 anni di lavoro svolto in Sala Parto.E’ vero che l’Italia è il paese piu’ sicuro per la statistiche della sicurazza del parto, e per questo primato paghiamo lo scotto di fare anche molto cesari, molti dei quali come diciamo in gergo ospedaliero ” gratuiti”, dovuti all’ inesperienza dell’ equipe, la quale per non correre nessun tipo di rischio, preferisce fare un bel taglio cesareo. Ci sono due fattori da considerare, che la professionalità dei medici e delle altre figure come l’ Ostetrica non migliora nel tempo , anche se sembra che migliorano le scuole, e che spesso si lavora in cui non cè un clima sereno di collaborazione tra professionisti, sempre dovuto a preparazioni divergenti,e differenti punti di vista e questo clima determina un po’ il fattore ” quando ci sono piu’ galli a cantare non fa’ mai giorno ” .
Io posso dirvi, che di certo oggi la donna deve godere dei benefici della tecnologia, ed usarli a suo vantaggio. Io non sono estremista, è corretto tendere ad un buon parto, ma se ciò non è possibile è meglio fare un buon cesareo e su questo penso che siamo tutte d’ accordo. Certo all’ estero sono più all’ avanguadia, in quanto hanno meno gente ladra nelle amministrazioni ospedaliere e quindi disponendo di piu’ soldi possono permettersi di offrire tutti i tipi di anestesia o quant’ altro così da accontentare la donne nelle sue molteplici esigenze.In Italia c’è la legge di offrire a tutte le donne l’ epidurale, ma ci sono ospedali che non hanno i soldi per assumere degli anestesisti che possono fare questo lavoro.
La differenza del parto in caso per me è molto semplice, io so benissimo che non tutte sono in grado di partorire, ed mi offrirei ad assistere a parte le condizioni fisiche fisiologiche, ma darei un occhiata a quelle mentali, in quanto se una donna è tranquilla, positiva e determinata ” stranamente ” le cose vanno anche tutte molte bene, ma se cio’ non è cosi, puo’ accadere qulche intralcio, per cui meglio un ambinte tecnicamente sicuro e che offre il massimo della sicurezza.
Mentre si sente parlare ogni tanto graie a dio , di incidenti accaduti in ambiente ospedaliero, non mi sembra di sentire altrettanto per i parti svolti a casa, in quanto per l’0 atmosfera particolarmente positiva e tranquilla per la donna,che sembra suffucente a far andare tutto per il suo percorso fisiologico.
La natura ha sempre poteri immensi, non dimentichiamolo…
IO ha fatto due parti a casa e sono andati benissimo, ma devo dire che la richiesta è ampiamente diminuita, in quanto la società, con le sue elucubrazioni mentali, stà privando la donna della sua capacità di poter partorire, e le donne sono convinte che tutto è molto complicato… ed io non assisterei mai una donna che è convinta che tutto è complicato e che occorrono 25 professionisti per far nascere un bambino, quando un secolo fa’ poteva fare tutto da sola, e far trovare al marito al rientro dal lavoro il loro bambino.
C’è da aggiungere a parte un po’ di filosofia che non fa male, prima le donne facevano i bambini nel loro periodo migliore, ora i bambini nascono da donne di 40 anni in su ed effettivamente qualche problemino in più può instaurarsi.
Per quanto riguarda l’epidurale, l’ unico modo di affrontare un parto indolore in Italia,io personalmente non sono contraria, anche se io non l’ ho fatta e ne desiderata, io permetto alle donne di scegliere, e di essre protagoniste del loro parto in base alle loro personali esigenze e particolarità, pero’ devo dire che le donne che si affidano completamente a me, non è tra le loro richieste principali, anzi non ci pensano proprio ;posso dedurre che la solidarietà, l’amore, e la professionalità non sono ancora sostituite da un farmaco… e per tanto non viene richiesto e la mamma è sicura di potercela fare, ed è quello che succede , e l’ unione fa sempre la forza…
“l’Italia per una volta ha il primato di paese piu’ sicuro al mondo per le mamme, yeah!”
e per questo credo che una parte del merito vada alla tanto contestata % di parti cesarei