Il piano del parto

piano-partoIo ho partorito entrambi i miei figli in una struttura per il sostegno del parto naturale in quel di Stoccolma. Si tratta di una struttura all’interno di un ospedale, in cui si seguono alcune regole e procedure che tendono a rendere il parto il meno medicalizzato possibile. La partoriente viene messa in una sala travaglio da sola, e non insieme ad altre partorienti in varie fasi più o meno avanzate, e quindi si risparmia prima di tutto le urla delle altre, poi ha più libertà e calma per concentrarsi sul proprio parto. Inoltre la partoriente può scegliere come muoversi, se muoversi, che posizione assumere e le vengono offerte tutta una serie di oggetti improbabili per trovare la posizione giusta e alleviare il dolore, tipo palle per saltare, materassi di varie forme, sedie, panchetti misteriosi, oltre alla possibilità di immergersi in acqua.
Il ginecoloco non entra in sala se non ci sono complicazioni di tipo medico, e la partoriente viene seguita da un’ostetrica che sta con lei nei tempi e modi scelti dalla donna (sempre a meno di complicazioni).
Proprio per tutta questa serie di scelte possibili, alla donna che partorisce viene richiesto di presentarsi in reparto con valigia e piano del parto.

In pratica si tratta di una breve descrizione di come vorremmo fosse il nostro parto ideale, che viene utilizzato come guida dall’ostetrica presente in sala parto per sapere come comportarsi nei nostri confronti.
Il mio piano del parto ad esempio includeva l’uso di qualsiasi metodo fosse possibile impiegare per alleviare il dolore: agopuntura, TENS, infiltrazioni di acqua sterile sottocutanee, e gas esilarante, ma allo stesso tempo dichiaravo che avrei preferito evitare l’epidurale, pur lasciando aperta la possibilità di farla. Inoltre il mio piano includeva la richiesta di essere informata di ogni decisione presa dal personale medico. Richiedevo la presenza di mio marito in sala parto. E richiedevo che l’ostetrica mi aiutasse attivamente suggerendo posizioni e aiutandomi nella respirazione.

Diciamo che il piano del parto mi ha aiutata a concentrarmi su questo momento e a fare mente locale su cosa avrei voluto, pur sapendo che al momento clou le cose possono cambiare notevolmente, e quindi cercando di non rimanere delusa se una parte del piano non fosse proprio andata come avrei voluto.
Il piano del parto infatti non è un contratto, ma solo una guida per farsi conoscere dall’ostetrica in una situazione in cui c’è spesso poco tempo per le presentazioni formali. Insomma appena varcata la soglia del reparto, mentre te stai li che inspiri ed espiri, lei si prende il foglietto che tuo marito prontamente tira fuori dalla valigia e se lo legge.

Mi è sempre sembrata una bellissima idea, e molto utile per tutti.
Al mio primo parto (prime contrazioni lunedì notte, nascita del Vikingo a mezzogiorno del giovedì) le ho provate un po’ tutte, fino a raggiungere l’epidurale anche in seguito a ossitocina a go-go. Il problema è che il parto dopo aver fatto l’epidurale si è fermato, e alla fine il Vikingo è stato tirato fuori con la ventosa.
Nonostante le innumerevoli domande poste a ostetriche e medici, mi è stato detto che era impossibile sapere se fosse stata l’epidurale a far fermare il parto, ma che pensavano fosse improbabile. Io ovviamente da brava mamma testona, mi sono comunque convinta delle seguenti cose:

1. il gas esilarante che ha preceduto l’epidurale non è stata una buona scelta. Ho perso il controllo, e il dolore ha preso il sopravvento. Il che mi ha fatto richiedere l’epidurale
2. se non avessi fatto l’epidurale non avrebbero avuto bisogno di tirarlo fuori con la ventosa

inutile dire che i medici con cui ho parlato hanno cercato di convincermi che non aveva senso fare queste ipotesi, e che ogni supposizione lascia il tempo che trova visto che io in quel momento urlavo e avevo chiaramente bisogno dell’epidurale. Ma tanto è che al secondo figlio nel mio piano del parto ho aggiunto che non avrei voluto usare il gas esilarante, e che avrei voluto evitare l’epidurale.
Sul meccanismo del dolore mentre ero incinta del secondo mi sono informata più che per il primo parto, ho letto, ho rielaborato, ho elucubrato a ruota libera (e se lo avete perso leggetevi quello che scrivevo pochi giorni prima). In seguito alle mie folli meditazioni sul tema del dolore, ho detto a GG con molta chiarezza verso la fine della gravidanza (e ripetuto al momento di salire sul taxi per andare in ospedale): non importa se ti urlo che voglio l’epidurale. Tu l’epidurale non devi farmela fare. Capito?

Ecco, solo una donna in preda agli ormoni impazziti, e che ha dimenticato il dolore del primo parto (unico motivo per cui si continuano a fare figli) può dire una cosa del genere. E il povero marito ha tentato di obiettare timidamente, ma poi ha deciso che era meglio annuire e farmi stare calma.
Il racconto del mio secondo parto lo potete leggere qui, quindi non entrerò più di tanto in dettagli. Ad un certo punto l’ostetrica mi ha detto “leggo nel piano del parto che non vuoi il gas esilarante. Perché?” Io le ho spiegato che la prima volta ho perso il controllo e non mi è piaciuto. Lei mi ha risposto che evidentemente ne avevo preso troppo, e che il trucco è proprio quello di prenderne quanto basta per calmare il dolore ma senza perdere il controllo. Mi lascio convincere, e quindi partiamo con il gas esilarante. Lei consegna la maschera a mio marito che ha il compito di togliermela nel momento in cui si arriva a metà contrazione proprio per evitare che io ne prenda troppa. Le prime tre contrazioni vanno bene. Ci stiamo riuscendo. Alla quarta contrazione crollo. All’apice del dolore quando lui sta per togliermi la mascherina lo fulmino con gli occhi, e lui non osa toglierla. L’ostetrica inizia a dire che così non va, e gli dice di toglierla prima la prossima volta. Arriva un’altra contrazione gli strappo la mascherina dalle mani e me la tengo stretta sul viso. Non so cosa sia successo esattamente dopo, so solo che l’ostetrica mi ha tolto la mascherina e io ho iniziato a urlare EPIDURALE!!!!
Ora potete immaginare cosa è passato nella testa di mio marito: cazzo! E ora? Mi ha confessato solo a posteriori di non sapere assolutamente cosa fare. Ricordandosi della mia minaccia si è trovato in un vicolo cieco.
Fortunatamente l’ostetrica a quel punto ci ha spiegato che non c’era tempo per l’epidurale quindi dovevamo procedere con la spinale, e così il marito poveretto ha tirato un sospiro di sollievo. Tecnicamente parlando infatti si trattava di altro, e quindi, non aveva ricevuto ordini assurdi da una donna a forma di pallone in preda agli ormoni impazziti.
Ormai sono passati due anni e ci si ride su, ma ovviamente quel momento lui l’ha vissuto con terrore.
Il piano del parto insomma si è rivelato un ottimo mezzo per rifletterci a priori, ma anche per avere poi la libertà di dimenticarselo quando ci si trasforma nella bestia umana che è la donna partoriente.

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93 thoughts on “Il piano del parto”

  1. sulla mortalita’ delle madri nel parto, se posso aggiungere altri numeri, vengono da un articolo del Lancet, una rivista medica molto quotata, e sono stati riportati ad esempio dal Guardian qui:

    http://www.guardian.co.uk/news/datablog/2010/apr/12/maternal-mortality-rates-millennium-development-goals

    notare che l’Italia per una volta ha il primato di paese piu’ sicuro al mondo per le mamme, yeah! 🙂

    i dati completi sono linkati all’articolo in uno spreadsheet, se qualcuno vuol provare a fare estrapolazioni.

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  2. Scusate, posso dire una cosa? Possiamo a giusto titolo discutere delle procedure piu’ o meno appropriate e del fatto che la cattiva medicalizzazione puo’ causare danni (vedi post di Barbara), ma a me sembra una questione di mero buon senso il fatto che partorire in ospedale sia meno rischioso che partorire in casa. La questione è che la percentuale di differenza, per quanto risicata, ESISTE, altrimenti anche in Olanda, non manderebbero in ospedale tutte quelle con gravidanza con problemi.

    Dai link che ho citato sopra (sono documenti del ministero della Salute e dibattiti parlamentari fra specialisti medici, MOLTO ISTRUTTIVI, specie per chi abita al Sud) si desume che il grande ospedale ha tipo l’1% di mortalità materno-fetale mentre la piccola clinica/casa parto va sul 3%.

    Ora io “semplice” quasimamma posso concedermi il lusso di pensare e sperare che quel 2% in più riguarderà qualcun altro – in fondo facciamo tutte così, quando mettiamo in cantiere un figlio non pensiamo all’1 o 3% di mortalità.

    Ma Luna quel 2% in più se lo vede arrivare in reparto rianimazione. Non si può voltare dall’altra parte quando qualcosa va storto, ma è obbligata a guardare in faccia tutte le conseguenze di una scelta sbagliata. Da lì penso si origini la sua rabbia verso chi vende un “parto sicuro e casalingo” sapendo che così sicuro non è…

    Lottare per i nostri diritti secondo me significa pretendere che ANCHE IL GRANDE OSPEDALE POSSA OFFRIRE LO STESSO CLIMA DELLA CASA PARTO. Questo significa però protestare contro: i supertagli Tremonti che stanno mettendo gli ospedali in sotto-organico, ma anche la tendenza di certi ospedali a mettere tanti dirigenti e pochi infermieri ecc. Invece la tendenza generale che vedo, è quella della rassegnazione. Ci si rivolge al privato.

    E su grande scala, con il nostro humus culturale, cosa vuol dire privatizzare la sanità?

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  3. Io potrei citare altrettanti articoli che dicono esattamente il contrario. Ma non lo faccio perchè ritengo non abbia senso.
    E la spiegazione la trovi nelle premesse che ho fatto.
    Per quanto riguarda i dati che ho scritto sulla mortalità materna li ho imparati – e con mio grande stupore , perchè non avrei immaginato numero così grandi – in un recentissimo convegno. Dati riportati da un ginecologo nella sua relazione e tratti da uno studio – di cui ora non ho il titolo – Se ti interessa provo a reperirlo.

    Per quanto riguarda la tua richiesta “Potresti gentilmente mettere dei link e le fonti dalle quali attinto le tue considerazioni?”
    ti rispondo che non lo posso fare. Primo perchè io ho fatto riferimento a quelle che sono le possibili complicanze di un qualsiasi parto, le necessità di trattamento e le tempistiche : e queste sono notizie cliniche che si trovano su tutti i libri di testo di medicina, ovvero di ostetricia , e non hanno bisogno di essere nè contraddette nè di essere messe in dubbio –
    Secondo perchè se ti riferisci ad uan tua personale necessità di documentarti con della letteratura medica ostetrica, dovresti prima di tutto avere la competenza per farlo, e poi avere l’accesso ai vari portali delle biblioteche di riviste mediche che trovi su web, che ti richiedono una login e password e poi ti immergono in una marea inimagginabile di articoli e riviste – non tutti con full text – da spulciare.(per ore e ore e ore)
    La stragrande maggioranza degli articoli di letteratura seria stanno in questi portali e non sono visionabili in libero accesso – tipo quelli linkati da te.
    Appena posso rispondo anche a voi, Serena e Barbara

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  4. le statistiche UK su tutte le attivita’ ospedaliere sono pubblicate ogni anno. Per il 2009-2010, su 652.377 parti su tutto il territorio, il 14.4% sono stati cesarei d’urgenza, e il 9.7% cesarei pianificati in anticipo/richiesti.

    e giacche’ si parlava sopra di episiotomia: e’ stata fatta nel 15% dei casi, e di questi soltanto nell’8% (quindi l’8% del 15%, cioe’ l’1.2%) dei parti vaginali col bimbo posizionato correttamente.

    Fonte http://www.hesonline.nhs.uk/

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  5. Rispondo intanto a
    Miriam.

    Trovo i tuoi toni fuori luogo, assolutaemnte inutili e non costruttivi, parecchio fastidiosi.
    Non ne capisco il motivo e se persistono non otterranno miei ulteriori risposte.

    Mi pare di essere stata già chiara riguardo la competenza e la necessità di filtrare i dati, le fonti degli stessi, le modalità di raccolta e della loro elaborazione e le conclusioni per capire se uno studio di letteratura è valido oppure no. Per ogni tema medico o chiurgico esiste il tutto ed il contrario di tutto. L’importante è , per chi legge e ne deve trarre beneficio ( ovvero lo studio) , essere in grado di farlo. Oltre a ciò , talvolta le interpretazioni sono soggettive.
    Premesso questo, si capisce che chi non è del campo non può essere in grado di fare queste scremature per mancanza di competenza.
    Non lo dico per classismo, ( anticipo un tuo probabile commento successivo), ma perchè nessuno di noi è tuttologo. Ad es io che sono un’anestesista, ma che mi dedico molto all’ostetricia, mi ritengo in grado di legegre ed interpretare un articolo di anestesia e rianiamazione , e tutto sommato abbastanza anche di ostetrica; sicuramente non saprei fare la stesa cosa in altri ambiti quali ad es cardiologico, chirurgcio, ortipedico e via dicendo. A maggior ragione in ambito giuridico, geologico, aconomico ecc ecc.
    Linkare articoli nel modo in cui fai tu è stupido e non serve a nulla.

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  6. @Close nell’ospedale dove ho partorito io, il più “attivo” a Roma, con quasi 20 parti al giorno (due anni fa, ora non so), un’ottima TIN etc etc, la percentuale di cesarei si attestava intorno al 30-35% (mi informai qualche mese prima della DPP). Quasi tutti gli altri ospedali di Roma stavano sul 50% circa. Non so valutare e non ho statistiche da controllare, ma so da miei amici residenti in altri paesi che il cesareo è davvero l’eccezione. Ripeto, non ho numeri da confrontare alla mano, ma a me sembrano numeri enormi. Se siete in grado di smentire la mia impressione vi assicuro che sarò io la più felice.

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  7. Barbara:

    ti ha già risposto Gekina qualche post piu’ indietro. Se vai a guardare le statistiche, i parti cesarei sono in proporzione maggiore negli ospedali piu’ piccoli e nelle cliniche private. Questo perché hanno meno attrezzatura e meno esperienza per affrontare le emergenze, quindi per evitare possibilità di denunce ecc., appena se si presenta un’anomalia tagliano con molta facilità. Il grosso problema dell’Italia è la mancanza di STEN, riporto qui di nuovo alcuni links che avevo citato nell’altro post

    http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/207751.pdf;

    http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_856_ulterioriallegati_ulterioreallegato_1_alleg.pdf;

    http://www.sindacatofials.it/index.php/cgi-bin/index.php?option=com_content&view=article&id=6261&catid=16:news&Itemid=40

    http://www.gonews.it/articolo_73460_nuovo-piano-rischio-nove-punti-nascita.html

    Miriam:

    gli studi sono numerosi e contraddittori anche in Italia perche’ se un parto a domicilio gira storto, si effettua trasferimento d’urgenza in ospedale e la nascita “con problemi” viene addebitata ALL’OSPEDALE.

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  8. Ma come si spiega che in Italia ci siano molti più parti cesarei che nel resto d’Europa? Come si spiega che ci sia tanta cattiva informazione sulle procedure “normali” e di emergenza? Naturalmente non posso che chiedermi che cosa sarebbe successo del mio parto in un altro Paese, con un sistema medico/ostetrico diverso: mi avrebbero comunque, d’ufficio, indotto il parto a 41+4? Nello stesso modo, con le stesse tecniche? e se mi avessero controllata di meno, meno esami, meno ecografie, meno monitoraggi?
    Insomma partendo dal presupposto che non ci sia malafede e che tutti i cesarei che si fanno qui siano fatti per una reale necessità (ma ormai qui si fa il cesareo anche solo se il bambino è podalico o se si tratta di parto gemellare, comunque), perchè in Italia ce ne sono tanti di più che in altri Paesi? E ho fatto l’esempio del cesareo ma potrei dire altrettanto di altri fenomeni: l’induzione, l’episiotomia, il fatto che dopo un cesareo è difficilissimo poter fare un parto naturale, la medicalizzazione in genere… sono una vera necessità medica, per abbassare di parecchio rischi reali, o è una politica del nostro sistema sanitario?

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  9. Posso mettere alcuni link?
    Penso possano essere utili per arricchire e completare il dialogo.

    Studio di parti a domicilio fatto in Canada.
    http://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/512

    Lo studio del caso Olanda.
    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1471-0528.2009.02175.x/full

    Metanalisi.
    http://www.ajog.org/article/S0002-9378(10)00671-X/fulltext

    Studio sui parti a domicilio in provincia di Trento.
    http://www.epicentro.iss.it/regioni/trentino/pdf/Report_partoDomicilio_2000_05.pdf

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  10. Buongiorno Luna,
    hai citato dei numeri.
    Potresti gentilmente mettere dei link e le fonti dalle quali attinto le tue considerazioni?
    Il caso dell’Olanda è controverso e di difficile lettura.
    Rimaniamo in Italia. Quanti casi di morte per parto, ospedale vs domicilio? Quali le cause?

    Per essere informati e valutare il tipo di parto che fa per noi ci “vogliono numeri” certi e nati da ricerche serie.

    Non si può agitare lo spauracchio della morte senza fornire dati veri e non emotivi.

    Non mi stancherò mai di riperterlo. Qui a Milano, nessuna ostetrica fa proselitismo per il parto in casa. Le donne che possono partorire a domicilio sono pochissime, BISOGNA ESSERE IN PERFETTA SALUTE FINO ALL’ULTIMO GIORNO. (Mi hanno rivoltata come un calzino durante le visite preliminari e durante tutta la gravidanza).

    Se non si ha tempo di validare i propri commenti meglio non scriverli.
    Grazie.

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  11. Serena. non mi pare di aver affermato il contrario di quanto sostieni tu.
    Ho parlato della medicalizzazione inopportuna e quella corretta, del dire NO (da parte delle mamme)a tutta una serie di cose (tralasciando qualcosa per mancanza di tempo, ma inportantissima come ad es. il troppo sovraffolamento delle sale travaglio/parto/degenze di molti ospedali e alle carenza di organico he non premettono asistenze adeguate)e ho sottolineato che i rischi di un parto in strutture “non protette” sono maggiori per i motivi che ho spiegato.

    Non capisco dove sta l’inquinamento. Mi pare di essere stata obiettiva e chiara su molti apsetti, che anzi, spesso non si conoscono o si ha molta confusione

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    • @Luna sono contenta che la pensiamo allo stesso modo. Quello che non capisco della tua posizione è se stai dicendo che tutte dovrebbero partorire in ospedale superattrezzato oppure no. Io ho partorito all’interno di un ospedale, ma in un reparto attrezzato per il parto fisiologico due piani più sotto rispetto a quello dell’ospedale. Se avessi avuto delle complicazioni avrebbero dovuto portami fuori, salire due piani, e infilarmi in sala operatoria. Quando ho chiesto all’ostetrica se avrebbero fatto in tempo mi ha risposto: se bisogna tirare fuori il bambino in 3 minuti, lo tiriamo fuori in 3 minuti. Anche appunto operando in sala travaglio se necessario. Si tratta di un rischio, ma è un rischio calcolato.

      La domanda invece io la porrei in altri termini (non solo a Luna, ma a tutte quelle che stanno discutendo questo post): quale è il vantaggio di mettere la donna in condizioni di guidarsi il suo parto, assumere posizioni più comode per lei invece che per lo staff medico? Dando per scontato che l’epidurale è una grande invenzione e che dovrebbe essere offerta a tutte in modo gratuito, ha senso proporre altri metodi meno invasivi?

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  12. @Anna (e Miriam):

    (Anna) mi dispiace che tu mi scriva con così tanto livore. Io non mi permetto, ne lo farei mai, di parlare “dall’alto del mio essere medico”. Ma tu non mi conosci. E sono amareggiata se tu hai avuto questa impressione.

    La questione emergenze ostetriche/neonatali non deve essere sostenuta con statistiche , ma con quella che è la semplice realtà clinica. Esistono, possono essere drammatiche e basta.
    E’ verissimo che non in tutti gli ospedali puoi organizzare in 10 minuti un cesareo in emergenza di notte ed è per questo che solo alcuni centri sono supersicuri in Italia (dove il cesareo te lo fanno sul letto ginecologico senza spostarsi con tutto il personale presente e l’ostetrica che strumenta l’intevento. Inoltre con l’emoteca (con sacche di sangue) dentro ogni sala parto (!) e una tin attrezzattisima. )Ma ci sono anhce ospedali che formano le ostetriche a strumentare e i tempi per fare un casareo sono poco + lunghi di quelli super-organizzatissimi. Poi esistono gli H che non hanno neanche un centro trasfusioanle, che hanno la sala cesareo 4 piani più su, che hanno delle ostetriche che non strumentano, che non hanno una rianimazione, che non hanno nè un pediatra nè un anestesista di notte….e molti di quelli andrebbero CHIUSI. Come avevo scritto alcuni commenti fa.
    Nell’immaginario di uno scenario di un’emergenza , non esiste solo la donna che deve essere catapultata in sala per fare un cesareo al volissmo, ma esiste anche l’emergenza emorragica – che vede tutto un altro percorso assistenziale e terapeutico (multidisciplinare …) ed esiste anche l’emergenza neonatale di un neonato che deve essere rianimato e sottoposto a cure intensive (e laddove non c’è il pediatra notturno – in + del 50% degli H italiani – c’è almeno quasi sempre , tranne credo le cliniche private ed i primi livelli, l’anestesista che interviene e rianima il neonato per poi trasferirlo una volta rianimato in una tin).
    E allora credo che basti un pò di buon senso per capire che , tranne gli ospedali di primo livello e le cliniche private dove non hai nulla o quasi, negli altri ospedali hai personale e presidi che a domicilio o in una casa maternità non ci sono. Un’ostetrica non sa nè rianimare (con intubazione) un neonato, nè affrontare (e non potrebbe in quanto la gestione è ,e deve essere medica) un’emergenza emorragica. In questi ultimi due casi, tralasciando il cesareo ed i suoi vari tempi organizzativi a seconda degli H, credo sia abbastanza ovvio che la gestione in un H sia un pelino diversa da quella che può offrire a domicilio o in casa maternità un’ost.
    Ripeto che i tempi di trasporto sono nella realtà ben più lunghi di quelli solitamente ipotizzati e il fattore TEMPO in tutte queste situazioni è fondamentale e può diventare salvavita.
    Ciò non toglie che purtroppo esistono morti sia materne che neonatali inevitabili – anche prestando tutte le cure e subito – ma ce ne sono molte evitabili (mi riferisco a morti in tutto il mondo, sia paesi poveri che ricchi). Come esitono anche gli errori.
    Lo stesso ISS stabiliva nel lontano 2005 i criteri di sicurezza di un punto nascita, sentenziando la chiusura di quelli “non in regola”. E sai quanti sono in Italia quelli non regola? Oltre i 150 ospedali. Sono passati 6 anni. Pesni che abbiano chiuso qualcuno di questi? Pensi che le mamme sono a conoscenza di quali sono questi centri non sicuri?La risposta a tutte e due le domande è NO.
    Quest’anno stanno rivedendo questi criteri e li stanno rendendo ancora più rigidi…mi vien da ridere!Se non hanno fatto nulla fino ad ora, figuriamci con dei criteri che tagleirebbero la testa ad ancora altri H (magari finora , seppur per un pelo, in regola).
    Secondo te , Anna, se oltre 150 H sono giudicati insicuri dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, …i propri domicili e le case maternità come sarebbero giudicati?
    Eppure qua, a questo punto, solitamente cala una fitta nebbia, da cui nessuno o quasi esce.
    Se poi voi ritenete sicure sia le case maternità che il proprio domicilio siete liberissime di farlo.
    @Anna: Non accetto invece in alcun modo che mi venga attribuita la parola DIFFAMAZIONE. Questo no.
    Anna vuoi statistiche ? benissimo: nel mondo ogni anno 500.000 (ripeto 500.000!) donne muoiono a causa del parto (paesi tecnologici compresi!), Di queste oltre il 75% per emorragia. Di quest’ultime oltre il 30% muoiono in paesi considerati sviluppati (cioè non del terzo mondo).
    Fatti un pò di calcoli…questo accade OGNI ANNO.

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    • @Luna eppure ho il dubbio che non dovrebbe essere così, e che per un problema di gestione della sanità fatta non proprio a dovere, si va ad inquinare molto della maternità e in particolare del parto. In Francia esistono vari luoghi adibiti a parto, indicati con vari livelli (dal terzo al primo) a seconda della qualità di assistenza che sono in grado di offrire, numero di specialisti, camera operatoria, trasfusioni, incubatrice, eccetera. Le donne hanno possibilità di scelta, ma vengono anche smistate sulla base del tipo di gravidanza e della situazione generale di salute. Anche per permettere una assistenza migliore a chi ne ha veramente bisogno: perché utilizzare un ginecologo per seguire un parto che può funzionare bene con una ostetrica, vuole dire togliere il ginecologo da dove veramente è necessario. Credo che in Italia ci sia una tendenza eccessiva alla medicalizzazione di gravidanza e parto, e basta fare un confronto tra le quantità di analisi, ed ecografie, a cui sono sottoposte le donne italiane in gravidanza e quelle di altri paesi per rendersene conto (io al mio attivo ho una gravidanza in Francia e una in Svezia). Che poi ci siano rischi, e che i rischi vadano calcolati, e che bisogna agire di conseguenza siamo tutti d’accordo. Non sto dicendo che non ci siano rischi collegati al parto in casa, soprattutto quando rischi che l’ambulanza resti bloccata nel traffico, ammesso che l’ambulanza arrivi, e ammesso che poi in ospedale ci sia qualcuno ad accoglierti. Insomma appunto, mettersi a discutere sui rischi del parto in casa quando si corrono rischi enormi anche negli ospedali, mi sembra un po’ voler mettere i puntini sulle i (per quanto sono puntini importanti da sapere). Parliamo invece di come vorremmo vivere il parto, di cosa vogliono le donne. Mettiamo le donne in condizione di fare scelte informate, ma che siano scelte serie. E poi cerchiamo di lottare per far valere i nostri diritti.

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  13. @Serena:
    le statistiche e gli studi in letteratura riguardo i parti in Olanda dicono che la mortalità materna è tripla rispetto gli altri paesi. In Olanda la stragrande maggioranza partorisce a casa, anche perchè le distanze tra gli ospedali sono elevate. Detto questo ci sono altri studi che dicono tutto il contrario di tutto. Il problema è 1. poterli o saperli analizzare perchè diversi di essi omettono diversi dati 2. in generale è risaputo che i dati sulla mortalità materna e neonatale non sono i lionea con la realtà: causa vari problemi di raccolta dati anagrafici….dati sul luogo del parto…patologie correlate alla morte (ostetriche o meno)…data della morte rispetto quella del parto o della nascita (per stabilire se è legata al parto o meno)..trasferimento di mamma o neonato in altro H e quindi perdita dei dati all’origine dell’evento parto, ecc. Questo sia in Italia (dove recentissimamente l’ISS stesso ha pubblicato un articolo che dice “This study implies that only 37% of all maternal
    deaths are included in the official data. Our analysis shows a
    predominance of direct obstetric deaths, which implies that
    emphasis is needed on improvements of obstetric care.”
    Credo sia emblematico.

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  14. onestamente sappiamo tutti, credo, che anche in ospedale possono passare ben piu’ di 10 minuti, o 20, prima che si trovi personale, dottori, posto adatto, macchinari, ascensori. trovo allucinante sparare a zero su alcune realta’ dall’alto del proprio essere medico (ma non tutti i medici la pensano allo stesso modo)senza citare statistiche, o anche solo casi reali. si chiama diffamazione, e lo dico senza rabbia.

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  15. Pur rispettando la tua opinione, spesso sul parto FISIOLOGICO si agitano spauracchi eccessivi.
    Eppure come donna ero ben consapevole del rischio (seppur basso, ma esistente) di morire di parto e questo può accadere anche nel migliore ospedale del mondo (per cause diverse, ipertensione emorragie post partum e altre ancora). Ma l’ho corso, come lo hanno fatto innumerevole donne prima di me.
    Linko un esempio raro di morte per parto di una giovane donna, nessun ospedale, sembra, poteva salvarla.

    http://archiviostorico.corriere.it/2000/luglio/03/Diagnosi_errata_muore_dopo_parto_co_0_0007033372.shtml

    La mia gravidanza è stata ben monitorata e le ostetriche sono obboligate; per legge; a seguire un protocollo piuttosto preciso durante il travaglio, quindi alle prime avvisaglie sono pronte ad agire di conseguenza.
    Che io sappia (al 2004, quando mi informai dettagliatamente) non esistono casi di negligenza o cattivo operato nelle due case di maternità di Milano. Le donne che possono partorire in tali strutture sono state attentamente selezionate. Con pazienza, potrei ritrovare le statistiche che dopo anni ovviamente ho cancellato dal p.c.
    Mi piacerebbe chi ai pareri negativi si aggiungessero validi e recenti dati statistici.
    Quello che auspicherei, sull’esempio di alcune rare strutture pubbliche, è la creazione di centri di nascita naturale accanto agli ospedali, slegati quindi dal concetto della malattia e del pericolo a tutti i costi.

    Scusate la fretta e il cattivo italiano.
    A presto.

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