Io ho partorito entrambi i miei figli in una struttura per il sostegno del parto naturale in quel di Stoccolma. Si tratta di una struttura all’interno di un ospedale, in cui si seguono alcune regole e procedure che tendono a rendere il parto il meno medicalizzato possibile. La partoriente viene messa in una sala travaglio da sola, e non insieme ad altre partorienti in varie fasi più o meno avanzate, e quindi si risparmia prima di tutto le urla delle altre, poi ha più libertà e calma per concentrarsi sul proprio parto. Inoltre la partoriente può scegliere come muoversi, se muoversi, che posizione assumere e le vengono offerte tutta una serie di oggetti improbabili per trovare la posizione giusta e alleviare il dolore, tipo palle per saltare, materassi di varie forme, sedie, panchetti misteriosi, oltre alla possibilità di immergersi in acqua.
Il ginecoloco non entra in sala se non ci sono complicazioni di tipo medico, e la partoriente viene seguita da un’ostetrica che sta con lei nei tempi e modi scelti dalla donna (sempre a meno di complicazioni).
Proprio per tutta questa serie di scelte possibili, alla donna che partorisce viene richiesto di presentarsi in reparto con valigia e piano del parto.
In pratica si tratta di una breve descrizione di come vorremmo fosse il nostro parto ideale, che viene utilizzato come guida dall’ostetrica presente in sala parto per sapere come comportarsi nei nostri confronti.
Il mio piano del parto ad esempio includeva l’uso di qualsiasi metodo fosse possibile impiegare per alleviare il dolore: agopuntura, TENS, infiltrazioni di acqua sterile sottocutanee, e gas esilarante, ma allo stesso tempo dichiaravo che avrei preferito evitare l’epidurale, pur lasciando aperta la possibilità di farla. Inoltre il mio piano includeva la richiesta di essere informata di ogni decisione presa dal personale medico. Richiedevo la presenza di mio marito in sala parto. E richiedevo che l’ostetrica mi aiutasse attivamente suggerendo posizioni e aiutandomi nella respirazione.
Diciamo che il piano del parto mi ha aiutata a concentrarmi su questo momento e a fare mente locale su cosa avrei voluto, pur sapendo che al momento clou le cose possono cambiare notevolmente, e quindi cercando di non rimanere delusa se una parte del piano non fosse proprio andata come avrei voluto.
Il piano del parto infatti non è un contratto, ma solo una guida per farsi conoscere dall’ostetrica in una situazione in cui c’è spesso poco tempo per le presentazioni formali. Insomma appena varcata la soglia del reparto, mentre te stai li che inspiri ed espiri, lei si prende il foglietto che tuo marito prontamente tira fuori dalla valigia e se lo legge.
Mi è sempre sembrata una bellissima idea, e molto utile per tutti.
Al mio primo parto (prime contrazioni lunedì notte, nascita del Vikingo a mezzogiorno del giovedì) le ho provate un po’ tutte, fino a raggiungere l’epidurale anche in seguito a ossitocina a go-go. Il problema è che il parto dopo aver fatto l’epidurale si è fermato, e alla fine il Vikingo è stato tirato fuori con la ventosa.
Nonostante le innumerevoli domande poste a ostetriche e medici, mi è stato detto che era impossibile sapere se fosse stata l’epidurale a far fermare il parto, ma che pensavano fosse improbabile. Io ovviamente da brava mamma testona, mi sono comunque convinta delle seguenti cose:
1. il gas esilarante che ha preceduto l’epidurale non è stata una buona scelta. Ho perso il controllo, e il dolore ha preso il sopravvento. Il che mi ha fatto richiedere l’epidurale
2. se non avessi fatto l’epidurale non avrebbero avuto bisogno di tirarlo fuori con la ventosa
inutile dire che i medici con cui ho parlato hanno cercato di convincermi che non aveva senso fare queste ipotesi, e che ogni supposizione lascia il tempo che trova visto che io in quel momento urlavo e avevo chiaramente bisogno dell’epidurale. Ma tanto è che al secondo figlio nel mio piano del parto ho aggiunto che non avrei voluto usare il gas esilarante, e che avrei voluto evitare l’epidurale.
Sul meccanismo del dolore mentre ero incinta del secondo mi sono informata più che per il primo parto, ho letto, ho rielaborato, ho elucubrato a ruota libera (e se lo avete perso leggetevi quello che scrivevo pochi giorni prima). In seguito alle mie folli meditazioni sul tema del dolore, ho detto a GG con molta chiarezza verso la fine della gravidanza (e ripetuto al momento di salire sul taxi per andare in ospedale): non importa se ti urlo che voglio l’epidurale. Tu l’epidurale non devi farmela fare. Capito?
Ecco, solo una donna in preda agli ormoni impazziti, e che ha dimenticato il dolore del primo parto (unico motivo per cui si continuano a fare figli) può dire una cosa del genere. E il povero marito ha tentato di obiettare timidamente, ma poi ha deciso che era meglio annuire e farmi stare calma.
Il racconto del mio secondo parto lo potete leggere qui, quindi non entrerò più di tanto in dettagli. Ad un certo punto l’ostetrica mi ha detto “leggo nel piano del parto che non vuoi il gas esilarante. Perché?” Io le ho spiegato che la prima volta ho perso il controllo e non mi è piaciuto. Lei mi ha risposto che evidentemente ne avevo preso troppo, e che il trucco è proprio quello di prenderne quanto basta per calmare il dolore ma senza perdere il controllo. Mi lascio convincere, e quindi partiamo con il gas esilarante. Lei consegna la maschera a mio marito che ha il compito di togliermela nel momento in cui si arriva a metà contrazione proprio per evitare che io ne prenda troppa. Le prime tre contrazioni vanno bene. Ci stiamo riuscendo. Alla quarta contrazione crollo. All’apice del dolore quando lui sta per togliermi la mascherina lo fulmino con gli occhi, e lui non osa toglierla. L’ostetrica inizia a dire che così non va, e gli dice di toglierla prima la prossima volta. Arriva un’altra contrazione gli strappo la mascherina dalle mani e me la tengo stretta sul viso. Non so cosa sia successo esattamente dopo, so solo che l’ostetrica mi ha tolto la mascherina e io ho iniziato a urlare EPIDURALE!!!!
Ora potete immaginare cosa è passato nella testa di mio marito: cazzo! E ora? Mi ha confessato solo a posteriori di non sapere assolutamente cosa fare. Ricordandosi della mia minaccia si è trovato in un vicolo cieco.
Fortunatamente l’ostetrica a quel punto ci ha spiegato che non c’era tempo per l’epidurale quindi dovevamo procedere con la spinale, e così il marito poveretto ha tirato un sospiro di sollievo. Tecnicamente parlando infatti si trattava di altro, e quindi, non aveva ricevuto ordini assurdi da una donna a forma di pallone in preda agli ormoni impazziti.
Ormai sono passati due anni e ci si ride su, ma ovviamente quel momento lui l’ha vissuto con terrore.
Il piano del parto insomma si è rivelato un ottimo mezzo per rifletterci a priori, ma anche per avere poi la libertà di dimenticarselo quando ci si trasforma nella bestia umana che è la donna partoriente.
Miriam esistono purtroppo delle complicazne ostetriche /neonatologiche a cui non solo una o due ostetriche saprebbero e potrebbero gestire e risolvere, ma nemmeno loro con un ginecoloco! Alcune complicanze necessitano non solo una diagnosi immediata ma anche un intervento multidisciplinare di più professionisti ( due ginecologi se non tre, anestesista, pediatra o neonatologi, personale infermieristico di sala) e di strutture /reparti quali un centro trasfusionale, un laboratorio, una rianimazione, un tin. Tutto questo SUBITO.
A domicilio e nelle case maternità ciò non esiste.
E 10minuti possono essere letali o garvemente compromettenti . Inoltre quando si tratta di trasporti, i minuti iporizzati sono la metà (almeno) di quelli reali (che consistono nel mettere su barella, trasportare, arrivare a destinazione , monitorizzare ed iniziare l’intervento necessario).
La competenza delle ostetriche si ferma alla fisiologia. Sulle ocmplicanze – emergenze – non sanno da che parte mettere le mani. Primo perchè non è appunto loro competenza, secondo per i motivi sopra-descritti. Quello che loro possono fare è riconoscere l’urgenza (anzi questo lo devono fare) e chiamare aiuto. Ma talvolta i minuti che passano sono un drammatico count-down.
Luna premetto che sono totalmente d’accordo con te su quello che scrivi. Ho però delle domande che mi frullano in testa da qualche anno, da quando ho letto un libercolo informativo in Francia in cui si diceva che in Olanda una percentuale elevatissima di parti avvengono in casa. Chiedo venia per l’imprecisione del dato ma se non ricordo male parlava di 80% o giù di lì (c’è qualcuno che può confermare?). Ammesso che questa informazione sia corretta mi chiedo allora come la mettiamo con la faccenda dei rischi? Immagino che ci sia una bella differenza tra un paese in cui questa sia routine e l’Italia in cui è evidentemente un’eccezione. Hai informazioni o opinioni in merito?
@Luna
Il piano del parto l’ho scritto insieme a mio marito.
L’avrebbe fatto valere lui. Su questo eravamo agguerritissimi.
Diverso, putroppo il caso di una futura madre sin quel momento sola o single…
Il personale osp. gioca spesso sulla tua debolezza momentanea, sulla quella strana forma di rispetto che incute il camice bianco.
Sulle case del parto, tutto ciò è parzialmente vero.
Noi ci siamo informati molto, prima di farlo nascere in casa.
Non lo avremmo fatto se non avessimo verificato prima le competenze delle ostetriche (due assistono al travaglio,al parto e durante il perpuerio), l’assoluta vicinanza dell’ospedale (meno di 10 minuti) e la mia fortunata gravidanza fisiologica.
Contemporaneamente ho continuato le visite di routine con la mia ginecologa, blandamente contraria, ma prodiga di consigli di ogni genere.
Concordo in pieno sulla questione remissività. Ho provato sulla mia pelle ad essere paziente “oncologico” non grave e figlia di paziente malato terminale. Quando fai valere i tuoi diritti, in ospedale te la fanno pagare. Chiami e non vengono prontamente, umiliazioni di ogni genere, non ultimo il furto di pochi spiccioli poco dopo la morte di mio padre…
Ripeto le case del parto serie, sono legate a doppio filo con gli ospedali, i quali vengono allertati per i parti imminenti.
Il mio ad es. era il Buzzi. (Prepararai due borsi una per l’ospedale e una minuscola per il parto in casa.)
Le mie ostetriche hanno lavorato per anni negli ospedali pubblici e le competenze sono facilmente verificabili!
Su quasi tutto manca informazione. Quoto il tuo incipit.Travaglio, parto naturale, cesareo, allattamento, depressione post partum.
Senza polemica, penso che debba essere una nostra precisa responsabilità chiedere, consultare libri, rovistare in Internet e verificare la completezza dei dati.
Non diamo lo colpa solo agli altri, chiediamo e ci sarà dato.
Scusate la rabbia.
Stranamamma, hai colto un punto davvero fondamentale: LA MANCATA O ERRATA O INCOMPLETA INFORMAZIONE che qua in Italia DILAGA in modo vergognoso e spesso VOLUTO, o meglio INTERESSATO.
Da qui tutte le problematiche:
– tutto o quasi viene preso per buono, anche i maltrattamenti e gli evidenti abusi di pratiche inopportune (pratiche ostetriche che inmolti casi vengono fatte solo per convenienza, per accelerare, per prendere soldi – vedi tagli cesarei senza indicazione medica – per assecondare le attività private dei gine…)
– tutte o quasi stanno zitte e non alzano la testa per dire BASTA a tutta una serie di cosucce quali: ospedali con punti nascita non sicuri (ce ne sono più di un centinaio!) , H che non garantiscono la possibilità di fare sia un parto naturale che in epidurale , parti palesemente pilotati per favorire l’attività privata, pratiche non in linea con la fisiologia del travaglio (ma in linea solo con gli interessi dei gine e delle ost), tagli cesarei vergognosamente proposti solo per soldi o per mancanza di sicurezza (per un parto naturale) o per altri motivi…ecc ecc
– da ciò fiorirà sempre più il mercato privato delle ostetriche che abbagliano ( e abbalgieranno) sempre + quelle donne che prendono atto di queste realtà, che non le gradiscono ed attorno alle quali viene spalmato un balsamo anti-medicina ( medicina e medicalizzazione=demonio – senza distinguere in modo osbiettivo la medicalizzazione opportuna e quella inoppotuna…) . Meracto che consiste nell’assistenza privata di un’osterica per tutta la gravidanza (solo un’ostetrica!) e il parto a domicilio o nelle case maternità dove nessuno saprebbe far fronte ad una qualsiasi complicanza ( ma tutto è così talemnte bello, umano, casalingo, profumato e colorato, che la sicurezza diventa un’optional…tanto MAMMA NATURA E’ BUONA E PROVVEDE A TUTTO!).
Ai politici l’ignoranza e la disinformazione o mancata informazione fa molto comodo. E non solo ai politici.
E’ un cane che si morde la coda e le vittime sono le mamme, che non sanno o sanno parzialmente ciò che si fa o ciò che è stato fatto a loro. E non sanno nemmeno che certe cose dovrebbero essere richieste con forza , anche piantando un casino “così”!Solo con un’adeguiata informazione e un atteggiamento meno remissivo si può sperare di iniziare ad avere ciò che è un diritto: partorire sempre in SICUREZZa (mai nessuno la considera) e nel pieno rispetto delle esigenze della mamma, del suo travaglio e dei suoi tempi. E dopo la nascita anche nel rispetto del neonato.
(perdonatemi l’arringa…..ma mi esce dal cuore e con non poca rabbia).
Lo dico da mamma e da medico (anestesista)
Personalmente credo che il piano el parto qui da noi non funzionerebbe sicuramente per le ragioni indicate da Luna e poi per una questione di ristrettezza mentale. Io abito in Piemonte e quando feci il corso pre parto nel maggior ospedale ostetrico ginecologico di Torino (dove poi, però l’epidurale te la fanno solo se gli va e non per carenza di competenze) ci dissero che solo un 30% scarso di donne frequenta i corsi. Tra le mie amiche e parenti io ero considerata quella strana (tanto per cambiare) perché mi ero “fissata” col parto in analgesia, perché tanto le donne hanno sempre partorito e sempre partoriranno… Alcune poi però al secondo giro si fanno prenotare un cesareo a tavolino appena scoprono di essere incinta….
Qui da noi c’è scarsa informazione perché ciascuno vuol tirare l’acqua al suo mulino, economicamente parlando, e parallelamente c’è scarsa volontà di cercare info o di confrontarsi con l’estero…perché quelli degli altri stati sono strani. Pensate che quando raccontavo dell’esperienza di una conoscete inglese che ha partorito due gemelli a Londra con parto naturale e l’aiuto di varie tipologie di analgesici qualcuna (ovviamente senza figli) mi ha guardata allibita e ha messo in dubbio il fatto che non fosse stata messa a repentaglio la vita di madre e bimbi perché all’estero, si sa, abusano di farmaci! Fin quando rimarremo chiusi nel nostro orticello non andremo mai da nessuna parte purtroppo…
Aggiungo inoltre, molto brevemente , che il piano del parto non sarebbe fattibile nella maggior parte degli H italiani, prorpio perchè troppo spesso non hai modo di scegliere nulla.
Sono troppo poche e rare quelle strutture che ti offrono un servizio a 360°.
Questa è la nostra triste realtà italiana
Purtroppo per brevità di tempo e per necessità di non scrivere un poema, non ho scritto molto sul piano del parto. Ma ci sarebbero tante cose da dire.
Il termine “seghe mentali” non è il + felice che pocessi trovare. L’ho scritto perchè colta , oltre che da stanchezza (termine di una delle solite giornate faticose,coem per tutte le mamme) anche per rabbia. Rabbia nel leggere che una mamma si è trovata , non ho capito per quale motivo, a combattere con se stessa un dolore molto forte, di fronte al quale non avrebbe voluto “cedere” e dimostare debolezza (almeno così io ho interpretato) chiedendo l’epidurale. Epidurale che peraltro , sempre secondo la mamma (ma contrariamente a quanto detto gli operatori) è stata causa dell’arresto delle contrazioni e di una ventosa nel parto precedente e pertanto giudicata dannosa. (interprertazione assolutamente personale). Ma che ha fatto uso senza alcun problema di protossido (e io mi sono chiesta quanto ne sapeva dell’epidurale e quanto del protossido….).
Ecco, la rabbia mi è scaturita perchè credo che prima del parto, spesso, già ci si fa un sacco di paranoie su come andrà…quanto dolore si sentirà…quanto durerà…se andrà tutto bene….se si verrà trattate bene o male….
credo non serva aggiungere anche eroismi o meno sulla sopportazione del dolore ed eventuale richiesta dell’epidurale, mettendo tutti in crisi (mamma soprattutto!)
Da noi la cosa è molto diversa, nel senso che nella cittadina (Urbino) dove abito c’è un unico ospedale e quindi devi sceglierlo per forza, a meno che tu non abbia voglia di farti 40 KM di doglie in macchina per raggiungere l’ospedale di Pesaro. Fortunatamente però il reparto di ginecologia dicono funzioni molto bene rispetto la media nazionale. Tuttavia non mi risulta che nessun ginecologo consultato privatamente (qui le liste di attesa per ginecologia sono lunghissime al punto che prima che ti prenotano la prima visita hai già partorito) parli mai di epidurale, spinale, gas esilarante, ecc. Io ho avuto due figlie e sono stata seguita dal primario del reparto, ma nessun accenno a niente! Sapevo che il problema era anche il fatto che in alcune regioni l’epidurale è gratuita, mentre in altre si paga. Fatto sta che i miei parti sono stati entrambi un po’ particolari: della prima sono entrata in ospedale con contrazioni fortissime, ma con un solo centimetro di dilatazione, tanto che tutti sembravano non credere al dolore fino a che non ho cominciato a vomitare anche le budella e allora hanno capito che era forse il caso di entrare in sala travaglio; tre ore di dolore allucinante ed è nata Elisa. Della seconda ancora ne parlano perchè è nata in casa e non per scelta, ma perchè non abbiamo fatto in tempo ad uscire dalla camera da letto. Linda è nata in meno di mezz’ora alla presenza di mio marito che parlava al telofono con il 118, arrivato quando lei era già nata e adagiata sul letto colorato di rosso. Panico, panico, panico. Per chi volesse leggere altro_ http://mammadicorsa.iobloggo.com/41/
@mammadicorsa per te altro che piano del parto 😀
Meglio che nei film! E ovviamente lo diciamo solo perché poi è andato tutto bene. Un abbraccio!
Io credo che la cosa migliore sia INFORMARSI molto bene, sapere quali sono le possibilità ed i servizi offerti nella struttura in cui ci si rivolge (che sia abbastanza compatibile con qualle che potrebbe essere la gamma di esigenze personali) ed infine
decidere senza troppi sensi di colpa o senza mettere in difficoltà gli altri (vedi ” non importa se ti urlo che voglio l’epidurale. Tu l’epidurale non devi farmela fare. Capito?”)su quelle che dovrebbero essere delle scelte puramente personali, insindacabili e da rispettare qualunque esse siano! Sempre che si trovino in linea con la sicurezza della mamma /feto e con l’evoluzione del travaglio.
Ergo: andare a partorire possibilmente serene e senza troppe seghe mentali (scusate….) che possono poi mettere tutti in crisi (mamma in primis! – mamma che invece ha ben altro in quei momenti a cui pensare…..e non a fare troppo la stoica…)
Serenità!
@Luna grazie per le precisazioni su epidurale e spinale!
Ripensando a queste vostre perplessità sul piano del parto credo ci sia anche un altro fattore determinante, ossia che spesso in Italia si partorisce con la ginecologa/o scelta/o a priori, che quindi magari ti ha già visto qualche volta e già sa più o meno come la pensi e cosa vuoi. Nel mio caso invece ti becchi chi è di turno e basta.
Io il piano del parto non l’ho assolutamente vissuto con ansia, e anzi l’ho accolto con entusiasmo perché mi sono sentita ascoltata. Ci era stato spiegato per l’appunto che serviva solo a questo: a conoscere i nostri desideri, senza però che fosse vincolante. E ci avevano anche informate del fatto che a volte succede anche che la donna stessa in travaglio cambi idea, e che preferisca una cosa piuttosto che un’altra che aveva pensato a priori. Non vedo una gran differenza con la chiacchierata fatta a tavolino con il ginecologo qualche settimana prima del parto. Le seghe mentali che mi sono fatta, me le sarei fatte comunque indipendentemente dal piano del parto, proprio perché mi ero informata a priori su tutte le possibilità messe a disposizione dalla struttura che avevo scelto per partorire. Insomma per quello che mi riguarda la frase “andare a partorire serene e senza troppe seghe mentali” temo non sarebbe applicabile 😉
Per quanto riguarda il piano del parto, a mio modo di vedere , se da un lato può essere un’iniziativa simpatica, dall’altro crea ansia da parte di chi lo scrive, perchè costretta a pensare talvolta in modo quasi ossessivo su cosa vorrebbe o non vorrebbe….
,…senza però considerare che solo al momento del travaglio una donna capisce ciò che si sente di fare (e non certo prima!)
….senza considerare che esistono molte deviazioni della fisiologia che possono mandare a monte tutti i castelli costruiti attorno al piano del parto
….senza forse chiedere/ricevere complete e corrette informazioni sulle eventuali pratiche che si possono richiedere o rifiutare o che possono essere raccomandate o che al contrario da evitare in sede di contrazioni (vedi le prese si posizione pre-parto riguardo il protossido – detto gas esilerante- e l’epidurale , e successivi attegiamenti versi gli stessi durante i travagli in questa testimonianza).
Per dissipare un pò di confusione. Epidurale e spinale sono due tecniche diverse, che raggiungono gli estessi obiettivi: o un’analgesia ( se si usano bassissime dosi – se si vuole ridurre il dolore del travaglio/parto – e ti permette il mantenimento della sensibilità e della motilità) oppure un’anestesia (usando dosi molto + alte – in caso di operazione chirurgica quale ad es il taglio cesareo – ed immobilizza le gambe con abolizione della sensibilità.
In genere la sola spinale in caso di travaglio viene eseguita a dilatazione completa o quasi completa , perchè è una tecnica di + semplice esecuzione , + rapida (anche come effetto), ma l’effetto dura non + di due ore, in quanto si esgue un single shot di anestetico.
Con la peridurale, si posiziona invece il famoso cateterico , che viene utilizzato nelle ore successive per le somministrazioni di farmaco.
si il consenso informato e’ una cosa del tutto differente, ma rientra comunque nella stessa ottica del cambiamento copernicano in termini del rapporto del cittadino con la propria salute degli ultimi anni, in molte nazioni (e mi pare di capire che Svezia, e non lo avrei dubitato, sia fra queste, come UK del resto) hanno preso molto a cuore questa concezione della persona al centro delle decisioni sulla propria salute. Il consenso informato ha un’ottica piu’ legalistica, mi pare, ma il principio piu’ generale e’ che il paziente va fatto partecipe delle scelte quanto piu’ possibile, nei limiti delle sue competenze ovviamente. Il che si traduce in fare almeno un tentativo con i pazienti che dicono “non voglio sapere, mi rimetto nelle sue mani” di trasmettere informazioni e renderli attivi e non passivi, certo anche nel rispetto della psicologia del singolo. Per me per esempio, sapere i dettagli e’ fondamentale per ridurre le ansie e le paure, che non significa decidere ma sapere in anticipo, quando si e’ lucidi e non sotto tensione o dolore, cosa potrebbe succedere e cosa potrei dover scegliere. Il medico paternalistico invece, quello che parte con “signora lei non si preoccupi, che tutto si aggiusta” mi mette una tale angoscia che griderei.
Sì, Serena, la differenza con il consenso informato è chiara. Era solo una similitudine, cercavo di spiegarmi con un paragone. Non volevo dire che è la stessa cosa. Forse è pigrizia, la mia: ma tutto sommato avere avuto relativamente poche opzioni credo mi abbia facilitato. Davanti a una lista tipo “vuoi l’ostetrica dentro o fuori dalla sala”, “vuoi o no consigli sulle posizioni”, etc. credo che sarei andata in confusione. In fondo non ero incosciente e sono stata in grado di rapportarmi efficacemente con le ostetriche anche con quell’improvvisazione che nel mio caso è stata possibile e appropriata. Chi avrebbe mai immaginato che il mio problema principale sarebbe stato il vomito irrefrenabile? Nessuno me l’aveva prospettato e questo, paradossalmente, ha eliminato il problema delle prime ore di travaglio. Insomma, è andata bene senza troppe pianificazioni. Un po’ è fortuna, un po’ è stata la struttura affidabile. Non avrei voluto pianificare più di così, solo questo intendevo.
Avevo letto questa cosa del “piano del parto” in uno dei manuali sulla gravidanza (americano, penso)e oggi come allora credo che una cosa così tanto articolata non mi si addica granché. Mi spiego meglio: io ho scelto accuratamente l’ospedale, sapendo che non sono della scuola del cesareo facile(cosa che la mia esperienza ha dimostrato), che erano piuttosto aperti sul travaglio, che erano competenti e ben attrezzati, che c’era la possibilità dell’epidurale gratuita senza limitazioni di orario e che era previsto il rooming-in, ma anche, in caso di necessità, la possibilità di far portare il bambino altrove per qualche ora (possibilità di cui mi sono avvalsa per qualche ora la notte). Appurato ciò, credo che una pianificazione più dettagliata mi avrebbe confuso e riempito di elucubrazioni poco utili. E’ un po’ come la storia del consenso informato: ok, voglio essere messa al corrente, ma su certe scelte spero che tu (medico, ostetrica) abbia più elementi di me e possa consigliarmi. Se decido di fidarmi di una struttura, non mi piace la sensazione che sia tutta una mia scelta, fin nei minimi dettagli. Mi sento più sicura se posso scegliere una linea, un’impostazione ed essere serena che tutte le singole decisioni siano coerenti con quella.
@Chiara come fin nei minimi dettagli? Assolutamente no. Il piano del parto non è una questione di definire il parto nei minimi dettagli, si tratta di dare un’indicazione all’ostetrica che ti assiste, e che non ti conosce, su cosa vorresti e cosa no. Esempio: io preferisco essere informata sulle decisioni che vengono prese, mentre altre potrebbero preferire abbandonarsi con fiducia nelle mani dei medici senza voler sapere nulla. Io ho preferito che l’ostetrica mi consigliasse posizioni da assumere, altre potrebbero irrigidirsi di fronte ad un’ostetrica che suggerisce posizioni, perché preferirebbero sentire le loro esigenze senza condizionamenti esterni. Alcune preferiscono che l’ostetrica stia fuori dalla stanza il più possibile per stare sole con il proprio compagno, altre preferiscono volerla tra i piedi tutto il tempo. Insomma il piano del parto è una sorta di presentazione della partoriente, di quelli che sono i suoi desideri, e il livello di dettaglio è deciso esclusivamente da chi lo scrive, sulla base delle proprie esigenze. Come ho scritto nel post comunque non è un contratto, nel senso che comunque l’ultima parola spetta sempre all’ostetrica che però si impegna a prendere in considerazione i tuoi desideri per quanto possibile, a meno di complicazioni. Altra cosa totalmente differente è il consenso informato, che invece tratta di questioni puramente mediche. Spero di aver chiarito la differenza.
io che ho avuto un cesareo non programmato, per la spinale ho ricevuto un’iniezione completamente distinta dal catetere dell’epidurale che avevo gia’. infatti leggendo qui:
http://en.wikipedia.org/wiki/Spinal_anaesthesia#Difference_from_epidural_anaesthesia
si apprende che lo spazio nel caso di epidurale o spinale e’ differente. qui:
http://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Datei:Unterschied_Spinalan%C3%A4sthesie-Periduralan%C3%A4sthesie.png&filetimestamp=20080321110127
si puo’ vedere come non solo lo spazio, ma anche il sito dell’iniezione sia differente.