Nell’ambito del tema della pluralità di figli e dei rapporti tra fratelli e sorelle, anche provenienti da diverse situazioni familiari, analizziamo quali sono i diritti, in particolare patrimoniali, dei figli nei confronti dei loro genitori.
Il principio essenziale del nostro ordinamento è che i figli sono tutti uguali tra loro e sono riconosciuti loro pari diritti. Quindi non vi è alcuna differenza tra figli nati nel matrimonio e figli nati al di fuori, intendendo per questi ultimi sia i figi nati nell’ambito di una convivenza more uxorio, sia quelli nati da una relazione che non comporti convivenza tra i genitori.
I figli, dunque, hanno pari diritti successori nei confronti nei genitori, ma hanno pari diritti anche in vita dei genitori, in particolare il diritto di essere cresciuti, mantenuti, istruiti ed educati dai genitori (art. 30 Costituzione), fino alla loro indipendenza economica, secondo le loro capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni (art. 147 c.c.).
Chiariamo prima di tutto il significato della terminologia giuridica:
– figli legittimi: sono i figli nati in costanza di matrimonio
– figli naturali: sono quelli nati da genitori non sposati, quindi i figli dei conviventi ed i figli nati da relazioni che prescindono dalla convivenza tra i genitori. In caso di matrimonio dei genitori successivo alla nascita, il figlio diviene legittimo.
– figli riconosciuti: sono i figli naturali per i quali i genitori hanno posto in essere un atto formale di riconoscimento, ovvero la dichiarazione di essere genitore del bambino. Tale riconoscimento si fa nell’atto di nascita, ma può essere fatto anche prima, quando è già avvenuto il concepimento, innanzi ad un ufficiale dello stato civile o al giudice tutelare, oppure dopo la nascita in un atto pubblico o in un testamento. Possono riconoscere i figli naturali anche le persone sposate (quindi si possono riconoscere i figli nati da una relazione extraconiugale oppure da una persona che si è separata dal coniuge solo di fatto) ed il riconoscimento è un atto che deve essere compiuto anche dalla madre e non solo dal padre (quindi la madre può non riconoscere il figlio).
Se un genitore non ha riconosciuto un figlio, il figlio stesso di ricognizione di paternità/maternità per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità.
Distinguiamo, ora, le diverse situazioni
FIGLI LEGITTIMI (nati nell’ambito del matrimonio).
– Diritti successori: i figli, come il coniuge, sono eredi legittimari. I legittimari: sono quei soggetti a cui la legge riserva una quota di eredità, in virtù del vincolo di parentela che li lega al defunto. I figli ereditano quindi il patrimonio del loro genitore anche e soprattutto in assenza di testamento.
In presenza di un figlio e del coniuge superstite, il patrimonio sarà diviso a metà tra questi, ma se vi è una disposizione testamentaria a favore di terzi, la quota riservata al coniuge ed al figlio sarà di un terzo ciascuno del patrimonio.
In presenza di più figli e del coniuge superstite, quest’ultimo erediterà un terzo del patrimonio ed i figli divideranno in parti uguali i restanti due terzi. In caso di disposizione testamentaria in favore di terzi (soggetti diversi dai figli e dal coniuge), il defunto testatore potrà disporre di una quota del suo patrimonio pari ad un quarto (c.d. quota disponibile), non di più: la metà di quanto possiede in beni mobili o immobili (costituenti la c.d. quota legittima indisponibile), deve essere destinato ai figi ed un ulteriore quarto al coniuge.
– Diritti patrimoniali in vita dei genitori: i figli hanno diritto di essere mantenuti, cresciuti ed educati da entrambi i loro genitori, secondo le possibilità familiari e nel rispetto delle loro inclinazioni. E’ quindi dovere dei genitori non solo sostentare i figli, ma provvedere anche alle loro esigenze affettive e mantenerli in una situazione economica adeguata a quella del tenore di vita familiare, in relazione alle loro possibilità, fino a quando i figli non diventino autosufficienti. Questo momento non può certo essere identificato con la maggiore età, ma con la concreta indipendenza ed autosufficienza economica. E’ più che evidente che questo momento oggi si è spostato sempre più avanti nel tempo a causa delle crescenti difficoltà di collocazione lavorativa stabile dei giovani. Infatti il momento in cui un genitore può legittimamente smettere di mantenere un figlio, non può più neanche identificarsi con il termine degli studi, che siano superiori o universitari. Questa è comunque una materia in cui non può identificarsi un limite temporale prestabilito: la legge non obbliga un genitore a mantenere un figlio che eviti di impegnarsi in qualsiasi lavoro anche dopo molto tempo dalla fine degli studi, così come non lo obbliga a mantenere un figlio che prolunghi i suoi studi per un tempo irragionevole.
– Diritti in caso di separazione: in caso di separazione personale dei coniugi e poi di successivo divorzio, il diritto dei figli ad essere mantenuti da entrambi i genitori, in modo commisurato alle loro possibilità economiche permane inalterato, come in costanza di matrimonio. Per questo motivo il coniuge non affidatario dei figli, o meglio, oggi non “collocatario” dei figli, dato che l’affidamento dovrebbe essere generalmente congiunto, deve provvedere a concorrere al loro mantenimento, normalmente con un assegno mensile da corrispondere all’altro coniuge. L’assegno è versato per i figli, ma non direttamente a questi, poiché è il genitore che li ha con sè che deve provvedere al loro concreto mantenimento. Questo valeva anche dopo la maggiore età dei figli, se rimanevano in casa. Oggi la riforma del 2006 sembrerebbe aver “normalizzato” il pagamento diretto al figlio maggiorenne, anche se è una norma che (forse giustamente) fatica ad entrare nell’uso e viene spesso disattesa.
L’assegnazione della casa coniugale, poi, segue normalmente la collocazione dei figli: quindi la casa è lasciata al coniugi che avrà con sé i figli, proprio perchè è tutelato il loro diritto di non cambiare, per quanto possibile, le loro abitudini di vita e la loro tranquillità domestica. Tutte le norme sulla separazione dei coniugi, infatti, quando ci sono figli, sono sempre orientate alla loro tutela. E proprio a rafforzare questa tutela tendeva l’ultima riforma del 2006: i giudici, in ogni decisione, devono sempre orientarsi al “superiore interesse dei figli”.
-competenza per affidamento e mantenimento. Il Tribunale ordinario (civile) ed in particolare il Presidente (o il Giudice che assume tale funzione) è competente per tutte le decisioni in materia di affidamento, collocamento e mantenimento dei figli, in sede di causa per la separazione personale dei coniugi. Anche in caso di separazione giudiziale, infatti, è prevista una prima udienza (c.d. presidenziale), in cui il Giudice stabilirà prima di tutto dell’affidamento e del mantenimento dei figli, anche se in modo provvisorio che andrà poi confermato o modificato all’esito finale della causa di separazione. In caso di separazione consensuale, invece, tale udienza esaurisce il procedimento e “omologa” gli accordi dei coniugi.
FIGLI NATURALI RICONOSCIUTI
– Diritti successori: i figli nati in una convivenza o al di fuori di questa e riconosciuti dai genitori, hanno diritti di successione del tutto identici a quelli dei figli legittimi, anche se i genitori abbiano altri figli nati da precedenti o successivi matrimoni. Sono pertanto eredi legittimari. Unica differenza con eventuali figli legittimi dello stesso genitore, è che questi ultimi possono, in sede di successione, esercitare il c.d. diritto di commutazione: possono soddisfare in denaro o beni immobili ereditari la porzione del fratello, estromettendolo dalla comunione ereditaria.
– Diritti patrimoniali in vita dei genitori. Anche in questo caso i diritti sono identici a quelli di figli legittimi. Questo è evidente e normalmente praticato in caso di figli nati in una stabile convivenza. E’ invece molto più difficoltoso, nella pratica, quando il figlio nasce al di fuori di un rapporto stabile tra i genitori, dato che troppo spesso in questi casi viene cresciuto esclusivamente dalla madre (inutile qui parlare di “un genitore”, dato che praticamente la totalità dei casi di bambini nati al di fuori di un rapporto stabile viene cresciuto dalla mamma). Sono questi i casi in cui dovrà intervenire il Tribunale secondo le competenze sotto descritte.
– Diritti in caso di cessazione della convivenza: Come per la separazione dei genitori tra loro sposati, anche in questo caso i diritti dei figli nei confronti di entrambi i genitori rimangono inalterati anche quando cessa la convivenza, sia in merito al mantenimento che alla frequentazione. In mancanza di accordo tra i genitori, provvederà il Tribunale secondo le modalità e competenze di seguito indicate.
– competenza per affidamento e mantenimento. Su tutte le questioni relative all’affidamento di un minore in caso di genitori tra loro non sposati e non conviventi, o per cessazione di una convivenza stabile o perchè non hanno mai convissuto, decide il Tribunale per i Minorenni, su ricorso del genitore che abbia interesse alla sua pronuncia. In questo caso lo stesso tribunale può decidere in merito agli obblighi di mantenimento del bambino. Se invece i genitori non intendano sollevare il problema dell’affidamento, perchè non è questione discussa tra loro o già risolta con precedenti pronunce del Tribunale per i Minorenni, e si debba ricorrere al Tribunale solo perchè stabilisca modalità ed entità del mantenimento da parte del genitore non convivente con i bambini, sarà competente il Tribunale ordinario (civile), sempre su ricorso del genitore che vi abbia interesse.
I figli non riconosciuti acquisiranno diritti nei confronti dei genitori solo con il riconoscimento o con la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità.
L’art. 570 del codice penale, infine, prevede come ipotesi di reato il comportamento di chi si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, in particolare facendo mancare i mezzi di sussistenza ai figli (se minorenni il reato è perseguibile d’ufficio).
Salve,sono figlo unico di genitori separati legalmente,tutti i beni sono a nome di mia madre,mio padre non ha mai provveduto al mio mantenimento,è disoccupato e vive orami da anni in un altro Stato,subito dopo la loro separazione a 12 anni sono andato in collegio e ci sono rimasto fino ai 19,poi sempre in fuorisede ho frequentato l’universtià che ho finito in perfetto tempo ed ottimi voti,a 25 anni mi sono ritrovato in una”casa”dalla quale mi ero allontanato a 12 anni,è da 3 anni che sono laureato,vivo con lei,e non trovo lavoro;mia madre mi ha sempre in tutta la mia vita mantenuto al limite della sufficenza,per esempio non vedo mio padre da 10 anni perchè lei si rifiuta di pagarmi il biglietto aereo,lei ha uno stipendio medio-alto da responsabile più propietà immobiliari affitattate,io vorrei crearmi le mie situazioni per poter condurre un esistenza felice,potrei rivolgermi ad un avvocato e ottenere legalmente un mantenimento economico mensile certificato a tot. cifra fino a quando io non sia completamente autonomo??
La Saluto Cordialmente
DaVide
Silvia,
La ringrazio moltissimo per la sua pronta ed esauriente risposta.
Cordiali saluti.
Alberto Cremonese
@ Alberto. I Suoi diritti sono ovviamente da riferirsi al momento della successione all’uno o all’altro genitore. Lei ha gli stessi diritti degli altri due fratelli: alla morte di un genitore, il suo patrimonio andrà per un terzo al genitore superstite e per i restanti due terzi, diviso in parti uguali tra voi fratelli. Alla morte del secondo genitore, il suo patrimonio (risultante da quello personale + 1/3 ereditato dal coniuge) verrà diviso in parti uguali tra voi fratelli.
Se i fratelli che hanno vissuto insieme ai vostri genitori e lavorato nell’azienda di famiglia, hanno ricevuto donazioni di un certo rilievo (ad es. un immobile, quote societarie, ecc.) di cui c’è prova, queste andranno ricondotte al patrimonio del defunto per stabilire le quote spettanti agli altri figli.
Esempio: se il patrimonio di vs. padre è 300, ma un fratello ha ricevuto una casa del valore di 150 quando il papà era in vita, i 300 andranno divisi tra gli altri 2 fratelli e non in 3 parti da 100 ciascuna.
Ovviamente devono essere verificate vendite fittizie o trasferimenti di danaro di una certa consistenza, che possono “nascondere” delle donazioni. Ma la prova non è sempre facile.
Salve e grazie in anticipo per la sua risposta.
Sono residente in Australia da circa 20 anni.
Ho lasciato l’Italia perche’ la piccola azienda dei miei genitori poteva sostenere solamente i miei due fratelli minori e le possibilita’ di trovare lavoro nel mio settore in Italia, alla fine degli anni ’80, erano praticamente zero.
Ho quindi deciso di emigrare in Australia dove mi sono sistemato molto bene e vivo felicemente.
Volevo chiedere quali sono i miei diritti sulle attuali proprieta’ dei miei genitori (ancora in vita) visto che mio fratello si e’ praticamente impossessato di tutto e si rifiuta di farsi contattare ovviamente per paura di dover dividere l’eventuale eredita’.
La saluto cordialmente.
Alberto Cremonese
Io francamente, in questa situazione, azzarderei il pagamento diretto alla figlia (che comunque provocherà una certa tensione, se lo aspetti!), comunicandolo semplicemente con una raccomandata alla madre.
Addirittura, se Sua figlia fosse d’accordo, l’ideale sarebbe una sua richiesta scritta a Lei di corrisponderle direttamente l’assegno vista la sua maggiore età.
Tutte queste precauzioni, ovviamente, finchè Sua figlia coabiterà con la madre: se dovesse uscire di casa, magari per studiare, la madre nulla più potrebbe opporre.
In ogni comunicazione citerei comunque gli artt. 151 e 156 cc., applicati in via analogica.
Dubito che la madre, visti i Suoi regolari pagamenti, possa voler intentare un’azione (con esiti piuttosto dubbi, dato che comunque Lei sta continuando regolarmente a pagare) solo per il fatto del pagamento diretto.
Le spese straordinarie relative a Sua figlia, sostenute dalla madre, invece, dovrà continuare a rimborsarle a quest’ultima.
Grazie per la risposta cosi’ veloce.
La madre ha gia’ reagito con un rifiuto. Io sono all’estero e un’azione giudiziaria sarebbe problematica.
Non abbiamo ne’ un accordo scritto che mi ricordi e ne’ un provvedimento del tribunale. Tutto e’ stato fatto verbalmente mantenendo le ricevute dei pagamenti fatti alla madre.
In questo caso e’ possibile non tenere conto del rifiuto della madre e iniziare il trasferimento a mia figlia direttamente?
Dopo le modifiche alle norme sulla separazione personale dei coniugi del 2006, il versamento diretto al figlio maggiorenne è diventato la norma, anche se continua a rimanere piuttosto inapplicato. Per analogia questa norma andrebbe applicata anche al mantenimento dei figli naturali. Non so se i vostri rapporti patrimoniali relativi alla figlia sono stati regolati dal giudice o sono frutto di semplice accordo. Nel primo caso, se la madre si oppone, sarebbe meglio adire lo stesso giudice (tribunale civile ordinario, visto che si è in tema di soli rapporti patrimoniali relativi ai figli e non di affidamento) per chiedere questa modifica. Nel secondo caso è sempre meglio chiedere per iscritto di modificare l’accordo. In caso di rifiuto, stesso iter giudiziario sarebbe consigliabile.
Potrebbe anche azzardare una semplice comunicazione scritta alla madre che inizierà a versare il mantenimento direttamente alla figlia, ma in quel caso si aspetti qualche reazione.
Buongiorno,
Ho una figlia naturale che ha appena compiuto 18 anni. Provvedo da anni al suo mantenimento versando una cifra mensile alla madre e mi chiedevo se, nonostante la madre non sia d’accordo, fosse possibile rendere beneficiaria del mantenimento mensile mia figlia direttamente o se la legge mi obbliga a continuare a versare i soldi alla madre.
La ringrazio per la sollecitudine ed il modo gentile con cui mi ha risposto.
La legge potrebbe importi soltanto, in futuro, l’eventuale assistenza di tua madre, laddive diventasse inabile e fosse economicamente impossibilitata a provvedervi. Ovviamente non significa assistenza diretta e partecipativa, ma, eventualmente, anche solo economica.
Per il resto, nonostante immagino sia sicuramente doloroso, puoi far in modo che le vostre strade si dividano.
Sono in un momento molto particolare della mia vita in quanto, mio padre è malato terminale e solo questo mi devasta in modo inimmaginabile. A questo si aggiunge il fatto che mia madre e mia sorella si sono alleate in modo tale da non permettermi di assisterlo. Per sapere come sono le condizioni di mio padre, dopo i vari esami e visite, devo chiamare il medico per farmi dire ciò che ha già riferito a mia madre e mia sorella!!! Risulta evidente che a causa del mio carattere mite ed accomodante, le relazioni con la mia famiglia sono sempre state talmente difficoltose che stò seriamente meditando una decisione drastica: una volta che mio padre ci avrà lasciate, non vorrei più sapere nulla nè di mia sorella nè di mia madre. E’ opportuno sapere che tutte e due sono economicamente benestanti. Chiedo se posso adottare un comportamento di questo tipo o se la legge mi impone diversamente. Grazie
Grazie Silvia, non so su che presupposto sia partita tale richiesta, si fa comunque riferimento ad un articolo di legge che non ricordo non avendo sottomano la lettera, conoscendo la figlia comunque non escluderei nulla.
Grazie ancora.
@ ale: se la figlia non è in uno stato fisico o mentale che le impedisce di mantenersi, non esiste alcun obbligo dei genitori di continuare a mantenerla da adulta. Tra l’altro in questo caso la famiglia della figlia ha un reddito, seppur modesto (la pensione del marito).
Mi domando se la detta figlia non si sia precostituita una documentazione medica (magari psichiatrica) che giustifichi la sua impossibilità di provvedere a se stessa, tentando così di far “rivivere” l’obbligo dei genitori di mantenerla per la sua inabilità a lavorare.
Su questi presupposti che mi riferisci, la richiesta della figlia è comunque del tutto velleitaria. Nulla aggiungo sul collega che ha deciso di patrocinare tale causa, dato che, deontologicamente, non sarebbe corretto criticare senza conoscere l’altra versione dei fatti…
Vorrei un parere professionale in merito ad una questione veramente assurda.
Se una figlia sposata da più di ventanni, restia ad avere rapporti con la famiglia di provenienza tanto da aver rotto i rapporti da parecchi anni, ad un certo punto manda una lettera dell’avvocato ai suoi genitori per chiedere dei soldi in virtù del fatto che ha contratto dei debiti e non riesce a far fronte agli impegni, il marito è in pensione ex militare 52enne e percepisce 1000,00 al mese circa, lei 46enne non ha mai lavorato perchè non ha mai trovato un lavoro adatto a lei, non hanno figli, mi chiedo esiste veramente un articolo di legge che prevede che ad una scansafatiche i genitori debbano ancora pagarle il pane?
Se qualcuno ha informazioni in merito Vi prego date un Vs. parere.
Grazie per il tempo che mi hai dedicato!