Quando ero ragazzina andava per la maggiore un fumetto di nome Mordillo. Ricordo in particolare un’immagine che raffigurava un piccolo e buffo omino bianco che riusciva a trovare un singolo fiore rosa in mezzo a una giungla lussureggiante di foglie di ogni tipo e di ogni sfumatura di verde.
Lavorare con le proprie emozioni a volte mi sembra proprio come l’immergersi in quella foresta, con il rischio sempre presente di credersi verdi, o comunque del colore dell’emozione preponderante. Quando ci sono i bambini, alla nostra giungla si unisce la loro. Un bambino sommerso dalla propria emozione, chiede di esserne strappato via.
A volte, invece, ci entriamo in risonanza e anche noi veniamo inglobati dalla giungla. Rabbia, tristezza, paura, angoscia. Quante emozioni conoscete che sembrano riempire tutto il vostro spazio vitale? E quante volte finite nella stessa foresta con il vostro bambino? (Che invece ha quasi sempre tanto bisogno di consapevolezza e contenimento. «E’ solo una paura cosi’ e cosa’. E’ giusta e naturale. Ma io sono con te»).
Ricevo via mail tutti gli sbrocchi e da distante e’ facile pensare (ma non li scrivo, mi sa che son consigli.. 🙂 ..): «staccati» «allontanati» «non sei tutta quella rabbia» «non sentirti cosi’ male, se ti senti in colpa, sei già qualcosa di diverso dalla tua “terribile” emozione» «questa sei tu, la tua rabbia, la tua paura ferita e non curata, guarda che tuo figlio parla di una cosa diversa».
Per questo, mentre pensavo a questo post, mi e’ sembrata illuminante la citazione del Piccolo Principe postata da un’amica: «E’ una questione di disciplina.», mi diceva più tardi il Piccolo Principe. «Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta. Bisogna costringersi regolarmente a strappare i baobab appena li si distingue dai rosai ai quali assomigliano molto quando sono piccoli. E’ un lavoro molto noioso, ma facile.»
Un giorno mia figlia dopo un rimprovero un po’ lungo m’ha detto: «Sì mamma, però la cosa per cui mi rimproveri e’ finita e io l’ho capita, perché mi rimproveri ancora?» e improvvisamente, sarà che eravamo lì, tutte e due lavate, impigiamate, sul tappeto in attesa del libro serale, mi è sembrato così lampante. Come il fiore nella giungla del mio amico mordillo.
Siamo così abituati, per pigrizia, per semplificazione, per quella specie di serietà triste che ti appiccicano addosso le responsabilità adulte, a identificarci con tanti aggettivi (serio, capace, incapace, bravo, cattivo, impaziente, perfetto, imperfetto, incasinato, inquieto, risolto, pazzo, sano, arrogante, aggressivo, debole, remissivo, idiota …) che restiamo prigionieri anche delle nostre emozioni (arrabbiato, triste, depresso, angosciato, felice, ilare…) mentre la bellezza delle emozioni difficili è di essere lì, visibili e identificabili (la paura che mi chiede di fare attenzione a un pericolo, la rabbia che mi chiede di ascoltarmi, la felicità che mi chiede di godermi l’attimo…).
Mia figlia mi ha insegnato che va bene la rabbia, anche lo sbrocco per la cosa per cui vale la pena sbroccare. Come un singolo fiore, riconoscibile.
E poi via, verso nuove avventure, nuove emozioni: facili, difficili, sono sempre d’aiuto. Basta attraversarle assieme e non restarci invischiati come fossero una giungla inesplorabile.
– di Silvietta –
grazie, MammAmsterdam, hai fatto la chiusa perfetta e sintetica che mi occorreva “quello che fa risuonare mio figlio in me, devo stare attenta a non scambiarla per la sua emozione, perché forse è la mia”
è bello crescere assieme
grazie 🙂
Un post bellissimo Silvietta. Grazie.
Mi ripeti una cosa confortante, che quello che fa risuonare mio figlio in me, devo stare attenta a non scambiarla per la sua emozione, perché forse è la mia.
Così quando abbiamo avuto un periodo di disagio, ricordo di aver chiamato una vecchia conoscente che da poco aveva aperto uno studio da terapeuta per dirle: vengo da te ma mi dai un’ appuntamento, è un parere professionale che voglio; ti racconto cosa sta succedendo qui con i bambini e poi tu mi dirai che tipo di opzioni ci sono, e sappi che se mi dici che i bambini stanno benissimo ma io devo lavorare su me stessa, sono pronta a farlo.
E in effetti ho iniziato io e mi è servito proprio per imparare a separare le mie cose dalle loro, ed è importante ed utilissimo, forse la cosa più importante