Fratelli gemelli in prima elementare, la scelta di metterli in classi separate.
Succede che metti in fila davanti alla porta di casa i loro zaini per la prima volta, con dentro i loro astucci e le matite temperate.
Li vedi infilarseli sulla schiena, li prendi per mano, ti incammini in questo sentiero che fai da tre anni per accompagnare tuo figlio grande, che quest’anno inizia la quarta mentre loro iniziano la prima.
Ti attardi per un momento, li guardi da dietro, così diversi da quando sono nati, il loro passo traccia la giornata in cui finalmente spunta un sole caldo, pieno, accogliente.
La bidella mi saluta, mi fa segno di entrare nella palestra gremita, la preside ha i fogli in mano e sta per leggere le classi.
Tanti genitori si accalcano davanti, si guardano smarriti, accarezzano la testa dei loro figli con gesti premurosi, dolci, rassicuranti.
Ho sognato questo giorno da mesi, due inizi in contemporanea valgono doppie tensioni, doppie emozioni, doppie ansie a guardare questi due bambini iniziare finalmente il loro percorso di vita.
Mi guardano, salutano qualche compagno dell’asilo sperando di ritrovarselo in classe, si siedono a gambe incrociate davanti e attendono il verdetto.
“Saranno in classi separate?”, qualcuno mi chiede.
Annuisco, proseguo su questa strada più impervia, provo a spiegare velocemente le ragioni mentre il microfono vibra, e il mio cuore con lui.
Prima A, prima B, tendo l’orecchio e non sento il nostro cognome, mi appoggio alla camicia azzurra di mio marito e chiudo gli occhi tra i rumori indistinti.
Prima C, sento il nostro nome, prendo per mano questo bambino con lo zaino di Paperino e in fila indiana saliamo le scale. Davanti a noi le due maestre sorridenti, guidano il loro plotone verso il campo di battaglia. Una è vestita di verde, fresca di parrucchiere, l’altra è mora con lo chignon come una ballerina, ha uno sguardo rassicurante e mi ci faccio cullare.
Mi giro e da lontano guardo l’altro gemello, aggrappato al papà in attesa di sentire il suo nome. Non mi posso sdoppiare, proseguo il mio cammino, mi dedico a quello che tra i miei figli mi appare il più fragile, il più sensibile, cammino verso la sua classe e mi rimane impressa l’immagine dei suoi occhi buoni.
I banchi sparpagliati danno alla classe un’aria familiare, disordinata, provvisoria ma tutto sommato accogliente.
Ascoltiamo la voce sicura di queste due maestre, parlano di noi, dei nostri bambini, del nuovo anno che andranno a incominciare.
Mi trovo smarrita a pensare all’altro figlio nella classe di fianco, appoggio la testa al muro illudendomi di sentire, mio marito mi legge nel pensiero e sento arrivarmi un messaggio nel telefono. E’una foto, dalla stanza vicina, del figlio che mi è sottratto al suo primo giorno di scuola.
E’ seduto al banco, abbracciato al suo amico del cuore. Lo vedo impaurito ma felice, mi tranquillizzo e guardo il bimbo davanti a me, che ha l’aria di chiedersi come sarà questa benedetta scuola elementare.
Dice una parola al suo compagno di banco, prende il suo astuccio azzurro tra le mani, tira fuori una matita azzurra e la rimette a posto inquieto.
Le maestre ci congedano, ci troviamo sparpagliati per le scale, madri e padri al loro primo giorno, ci guardiamo in faccia per cercare conforto.
A mezzogiorno siamo ancora lì, ad aspettare questi bambini colorati, a vederli scendere le scale per carpirne i sentimenti, gli sguardi, i battiti del cuore.
Le emozioni sono sempre le stesse, ogni volta, ad ogni inizio, ad ogni figlio.
E in questo giorno di sole caldo che mi illumina il viso li vedo, mi cercano tra la folla, fanno un cenno con la mano e io rispondo.
Mollo le redini, vacillo, e quando me li trovo addosso che mi corrono incontro sprofondo, sorridente, in un lungo e vibrante abbraccio.
<3
Se non la pianti di farmi piangere <3