Mi sento sempre più spesso consigliare di leggere il libro “Fate la nanna” di Estivill, descrivendolo come un metodo miracoloso, che nel giro di 3 giorni è in grado di far dormire tuo figlio tutta la notte. Il libro l’ho letto nei primi mesi di vita del Vikingo, perchè mi è stato regalato. Si, l’ho letto, mi sono infuriata, e l’ho classificato come non solo inutile, ma potenzialmente pericoloso. Il metodo proposto in realtà non se l’è nemmeno inventato Estivill, si rifà a quello elaborato dal noto pediatra Richard Ferber direttore del Center for Pediatric Sleep Disorders a Boston e reso pubblico tramite il libro Solve Your Child’s Sleep Problems nel 1985. Il metodo del Dottor Ferber, o di Fate la nanna, può essere descritto brevemente così:
- Preparare il bambino all’addormentamento, introducendo una routine da ripetersi ogni sera (bagnetto caldo, pigiama, lettura di una storia….)
- Mettere il bambino nel lettino, e lasciare subito la stanza
- Se il bambino inizia a piangere, lasciarlo piangere per periodi di tempo controllati prima di rientrare, aumentando gradualmente il periodo di tempo (ad esempio prima 3 minuti, poi 5 minuti, poi 10, e così via)
- Quando si rientra, bisogna dare conforto al bambino senza prenderlo in braccio. Nel caso, non raro, in cui il bambino abbia vomitato, bisogna pulire tutto, dire al bimbo che va tutto bene, sempre senza prenderlo in braccio, e uscire dalla stanza
- A questo punto, secondo Estivill, il bambino capisce che tanto piangere non serve a niente, e si addormenta
Non so a voi, ma a me viene la pelle d’oca solo a pensarci. Il mio bambino piange, urla, si dispera e magari vomita, e io esco dalla stanza e rientro solo dopo 5 o 10 minuti? Ma avete idea di quanto sono lunghi 5 minuti? E quando entro, di fatto lo ignoro, e gli dico “caro mio, per quanto tu sia disperato, io me ne infischio e torno di là. Arrangiati da solo”. Si, vabbene, magari non dico proprio così, ma in fondo non è molto diverso. E tutti i discorsi sul mettersi in ascolto, cercare il dialogo, costruire un rapporto di fiducia reciproca?
Ci sono molti genitori che ci hanno provato e non sono riusciti a sostenere il livello di stress di lasciare il figlio piangere (e pensate allo stress del bambino!) e hanno ceduto, sentendosi aimè magari anche in colpa per non essere dei bravi genitori.
Ovviamente qui entra in gioco il temperamento del bambino, e non metto in dubbio che il metodo possa funzionare nei casi in cui il bambino non è molto tenace o ha un carattere tranquillo. E ci sono moltissimi genitori che giurano che questo metodo ha risolto i loro problemi, e che non è stato poi così difficile come sembra. Ci sono però studi scientifici che dimostrano che l’efficacia del metodo Ferber o Estevill, quando funziona, è solo temporanea e che i problemi si ripresentano dopo un paio di mesi. Per contro non c’è nessuno studio scientifico alla base del metodo Estivill, e il supposto esperto mondiale del sonno dei bambini, non ha publicazioni su riviste scientifiche internazionali in merito, ma solo articoli di divulgazione. Varie associazioni di pediatri, tra cui l’Associazione australiana per la salute mentale del bambino (AAIMH), lo criticano fortemente e lo considerano addirittura pericoloso in alcuni casi.
Il signor Estivill sostiene che il bambino, anche a 4 o 6 mesi di età, che non vuole addormentarsi da solo la sera, o che si sveglia nel mezzo della notte e richiede la nostra attenzione, lo fa perchè ci sta mettendo alla prova. A pagina 61 scrive: Qui mamma e papà dovranno dimostrare la loro vera forza. Non dovranno pensare a Paolino che, in segno di supplica, alza i braccini con un viso triste o che, se più grande, urla tutta la sua disperazione [..] Piangerà, urlerà, singhiozzerà fino a strangolarsi, vomiterà, si agiterà in preda a convulsioni, dirà “sete”, “fame”, “bua” “ti prego”, “non ti voglio più” e quant’altro pur di riuscire a piegarvi. Ma voi fate finta di nulla, siate stoici.
E’ già questo mi fa pensare. Ci possono essere moltissimi motivi per cui il bambino non dorme la notte, i cicli circadiani nel bambino diversi dai nostri nella prima infanzia, o il fatto di aver un sonno disturbato da incubi o paure assolutamente normali nella crescita del bambino un pò più grandicello. Mio figlio ad esempio aveva dolori di pancia dovuti a problemi di intolleranza al latte per i primi mesi, e attacchi di asma nascosti di cui non ci siamo accorti se non dopo molto tempo quando sono diventanti più acuti. Certamente tra i motivi, può esserci il fatto che al bambino non sia stato insegnato ad addormentarsi da solo, ma è veramente necessario ricorrere ad un metodo così drastico, sia per il bambino che per il genitore?
L’alternativa proposta più frequentemente è, a mio parere, altrettanto drastica, anche se si pone sul lato opposto della scala. Sto parlando del co-sleeping, ovvero dormire tutti nel lettone fino a che il bambino non si senta pronto ad andare nel suo letto. Io non ho assolutamente nulla contro il metodo del co-sleeping in se, che anzi è perfettamente in linea con il cercare di stabilire un rapporto stretto con il bambino, e se funziona per la famiglia non vedo nessuna controindicazione. Inoltre è un metodo molto naturale, usato con successo da sempre sia dall’essere umano che nel mondo animale, e che quindi ha superato la dura prova dell’evoluzione.
Purtroppo però non va bene per tutti. Io ad esempio se mi sveglio nel mezzo della notte ho grosse difficoltà a riaddormentarmi, e quando nel letto con me c’è un frugoletto che scalcia, si rotola e magari si mette di traverso, le mie preziose ore di riposo vengono meno, e questo non mi aiuta di certo ad essere una mamma migliore durante il giorno. Ma ci possono essere anche altre ragioni per le quali dormire tutti nel lettone non è la soluzione migliore, quali ad esempio la necessità e voglia legittima per i genitori di una loro intimità, e non ultimo il fatto che il sonno dello stesso bambino possa essere disturbato dalla presenza dei genitori.
Insomma che fare? C’è un modo di risolvere il problema dei risvegli notturni o dei lunghi periodi di addormentamento serali senza adottare un metodo per lo meno discutibile o cedere al lettone? E se veramente insegnassimo al bambino ad addormentarsi da solo? Ci sono talmente tante cose che insegnamo a fare ai nostri figli: mangiare da solo, camminare da solo, vestirsi da solo, ma in un certo senso c’è un tabù riguardo al fatto di insegnargli a dormire da solo. Quasi come se lo abbandonassimo nel buio della sua stanza o nel gelo del suo lettino. Quando il bimbo inizia a sollevarsi in piedi lo incoraggiamo, gli teniamo le mani e lo aiutamo a fare i primi passi. Di certo non gli diciamo: cavatela da solo. Lo sosteniamo con la nostra presenza finchè la chiede, magari alleggeriamo la presa leggermente, finchè si sente pronto a fare quei due o tre passi che che segnano l’indipendenza. Normalmente continuiamo a stare al suo fianco finchè vediamo che ha un passo sicuro e che possiamo allontanarci di più. Insomma siamo li accanto, a disposizione, finchè non impara. Che c’è di male a fare la stessa cosa per l’addormentamento? Adottare una via di mezzo tra l’abbandono di Estevill e il lettone, che si basa sempre sul rispetto del bambino in quanto persona, senza dimenticare il rispetto per noi stessi e considerando le esigenze di tutti, potrebbe essere la soluzione più faticosa, ma di certo è anche quella che ci fa sentire di aver fatto la cosa giusta.
Se però avete ancora qualche dubbio sul fatto che forse volete adottare il metodo Estivill, allora date un’occhiata a questo video (sconsigliato per i deboli di cuore):
carissima lettrice di UPPA.
non so chi tu sia ma ti voglio già un gran bene.
E come la vedete con l’articolo proposto da UPPA (un pediatra per amico)?
ve lo riporto per sentire cosa ne pensate:
Quale bambino o prima o poi non ha passato una o più notti nel lettone con i suoi genitori? Quanti si rifiutano a lungo di dormire nel loro lettino e quanti invece, se pure si ci sono addormentati, a metà notte migrano nel lettone?
Si può dire che quasi tutti i bambini piccoli lasciati liberi di scegliere sceglierebbero di dormire con i genitori: “co-sleeping” è il termine col quale viene definito nella comunità scientifica il dormire insieme.
È un’abitudine che ci accomuna ai primati non umani, le scimmie, che sono geneticamente molto vicini a noi e che la praticano abitualmente: il piccolo della scimmia dorme sempre con sua madre.
Dormire insieme è inoltre una consuetudine molto diffusa presso tutti popoli del mondo, nella società occidentale è caduta in disuso solo da qualche decennio: si può dire dunque che per il piccolo dell’uomo è assolutamente una “novità” l’essere messo a dormire da solo. Una novità utile, o no?
Un istinto nato nella notte dei tempi
Il piccolo dell’uomo nasce immaturo, dovranno trascorrere molti anni prima che divenga adulto, in tutto il suo sviluppo e soprattutto quando è più piccolo, è estremamente vulnerabile ai pericoli ambientali. Nei millenni della storia dell’umanità solo i piccoli che efficacemente si tennero vicini alla madre sopravvissero ai pericoli dell’ambiente: ai predatori, al freddo, alla fame, all’essere dispersi dal gruppo. Si è formata così una capacità di promuovere la propria sopravvivenza attraverso strategie di comportamento che ciascun neonato riceve in “dotazione” dalla Natura, è cioè geneticamente determinata; fra queste c’è il “Sistema comportamentale dell’attaccamento.
Il bambino fino ai 6-7 mesi si segnala fondamentalmente piangendo e si quieta col contatto fisico, al suono della voce, alla visione di un volto umano, succhiando qualcosa, oppure dondolandosi: tutti questi sono segnali che un essere umano è stato raggiunto e gli sta vicino. Il bambino più grande è capace di riconoscere e richiamare alla mente l’immagine di molte cose che ha visto e che ora ricorda, soprattutto l’immagine della madre; diviene capace dunque di “accorgersi” della sua assenza e di cercarla “consapevolmente” per raggiungerla più attivamente. Verso gli 8-9 mesi per quasi tutti i bambini questa fase è stata raggiunta ed è facilmente riconoscibile per la comparsa dell’”ansia da separazione”.
Il bimbo sorveglia la mamma
Quando il bambino si accorge che la madre è assente o distante prova una sensazione di ansia che può farlo piangere; mentre prima andava in braccio a chiunque, ora inizia a piangere all’estraneo e non tollera facilmente di essere separato da sua madre. È in questo periodo che anche i bambini che dormivano molte ore consecutivamente iniziano a svegliarsi e a richiamare la madre col pianto cercando di ricongiungersi a lei.
Di giorno il bambino, anche durante il gioco, non supera una certa distanza da sua madre e ne controlla di tanto in tanto la vicinanza con lo sguardo, cerca di avvicinarsi se si è troppo allontanato, la madre fa altrettanto con un comportamento complementare e reciproco; questo comportamento si manifesta intensamente fino alla fine del 3° anno, ma rimane attivo per tutta l’età dello sviluppo e poi per tutta la vita, in forme sempre più blande.
Ovviamente, poiché questo comportamento nasce e si struttura per la difesa del piccolo dai pericoli dell’ambiente, l’attaccamento viene soprattutto espresso in presenza di situazioni che il bambino, istintivamente o consapevolmente, giudica pericolose: se la madre è distante o assente, se è malato, se c’è un estraneo o si trova in un ambiente sconosciuto, se c’è un forte rumore, se c’è buio …
È facile capire che di notte, al buio, solo nella sua culla, il bambino piccolo, quando si sveglia, sente l’ansia della separazione e cerca di ricongiungersi a sua madre.
Ma poi tutto cambia
Ma come mai il sistema comportamentale dell’attaccamento si disattiva e i bambini, chi prima chi dopo, diventano capaci di tollerare la separazione e di quietarsi anche senza un contatto fisico e infine dormono da soli senza ansie?
La madre risponde alle richieste di vicinanza del bambino a sua volta attivando una sua capacità innata, a cui corrisponde una sensazione di gioia di accudire il suo bambino; ogni madre risponde alle richieste del figlio in relazione anche al suo carattere e al ricordo che lei ha delle cure e dell’accudimento che le furono prestati quando era bambina. Ogni madre pertanto ha il suo “stile” di risposta alle richieste del figlio.
La maggior parte delle madri attente ai bisogni del bambino, risponde in maniera costante, coerente e sensibile alle richieste di vicinanza e di rassicurazione.
Così nel tempo il bambino si “rassicura” e finisce per “sapere” che la mamma, anche se non c’è, è pronta ad accorrere al bisogno. Finisce inoltre per “sapere” di essere capace ed efficace nel richiamarla, e che, quando ce ne sarà il bisogno, potrà farlo facilmente.
Paradossalmente più al bambino piccolo verrà data la possibilità di stare vicino alla madre quando lo richiede, più sarà capace in seguito di stare da solo. Più verrà accolto il suo desiderio di dipendenza quando è piccolo, più facilmente diventerà, in seguito, autonomo.
Trascurare sistematicamente le richieste di vicinanza del bambino o rispondervi in maniera incostante rallenta o ostacola questo processo di formazione della “sicurezza interiore”.
Pertanto si può concludere che ogni madre sa che il bimbo piccolo può chiedere di stare vicino di notte soprattutto quando è più piccolo, quando ha paura, quando è malato, quando è ansioso per qualunque motivo e che fornire un “co-sleeping a richiesta” come si fa con l’allattamento è probabilmente la strategia più giusta.
Ciao…dopo genitori sbroccano, eccomi qui..ho letto no so quanti commenti, e sono ink…ta nera conil Signor Estivill e pure la Signora Hogg ( per quest’ultima ho provato a cercare un suo sito per insultarla di eprsona, ma ho scoperto che è passata amiglior vita). Con i bimbi calmi, o comunque agitati nelle attività ma che dormono facile che funzionino diversi metodi. Io non so se è perchè mio figlio pè un gran mangione eha due mesi, o perchè è un bimbo amplificato ( dopo che me lo ha detto un pediatra di fiducia e ho letto qua, propenderei per questa definizione)….ma con Lò non funziona un’amata…m..ia!!!!
@Miriam
esattamente, TUTTO quello che dici (tranne, in parte, “il metodo”), e’ quello che ho voluto dire nel post dove menziono De Palma. Per fortuna qualcuno e’ capace di essere piu’ chiaro e lo sa dire meglio. Grazie.
SE leggere tanti libri bastasse ad essere dei “bravi genitori”, e poi volgio capire bravi cosa significa…..allora tutte le persone che lavorano nel campo dell’infanzia come me(compresi psichiatri e psicologi” dovrebbero essere galattici!!!!
Il problema è che non è così….e avrei tante storie da raccontarvi….dei figli di psicologi poi non ne parliamo………………………….
Ciò che manca molto, dal mio punto di vista è un vero appoggio ai neogenitori….un appoggio che sia in grado di aiutare il genitori nel capire quali sono i veri “bisogni” di un bambino e ha come evitare che la frustrazione sia eccessiva nel caso in un mancato soddisfacimento……..che sicuramente accadrà…..perchè umanamente non potremmo MAI soddisfare tutti i bisogni…….
E soprattutto a dare forza hai genitori senza farli sentire delle merde con giudizi e paroloni.
Lo dico da mamma/pedagogista e altro che non sopporta estivill e il suo metodo, ma piuttosto che far sentire un genitore una merda preferisce attraverso un altro punto di vista dargli la forza per fargli cambiare rotta….perchè è assolutamente possibile ma solo se lo si appoggia non se lo si fa sentire in colpa!!!!!!
Esatto… infatti, abbiamo fatto esattamente così anche noi rispetto, ad esempio, alle scale. Io, come quasi tutti i padri, più permissivo di mia moglie. E sono d’accordo sul lasciare lo spazio di una crescita “accompagnatamente autonoma” e/o “autonomamente accompagnata”. Ma ciò a cui mi riferisco e’ che a volte, non stiamo leggendo un libro che possiamo abbandonare ma stiamo facendo qualcosa che purtroppo non possiamo posticipare come per esempio preparare la pappa che, se non gliela si da a tempo gli viene una fame da paura e poi… oppure siamo dietro all’altro figlio… oppure e’ già un’ora (e non esagero) che va/andiamo su e giù…
io, oltre a “fate la nanna”, ho letto questo libro: “i problemi dei bambini” di froncoise dolto.
specialista di psicoanalisi infantile, francese, allieva di lacan. un po’ froidiana, come impostazione, ma utilissima.
tipo: se non sono a rischio serio di farsi male, perché reprimere un loro divertimento?
se il bambino a tavola mangia tutto, perché impedirgli di partire dal dolce?
cioè: preferite far crescere bambini autonomi, che hanno seguito la loro strada, più lenta forse, magari più strampalata, ma LORO, oppure dei soldatini che cercano disperatamente di essere uguali ai loro genitori?
mio figlio numero uno voleva arrampicarsi sulle scale che quasi non gattonava. me lo ricordo perfettamente. non gli ho detto di non farlo. ho smesso di leggere il libro che stavo leggendo e son salito con lui…
non parla nello specifico di disturbi del sonno. accenna qualcosa, ma ai suoi tempi, prima metà del novecento, evidentemente non era un problema. forse perché solitamente le mamme stavano a casa e potevano star un po’ sveglie di notte.
il problema del sonno per me è nato quando noi genitori abbiamo bisogno di dormire più dei nostri figli piccoli, perché la mattina c’è da lavorare.
bisogna conciliare mondi diversi.
avere pazienza e rispettarsi.
dico rispettarsi, non rispettare solo il bambino.
anche lui deve rispettare noi.
arrivare a un punto di equilibrio con dolcezza e rispetto reciproco.
@Alessandro
Sono andato sul personale perché mi sembrava la linea scelta da te. Una cosa e’ criticare il Dr Estivill, una cosa e’ attaccare le persone che, sentendosi in crisi, cercano una soluzione. Io credo che, se vogliamo parlare del libro, possiamo criticarlo fino all’ultima virgola. Se vogliamo criticare Estivill per aver “rubato” gli scritti di altri, va benissimo. Pero’, mi sembra che la cosa più importante e’ che questo libro, nel bene o nel male, circola da un po’ di tempo e la gente lo compra. Il “metodo proposto” può essere dannoso? va bene, critichiamolo, anche fortemente. Pero’, una cosa e’ smontare le tesi e conseguenti soluzioni proposte, una cosa e’ attaccare i genitori che non sanno più come fare, si sentono impotenti (non ne senso di controllo sui figli ma di aiuto ai figli) e cercano aiuto. Oltretutto, se hai letto tutti i commenti dall’inizio, ti sarai accorto che praticamente tutti hanno riadattato, addolcito direi, il “metodo” proposto.
Purtroppo (credo che in questo siamo d’accordo) la società moderna e contemporanea ci costringe a forme lontane dalla natura umana (mi chiedo pero’ se anche questo non e’ parte della natura umana visto che l’organizzazione sociale dell’uomo non l’ha progettata un animale qualsiasi. Non credo di dover dilungarmi nello spiegare perché penso che così com’e’ fa veramente schifo). Se io ascolto i racconti dei miei genitori, nonni, mi accorgo che i bambini di allora erano segregati al loro mondo infantile. La separazione era nettissima. Oggi, penso che stiamo tornando(? o andandoci per la prima volta?) verso una integrazione adulti-bambini, anche se lenta e con errori, ma non si nasce genitori. E come ci si arriva? Cercando informazioni, consigli da riadattare alla nostra realtà. Una volta, c’erano le nonne che facevano da guida alle neo-mamme, nel bene o nel male. Oggigiorno ci sono altre fonti. Forse siamo più fortunati in questo. Oltretutto, da quanto tempo viviamo in una società adultocentrica? gli antichi Greci i bambini gracili li buttavano giù dalla rupe. E così fanno molti mammiferi; allontanano i figli non forti. Adesso, non fraintendere, non sto giustificando i Greci. Gli animali si, e’ la loro natura, e’ l’istinto.
Il pianto, sono d’accordo con te, ha la sua funzione manipolatoria mirata non al capriccio fine a se stesso, ma all’istinto di sopravvivenza. La natura umana (e non solo) porta il bambino a scoprire gli ambienti mettendosi in ogni angolo accessibile, gli oggetti mettendoseli in bocca e così via. Non posso pero’ permettere a mia figlia di nove mesi di gattonare sulla scala perché altrimenti piange e si frustra o lasciarla mettersi una monetina in bocca altrimenti da grande sarà una teen-ager frustata, infelice e tossica. Ma per piacere! ma che tesi e’! Epoi, qual’e’ il confine? in che momento il bambino e’ talmente sovra-protetto che poi, al momento di staccarsi si sente incapace, spaventato e frustrato e finisce per farsi una pera? Ma dai! ma per favore!
Ho iniziato a partecipare in questo blog perché si chiama Genitoricrescono e mi ha fatto pensare che le persone qui dentro cercano e danno aiuto per non frustrarsi e dover andare da costosi psicologi!!! Per questo mi infastidisco quando leggo certi post come il tuo. Ma che razza di aiuto e’? Ammesso e non concesso che tu abbia ragione, una mamma come Mammaarrabbiata che già si sente in colpa perché non sa se sta facendo le cose bene, come si deve sentire adesso? In che cosa la aiuti?
Non solo differisco in quasi tutto quello che hai scritto ma, soprattutto, nella forma, che scende come una scure sul personale e giudica senza spazio al dubbio. Per questo sono sceso nel personale, nel post precedente.
Infine, spero sinceramente di non averti offeso perché non ce l’ho con te che neanche ti conosco, ma con ciò che scrivi.
@mammaarrabbiata
@marito di mammaarrabbiata
da marito e papa’, sono d’accordo con tuo marito. Prova a tenerla nel letto la bimba, e’ una sensazione bellissima. Probabilmente dormirai (e dormirà) di più e non passerai le notti a cercare consigli altrui, incluso questo! In effetti, 5 mesi penso siano pochini. Poi, senza stress, il tempo per metterla nel suo letto arriva comunque ed e’ doppiamente bello perché si riscopre un spazio nostro (della coppia), definitivamente eccitante.
A presto, Stefano
@Stefano
Guarda a me non hanno fatto nulla da piccolo, non avevo problemi ad addormentarmi. Mi dispiace che vai sul personale, capisco che forse sono stato molto diretto ma questo argomento è molto delicato e la nostra è una società totalmente adultocentrica. Se tu ritieni determinati metodi appropriati fai pure, il mio commento riguarda espressamente il fatto che viene scambiata quella che per me, ma non solo per me, è “rassegnazione”, con il concetto edulcorato del “si abitua”. Ribadisco, non è gratis questo adattamento! Sicuramente l’adultocentrismo fa si che la società non sia orientata alla crescita sana dei bambini. Infatti il diritto del lavoro prevede poca roba per le madri dei bambini piccoli. In ogni caso l’ansia da separazione dei bambini è presente fino ai 3 anni. L’angoscia che prova non è manipolatoria, o non soltanto, la componente manipolatoria c’è ma ha il solo scopo di assicurarsi la protezione che da solo non può darsi… Io piuttosto Stefano mi chiederei cosa hanno fatto ad Estivill per pensare un metodo del genere.
Bravo Max
secondo me l’argomento è stato sviscerato ben bene.
applicare il metodo alla letterà è eccessivo.
non dormire per un anno è eccessivo.
abbandonare i bambini lasciandoli piangere per ore è eccessivo.
è comunque sbagliato non cercare il proprio equilibrio e quello dei propri figli.
l’uomo dorme di notte e vive di giorno.
il bambino è un bambino e non un uomo.
se non dorme mai è sbagliato.
se dorme sempre naturalmente hai fortuna.
se dorme a pause di tre quattro ore, fino ad un anno, abbi pazienza, è tuo figlio.
dopo l’anno si può cercare di ragionare con lui.
e comunque.
sparare sentenze dopo aver letto so quanti libri di psicologia infantile è poco utile.
Ma cosa ti hanno fatto i tuoi genitori da piccolo? Questo bimbetto che e’ venuto su tanto sicuro di se mi sembra roba da film psicologico di De Palma.
Era da tempo che non arrivava un commento del genere. Meglio cosi’, ci si stava un po’ troppo coccolando gli uni con gli altri.
Vabbe’ dai, sdrammatiziamo:
All’epoca dei trogloditi, una caverna risuona delle urla di un bambino che non vuole addormentarsi. La madre, coperta da pelli d’animale, si rivolge al marito e fa: “Datti un po’ da fare tu, questa sera: raccontagli una preistoria per calmarlo!”
Estivill e il suo metodo sono molto pericolosi! Chi crede che il metodo funzioni e non abbia controindicazioni deve sapere che le esperienze di attaccamento e perdita fino a tre anni sono praticamente irreversibili. Se credete che il bambino che piange impari qualcosa vi sbagliate; o meglio, qualcosa impara: a rassegnarsi a genitori non in grado di proteggerlo. Il sonno può essere depressione. In ogni caso non temete, gli effetti collaterali li vedrete sui vostri figli a cominciare dall’ adolescenza quando forse sarà depresso, o si darà alle droghe, all’autodistruzione, agli psicofarmaci o non sarà in grado di avere rapporti sentimentali minimamente soddisfacenti, oppure cercherà esperienze promiscue. O ancora attacchi di panico, crisi d’ansia, stati maniaco depressivi. In generale con tutta la sintomatologia possibile che conduce da psichiatri e psicologi. Vi voglio dare un consiglio, mentre applicate questo metodo militare, anaffettivo e coercitivo, mettete da parte un po’ di soldi ogni sera così almeno si ritroverà i soldi per farsi curare dal male ricevuto dai propri genitori. Se tante volte mi dovessi sbagliare avrete comunque messo dei soldi da parte… Ma non vi preoccupate che non mi sbaglio.
In natura non esiste mammifero in cui il piccolo dorme da una parte e i genitori da un’altra. E i mammiferi in natura non sono nevrotici. Quello che sta solo è solitamente il maschio adulto, madre e prole stanno insieme 24 ore al giorno. Certo nella giungla ci sono i predatori ma anche il piccolo dell’uomo ha paura innata di essere predato dato che l’uomo è tutto tranne che un predatore. L’angoscia del bambino durante il pianto è angoscia di morte. Se aveste vicino una persona adulta angosciata che urla disperata e vomita che fate? Pulite il vomito con mimica anaffettiva e non ve ne interessate? Nel caso del bambino secondo Estivill si fa così. Certo poi smette, lo credo bene che smette! Provate a pensare di essere sbattuti in carcere ma siete innocenti, la prima notte come reagite? Poi le seguenti? Dopo un mese pensate che le reazioni siano le stesse? No che non lo sono, la disperazione è stata sostituita dalla rassegnazione e dall’istituzionalizzazione. Ma non è gratis!!! Si paga a caro prezzo, con la differenza che l’adulto è adulto e ha determinati strumenti a propria disposizione, ma il bambino no, quindi si adatta e si aspetterà dal suo prossimo sempre il peggio possibile. Sarà un essere magari perfettamente adattato ma la sua vera identità sarà andata persa, avrà un residuato di depressione e rabbia repressa che rivolgerà o verso di sé o verso gli altri.
Se si avverte bisogno di intimità, pace e rilassatezza meglio non averli i figli! Non è obbligatorio.
Da educatrice:se un bambino al nido non piangesse mai mi preoccuperei!!!!!Il bambino anestetizzato dalle emozioni è da osservare…….
Questa cosa tra Estivill e il nido non ha collegamento!!!!
Sono daccordo con te sul metodo!!!Ogni bambino è a se!!!!
Barbara avevo capito cosa intendevi…..il mio messaggio non era riferito a te di preciso, si legge nelle tue parole che sei molto attenta alle esigenze di tua figlia….era un discorso generale……..
Quando sento dire ad alcune persone che conosco che il metodo Estivill ha funzionato alla perfezione….dentro di me penso che non sanno quello che dicono…….
ci sono anche delle ricerche che hanno stabilito che l’80%dei bambini che secondo estivill hanno cambiato modo di dormire….non esiste!!!e che chi la provata alla lettera si è ritrovato con parecchie regressioni!!!
Il sonno del bambino soprattutto nel primo tre anni di vita non è lineare, tutto ciò che succede durante la giornata si riperquote nel sonno….
mio figlio natan ha sempre dormito tutta notte, ad 1 anno e mezzo ha iniziato il nido….durante la giornata era sereno ma di notte, per due mesi si sveliava con forti pianti almeno 10 volte…..
Da manuale!!!!!!classica ansia da separazione+grosso cambiamento nella quotidianità.
Ero distrutta ma non l’ho lasciato solo….mi stava dicendo qualcosa e io non potevo ascoltarlo……ero distrutta ma poi è tornato tutto come prima!!!!