Mi sento sempre più spesso consigliare di leggere il libro “Fate la nanna” di Estivill, descrivendolo come un metodo miracoloso, che nel giro di 3 giorni è in grado di far dormire tuo figlio tutta la notte. Il libro l’ho letto nei primi mesi di vita del Vikingo, perchè mi è stato regalato. Si, l’ho letto, mi sono infuriata, e l’ho classificato come non solo inutile, ma potenzialmente pericoloso. Il metodo proposto in realtà non se l’è nemmeno inventato Estivill, si rifà a quello elaborato dal noto pediatra Richard Ferber direttore del Center for Pediatric Sleep Disorders a Boston e reso pubblico tramite il libro Solve Your Child’s Sleep Problems nel 1985. Il metodo del Dottor Ferber, o di Fate la nanna, può essere descritto brevemente così:
- Preparare il bambino all’addormentamento, introducendo una routine da ripetersi ogni sera (bagnetto caldo, pigiama, lettura di una storia….)
- Mettere il bambino nel lettino, e lasciare subito la stanza
- Se il bambino inizia a piangere, lasciarlo piangere per periodi di tempo controllati prima di rientrare, aumentando gradualmente il periodo di tempo (ad esempio prima 3 minuti, poi 5 minuti, poi 10, e così via)
- Quando si rientra, bisogna dare conforto al bambino senza prenderlo in braccio. Nel caso, non raro, in cui il bambino abbia vomitato, bisogna pulire tutto, dire al bimbo che va tutto bene, sempre senza prenderlo in braccio, e uscire dalla stanza
- A questo punto, secondo Estivill, il bambino capisce che tanto piangere non serve a niente, e si addormenta
Non so a voi, ma a me viene la pelle d’oca solo a pensarci. Il mio bambino piange, urla, si dispera e magari vomita, e io esco dalla stanza e rientro solo dopo 5 o 10 minuti? Ma avete idea di quanto sono lunghi 5 minuti? E quando entro, di fatto lo ignoro, e gli dico “caro mio, per quanto tu sia disperato, io me ne infischio e torno di là. Arrangiati da solo”. Si, vabbene, magari non dico proprio così, ma in fondo non è molto diverso. E tutti i discorsi sul mettersi in ascolto, cercare il dialogo, costruire un rapporto di fiducia reciproca?
Ci sono molti genitori che ci hanno provato e non sono riusciti a sostenere il livello di stress di lasciare il figlio piangere (e pensate allo stress del bambino!) e hanno ceduto, sentendosi aimè magari anche in colpa per non essere dei bravi genitori.
Ovviamente qui entra in gioco il temperamento del bambino, e non metto in dubbio che il metodo possa funzionare nei casi in cui il bambino non è molto tenace o ha un carattere tranquillo. E ci sono moltissimi genitori che giurano che questo metodo ha risolto i loro problemi, e che non è stato poi così difficile come sembra. Ci sono però studi scientifici che dimostrano che l’efficacia del metodo Ferber o Estevill, quando funziona, è solo temporanea e che i problemi si ripresentano dopo un paio di mesi. Per contro non c’è nessuno studio scientifico alla base del metodo Estivill, e il supposto esperto mondiale del sonno dei bambini, non ha publicazioni su riviste scientifiche internazionali in merito, ma solo articoli di divulgazione. Varie associazioni di pediatri, tra cui l’Associazione australiana per la salute mentale del bambino (AAIMH), lo criticano fortemente e lo considerano addirittura pericoloso in alcuni casi.
Il signor Estivill sostiene che il bambino, anche a 4 o 6 mesi di età, che non vuole addormentarsi da solo la sera, o che si sveglia nel mezzo della notte e richiede la nostra attenzione, lo fa perchè ci sta mettendo alla prova. A pagina 61 scrive: Qui mamma e papà dovranno dimostrare la loro vera forza. Non dovranno pensare a Paolino che, in segno di supplica, alza i braccini con un viso triste o che, se più grande, urla tutta la sua disperazione [..] Piangerà, urlerà, singhiozzerà fino a strangolarsi, vomiterà, si agiterà in preda a convulsioni, dirà “sete”, “fame”, “bua” “ti prego”, “non ti voglio più” e quant’altro pur di riuscire a piegarvi. Ma voi fate finta di nulla, siate stoici.
E’ già questo mi fa pensare. Ci possono essere moltissimi motivi per cui il bambino non dorme la notte, i cicli circadiani nel bambino diversi dai nostri nella prima infanzia, o il fatto di aver un sonno disturbato da incubi o paure assolutamente normali nella crescita del bambino un pò più grandicello. Mio figlio ad esempio aveva dolori di pancia dovuti a problemi di intolleranza al latte per i primi mesi, e attacchi di asma nascosti di cui non ci siamo accorti se non dopo molto tempo quando sono diventanti più acuti. Certamente tra i motivi, può esserci il fatto che al bambino non sia stato insegnato ad addormentarsi da solo, ma è veramente necessario ricorrere ad un metodo così drastico, sia per il bambino che per il genitore?
L’alternativa proposta più frequentemente è, a mio parere, altrettanto drastica, anche se si pone sul lato opposto della scala. Sto parlando del co-sleeping, ovvero dormire tutti nel lettone fino a che il bambino non si senta pronto ad andare nel suo letto. Io non ho assolutamente nulla contro il metodo del co-sleeping in se, che anzi è perfettamente in linea con il cercare di stabilire un rapporto stretto con il bambino, e se funziona per la famiglia non vedo nessuna controindicazione. Inoltre è un metodo molto naturale, usato con successo da sempre sia dall’essere umano che nel mondo animale, e che quindi ha superato la dura prova dell’evoluzione.
Purtroppo però non va bene per tutti. Io ad esempio se mi sveglio nel mezzo della notte ho grosse difficoltà a riaddormentarmi, e quando nel letto con me c’è un frugoletto che scalcia, si rotola e magari si mette di traverso, le mie preziose ore di riposo vengono meno, e questo non mi aiuta di certo ad essere una mamma migliore durante il giorno. Ma ci possono essere anche altre ragioni per le quali dormire tutti nel lettone non è la soluzione migliore, quali ad esempio la necessità e voglia legittima per i genitori di una loro intimità, e non ultimo il fatto che il sonno dello stesso bambino possa essere disturbato dalla presenza dei genitori.
Insomma che fare? C’è un modo di risolvere il problema dei risvegli notturni o dei lunghi periodi di addormentamento serali senza adottare un metodo per lo meno discutibile o cedere al lettone? E se veramente insegnassimo al bambino ad addormentarsi da solo? Ci sono talmente tante cose che insegnamo a fare ai nostri figli: mangiare da solo, camminare da solo, vestirsi da solo, ma in un certo senso c’è un tabù riguardo al fatto di insegnargli a dormire da solo. Quasi come se lo abbandonassimo nel buio della sua stanza o nel gelo del suo lettino. Quando il bimbo inizia a sollevarsi in piedi lo incoraggiamo, gli teniamo le mani e lo aiutamo a fare i primi passi. Di certo non gli diciamo: cavatela da solo. Lo sosteniamo con la nostra presenza finchè la chiede, magari alleggeriamo la presa leggermente, finchè si sente pronto a fare quei due o tre passi che che segnano l’indipendenza. Normalmente continuiamo a stare al suo fianco finchè vediamo che ha un passo sicuro e che possiamo allontanarci di più. Insomma siamo li accanto, a disposizione, finchè non impara. Che c’è di male a fare la stessa cosa per l’addormentamento? Adottare una via di mezzo tra l’abbandono di Estevill e il lettone, che si basa sempre sul rispetto del bambino in quanto persona, senza dimenticare il rispetto per noi stessi e considerando le esigenze di tutti, potrebbe essere la soluzione più faticosa, ma di certo è anche quella che ci fa sentire di aver fatto la cosa giusta.
Se però avete ancora qualche dubbio sul fatto che forse volete adottare il metodo Estivill, allora date un’occhiata a questo video (sconsigliato per i deboli di cuore):
@marzia.
perfetto!
grazie.
Questo scambio di idee mi ha fatto riflettere molto, per questo grazie a tutti, credo sia utile conscere decisioni diverse dalle proprie anche solo per rassicurarsi di aver preso quelle giuste per sè! Io però ho letto i commenti più come figlia che come madre. Sono stata una figlia con tante regole, le rispettavo tutte ma ancora oggi non sopporto quasi la parola. Diventata madre ho inizialmente seguito quel modello, senza quasi rendermene conto ma è stato un disastro. Non solo per mio figlio ma soprattutto per me. Mi guardavo stabilire regole e non mi sopportavo. Alla fine ho preso consapevolezza e sono diventata quello che sono: una madre sostanzialmente “permissiva”, si usa ancora questo temine? Mia madre ne userebbe altri … Alex ha 6 anni e 1/2 ma, per sua natura, è un piccolo adulto complicato e rompiscatole. Con lui combatto solo le battaglie più importanti (il rispetto del prossimo, il rispetto di se stesso, i limiti inevitabili da porre alla propria volontà) ma per il resto si parla e spesso si decide insieme. Sulle questioni alla sua portata decide da solo, e ne subisce le eventuali conseguenze, quelle che porta la vita (non le mie punizioni), perchè non sempre realizzare un desiderio è così bello come lo si immagina … Non è un bambino “ubbidiente”, è abituato a questionare su ogni cosa ed è meravigliosamente se stesso in un modo che io non ho mai potuto/saputo essere. Non sto dicendo che voglio essere “un’amica” per lui, io sono sua madre ed è ovvio che cerco di offrirgli quotidiamente il mio esempio e i miei valori. Ma è un dialogo, è un imparare reciproco. Forse un giorno mi pentirò di aver scelto questo stile educativo e sentirò molti dire “te l’avevo detto” ma ora io e Alex stiamo bene così. Molto meglio di prima, quanto pensavo di avere tanto di più da insegnargli e forse anche da imporgli.
@francesca: grazie, son tutto un fremito!
vito, tranquillo, lo so che è solo uno scambio di idee.
però io commento le cose che leggo. e tu le cose che io ho letto le hai scritte.
io penso che le regole vadano spiegate, tutto qui.
i bimbi le devono capire. e accettare.
è ovvio che il processo di accettazione di una regola impone anche un atteggiamento a volte duro da parte dei genitori.
come dici tu quando ci vuole ci vuole. temo però di non condividere la tua soglia di limite.
la metafora della sabbia che, stringendo troppo la mano, scivola fuori tra le dita per me vale molto.
io con i miei figli non sono severo e nemmeno autoritario. una cosa è usare il basotne e la carota, un’altra è dirgli che se vuole mangiare il gelato alla fine del pranzo prima deve pranzare.
però una volta mio figlio grande mi ha detto “papà, io mangio anche la carne, però prima voglio il gelato”.
l’ho messo alla prova. e lui ha mangiato prima il gelato e poi la carne.
sapeva di infrangere una regola. e io sapevo che lui la regola l’aveva capita.
nessun pianto.
nessun problema.
carne e gelato dentro la sua pancia, in senso inverso, ma sempre dentro la sua pancia.
il bimbo ha interpretato in modo crqativo una nostra regola.
per me è stato un successo.
Massimiliano io in linea di massima sono d’accordo con te.
Però tu parli di regole, giusto?
Allora spiegami secondo te cosa dovrebbe accadere se una delle regole che tu hai spiegato non viene rispettata??
Dici “prima o poi lo capiranno, e quando l’avranno capito lo avranno fatto per scelta” e se la loro scelta è quella di non rispettare le regole????
P.s. il nostro è un sano scambio di idee solo non pensare che io giudichi o tratti i miei figli come dei muli, perchè ti assicuro che non lo sono.
massimiliano auguri per il piccolo! noi festeggiamo la settimana prossima.
daniela ha chiarito tutto: una regola è una regola, e va bene. un’imposizione è un’imposizione e non va bene.
vito, vuoi sapere che facciamo mentre spieghiamo ai nostri figli cento volte che è meglio per loro mangiare a tavola?
portiamo pazienza.
prima o poi lo capiranno, e quando l’avranno capito lo avranno fatto per scelta. in questo modo hanno imparato due cose, non una: a mangiare a tavola e a ragionare.
senza carota e senza bastone, perché non sono muli.
poi è chiaro che nel frattempo non è che li facciamo mangiare per terra o sul divano.
solo usiamo un approccio dove non ci sono imposizioni, ma regole. che io suggerisco, spiego e che loro capiscono.
imponendo non spieghi niente e loro non capiscono. magari le accettano perché hanno paura delle conseguenze.
la paura non è mai entrata in casa mia.
Massimiliano io son felice per te e credo che tu abbia un ottimo rapporto con i tuoi figli, ma secondo me state un attimino fraintendendo.
Io non giro in casa con il frustino, non a tutte le situazioni si ricorre all’imposizione, quello che vorrei farvi capire e che quando c’è bisogno secondo me ci vuole anche la fermezza.
Poi tu Massimiliano sarai fortunato perché io tuoi figli hanno un certo tipo di carattere e spero che lo conservino nel tempo, ma per altri potrebbe on essere così.
Io dico solo che quando c’è vò c’è vo!
Boh, sarò strana. Ma io a mia figlia (seienne) dico sempre “ci sono regole, che rispettano tutti, alcune sono un po’ diverse per i grandi e per i piccoli, ma tutti seguono le regole. POi quando si perde
l’equilibrio, allora comando io, perché devo aiutarti a superare certe situazioni. Ma preferirei non averne bisogno, non è bell o quando uno comanda, è bello quando tutti stabiliamo insieme le regole e tutti le rispettiamo.”
E io che ho detto???????????? Mi sa che qualcuno interpreta come vuole allora??????
e poi figurati se non li sottovalutano: mia nonna mi diceva sempre che sono i muli quelli che vengono allevati a carota e bastone.
i miei figli sono leggermente più evoluti. se non altro camminano su due zampe, quelle posteriori.
(in effetti mi sbaglio, il piccolino – domani compie un anno, cavolo c’ho il magone… – per lo più gattona, striscia, rotola e ogni tanto si alza appoggiandosi al fratello, che, evidentemente, fa finta di non accorfersene e lo fa cadere).
vito, casa nostra è una bolgia, ma i miei figli ridono sempre, giocano, sono educati, dormono con i loro ritmi e se dopo un giro di giostra gli dico che basta non fanno storie, perché di me si fidano e sanno che appena potrò gli darò la possibilità di fare un secondo giro, o meglio il duecentesimo.
il grande al primo anno di asilo ha pianto qualche giorno e poi, pur senza aver fatto il nido, ha preso a cuore una maestra e non ha più fatto storie.
puoi ottenere quello che vuoi in tanti modi, ma non pensare che il metodo usato non influisca sulla personalità dei bimbi.
a me non importa di crescere dei bravi soldatini, ma delle persone libere e capaci di scegliere con la loro testa quello che è meglio per loro.
solo la parola BASTONE (anche se metaforico) mi fa accapponare la pelle, no, no Vito, abbiamo due visioni opposte! Prima era prima, anche se sinceramente i miei non mi hanno tirata su a “bastoni e carote” e son venuta su bene lo stesso (al meno credo!
Caro Massimiliano e chi ha mai detto che i miei figli non accettano le mie spiegazioni????
A volte capita che non accettino, come d’altronde hai detto tu “ma spiegare cento volte fino a quando loro non decidono che è meglio anche per loro seguire il tuo consiglio” e nel frattempo che facciamo?????
Poi consiglio?????? I figli non solo si consigliano, ma si educano, la vita è fatta di regole e come tali vanno rispettate, se non insegniamo ai nostri figli il rispetto delle regole non credo che nella vita si troveranno poi benissimo.
E’ NOSTRO DOVERE EDUCARE I NOSTRI FIGLI la vita non ti consiglia di non drogarti, di non rubare, di non trovarti a guidare ubriaco, la vita ti impone di non farlo, io signori miei penso al futuro dei miei figli e se devono soffrire, meglio che lo facciano in maniera limitata oggi che quando saranno grandi.
Mi spiace Massimiliano, ma non sono d’accordo il dialogo è sacrosanto, ma nella vita ci sono dei ruoli e quello di genitore non è facile, i consigli si danno agli adulti che hanno capacità di discernere, ai bimbi lasciamo fare i bimbi e dico bimbi perchè quando i miei figli saranno grandi e capaci di discernere avranno i consigli, che potranno accettare o meno, ma fino ad allora HO IL DOVERE di fargli capire com’è la vita.
Non per questo non ascolto i miei figli, anzi sino ad oggi che la più grande ha 6 anni è venuta da me per parlare.
Ecco allora era meglio se ti sforzavi di non commentare…
Non ho detto di non ascoltarli e nemmeno che non ci ascoltano. Ho detto semplicemente che Pianto=espressione.
Barbara vorrà dire che tu scriverai un libro sul tuo fantastico metodo, mentre io filmerò i miei bambini urlanti e rovinati da una madre degenere e invierò il filmato a Massimiliano!
Se ti interessa io sono molto gratificata dai miei metodi.
Basta non aggiungo più nulla perchè questo blog non è uno scambio di idee! non sarà colpa delle splendide autrici quanto più delle persone un po’ troppo sicure di sé che lo frequentano.
Arrivederci e grazie lo stesso.
Mah…
A parte che Estivill parla di lasciarlo piangere (entrare ogni 5 minuti per fargli vedere che ci sei, ma che tanto te ne rivai, è una presa per il…. ecco), di lasciarlo vomitare, e di trovare scuse con i vicini per i primi giorni di urla tremende (questa mi sembra infantile, ridicola, e colpevolizzante). Insomma, io non sono contro i metodi, ma con buonsenso e qui il buonsenso s’è dato alla fuga.
Andando un po’ fuori tema ma seguendo il filo dei commenti… A me le lotte di potere non piacciono. Non fare come vogliono, non cedere, imporsi, noi decidiamo, noi comandiamo, loro devono obbedire, dobbiamo imporci…
Si si, bello, ma questi crescono, escono dal letto, poi dalla camera, poi a 16 anni ci sbattono la porta in faccia, e vanno a dire agli amici “ormai sono grande, decido io per me, per me comando io, è ora che mi impongo e non cedo”. E ha ragione, che gli ho insegnato se non a fare il pugno duro?
Io decido? Cosa decido? Certo che decido io, mio figlio piange e io decido se ascoltarlo o no, se lasciarlo o no, perché, che potere ha un neonato? Zero meno uno. Se non lo ascoltiamo.
Boh, io non sopporto chi fa finta di niente, chi non mette regole, chi non ha ordine. Le regole ci sono. Ma per far star bene tutti, è la base fondamentale assoluta di una regola, serve per far stare bene tutti quelli che si trovano insieme. T U T T I. Un bambino che piange disperato non sta bene. Quindi quella non è una regola, è un potere usato contro di lui. Punto.
Da me si mangia a tavola. Se vuoi mangiare. Perché sul divano sporchi, e io devo pulire, e mangi male e quindi non ti aiuta. Perché si sta meglio insieme. Tutti. Perché tu mangi meglio a tavola. Poi mangi quel che vuoi. Io faccio quel che mi sembra giusto per tutti, e non mi chiedi altro perché mi daresti un lavoro eccessivo. Ma non ti impongo cosa mangiare perché non ha un senso.
Questa è una regola. Io sto bene, faccio il mio dovere senza cercarmi lavoro in più, tu sei libero di scegliere per te (se e cosa mangiare) ma non di disturbare, sporcare o altro che dà problemi a me.
Se io ti dico “lì c’è la minestra finché non l’hai finita non scendi” non è una regola. E’ un’imposizione ingiusta. Perché mandarla giù controvoglia fa star male. Punto.
Se un bambino piange le soluzioni possono essere mille. Anche farlo stare lì dov’è. Magari con lui. Magari no. Magari se esci sta meglio. Magari sta meglio nel lettone. Magari sta meglio nel lettino con te vicino. Ma anche lui deve stare bene. Se vomita non va bene. Se urla fino a diventare paonazzo non sta bene. ci vuole il compromesso, per carità, mai accettato di farmi strappare i capelli dalla grande o di stare piegata in due sulla piccola.
Per ora noi siamo al “va bene, sto in camera con te, ma su una sedia a leggermi il libro, tu sai che ci sono e io non mi rompo tanto…”. Stiamo bene tutti e due.
Boh, sarò strana. Ma io a mia figlia (seienne) dico sempre “ci sono regole, che rispettano tutti, alcune sono un po’ diverse per i grandi e per i piccoli, ma tutti seguono le regole. POi quando si perde
l’equilibrio, allora comando io, perché devo aiutarti a superare certe situazioni. Ma preferirei non averne bisogno, non è bell o quando uno comanda, è bello quando tutti stabiliamo insieme le regole e tutti le rispettiamo.”
Domani saranno più disponibili, e avranno imparato ad ascoltare. Spero. Però se volete, il pugno di ferro funziona. Finché non avranno il pugno più forte del nostro almeno. quindi si, meglio fare la voce grossa ora, che funziona.
cara letizia hai perfettamente ragione!