L’epidurale e il valore del dolore

Questo post è scritto da CloseTheDoor, l’autrice del blog Cococo… Un suo commento in cui si parlava di epidurale, ci ha convinto a chiederle di parlare di analgesia nel parto: non da esperta, ma da donna che si è informata dei suoi diritti e delle possibilità. E il discorso è andato ben oltre: il dolore nobilita la donna?

Quando Serena mi ha chiesto di scrivere un guestpost sull’analgesia nel parto, non sapevo bene se essere più orgogliosa, felice, o imbarazzata.
Orgogliosa perché nessuno mi aveva mai domandato un guestpost (sssìììììììììììììì!!!), e Genitoricrescono mi sta tenendo compagnia da quando sono diventata mamma, offrendomi un punto di riferimento prezioso per avere informazioni e scambiarsi opinioni. Felice di poter parlare di questo argomento perché da quando è nata la Stellina, ho iniziato ad informarmi sulle tecniche di analgesia per il parto ed è una tematica che mi sta a cuore. Credo sia una battaglia di civiltà, una di quelle che bisogna fare per le nostre figlie, in quest’Italia che sta tornando agli anni 1950. E poi imbarazzata, per due ragioni. La prima: sono una cesarizzata, e come tante faccio fatica a dire “ho partorito”. Per certi versi mi sento estromessa, senza diritto di parola sull’argomento. La seconda: prima di rimanere incinta, avevo sentito vagamente parlare dell’epidurale ma avevo cassato l’idea con una scrollata di spalle. Sono stata educata al senso del sacrificio che ti premia con il risultato. Sul lavoro sono quella che si definirebbe una stakanovista. Insomma, quando un mio collega mi raccontò che sua moglie – che non conoscevo – appena giunta in ospedale per il parto chiese l’epidurale, senza volerlo l’immaginai come Jessica di “Viaggi di nozze” di Verdone. Sono nata a mia volta con un cesareo, non vivo il recondito senso di colpa che dicono possa avvertire un figlio sapendo di aver fatto soffrire la madre – il dolore che mia nonna aveva rinfacciato a mia mamma: “Sapessi quanto ho patito”, ma siccome la mia amatissima nonna faceva sempre un po’ la vittima, esitavo a darle credito su questo punto.

Poi sono rimasta incinta. Vivevo la gioia di portare in grembo una bambina tanto desiderata, e contemporaneamente mi sentivo bersaglio di un’ansia collettiva per cui “dovevo stare calma”. Devi stare calma, in mezzo a tutti che sono in ansia perché tu stia calma. Va beh… Tutti hanno l’impulso di toccarti la pancia, ti chiedono come stai, come va con il peso, se il bimbo si muove, l’alimentazione, ma come corri in bicicletta, e come ti organizzerai con il lavoro, ah vedrai le notti insonni. Si parlava delle 40 settimane e dei 40 giorni. Il tema del passaggio intermedio veniva evitato. Come punto di riferimento avevo… il cinema! E mi dicevo che le loro scene di parto erano sicuramente romanzate, come quelle d’amore. Solo ad un paio di amiche sfuggì di dirmi “non so se parlare o no”, mentre una conoscente mi raccontò la storia-horror che sentono in tante: manovre invasive, tagli, buchi – tutto senza anestesia – e l’impressione di essere trattata con disattenzione, di essere semplice incubatrice di un tesoro prezioso che andava tirato fuori, poco importa come. Un’altra amica ancora mi scrisse in una mail su Facebook: fatti le analisi per l’epidurale, non si sa mai, anche se poi a dire il vero l’ho implorata ma non me l’hanno fatta, e mi sono rifatta col secondo figlio.

L’ho implorata, ma non me l’hanno fatta. Non l’aveva chiesta. L’aveva implorata …quanto male si deve stare per implorare? E perché non gliel’avevano fatta? Non ottenni risposta. Il mio ginecologo non lavorava in ospedale e mi rassicurava che il parto è solo fisiologia. All’esame anestesiologico, il dottore mi spiegò questo nuovo servizio offerto dall’ospedale e concluse dandomi un orario d’ufficio in cui era garantito. Andai a visitare il reparto, accogliente anche se spartano. L’ostetrica non mi parlò di tecniche per alleviare il dolore e quando chiesi dettagli, mi rispose di non pensarci troppo su, che le donne “ce l’hanno sempre fatta”.

Alcuni siti web su Internet spiegano che il dolore del parto è diverso, unico, ritmico e ti conduce in un viaggio alla scoperta dei tuoi limiti. Anche se dici “non ce la faccio”, trovi risorse che non sospettavi di avere, la tua mente smette di pensare e ti estranei dal tuo corpo. È importante accettare il dolore del parto perché significa darsi pena, farsi male, rompere l’abitudine e la pigrizia, significa accettare di rischiare la tua vita per un altro, che poi sarà prendersene cura accettando di mettere le sue esigenze davanti alle tue, significa insomma maturare da figlia a madre. L’induzione non andrebbe fatta mai perché è artificiale e amplifica tutto. E l’epidurale, sarebbe meglio se non l’avessero mai inventata: allunga il travaglio, non senti le spinte, andranno di ventosa, fa venire mal di testa, rimarrai paralizzata, e soprattutto interferisce nel processo dell’attaccamento: il dolore serve a distaccarsi dal “bambino immaginato” per accogliere il “bambino reale”, e se non lo provi non ti affezionerai realmente a tuo figlio, non gli darai valore e lui crescerà… un po’ tonto. Cerco ancora e trovo altre pagine web in cui si asserisce l’esatto contrario: l’epidurale presenta bassissime percentuali di rischio per la madre, nulle per il bambino, può anzi essere terapeutica in alcune distocie e salvare il bambino dall’ipossia – quindi non vi sono ragioni per l’attuale ostracismo all’epidurale.

Quindi si parlava apertamente di ostracismo. Come dicevo, mi considero una persona abbastanza stoica, ma mi allarmava l’idea che io potessi non vedere rispettata la mia soglia di dolore. E nelle parole dei siti web naturalisti trovavo implicazioni offensive. Sono nata con cesareo in anestesia generale… ma se esiste una madre affezionata, quella è la mia. E poi scusate, in che misura io sarei tonta, e rispetto a chi? Non rischia di essere più “tonto” un bambino nato naturalmente con debito d’ossigeno perché la madre è così agitata che va in iperventilazione? Le parole ti estranei dal tuo corpo mi risuonarono in testa finché ricordai dove le avevo già lette: erano racconti di persone che avevano subìto una tortura: raccontavano di essere sopravvissuti “mentalmente” guardando il loro corpo come fosse qualcun altro. I naturalisti descrivevano con precisione lo stesso meccanismo. Parlavano di empowerment e spiegavano che dal parto la maggioranza delle donne esce fortificata. Il parto assumeva i connotati di un rito iniziatico in cui la donna scopre e dimostra le sue capacità di sopportazione e di sacrificio, e si rende degna di essere madre. Mi sorpresi a pensare che non tutti sopravvivono alla tortura, e alcuni mentalmente restano offesi.

Desideravo da sempre un parto naturale, non volevo essere toccata da nessuno, non volevo punture, e pensavo che il mio passato di sportiva e di studiosa mi avrebbero permesso di affrontare la fatica e il dolore. Ma non sapevo cosa aspettarmi. La DPP passava e si avvicinava la data dell’induzione. Mi coglieva un profondo senso di pericolo, si sa che in un parto si rischia, e io dovevo dimostrarmi pronta. E se qualcosa fosse andato davvero storto? Mi accorgevo che la lettura dei siti web naturalisti, anziché tranquillizzarmi sulle mie potenzialità di matrice mi aveva resa preda di un terrore ancestrale. Di essere sacrificata.

In reparto regnava la calma, le pareti colorate avevano le foto di Anne Geddes, e le ostetriche fuggivano da un letto all’altro fra sala travaglio e sala parto. Alcune ragazze distese sui letti chiudevano gli occhi in silenzio, una era sola e si lamentava forte. Passò un po’ di tempo prima che arrivasse un’ostetrica, attaccò una flebo e il tracciato e scappò via. Mio marito, silenzioso, pallido, era forse più spaventato di me. Dalla sala parto arrivavano urla orribili e strazianti. Speravo che nei film esagerassero… e scoprivo che rappresentano un decimo del reale. Ancora oggi vorrei correre, entrare lì, e gridare “DIO MIO FATE L’EPIDURALE!”. Ma la ginecologa e l’ostetrica sembravano avere una sordità selettiva. Mettevano flebo, mi spiegavano cosa sarebbe dovuto succedere con la fettuccia, scambiavano due parole con mio marito, controllavano il battito. L’ostetrica mi rivolge un sorriso dolce, ma ha l’orecchio teso altrove e scappa via. Di solito un medico fa qualcosa se stai male, sai che ha un senso dirgli “ho male qui”. Ma qui il male è normale. Ero ammutolita. Per mesi tutti si affannano per il tuo benessere, poi sei catapultata in una dimensione in cui se il battito è ok, è l’unica cosa che conta. Tu non conti. Non più di tanto.

Da me non si muove nulla per ore, la ginecologa decide infine per il cesareo. Ci resto male, mi sembra che degli estranei si intromettano fra me e mia figlia. In sala operatoria mi sento mortificata e colpevole e mi chiedo cos’ho che non va. Dovevo camminare, dovevo pensare di meno, forse era meglio mandare via mio marito. Da dietro la tendina verde mi portano la mia bambina, che mi guarda. È bellissima e profuma di zucchero.

Un paio di mesi dopo il parto, incontro al parco una neomamma compagna di corsia. Aveva partorito naturalmente dopo di me, con 24 ore di travaglio: aveva finito per supplicare un cesareo, senza essere accontentata dato che “andava tutto benissimo”. Esasperata, voleva solo che suo figlio uscisse e così aveva smesso di ascoltare le ostetriche, mettendosi a spingere da sola con una dilatazione di 6 cm. Le chiesi se aveva chiesto l’epidurale – non sapeva cosa fosse. Il bambino era nato con una deformità momentanea alla bocca che le spiegarono essere dovuta al trauma del parto, e lei non aspettò la montata lattea perché voleva solo tornare a casa. Mi disse che i sorrisi di suo figlio la riempivano di gioia, ma era sconvolta e non voleva più figli. Non l’ho più vista da allora, non so se un giorno cambierà idea. Io già fantasticavo del secondo figlio, e pensavo che se invidiavo quella ragazza per aver messo al mondo il suo bambino, lei invidiava me per il mio cesareo, e ammisi con me stessa che provavo profondo sollievo… per averla scampata bella.

Non so come starei oggi se avessi sofferto in quel modo. Sarei più matura, più forte, più empowerizzata? Forse. Ma la mia amatissima nonna è sempre stata bambina, e un po’ vittima, fino a 85 anni. Certo sarebbe semplicistico pensare che chi si ferma ad un figlio solo è perché ha avuto un brutto parto, ci sono fattori socio-economici che pesano. Ma sono convinta che le donne segnate dal parto esistono, e quando sento pontificare sull’egoismo di chi si ferma a un figlio solo, penso che non posso stare senza far nulla, perché ho una figlia femmina! E vorrei parlare.

Vorrei parlare del simulacro della Madre che si sacrifica. Degli ospedali in sotto-organico dove un’ostetrica deve seguire da sola cinque o più partorienti insieme. Delle flebo di ossitocina e di manovre ostetriche fatte non per necessità ma per accelerare, perché devono “smaltire” prima del cambio turno. Del fatto che l’84% degli ospedali italiani non offre l’epidurale, e che spesso dove c’è sulla carta, al dunque te la negano senza fornire ragioni. Della cultura del dolore che lesina analgesici ai malati di cancro, alle donne che devono partorire un bimbo morto, a quelle che scelgono di abortire. Del confronto con i paesi d’Oltralpe, dove l’epidurale è una realtà eppure le donne mi sembrano senz’altro più empowerizzate di noi… Forse perché non sono messe nella situazione di implorare nulla? E del rovescio della medaglia: i pericolosissimi centri nascita del parto dolce senza neonatologo di guardia, e il ritorno al parto in casa – bellissimo privilegio delle donne con gravidanza perfetta e un po’ di soldi da parte. E le altre?

L’epidurale esiste ed è sicura. Vorremmo che fosse una scelta reale anche in Italia, in tutta Italia. Questo è il link ad una petizione per l’epidurale, perchè sia realmente garantita a chi la chiede.

Prova a leggere anche:

Previous

Un parto non si dimentica

Pannolini usa e getta ecologici

Next

52 thoughts on “L’epidurale e il valore del dolore”

  1. PS: comunque, io ho gridato molto al mio secondo parto, (non al primo), ma non era per dolore era piu’ che altro una sensazione liberatoria, non so come spiegare, era come “ruggire”, mi avevano anche spiegato di questi scherzi della psiche hehehe… quindi, fermo restando che epidurale forever per chi la vuole, non mi farei specie piu’ di tanto delle grida dalle salette travaglio attigue, non e’ detto siano da macellaio – tanto per aggiungere i miei 2centesimi

    Reply
  2. si parla tanto dei rischi del parto naturale.
    sarebbe importante fermarsi a riflettere a tutti i rischi a cui una donna è sottoposta in ospedale e me ne vengono in mente tanti, tra tutti l’invadenza durante tutte le fasi del parto, che tendono a rallentare a volte persino a bloccare un travaglio (e giù ossitocina..), alle interferenze di chi ti dice di spingere, respirare, stare calmo, andare qui andare là. alle cure “preventive” a cui è sottoposto un neonato a pochi secondi dalla nascita (inutili), alla posizione sul lettino comoda per tutti fuorché per la mamma, al monitoraggio doloroso e inutile (basta auscultare la pancia..)

    questo solo per dire che a volte si dà per scontato che ospedale sia uguale a sicuro.

    Reply
  3. @anna, abbiamo lasciato tale e quale il finale del post di Close the Door sui centri di parto naturale, anche se ci aspettavamo che potesse dare adito a polemiche per diversi motivi.
    Prima di tutto perchè il post è una sua creazione ed è giustissimo che dica ciò che pensa. Poi perchè, secondo me, personalmente, in Italia è meglio partorire dove un neonatologo è a portata di mano, perchè non mi fido della tempestività dei trasporti in ambulanza in caso di complicazioni. Finchè il parto in casa è considerato da fricchettoni, come tu dici, verrai trattato da fricchettone anche nel malaugurato caso ti dovesse servire un trasporto urgente in ospedale. Mi fido del parto naturale, mi fido dell’ostetrico, ma non mi fido del contesto e quindi so di non poter rischiare.
    Ho letto ieri che l’ospedale Grassi di Ostia ha potuto riavviare il progetto del centro di parto naturale. Erano stati tagliati i fondi (che novità!) e aveva interrotto l’attività. Ora è stato rifinanziato e dovrebbe riprendere a funzionare al più presto. Si tratta di una residenza con camere e giardino, dove le ostetriche (da sole, senza medico!) assistono i parti.
    L’ospedale però è lì accanto e, in caso di urgenze, arriva ginecologo o neonatologo in pochi minuti. Potrebbe essere un buon compromesso, no?
    Certo, non è casa propria, ma almeno è un modo di affermare che la Regione prende in considerazione il parto naturale come una pratica possibile, positiva e conveniente per tutti. Da lì, poi, bisognerebbe partire per ampliare le possibilità.
    Credo che Close si riferisse centri privati (non al parto in casa) davvero molto costosi (e lussuosi), che però non offrono alcun reale vantaggio nell’assistenza.

    Reply
  4. @supeermambanana, purtroppo è proprio quello il concetto di convenienza economica. Il cesareo è rimborsato molto, molto bene. Pare che ora il rimborso per parto naturale e cesareo sia stato equiparato, ci saranno effetti positivi?

    Reply
  5. @supermamb: credo che il cesareo venga rimborsato all’ospedale e così i giorni di degenza che il cesareo richiede. So che anche che scoraggiano le donne che hanno partorito naturalmente a firmare per le dimissioni anticipate nel caso volessero andare a casa perché il costo del paziente non sarebbe rimborsato all’ospedale in caso di permanenza sotto le 24 ore.

    Reply
  6. Io l’epidurale l’ho chiesta e l’ho ottenuta. O meglio, come avete letto nel post sul racconto del mio parto, non me l’hanno neanche fatta chiedere: avevo già dato il consenso, quindi, sapendo di avermi somministrato una dose piuttosto robusta di ossitocina e vedendo che ero piuttosto provata – anche se in silenzio- hanno chiamato l’anestesista.
    Ho partorito in un ospedale che è stato uno dei primi a introdurre l’epidurale in Italia: gli anestesisti di questa struttura vantano uno dei livelli di errore nella pratica dell’epidurale più basso al mondo.
    Il vero punto di forza, secondo me, resta però l’informazione che danno sull’analgesia epidurale: c’è un incontro al mese libero, gratuito e aperto a tutti (anche a chi non partecipa al corso pre parto, che invece è a pagamento) sull’argomento e poi c’è il colloquio privato con l’anestesista che ha ulteriore carattere informativo. Chi fa il corso pre parto, ha ulteriore possibilità di parlarne con ostetrico e psicologo (sì, anche lo psicologo per parlare di analgesia nel parto, proprio perchè dietro c’è molto più che la farmacologia).
    Insomma, quando vai a partorire lì, quasi ci rimani male se poi non ti fai fare l’epidurale! Anche perchè è gratuita!
    Io posso dire di aver ricevuto un dosaggio di analgesico a dir poco perfetto: ho mantenuto la sensazione di dolore, che non è mai sparito, ma si è attenuato e ho continuato a sentire le contrazioni e quindi ho regolato adeguatamente le spinte.
    Dal momento dell’epidurale io sono diventata più efficace, più concentrata: un paio d’ore dopo eravamo nati. Le rassicurazioni dell’ostetrica che ti dice che stai spingendo proprio nel momento giusto e con la giusta intensità, davvero non hanno prezzo!
    Sono certa che ne sarei uscita anche senza. Ma mi chiedo: perchè?

    In gravidanza ho avuto una colica renale, dovuta ad un inutile integratore di ferro, che ovviamente ho buttato subito dopo. Non ho potuto prendere uno straccio di analgesico decente e il dolore me lo sono portato dietro, con alti e bassi, per 10 giorni, finendo due volte al pronto soccorso. Ne sono uscita, non c’era altro da fare. Me ne stavo ferma, ferma a letto e aspettavo che passassero le ore. In un certo senso ho “dialogato” con dolore, come diceva Alchemilla, perchè non avevo altra scelta se non convincere i miei reni a filtrare quel cavolo di integratore. Ma non mi sono affatto divertita e, avessi potuto evitarlo, lo avrei fatto.

    La vera differenza, però, tra la mia esperienza e tante altre che sento, non è aver fatto o meno l’epidurale o aver fatto un’ottima epidurale, ma aver avuto la SCELTA. Quella vera, reale: posso farla o non farla solo perchè è una mia decisione, che non dipende dal costo o dall’orario dell’anestesista (a me l’hanno fatta dopo mezzanotte) o peggio dal fatto che l’ostetrica ti considera una smidollata e non ti da retta o ti scoraggia nel chiederla.
    La scelta non dovrebbe mai essere un privilegio.

    Reply
  7. @Claudia la convenienza economica in quanto tale non la vedo, il cesareo prevede di sicuro una degenza piu’ lunga, possibilita’ di complicazioni, etc (e’ un intervento in fondo), se la gestione di un ospedale si basa sull’efficienza mi pare che non ci siano paragoni fra i due… magari qualche magagna del tipo il cesareo viene rimborsato all’ospedale e l’epidurale no? insomma a me vengono in mente solo cose “losche” altro che etica del parto…

    Reply
  8. nell’ospedale in cui ho partorito l’epidurale costa 900 euro. Ne vengono “messe in palio” dieci alla settimana, se hai la fortuna di prendere la linea bene, se no niente. Mi hanno raccontato che, per chi “vince” l’epidurale, spesso gli anestesisti arrivano tardi, non fanno richiami etc etc. Io mi ero informata sui pro e i contro dal punto di vista medico (non etico, psicologico o quant’altro – e non sono una mamma scazzata, senza colpo di fulmine…volevo solo che tutto filasse liscio per mio figlio e per me) e ho deciso per l’epidurale. Me la sono fatta rimborsare dall’assicurazione sanitaria che ho nel mio contratto di lavoro – una gran fortuna, certo, e non credo che l’avrei fatta senza la copertura dell’assicurazione. Ma avere un’assicurazione mi ha permesso di scegliere (cosa che non tutte evidentemente possono fare), di avere un anestesista bravo e sollecito (e anche qui: era perché io pagavo? Immagino di sì, ahimè), e di avere un parto “empowering”, come dice CloseTheDoor. Credo che la questione, al di là dell’etica, sia la possibilità di scelta, di scegliere di partorire come si vuole, avendo avuto accesso alle informazioni corrette e necessarie – e che molto spesso in Italia le donne non hanno.

    Reply
  9. @anna le donne che partoriscono a casa in Italia sono troppo poche e quindi la loro esperienza non fa parte del quotidiano della maggior parte di noi. Dove non si conosce, si generalizza purtroppo. Anch’io volevo partorire a casa, poi ho cambiato idea all’ultimo minuto ma fino a quel momento gli unici a sapere dei nostri programmi eravamo io, mio marito, e l’ostetrica che ci seguiva. Non avrei avuto la forza di sopportare i commentacci del resto del mondo, non prima del parto almeno.

    @supermambanana sicuramente ci sono prima di tutto dei motivi di convenienza economica, magari qualcuno che ci capisce di budget di un ospedale ci può illuminare. E poi anche motivi di organizzazione, un cesareo rende il parto più veloce, se è programmato ancora meglio (dal punto di vista del personale dell’ospedale, s’intende) . L’epidurale spesso rallenta tutta la procedura. Ma non può essere solo questo, c’è sicuramente di più.

    Reply
  10. @anna: leggendoti non mi hai dato l’idea di una fricchettona, ma solo di una persona coraggiosa e fortunata. Io non credo si tratti di moda, penso che come al solito le varie “correnti” trovino i suoi “seguaci” per il fatto che siamo diversi e che da quando si aspetta un bimbo in poi, si è un pò + influenzabili perchè si cerca di avere la cosa migliore per i propri figli.

    Reply
  11. @Lorenza questo l’ho capito, quello che non capisco e’ perche’ l’epidurale e’ ostracizzata e il cesareo no (o non troppo almeno)

    Reply
  12. scusa, scrivo di getto, senza leggere i commenti. il tuo articolo mi ha turbato e commosso, fino alla fine,pero’…ho partorito 2 volte, a casa, in acqua (analgesia naturale). il primo un parto difficile, con il bimbo girato, il secondo avvenuto dopo un mese a letto per un piccolo distacco di placenta. non sono ricca, ho pagato, in tutto, 500 euro, comprese le visite di ostetriche e pediatra a casa, per 40 giorni.
    “del rovescio della medaglia: i pericolosissimi centri nascita del parto dolce senza neonatologo di guardia, e il ritorno al parto in casa – bellissimo privilegio delle donne con gravidanza perfetta e un po’ di soldi da parte. ” da queste tue righe mi sento offesa e incompresa, proprio come te di fronte ad altri siti.
    io sono favorevole all’epidurale gratuita e garantita, sia chiaro.
    mi sento piu’ potente dopo i miei parti e credo che questo percorso sia stato l’inizio del rapporto con i miei figli.
    non credo sia l’unico inizio possibile ne’ il piu’ nobile o qualsiasi altra scemata. pero’, davvero, ultimamente sembra che mi dovrei sentire in colpa per questi due parti naturali. eh gia’, ora tira la madre scazzata, che non ha il colpo di fulmine, che fa l’epidurale etc. etc..le altre son solo fricchettone fuori moda.

    Reply
  13. Io sono una fifona.
    Se ho mal di testa prendo un’aspirina invece di vagare come una zombi con la testa piena di dolore.
    Se vado dal dentista e questo mi dice che fará male, voglio l’anestesia.
    Se mi faccio operare, pure.
    Voglio dire, chi me lo fa fare a patire dolore? Non é che nessuno mi dará una medaglia per questo. Perció al mio parto, non avendo controindicazioni mediche, ho chiesto l’epidurale (arrivata abbastanza tardi, a 8 cm e mezzo perché l’anestesista era in giro). Nessuno mi ha fatto storie o mi ha fatto sentire in colpa.
    Sono passata dall’avere contrazioni dolorossissime ad uno stato di grazia in cui il mio corpo si é potuto riposare, ho potuto chiedere un bicchier d’acqua con voce normale, fare due passi invece di stare sdraiata e stirata dal dolore.
    L’unico intoppo é stato che le contrazioni si sono fermate, per cui dopo un’oretta-due mi han fatto anche la flebo di ossitocina, e lí il processo é ripartito.
    L’ostetrica (donna vecchio stampo con cinque figli) mi ha tolto l’epidurale nella fase delle spinte finali. L’ho detestata, ed ho ricominciato ad urlare dal dolore mentre lei cercava di zittirmi.
    Quando é nato mio figlio mi é sembrato di lacerarmi dalla testa al ventre
    Successivamente ho saputo che non é necessario togliere l’epidurale durante le spinte finali, che si sentono lo stesso.
    C’é poco da dire, partorire fa un male boia. ne ho un ricordo annebbiato per via di tutti gli ormoni che avevo in corpo, ma ricordo che ha fatto tanto male.
    Per cui, per quel che mi riguarda, epidurale forever.
    Niente effetti collaterali, i sentimenti verso mio figlio non sono piú tiepidi per questo, nessuno mi dará un premio o una nota d’infamia a seconda di come ho affrontato il dolore fisico.

    Reply
  14. concordo con lorenza sul fatto che il cesareo è una cosa differente, è un intervento chirurgico a tutti gli effetti con i rischi annessi, quindi io terrei separate le due cose.

    @alchemilla, io non so quale tipo di dolore tu abbia provato in vita,tenuto conto poi che la percezione del dolore è veramente soggettiva, concordo che al dolore si accompagna la paura e spesso è quella che lo accentua, concordo che il dolore sia anche un messaggio, soprattutto in campo medico, se non c’è il dolore, non troveresti la patologia sottostante, ma esistono tanti tipi di dolore e tante patologie che lo causano, in persone talmente differenti come età, come capacità di affrontarlo, e come tanti altri fattori personali che non possiamo umanamente non utilizzare i mezzi che abbiamo per alleviare questo sintomo, perchè il dolore e parlo soprattutto di quello cronico, giorno dopo giorno, ti aliena, non ti fa più vivere una vita per quanto riesci normale o con le limitazioni che ti ha portato la malattia, ma pur sempre una vita. Forse i dolore “fisiologico” come quello del parto o gli episodi di dolore acuto sono sopportabili e gestibili e seconda di come uno è predisposto, ma quello cronico, no, mi dispiace, non lo vedo come un alleato, ma come un mattone sopra un’esistenza fatta già di sofferenza.

    Reply

Leave a Comment