Questo post è scritto da CloseTheDoor, l’autrice del blog Cococo… Un suo commento in cui si parlava di epidurale, ci ha convinto a chiederle di parlare di analgesia nel parto: non da esperta, ma da donna che si è informata dei suoi diritti e delle possibilità. E il discorso è andato ben oltre: il dolore nobilita la donna?
Quando Serena mi ha chiesto di scrivere un guestpost sull’analgesia nel parto, non sapevo bene se essere più orgogliosa, felice, o imbarazzata.
Orgogliosa perché nessuno mi aveva mai domandato un guestpost (sssìììììììììììììì!!!), e Genitoricrescono mi sta tenendo compagnia da quando sono diventata mamma, offrendomi un punto di riferimento prezioso per avere informazioni e scambiarsi opinioni. Felice di poter parlare di questo argomento perché da quando è nata la Stellina, ho iniziato ad informarmi sulle tecniche di analgesia per il parto ed è una tematica che mi sta a cuore. Credo sia una battaglia di civiltà, una di quelle che bisogna fare per le nostre figlie, in quest’Italia che sta tornando agli anni 1950. E poi imbarazzata, per due ragioni. La prima: sono una cesarizzata, e come tante faccio fatica a dire “ho partorito”. Per certi versi mi sento estromessa, senza diritto di parola sull’argomento. La seconda: prima di rimanere incinta, avevo sentito vagamente parlare dell’epidurale ma avevo cassato l’idea con una scrollata di spalle. Sono stata educata al senso del sacrificio che ti premia con il risultato. Sul lavoro sono quella che si definirebbe una stakanovista. Insomma, quando un mio collega mi raccontò che sua moglie – che non conoscevo – appena giunta in ospedale per il parto chiese l’epidurale, senza volerlo l’immaginai come Jessica di “Viaggi di nozze” di Verdone. Sono nata a mia volta con un cesareo, non vivo il recondito senso di colpa che dicono possa avvertire un figlio sapendo di aver fatto soffrire la madre – il dolore che mia nonna aveva rinfacciato a mia mamma: “Sapessi quanto ho patito”, ma siccome la mia amatissima nonna faceva sempre un po’ la vittima, esitavo a darle credito su questo punto.
Poi sono rimasta incinta. Vivevo la gioia di portare in grembo una bambina tanto desiderata, e contemporaneamente mi sentivo bersaglio di un’ansia collettiva per cui “dovevo stare calma”. Devi stare calma, in mezzo a tutti che sono in ansia perché tu stia calma. Va beh… Tutti hanno l’impulso di toccarti la pancia, ti chiedono come stai, come va con il peso, se il bimbo si muove, l’alimentazione, ma come corri in bicicletta, e come ti organizzerai con il lavoro, ah vedrai le notti insonni. Si parlava delle 40 settimane e dei 40 giorni. Il tema del passaggio intermedio veniva evitato. Come punto di riferimento avevo… il cinema! E mi dicevo che le loro scene di parto erano sicuramente romanzate, come quelle d’amore. Solo ad un paio di amiche sfuggì di dirmi “non so se parlare o no”, mentre una conoscente mi raccontò la storia-horror che sentono in tante: manovre invasive, tagli, buchi – tutto senza anestesia – e l’impressione di essere trattata con disattenzione, di essere semplice incubatrice di un tesoro prezioso che andava tirato fuori, poco importa come. Un’altra amica ancora mi scrisse in una mail su Facebook: fatti le analisi per l’epidurale, non si sa mai, anche se poi a dire il vero l’ho implorata ma non me l’hanno fatta, e mi sono rifatta col secondo figlio.
L’ho implorata, ma non me l’hanno fatta. Non l’aveva chiesta. L’aveva implorata …quanto male si deve stare per implorare? E perché non gliel’avevano fatta? Non ottenni risposta. Il mio ginecologo non lavorava in ospedale e mi rassicurava che il parto è solo fisiologia. All’esame anestesiologico, il dottore mi spiegò questo nuovo servizio offerto dall’ospedale e concluse dandomi un orario d’ufficio in cui era garantito. Andai a visitare il reparto, accogliente anche se spartano. L’ostetrica non mi parlò di tecniche per alleviare il dolore e quando chiesi dettagli, mi rispose di non pensarci troppo su, che le donne “ce l’hanno sempre fatta”.
Alcuni siti web su Internet spiegano che il dolore del parto è diverso, unico, ritmico e ti conduce in un viaggio alla scoperta dei tuoi limiti. Anche se dici “non ce la faccio”, trovi risorse che non sospettavi di avere, la tua mente smette di pensare e ti estranei dal tuo corpo. È importante accettare il dolore del parto perché significa darsi pena, farsi male, rompere l’abitudine e la pigrizia, significa accettare di rischiare la tua vita per un altro, che poi sarà prendersene cura accettando di mettere le sue esigenze davanti alle tue, significa insomma maturare da figlia a madre. L’induzione non andrebbe fatta mai perché è artificiale e amplifica tutto. E l’epidurale, sarebbe meglio se non l’avessero mai inventata: allunga il travaglio, non senti le spinte, andranno di ventosa, fa venire mal di testa, rimarrai paralizzata, e soprattutto interferisce nel processo dell’attaccamento: il dolore serve a distaccarsi dal “bambino immaginato” per accogliere il “bambino reale”, e se non lo provi non ti affezionerai realmente a tuo figlio, non gli darai valore e lui crescerà… un po’ tonto. Cerco ancora e trovo altre pagine web in cui si asserisce l’esatto contrario: l’epidurale presenta bassissime percentuali di rischio per la madre, nulle per il bambino, può anzi essere terapeutica in alcune distocie e salvare il bambino dall’ipossia – quindi non vi sono ragioni per l’attuale ostracismo all’epidurale.
Quindi si parlava apertamente di ostracismo. Come dicevo, mi considero una persona abbastanza stoica, ma mi allarmava l’idea che io potessi non vedere rispettata la mia soglia di dolore. E nelle parole dei siti web naturalisti trovavo implicazioni offensive. Sono nata con cesareo in anestesia generale… ma se esiste una madre affezionata, quella è la mia. E poi scusate, in che misura io sarei tonta, e rispetto a chi? Non rischia di essere più “tonto” un bambino nato naturalmente con debito d’ossigeno perché la madre è così agitata che va in iperventilazione? Le parole ti estranei dal tuo corpo mi risuonarono in testa finché ricordai dove le avevo già lette: erano racconti di persone che avevano subìto una tortura: raccontavano di essere sopravvissuti “mentalmente” guardando il loro corpo come fosse qualcun altro. I naturalisti descrivevano con precisione lo stesso meccanismo. Parlavano di empowerment e spiegavano che dal parto la maggioranza delle donne esce fortificata. Il parto assumeva i connotati di un rito iniziatico in cui la donna scopre e dimostra le sue capacità di sopportazione e di sacrificio, e si rende degna di essere madre. Mi sorpresi a pensare che non tutti sopravvivono alla tortura, e alcuni mentalmente restano offesi.
Desideravo da sempre un parto naturale, non volevo essere toccata da nessuno, non volevo punture, e pensavo che il mio passato di sportiva e di studiosa mi avrebbero permesso di affrontare la fatica e il dolore. Ma non sapevo cosa aspettarmi. La DPP passava e si avvicinava la data dell’induzione. Mi coglieva un profondo senso di pericolo, si sa che in un parto si rischia, e io dovevo dimostrarmi pronta. E se qualcosa fosse andato davvero storto? Mi accorgevo che la lettura dei siti web naturalisti, anziché tranquillizzarmi sulle mie potenzialità di matrice mi aveva resa preda di un terrore ancestrale. Di essere sacrificata.
In reparto regnava la calma, le pareti colorate avevano le foto di Anne Geddes, e le ostetriche fuggivano da un letto all’altro fra sala travaglio e sala parto. Alcune ragazze distese sui letti chiudevano gli occhi in silenzio, una era sola e si lamentava forte. Passò un po’ di tempo prima che arrivasse un’ostetrica, attaccò una flebo e il tracciato e scappò via. Mio marito, silenzioso, pallido, era forse più spaventato di me. Dalla sala parto arrivavano urla orribili e strazianti. Speravo che nei film esagerassero… e scoprivo che rappresentano un decimo del reale. Ancora oggi vorrei correre, entrare lì, e gridare “DIO MIO FATE L’EPIDURALE!”. Ma la ginecologa e l’ostetrica sembravano avere una sordità selettiva. Mettevano flebo, mi spiegavano cosa sarebbe dovuto succedere con la fettuccia, scambiavano due parole con mio marito, controllavano il battito. L’ostetrica mi rivolge un sorriso dolce, ma ha l’orecchio teso altrove e scappa via. Di solito un medico fa qualcosa se stai male, sai che ha un senso dirgli “ho male qui”. Ma qui il male è normale. Ero ammutolita. Per mesi tutti si affannano per il tuo benessere, poi sei catapultata in una dimensione in cui se il battito è ok, è l’unica cosa che conta. Tu non conti. Non più di tanto.
Da me non si muove nulla per ore, la ginecologa decide infine per il cesareo. Ci resto male, mi sembra che degli estranei si intromettano fra me e mia figlia. In sala operatoria mi sento mortificata e colpevole e mi chiedo cos’ho che non va. Dovevo camminare, dovevo pensare di meno, forse era meglio mandare via mio marito. Da dietro la tendina verde mi portano la mia bambina, che mi guarda. È bellissima e profuma di zucchero.
Un paio di mesi dopo il parto, incontro al parco una neomamma compagna di corsia. Aveva partorito naturalmente dopo di me, con 24 ore di travaglio: aveva finito per supplicare un cesareo, senza essere accontentata dato che “andava tutto benissimo”. Esasperata, voleva solo che suo figlio uscisse e così aveva smesso di ascoltare le ostetriche, mettendosi a spingere da sola con una dilatazione di 6 cm. Le chiesi se aveva chiesto l’epidurale – non sapeva cosa fosse. Il bambino era nato con una deformità momentanea alla bocca che le spiegarono essere dovuta al trauma del parto, e lei non aspettò la montata lattea perché voleva solo tornare a casa. Mi disse che i sorrisi di suo figlio la riempivano di gioia, ma era sconvolta e non voleva più figli. Non l’ho più vista da allora, non so se un giorno cambierà idea. Io già fantasticavo del secondo figlio, e pensavo che se invidiavo quella ragazza per aver messo al mondo il suo bambino, lei invidiava me per il mio cesareo, e ammisi con me stessa che provavo profondo sollievo… per averla scampata bella.
Non so come starei oggi se avessi sofferto in quel modo. Sarei più matura, più forte, più empowerizzata? Forse. Ma la mia amatissima nonna è sempre stata bambina, e un po’ vittima, fino a 85 anni. Certo sarebbe semplicistico pensare che chi si ferma ad un figlio solo è perché ha avuto un brutto parto, ci sono fattori socio-economici che pesano. Ma sono convinta che le donne segnate dal parto esistono, e quando sento pontificare sull’egoismo di chi si ferma a un figlio solo, penso che non posso stare senza far nulla, perché ho una figlia femmina! E vorrei parlare.
Vorrei parlare del simulacro della Madre che si sacrifica. Degli ospedali in sotto-organico dove un’ostetrica deve seguire da sola cinque o più partorienti insieme. Delle flebo di ossitocina e di manovre ostetriche fatte non per necessità ma per accelerare, perché devono “smaltire” prima del cambio turno. Del fatto che l’84% degli ospedali italiani non offre l’epidurale, e che spesso dove c’è sulla carta, al dunque te la negano senza fornire ragioni. Della cultura del dolore che lesina analgesici ai malati di cancro, alle donne che devono partorire un bimbo morto, a quelle che scelgono di abortire. Del confronto con i paesi d’Oltralpe, dove l’epidurale è una realtà eppure le donne mi sembrano senz’altro più empowerizzate di noi… Forse perché non sono messe nella situazione di implorare nulla? E del rovescio della medaglia: i pericolosissimi centri nascita del parto dolce senza neonatologo di guardia, e il ritorno al parto in casa – bellissimo privilegio delle donne con gravidanza perfetta e un po’ di soldi da parte. E le altre?
L’epidurale esiste ed è sicura. Vorremmo che fosse una scelta reale anche in Italia, in tutta Italia. Questo è il link ad una petizione per l’epidurale, perchè sia realmente garantita a chi la chiede.
grazie ClosetheDoor, il mio rimpianto di essere stata cesareizzata si è un pò attenuato!
io ho fatto l’anestesia totale, ma alla prossima gravidanza chiederò la spinale programmando il cesareo.
Sono una che nella vita vuole provare tutto (ovviamente solo le cose lecite!) ho 5 tatuaggi (mi hanno detto nei posti più dolorosi)e un piercing originale (cioè senza anestesia di alcun tipo) insomma, non ho paura del dolore, di conseguenza, essendo donna desideravo partorire naturalmente e quando mi parlavano dell’epidurale, come te, scrollavo le spalle; ho frequentato un deleterio corso pre parto in cui veniva utilizzato (male, aggiungo io) il metodo del parto attivo e in cui l’epidurale equivaleva a satana.
ho patito 7 ore di travaglio di cui solo una di dolore intenso e alla fine imploravo di essere “tagliata”. detto ciò, sono favorevole all’epidurale e a chi sceglie di alleviare il dolore anche se, inutile negarlo, ammiro un pò chi ha partorito naturalmente e non ha sofferto più di tanto, un pò per fortuna, un pò perchè il piccolo era piccino…
@supermambanana, secondo me l’epidurale e il cesareo sono 2 cose molto diverse. L’epidurale è un’anestesia somministrata per via spinale, simile a quella che si fa anche per il cesareo. E’, se vogliamo, un “accessorio” del parto per il controllo del dolore.
Il cesareo è un intervento chirurgico a tutti gli effetti, con i pro e i contro che ne conseguono (si fa prima a far nascere il bambino, ma il recupero è in genere più lento).
Personalmente ritengo che il cesareo sia indispensabile se c’è sofferenza, credo però che in Italia se ne faccia un uso eccessivo proprio perché spesso non viene offerta un’alternativa valida al parto con dolore (dalle tecniche soft all’epidurale, appunto).
Ho varie amiche che hanno prenotato il cesareo perché avevano paura di essere lasciate in travaglio per giorni senza assistenza, mentre magari con un po’ di dialogo con le strutture sanitarie avrebbero potuto avere un parto naturale tranquillo. E’ sempre un discorso di scelta, che dovrebbe essere libera e informata.
Se imparassimo a vedere il dolore come un messaggio, come un alleato, non faremmo di tutto per farlo scomparire.
Il dolore aiuta, guida.
Nel caso del parto poi è un dolore che ha una fine e uno sviluppo veramente positivo.
Il dolore fa molto più male quando dietro c’è una forte paura e un’ignoranza riguardo alle sue cause.
Conoscere, capire, entrare in sintonia con il proprio corpo e la propria mente, diminuisce veramente di molto il dolore.
Se elimini la paura, poi, elimini metà del dolore.
Io ho partorito senza epidurale, è stato difficile ma ce l’ho fatta. E sono felice di avercela fatta. Sono stata seguita con comprensione e anche con tenerezza dalla mia ostetrica. Ho sempre sentito di essere trattata con dignità.
Non mi sembra il caso di paragonare il parto a una tortura. Che esagerazione e che assurdità!
io vorrei tirarmi fuori dai discorsi di questo mese per due motivi principali, uno che vivo in un posto dove tutto mi sarebbe stato permesso e due perche’ ho avuto la fortuna immensa di avere due parti da libro di testo, a partire dal fatto che tutti e due sono nati nel giorno previsto dal calendario, che manco un droide (forse si doveva capire da quello la questione del GM, ma vabe).
Pero’ una domanda che mi sta girando in questi giorni leggendo tutte le vostre storie e’: astraendosi da tutto, pensando in modo logico, lasciando da parte le varie scuole di pensiero di ciascuna, qualcuna/o ha capito obiettivamente perche’ dovremmo trattare epidurale e cesareo in maniera differente? Cioe’, o siamo in un regime naturalista, e allora tutte e due le pratiche dovrebbero essere scoraggiate, oppure no, e allora non capisco perche’ incoraggiare una e scoraggiare l’altra.
Close e gc, con questo post scoprite veramente il vaso di Pandora. La medicalizzazione, la santificazione del dolore ecc sono temi controversi e terreno di battaglie ideologiche vere e proprie. Perché portano con sé retaggi culturali vecchi e nuovi che io ritengo pericolosi in uguale misura e che pesano come macigni in un momento delicatissimo della vita di una donna. Le variabili che possono dare una svolta ad un parto in modo che tutto vada bene oppure che ci siano piccole, medie o grandi complicanze sono infinite e dunque anch’io come altre che l’hanno già detto, sono arrivata alla conclusione che dipenda in buona misura dal caso. Per me per esempio l’unico parametro veramente decisivo è stato il fattore tempo. Intendo dire: gestire le contrazioni per 14 ore di seguito non è come gestirle per 8 ore a parità di intensità. Dunque per la stessa ragione per cui la fortuna ha un suo ruolo certamente non deve invece entrare come fattore nella possibilità di avere un’adeguata assistenza a livello generale, sanitario ecc. e dunque sono per la libertà e la possibilità di scelta. Personalmente ho avuto due esperienze diametralmente opposte : la prima con travaglio decisamente lungo, epidurale, impossibilità di sentire bene le spinte durante la fase espulsiva e dunque ventosa (proprio come il manuale delle letture “naturalistiche” a discredito dell’epidurale) con un bambino che aveva un nodo e un giro di cordone ombelicale intorno al collo, la seconda esperienza con travaglio più che dimezzato, assolutamente da manuale questa volta in senso naturale, nessuna manovra invasiva. In entrambi i casi avevo fatto tutti gli esami necessari all’epidurale, ma la seconda volta ricordo di aver scherzato con l’anestesista dicendo che non mi avrebbero “beccato” più… E’ ovvio che il secondo parto mi ha dato l’ opportunità di riappropriami di un momento intensissimo della mia vita e che non c’è stato paragone rispetto al primo anche come recupero fisico e psichico, ma non perché il dolore santifica ma perché quella volta questa strada è stata effettivamente percorribile per me per arrivare serenamente e bene in fondo. Perché poi di questo si tratta: arrivare bene in fondo. Se una donna implora qualcosa già il compito di chi l’assiste è fallito anche se poi il bimbo nasce naturalmente. Come se ci fossero parti di serie a e serie b. Dunque la mia personale e non generalizzabile esperienza – ci tengo a dirlo- mi dice che in condizioni di fisiologia e con tempi ragionevoli è sicuramente meglio non avvalersi dell’epidurale. Non per ragioni ideologiche ma pratiche: io ho effettivamente riportato uno stop del travaglio con la necessità di integrare con ossitocina e ad un certo punto il bilancio costi-benefici è stato nullo: faccio l’epidrurale per attenuare il dolore (attenzione – ho detto attenuare – non eliminare – anche nel mio caso) e poi il travaglio si allunga come tempi e in più ho necessità di una flebo di ossitocina che moltiplica le contrazioni? Che senso ha avuto per me? Tuttavia in presenza di tempi dilatati e di complicanze è bene che ognuno possa essere messo nella situazione di scegliere. E in ogni caso forse la cosa più importante è riappropriarsi del proprio personale percorso, cercando di pretendere strutture e assistenza adeguate, senza farci condizionare da integralismi di qualsiasi tipo.
Bellissimo post. Io comunque ho l’impressione che:
1) almeno al primo parto, l’uso dell’ossitocina, per un motivo o per un altro, è molto probabile
2) se ti danno l’ossitocina, non è né sano né giusto sopportare e sacrificarsi senza anelgesia, perché è un dolore NON fisiologico.
Ma questa è un’opinione post-parto 😉 Anch’io volevo il parto naturale, senza epidurale, in acqua. Quando sono arrivata in ospedale – un ospedale che avevo scelto per il bassissimo tasso di cesarei, perché si poteva partorire in acqua o in qualunque posizione ti girasse, perché al parto naturale, loro, ci tenevano… ecco quando sono arrivata lì, dopo diverse ore nella mega-vasca da parto e la pupa che ancora non scendeva, l’ostetrica di turno (santa donna, come quelle dei TRE turni successivi con cui ho avuto il piacere di fare la conoscenza) mi ha detto che le contrazioni non erano abbastanza forti, che avrebbero usato l’ossitocina, e che raccomandava caldamente di fare l’epidurale perché, parole sue, “di strada davanti ne avevo ancora tanta”. Ovviamente, l’ho ascoltata, anche perché non dormivo già da tre notti.
17 ore dopo m’hanno comunque fatto il cesareo perché mia figlia era tanto insalamata nel cordone che comunque non usciva. Ci son rimasta male eh… ma amen. Per fortuna ero comunque in quell’ospedale lì, e la figlia me l’hanno messa in braccio pochi secondi dopo averla tirata fuori, prima ancora che io fossi fisicamente in grado di tenerla.
Close però ho una domanda: dici che questi centri del parto dolce senza neonatologo sono “pericolosissimi”, hai delle statistiche al riguardo? Perché io ho partorito in uno di questi centri (in Germania) e le statistiche prima di decidere puoi immaginare quanto me le sia spulciate, ma non c’era niente che potesse indicare una maggiore “pericolosità” (in termini di mortalità neonatale o di danni fisici al bambino in seguito a problemi durante il parto) rispetto all’ospedale normale. Anzi, le percentuali erano più basse – come è normale che sia visto che a priori c’è una selezione sul campione, nel senso che ti prendono a partorire lì solo se hai una gravidanza senza problemi e il bambino è a termine.
Ho risposto con un post, spero sia ben accetto e ho anche pubblicizzato la petizione perché penso che sia nel diritto di ogni donna poter scegliere se usufruirne o no!
http://mammamogliedonna.blogspot.com/2011/04/il-mio-parto-in-diretta-quasi-tre-anni.html
@serendipy @MammaMoglieDonna perché non mettete i vostri post nel blogstorming del mese? In questo modo hanno più visibilità anche per chi legge solo gli altri post.
Riassumo la mia esperienza: flebo di ossitocina, 3 cm di dilatazione, 8 ore altra flebo di ossitocina, 3 epidurali, altre 9 ore sempre 3 cm di dilatazione: cesareo dopo 20 ore di balletto e alcuni litri di vomito, anche in sala parto.
Nella notte in cui nasce Puffolomeo, nascono 17 bambini, dico diciasette. 6 sale travaglio (credo) e una sala parto, poco male tanto si partorisce sempre in sala travaglio se tutto va bene.
Io nella vita ho scelto la botanica, non la madicina.
” signora è normale”
normale per chi? per te che hai deciso di fare l’ostetrica o per il ginecologo, per me sentire urlare, implorare, supplicare, strillare non è normale a meno che le torture al garage Olimpo non siano da ritenersi il normale esito dello strappare le unghie.
Non ne faccio manco un problema del mio di dolore, che c’era eccome, di ostetriche che ti dicono che è normale, ma io una giornata – sì perchè mentre ero lì i diciasette puttarelli hanno visto la luce – ho sentito tanto di quello strazio da esserne irrimediabilmente colpita.
“signora è naturale”
ora io dico della naturalità corporea,non si accetta più nulla. Qualcuna di voi rutta in pubblico? scoreggia? non si depila? si tolgie le caccole? va in giro con le unghie nere? Non credo, ma anche questo è naturalità, eccome se lo è, quindi se non accettiamo – o almeno cerchiamo di evitare – una naturalità quotidiana indolore, perchè mai dovrei essere pronto a una naturalità dolorosa?!
il mio dentista per dare una trapanatina, mi fa l’anastesia e cerca di essere ben sicuro che abbia fatto effetto perchè sa che se mi fa male mi scelgo un altro dottore, e credo tutti farebbero così.
quindi davanti a contrazioni che fanno uscire un melone da dove è sempre solo entrato un cetriolo non meritano analgesia? fate voi. Le urla da maiale scannato sembravano dire il contrario.
E tu amica ostetrica, forse eri utile quando il rapporto era uno a uno, ma adesso che assisti dieci persone in parallello e quindi nessuna, diventa favorevole all’epidurale, mi dicono non esserlo nella stragrande maggioranza. L’ostetrica invece di essere in potenza la signora assoluta del tuo male, non potrebbe fare la doula come nel resto del mondo civile? che torni a casa con coso e se sei sola non sai che fare.
chevvelodicaffare? se avrò un altro figlio il giorno che mi accorgo di essere incinta sarà lo stesso in cui prenoterò il cesareo.
Grazie CloseTheDoor per questo post, è molto toccante.
Personalmente sono favorevole all’epidurale, l’ho provata e non credo che in questo modo il parto sia meno “naturale”, anzi credo che la gestione del dolore aiuti a essere più lucidi e collaborativi.
Cerco di spiegarmi meglio: considerato che il parto è un fatto fisiologico ma comporta comunque dei rischi, il dolore in sé non è un valore aggiunto e anzi può essere controproducente. Ho sentito tanti racconti di madri sfinite da ore di travaglio che, al momento buono, non avevano più la forza di spingere, ostacolando il lavoro delle ostetriche. A chi serve questo?
Epidurale non vuol dire essere imbottiti di anestetici e non sentire nulla, anche perché serve nella fase di dilatazione ma quando iniziano le spinte si sente tutto.
Sono quindi molto contenta che il ginecologo me l’abbia prospettata e soprattutto spiegata.
Secondo me il punto essenziale è che l’offerta ci deve essere e deve essere solo la madre a deidere se avvalersene o no. In Italia invece spesso il paziente (partoriente inclusa) è nelle mani dei medici senza possibilità di scelta e questo è profondamente sbagliato.
Nel mio caso, ricordo la battuta dell’anestesista che disse “così se serve siamo già pronti per il cesareo”. A parte gli scongiuri, il motivo è che in caso di cesareo si usa lo stesso canale (anche se a dosaggi diversi) e naturalmente per loro è più facile procedere in situazione di normalità piuttosto che di corsa se c’è sofferenza fetale.
@Alchemilla, una considerazione sul dolore post: in effetti capita ma credo perché vuol dire che la procedura non è stata eseguita correttamente (può succedere con tutte le punture spinali), nel mio caso infatti hanno fatto 3 tentativi perché prendevano i vasi sanguigni e non andava bene.
Spero che da questo dibattito non emerga una posizione necessariamente pro o contro, ma semplicemente si abbia una maggiore consapevolezza del diritto di scegliere liberamente e di pretendere che i medici assecondino le nostre scelte e non impongano le loro.
questo post mi fa riflettere. molto. sul fatto che è un’evidenza che troppe donne non riescano più a vivere in sintonia con il proprio istinto, con la propria natura. che qualcosa di naturale come il parto, l’allattamento, l’accudimento facciano “paura”..
e quello che ne consegue è che forse le persone preposte a star loro accanto, a supportarle, i cosiddetti “professionisti” non riescano ad attenuare questa paura, figuriamoci ad aiutarle a rimettersi in contatto con il proprio sé primordiale..
secondo me è un segnale molto preoccupante
Che argomento difficile! Ho la fortuna di aver partorito due volte in una struttura secondo me molto buona.
Anche io come CloseTheDoor mi consideravo una stoica, oltretutto ho sempre avuto un’alta soglia del dolore e quindi guardavo all’epidurale come a una cosa che non mi riguardava, avevo un’aspettativa del parto a dir poco da nuvoletta e angioletti!
Al corso pre parto mi avevano consigliato di fare comunque la visita con l’anestesista per l’epidurale. Fissato l’appuntamento, mia figlia é nata prima (ho ceduto l’appuntamento a un’altra mamma che penso mi stia ancora ringraziando dopo 4 anni!).
Il travaglio é stato molto lungo e io ero sfinita, gridavo come un’ossessa e l’ostetrica insisteva per farmi fare l’epidurale, ma io, infarcito il cervello di letture contrarie, continuavo a rifiutarmi. Alla fine ho ceduto e ringrazio quell’ostetrica!
Il secondo parto é stato tutto un altro film! Parto in acqua, non ho sofferto, ho un ricordo bellissimo e lo rifarei oggi stesso.
Secondo me il problema é che al primo figlio non hai idea di cosa ti aspetta e quindi hai solo convinzioni dettate soprattutto dall’esterno.
Mi piacerebbe però che si parlasse di più di altre possbilità di parto, come quello in acqua.
Cecilia
@Close TheDoor: come ho scritto nel commento al post di Silvia GC, da donna cui è stata negata l’epidurale leggo, approvo e sottoscrivo ogni singola parola del post.
Pensa che io dopo il trauma del parto mi sono avvicinata a letture naturaliste quali Michel Odent e Leboyer proprio per verificare se il fatto di voler alleggerire il dolore del parto fosse un problema mio. Ho letto di parti in casa, momenti espulsivi quasi mistici e altre poesie del genere. Non li ho trovati strani, né fantasiosi..semplicemente non adatti a me. Io sono una persona che ha difficoltà a perdere il controllo della situazione, di conseguenza non sono in grado di abbandonarmi ai misticismi. Credo che avere coscienza dei propri limiti sia già qualcosa, quindi il parto con dolorissimo non fa proprio per me!
Credo anche che in Italia sia molto più facile ottenere un cesareo a tavolino che non un parto spentaneo in analgesia e forse con qualche analgesico in più si ridurrebbero i cesarei.
Bellissimo post.
Un abbraccio
StranaMamma
E’ vero che c’è l’idea che l’uomo (in generale) debba soffrire perchè il dolore fortifica. Io credo che in questo ci sia molto l’influenza cattolica, l’idea della sofferenza che ti avvicina a Dio. E credo anche che in italia siamo ancora molto lontano dall’idea che se abbiamo i mezzi per non far più provare dolore, perchè non usarli? E’ vero che il parto è visto come fisiologico, che da sempre hanno partorito tutte, ma è talmente soggettiva la percezione del dolore che dovremmo essere liberi di scegliere, ma non come opzione “in questo ospedale si fa, in determinato orari, se c’è l’anestesista libero e se fuori non piove”, dovrebbe essere automatico. Come dovrebbe essere automatico poter usare la morfina senza che sia vista come la medicina di fine vita, ma solo come la medicina che ti fa passare il dolore. Ma qua si va fuori tema (=.Comunque bel post, si leggono le numerose emozioni provate in quei momenti. Grazie
Bellissimo articolo, molto intenso.
Io per me stessa, per il mio modo di essere, penso che se c’è anche un solo minimo rischio per me o per il bambino, preferisco soffrire che fare l’epidurale.
Conosco solo due persone che hanno fatto l’epidurale e sono state veramente male, ma male tanto! Non sapevamo più cosa fare per aiutarle e per farle stare meglio. E’ stato veramente difficile. In entrambi i casi è stato detto che erano “casi rari” però…
Dopodiché io non faccio testo perché non prendo e non dò farmaci se non in casi estremi. Mia figlia ieri ha avuto la febbre fino a 39,5 ascellare, niente farmaci. Oggi sta già meglio.
Penso comunque che sia tutta una questione personale, è giusto che ci sia la possibilità di scegliere, ma le informazioni devono essere complete e l’aiuto alla partoriente non deve essere solo quello.