Il 19 gennaio 2004, venivamo dimessi dal reparto maternità di un ospedale romano -pur di chiarissima fama e “illuminato” quanto a tutela della nascita e della maternità- con un foglietto che riportava il nome di un latte artificiale, così, tanto per sicurezza, dovesse mai essere utile.
Allora non lo sapevo, ma questa diffusa pratica di consigliare, o peggio, dare in omaggio un latte artificiale ad una famiglia che non ne ha alcun bisogno, oltre ad essere scorretta, è vietata.
E’ vietata addirittura dal 1996, quando l’Italia ha recepito una direttiva europea e ha aderito (allora con qualche riserva) al Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno.
Da allora si sono susseguiti decreti ministeriali nel 2005 (D.M. 46/2005) e nel 2009 (D.M. 82/2009), che hanno avvicinato la normativa italiana a quella degli altri Paesi aderenti al Codice, ma… (sentite che furboni questi italiani!!) fino al maggio di quest anno, non erano ancora previste sanzioni per le violazioni! Quindi i precedenti decreti, fino all’emanazione del D. L.vo 84/2011, erano assolutamente privi di ogni efficacia (e infatti ce ne siamo resi conto in molti).
Il Codice internazionale, che, a questo punto, dovrebbe avere tutti gli strumenti per essere finalmente operativo, prevede norme per la produzione e commercializzazione degli alimenti per lattanti e divieti che, fino ad oggi erano costantemente aggirati.
DIVIETO DI PUBBLICIZZARE qualsiasi sostitutivo del latte materno adatto all’utilizzo al di sotto dei sei mesi e limitazioni per la pubblicità del latte di proseguimento o altri alimenti per lattanti.
“Art. 10 – La pubblicita’ degli alimenti per lattanti è vietata in qualunque modo, in qualunque forma e attraverso qualsiasi canale, compresi gli ospedali, i consultori familiari, gli asili nido, gli studi medici, nonche’ convegni, congressi, stand ed esposizioni.
In deroga al comma 1, la pubblicita’ degli alimenti per lattanti è consentita solamente sulle pubblicazioni scientifiche specializzate in puericultura destinate a professionisti dell’ambito pediatrico e nutrizionale. Tale pubblicita’ deve essere limitata ad informazioni di carattere scientifico basate su documentate evidenze e non deve, in qualunque modo, sottintendere o avvalorare l’idea che l’allattamento artificiale sia superiore o equivalente all’allattamento al seno.
La pubblicità degli alimenti di proseguimento, al fine di evitare qualunque possibile interferenza negativa con l’allattamento al seno:
a) evidenzia che l’uso del prodotto e’ indicato su consiglio del medico per lattanti di almeno sei mesi, ove non disponibile il latte materno;
b) non induce a ritenere il prodotto equivalente al latte materno, nè scoraggia in qualunque modo l’allattamento al seno;
c) riporta l’indicazione che il latte materno va offerto fino a quando è possibile, anche durante lo svezzamento e l’alimentazione diversificata;
d) non contiene testi o immagini che abbiano relazione con la gravidanza o l’alimentazione o la cura del lattante sotto i sei mesi, nè immagini di lattanti che possono essere percepiti come soggetti di età inferiore ai sei mesi.
Un altro punto importantissimo del Codice è l’attenzione dedicata all’ETICHETTATURA del latte artificiale.
“Art. 9 – [omissis] Le etichette degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento devono essere tali da fornire informazioni necessarie all’uso appropriato dei prodotti e non scoraggiare l’allattamento al seno.
E’ vietato l’utilizzo di termini come «umanizzato», «maternizzato» o «adattato» o espressioni analoghe.
L’etichettatura degli alimenti per lattanti deve riportare, sotto il titolo «avvertenza importante» o espressioni equivalenti, le seguenti indicazioni obbligatorie:
a) una dicitura relativa alla superiorita’ dell’allattamento al seno;
b) la raccomandazione di utilizzare il prodotto esclusivamente previo parere di professionisti indipendenti del settore della medicina, dell’alimentazione, della farmacia, della maternita’ o dell’infanzia;
L’etichettatura degli alimenti per lattanti non deve riportare immagini di lattanti ne’ altre illustrazioni o diciture che inducano ad idealizzare l’uso del prodotto. Può però recare illustrazioni grafiche che facilitino l’identificazione del prodotto e ne spieghino i metodi di preparazione. […]
Gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento devono essere etichettati in modo da consentire al consumatore di distinguere chiaramente un prodotto dall’altro, così da evitare qualsiasi rischio di confusione tra gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento.”
Si interviene anche sul dolentissimo punto dei CAMPIONI GRATUITI E PROMOZIONI dei sostituitivi del latte materno .
“Art. 12 – E’ vietata la distribuzione di campioni o il ricorso a qualunque altro sistema volto a promuovere le vendite degli alimenti per lattanti direttamente presso il consumatore nella fase del commercio al dettaglio, quali esposizioni speciali, buoni sconto, premi, vendite speciali, vendite promozionali, vendite abbinate, vendite a distanza, a domicilio o per corrispondenza.
E’ vietata per i produttori e i distributori di alimenti per lattanti ogni forma di offerta di campioni gratuiti o a basso prezzo e di altri omaggi di alimenti per lattanti al pubblico, alle donne incinte, alle madri e ai membri delle famiglie, nè direttamente, nè indirettamente attraverso il sistema sanitario nazionale, ovvero attraverso gli informatori sanitari.”
Il Codice, inoltre, vieta alle aziende interessate agli alimenti per la prima infanzia di sponsorizzare congressi medici sul tema della nutrizione infantile e regola le componenti ammesse nella produzione del latte artificiale.
Ma c’è di più. Il Decreto del 2009 pone le linee guida per la PROMOZIONE DELL’ALLATTAMENTO AL SENO.
“Art. 14 – Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome promuovono iniziative e campagne sulla corretta alimentazione del lattante, sostenendo e proteggendo la pratica dell’allattamento al seno mediante azioni volte:
a) a diffondere e a valorizzare i corsi di preparazione alla nascita e altre iniziative educative nelle maternità e sul territorio, con adeguate informazioni sull’allattamento al seno;
b) favorire nei reparti di maternità l’adozione e la prosecuzione dell’allattamento al seno, diffondendo il rooming-in ed attuando i più efficaci modelli organizzativi proposti al riguardo;
c) fornire raccomandazioni utili sulla base delle indicazioni convalidate a livello internazionale, promuovendo interventi formativi, sostenendo e coordinando le iniziative di promozione e di educazione sanitaria;
d) realizzare sistemi di osservazione e di monitoraggio sulla diffusione della pratica dell’allattamento al seno, sia in termini di prevalenza che di durata;
e) vigilare affinchè al momento della dimissione dal reparto maternità non vengano forniti in omaggio prodotti o materiali in grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno. Le lettere di dimissione per i neonati non devono prevedere uno spazio predefinito per le prescrizioni dei sostituti del latte materno. Nei casi in cui tali prescrizioni si rendano necessarie per cause materne o neonatali, esse devono riportare l’indicazione all’uso del sostituto del latte materno nonche’ le informazioni congrue al suo piu’ corretto utilizzo;
f) disciplinare le visite degli informatori scientifici dell’industria che produce e/o commercializza prodotti sostitutivi del latte materno presso gli ospedali e gli studi medici;
g) contrastare ogni forma di pubblicità, anche occulta, e di comportamenti ostativi alla pratica dell’allattamento materno.
Ecco qui. La legge è ottima. Ora ha anche un decreto che prevede le sanzioni per la sua mancata applicazione. Cos’altro ci manca?
Per adesso abbiamo collezionato una serie infinita di violazioni: pubblicità occulta, distribuzione di campioni senza alcun ritegno, prescrizione di latte artificiale senza reale necessità, diffusione di informazioni fuorvianti, asssenza di campagne di informazione solide e concrete.
Ecco, allora, cosa ci manca: una profonda cultura dell’allattamento al seno.
Ma forse qualcosa sta accadendo: movimenti di opinione, iniziative internazionali, leggi, associazioni di consulenza e sostegno, professionisti seriamente convinti della validità dell’allattamento materno, l’informazione del web.
Ci sono da rimuovere poco più di una trentina d’anni in cui l’allattamento artificiale è stato passato per il segno della modernità… in fondo, cosa sono rispetto alla storia dell’umanità allattata al seno?
E voi, a quali violazioni di queste norme avete assistito?
@ Wondermother
davvero? Perche’ io avevo letto che il latte di capra e derivati sono proprio uno degli alimenti da evitare fino ai 12 mesi.
Il latte più adatto per chi non può allattare è il latte fresco di capra, in quanto questo alimento consiste nell’alternativa più simile al latte materno umano.
Qualsiasi “aggiuntina” inserita nel latte in polvere costituisce solo una grandissima porcheria che al bambino non apporta alcun beneficio effettivo (vedi stupidaggini come il ferro aggiunto al latte mellin…)
Wondermother, credo che l’indicazione del latte da usare come sostituto del latte materno, nel caso in cui non si allatti al seno, sia di esclusiva spettanza dei pediatri. Che poi non debbano far pubblicità a una marca piuttosto che a un’altra, è una cosa diversa.
Credo che le demonizzazioni siano sempre pericolose, quasi come le incrollabili certezze.
Quando é nata mia figlia io sono stata dimessa in quarta giornata con allattamento ben avviato, tanto che tre gg dopo alla prima visita di controllo i pediatri si sono stupiti di quanto fosse aumentata. Eppure quando sono stata dimessa mi hanno consigliato il latte Mellin se qualcosa fosse andato storto e me ne hanno consegnato addirittura un campioncino.
Poi qualcosa é andato storto veramente nell’allattamento e sono passata all’artificiale, Mellin come consigliato, io che ne sapevo di latti. Quando poi mi sono informata meglio ho scoperto che i latti formulati per composizione, come dicevate qua sopra, sono tutti uguali, che un latte specifico ci vuole solo in caso di problemi di salute del bambino, ad esempio prematuri o reflusso.A questo punto ho cambiato latte e ho iniziato a comprare il Neolatte, quando ho informato il mio pediatra mi ha detto essenzialmente anche lui di scegliere a mio giudizio quello che mi sembrava migliore e che quindi se mia figlia cresceva e stava bene un latte vale l’altro.
Con lo svezzamento omogeneizzati ne abbiamo usati pochissimi, e quei pochi solo per mia comodità e della coop che utilizza prodotti biologic poi a 12 mesi siamo passati al latte della centrale, ed ha iniziato a mangiare quello che mangiavamo noi e non più pappette.
Io innoridisco quando sento le mamme che danno il latte di proseguimento, oppure quando comprano una pastina piuttosto che un’altra perché così gli ha consigliato il pediatra.
OK grazie delle info esaurienti sul LA, quindi mi pare di capire che secondo te (o meglio secondo questo documento dell’International Baby Food Action Network) i LA sono tutti equivalenti. Tornando al diritto-dovere del pediatra di consigliare un prodotto:
“Certo che tu puoi porre tutte le domande che vuoi al tuo pediatra, poi lui risponderà in coscienza ed etica”
come si dice, chiedere è diritto, rispondere è cortesia 😉
ciao! allora, copiato/incollato da: http://www.ibfanitalia.org/Documenti/Linee_guida_nidi_%20FVG.pdf
I LATTI DI FORMULA: FORMULE PER LATTANTI, FORMULE DI PROSEGUIMENTO E LATTI DI CRESCITA
Le formule per lattanti sono dei sostituti del latte materno prodotti industrialmente per
soddisfare i normali fabbisogni nutrizionali di bambini fino ai sei mesi di vita. Come tali, la loro
composizione deve obbligatoriamente attenersi a dei rigorosi standard definiti da una normativa
internazionale (Codex Alimentarius, FAO/OMS) ripresa dalle direttive europee (141/2006) e dai
regolamenti nazionali (82/2009), che li rende, sotto il profilo nutrizionale, tra loro equivalenti.
Sebbene la composizione dei vari latti di formula possa variare (sempre entro limiti stabiliti dal
Codex) da un punto di vista nutrizionale e, quindi, funzionale, i risultati ottenibili sullo stato di salute
del bambino sono i medesimi, e la principale differenza tra i numerosi prodotti presenti sul mercato
è il prezzo di vendita. Fino alla metà degli anni ‘80, le uniche formule commercializzate erano
quelle attualmente conosciute come Latte 1 o Latte iniziale (nel regolamento 82/2009 chiamate
Alimenti per Lattanti). Questo prodotto era l’unico sostituto del latte materno. Successivamente, è
stato introdotto sul mercato il cosiddetto Latte 2 o Latte di proseguimento, e, più recentemente, il
Latte 3 o Latte di crescita. Anche le formule di proseguimento devono attenersi agli standard del
Codex Alimentarius, che li indica come adatti all’alimentazione dei bambini tra 6 e i 36 mesi. Non
esiste invece ancora uno standard del Codex per i latti di crescita e non esistono prove che le
formule di proseguimento e i latti di crescita siano necessari nello schema di alimentazione del
bambino dai 6 ai 36 mesi
La faccenda quindi è che è un ente comunitario che definisce cosa deve stare nel latte di formula, e le ditte hanno un margine minimo di elasticità/modifica. D’altronde il concetto è che se è stato dimostrato che i fattori x, y e z ci devono stare in una certa quantità, chiaramente tutti devono adeguarsi e metterceli.
Le ditte poi usano eventuali aggiunte o modifiche per cercare di convincere il consumatore che il loro latte è migliore (e in alcuni casi quindi anche più costoso). Ma il punto è che se davvero la scienza avesse appurato che grazie a quella modifica quel latte è davvero diventato migliore, allora obbligherebbe tutti gli altri ad adeguarsi velocemente, riportando le formule di nuovo a un livello comparabile.
Certo che tu puoi porre tutte le domande che vuoi al tuo pediatra, poi lui risponderà in coscienza ed etica, e ci sono fior di studi che dimostrano come il peso del marketing e delle visite degli “informatori scientifici” condizioni anche i medici, e nella stragrande maggioranza delle volte, in modo totalmente inconsapevole.
altre info utili qui: http://www.ibfanitalia.org/Documenti/occhio_al_codice_gen10.pdf
ciao!
martina
Scusate mi sono espressa male:
“credo che la domanda che ho posto io… rimanga valida.”
Ok Latte&Coccole, ma scusate credo che la domanda che invece ho posto io sia un altra. Ribadisco che con me l’allattamento ha funzionato molto bene (a parte i 4 giorni di panico iniziale e una quasi mastite qualche mese dopo):
il latte artificiale commercializzato è tutto uguale?
Una mamma che per X motivi non riesce o non vuole allattare, ha il diritto di chiedere al pediatra un consiglio su una marca?
E il pediatra può rispondere senza tema di denuncia, così come fa per qualunque altro prodotto per bambini?
buon venerdì a tutte 🙂
arrivo solo ora in questa discussione che ho letto un pò di fretta. scusate sarà un pò lunga 😛
vorrei rispondere alla domanda iniziale di Claudia:
che trafila deve fare una mamma se l’allattamento al seno non funziona?
A me sembra che questa legge, senza la figura dell’ostetrica che viene a casa e ti aiuta ogni giorno nelle prime (almeno due) settimane di vita del bambino, è un po’ monca. Un po’ tanto.
Hai ragione Claudia, la legge di per sé non aiuta le mamme ad allattare “direttamente” x così dire.
il punto è però che il Codice si occupa della protezione dell’allattamente, poi c’è altro, come la promozione, e la diffusione di info corrette e il sostegno.
Veniamo al Codice: perché mai si vieta di *pubblicizzare* latte artificiale in formula, tettarelle, omogeneizzati ecc ecc?
perché tutto quello che induce (scopo primo della pubblicità in ogni settore) il consumatore a comperare una cosa, a creare un ”bisogno”, a far pensare che una certa cosa sia indispensabile o cmq vantaggiosa per sé e ancora peggio per la sua salute o quella dei figli, deve essere vietato se la scienza ci dice che in realtà è dannoso.
per fare un altro esempio, è lo stesso principio per cui non si può fare la pubblicità a un antibiotico. l’antibiotico va preso se e solo se davvero serve, e ce lo dice un dottore.
quindi lo Stato che dovrebbe preoccuparsi della salute dei cittadini, mette divieti e regolamenti per non far diventare il paese come il Far West.
Il Codice in Italia è stato ratificato solo parzialmente, cioè per tutto quello che riguarda i primi 6 mesi. il Codice in realtà parla di ”tutti” i sostituiti e annessi, e non dell’età suggerita.
infatti le ditte approfittano della ratifica parziale e fanno confezioni uguali identiche sia per il latte 1 che per il 2, x es, così bypassano il problema.
Cosa può fare la mamma in difficoltà.
Certo prevenire è meglio che curare per cui per es scegliere con cura dove si va a partorire, ma se si è già nei pasticci, o anche la scelta dell’ospedale non è stata sufficiente, può rivolgersi a un operatore competente. Purtroppo in Italia l’attenzione su questi temi è molto molto recente, e sono pochi gli operatori qualificati e/o aggiornati concretamente nella risoluzione dei problemi, ma ci sono.
Ci sono naturalmente le IBCLC come me, ma anche le consulenti de La Leche League, e alcune ostetriche formate.
Cercare poi persone di sostegno, gruppi di mamme, fonti competenti (libri, siti..)
Bisogna purtroppo sapere un pò dove cercare, x non perdersi, ma se vi serve, chiedete a me e ve le rintraccio 🙂
buon w/e
martina
@ Silvia, grazie, ora mi è più chiaro
@ Mammame: scusami non mi riferivo a te, ma all’esperienza della ragazza mia compagna di camera.
Premetto che l’ospedale in cui ho partorito era molto pro-allattamento naturale, c’era il rooming-in e le puericultrici lavoravano moltissimo per seguirci nell’avvio dell’allattamento, anche le cesarizzate erano seguite stanza per stanza, in più c’era una stanza-allattamento di fianco al nido in cui potevamo sederci e… imparare.
Quindi forse sbaglio parlando per esperienza indiretta, comunque il caso di questa mia compagna di camera è forse particolare: probabilmente a causa di un parto molto lungo e spossante, la montata lattea ritardava e lei ha scelto di firmare per uscire senza aspettarla, nonostante il personale le avesse proposto di rimanere. Non le hanno scritto la marca del LA nel foglio di dimissioni e lei ha scelto il LA da sola in farmacia. Dicevo che trattandosi di una scelta e non di difficoltà osservate dal personale, forse ha posto un problema etico al medico, ma francamente mi pare più una questione di principio: non scrivo la marca perché sennò si sparge la voce? Insomma trovo strano che una mamma in una situazione del genere si trovi a scegliere al supermercato un LA qualsiasi. In questo caso io riscontro l’atteggiamento opposto, si penalizza chi per motivi X non avvia l’allattamento.
close: una piccola precisazione,la mia pediatra non mi ha lasciato a me stessa, mi ha dato indicazioni sulla formulazione del tipo di latte che dovevo prendere rispetto all’età e sulle modalità, come ho già accennato ma non mi ha indicato una marca, affermando che appunto a parità di formulazione per età quelli sul mercato sono equivalenti, lasciando a me la scelta della marca (bisogna dire che il mio bambino aveva 8 mesi e lo avevo comunque allattato sei mesi esclusivamenete al seno). il problema è che questa cosa non mi è bastata per scegliere lo stesso. alla fine ho chiesto altri pareri e mi sono documentata ma in effetti personalmente ho avuto qualche difficoltà. volevo invece segnalarti che il latte che hai menzionato è biologico, è prodotto in germania e costa meno perchè hanno delle precise politiche di contenimento dei prezzi per il latte artificiale. anche questa è una cosa che a me ha fatto riflettere molto.
Close, non mi sono spiegata, pardon: l’annotazione sul libretto di dimissione vietata è quella che viene fatta anche a chi allatta al seno. Quindi non è una prescrizione motivata di LA, basata su patologie o su difficoltà di allattamento attestate o su problemi di crescita del bambino. Viene indicato un LA, dicendo che lo si fa “per sicurezza”, se dovesse servire dare un’aggiunta. Questo è decisamente subdolo.
Se c’è un problema ad allattare, è ovvio che è il pediatra a dover indicare un latte per sostituire quello materno, anche dando una scelta tra LA che ritiene equivalenti tra loro (e ce ne sono molti).
Quello che però dovrebbe fare un pediatra, insieme ad altre figure sanitarie, dovrebbe essere favorire l’allattamento: che la prescrizione di LA non sia la prima opzione, ma l’ultima, dopo aver tentato in ogni modo di aiutare un buon allattamento al seno
@Claudia: sono d’accordo con te per quanto riguarda la spesa, ed è sicuramente un deterrente già di per se sufficiente a far desistere dall’acquisto. e in questo è vero, rientra in qualcosa che accomuna tutti i messaggi pubblicitari. In questo caso però c’è una componente in più, ossia l’educazione alimentare di un bambino e il rischio di sviluppare obesità, di cui si parla tanto e su cui il nostro ministero della salute dice di essere molto impegnato. l’omogeneizzato e lo yogurtino-merendina (x es. ci sono merende per svezzamento a base di yogurt e frutta pieni di zuccheri ed amidi, che non si conservano in frigo… dunque di ‘fresco’ non hanno nulla) sono l’anticamera delle merendine e dei sofficini. non che vadano demonizzati ma c’è una bella differenza fra un bambino che mangia solo quelli e uno che li mangia in casi eccezionali (una volta tanto non c’è nulla di male!), e fra un bambino che mangia solo cose dolcissime, cioccolata, roba fritta o insaccati perchè tutto il resto non gli piace e un bambino che invece è un buongustaio e apprezza tutto allo stesso modo. i mesi dello svezzamento sono importantissimi per sviluppare il gusto di un bambino, se lo abitui a mangiare roba zuccherata o a gusti poco vari e ‘artificiali’ come quelli dei prodotti industriali difficilmente quando sarà più grande apprezzerà la frutta e la verdura. sicuramente sono stata fortunata perchè ho un figlio mangione (posso capire che quando un bambino mangia poco uno si ‘aiuti’ con l’omogeneizzato o il formaggino), ma ho visto che con uno svezzamento semplice e naturale oggi lui mangia tutto, adora la verdura e per lui un pezzo di mela e uno di cioccolata sono buoni allo stesso modo. la cioccolata la mangia, il gelato pure e alle feste si abbuffa di patatine. ma la sua alimentazione è varia e fatta soprattutto di cose buone – nel senso di gustose, fresche e genuine.
“I pediatri possono consigliare una marca, anzi, devono proprio prescrivere il latte artificiale quando serve, scegliendo loro la marca e il tipo: questo rientra nel loro compito. ”
Scusa Silvia, non ti seguo più: se indicano la marca di LA nel foglietto di dimissioni, rientra nel compito o violano un divieto?
La mia compagna di stanza (quella che ha firmato per le dimissioni senza aspettare la montata lattea) mi ha detto che comprava il Neolatte al supermercato, “perché era quello che costava di meno”. Lì per lì mi sono venuti i brividi, perché non so se il LA sono tutti equivalenti e appunto non so che criterio abbia un pediatra: una mamma senza latte la molli così, senza darle nessuna indicazione?
Si, si Claudia, si era capito benissimo 🙂
In effetti l’attenzione del codice internazionale è concentrata sul LA che sostituisce quello materno: e lì l’utilità sociale è evidente se si vuole promuovere davvero l’allattamento al seno. Il LA dovrebbe essere una soluzione residuale. Proporlo per anni come una valida e sostenibile alternativa al latte materno, anzi, sottendere che è quasi migliore, è una pratica che ha provocato molte delle difficoltà dell’allattamento materno che oggi ancora ci portiamo dietro.
Tutto quello che viene dopo: formaggini, merendine, yogurt, pastine, omogeneizzati, sono prodotti qualsiasi, pubblicizzati alla stregua di tutti gli altri.
Però la pubblicità degli alimenti per bambini è particolarmente “aggressiva”, perchè punta sempre su concetti come la salute, la crescita, il futuro migliore. Insomma, gioca sulle paure primordiali dei genitori. Mi immagino se fossero consentiti gli spot del LA per neonati: punterebbero alla sopravvivenza del bambino!