Certe volte è veramente difficile sapere se sono necessarie delle condizioni culturali per spingere dei cambiamenti legislativi importanti, o se al contrario si possa condizionare dall’alto la diffusione di una nuova cultura. Il tema del congedo parentale e della parità tra uomo e donna è uno di questi.
Vivendo in un paese in cui il congedo è a mio parere tra i sistemi migliori del mondo, pur con le sue pecche (che ci sono per carità), e essendo la Svezia un paese sempre ai primi posti per la condizione delle donne, mi capita spesso di chiedermi se sia nato prima l’uovo o la gallina.
Al contrario della Finlandia che ha recentemente introdotto le spesso discusse “quote rose”, portando ad un netto miglioramento della situazione della parte femminile della società, quello della Svezia è stato, ed è tuttora, forse un processo lento, che accosta piccoli aggiustamenti dall’alto a spinte al cambiamento provenienti dal basso.
Vivendo in Svezia non è difficile notare infatti che l’emancipazione della donna non è più nemmeno un argomento di conversazione, e nonostante si parli ancora molto delle differenze di genere in ambiti lavorativi, si sta comunque parlando di una situazione molto più equilibrata che in altri pur civilissimi paesi dell’Unione Europea.
La parità tra uomo e donna va al di là del divenire genitori, e si estende in molti ambiti della vita quotidiana, sin dalla più tenera età. Nelle scuole si presta particolare attenzione all’educazione al di fuori degli schemi di genere. Ma anche il fatto stesso che ragazzi e ragazze vadano a vivere da soli intorno ai 20 anni, implica che anche gli uomini debbano imparare a gestire un menage domestico autonomamente (e qui nessuno si sognerebbe di portare i panni a lavare a casa di mamma!)
Ci sono leggi sul lavoro che difendono fortemente la discriminazione di genere, e se una donna in sede di colloquio venisse sottoposta a domande riguardanti la sua sfera privata (casa, marito, figli) una denuncia dell’incauto esaminatore all’Ombudsman non gliela toglierebbe nessuno. Un altro esempio è il fatto che nei posti di lavoro statali a parità di qualità di CV, la donna deve essere privilegiata sull’uomo. Tutto questo non azzera chiaramente le discriminazioni, che continuano ad esserci probabilmente soprattutto in alcuni ambiti, ma li constringe ad essere un po’ più cauti, meno evidenti, più subdoli. L’apparenza in questi ambiti è importante. Il fatto che se una cosa viene dichiarata esplicitamente crea imbarazzo o magari anche sdegno, spinge di suo verso la riduzione di quella pratica.
La legge sul congedo parentale è pensata per dare spazio a questa uguaglianza di genere, qualora si voglia, ma senza imposizione alcuna. Il congedo parentale in Svezia consiste infatti di 480 giorni da dividere a scelta tra i due genitori, di cui 60 sono di ciascun genitore e non possono essere ceduti all’altro. Il congedo non può essere usufruito dai genitori contemporaneamente, quindi il padre, se se lo prende, sta da solo a casa con il bebè (e impara im prima persona il duro lavoro che c’è dietro la cura di un neonato). Per spingere i genitori a dividere il congedo equamente, hanno introdotto recentemente un bonus economico che viene massimizzato quando i genitori dividono esattamente a metà i giorni a disposizione. Il datore di lavoro è costretto a concedere il congedo parentale (a madri e padri ugualmente) dalla nascita fino ai 18 mesi del bambino. Inoltre entrambi i genitori hanno diritto a lavorare part-time fino al compimento degli 8 anni del bambino, se vogliono.
Il discorso economico è un pò più difficile da fare, perchè dipende dal reddito della famiglia. Un lavoratore, sia esso autonomo o dipendente, percepisce l’80% dello stipedio calcolato sull’ultimo anno di lavoro prima del parto, al di sotto di un tetto massimo. Questo è vero per 240 dei 480 giorni di congedo. I restanti giorni si riceve un compenso economico di base, che corrisponde a circa 20 euro al giorno. Una persona che non ha percepito stipendio nell’anno precedente al parto ha comunque diritto al minimo.
In aggiunta c’è l’assegno per il bambino che corrisponde a circa 110 euro mensili fino al compimento di 16 anni (si sedici anni!!!).
Grazie a questa legge sul congedo parentale, sono sempre più i padri che decidono di stare a casa con i figli, soprattutto nel caso in cui il tipo di lavoro svolto dalla madre sia altrettanto remunerativo. Normalmente la madre sta a casa i primi mesi, quando l’allattamento è importante, e il padre prende la seconda parte del congedo, dopo che è avvenuto lo svezzamento. Ma nulla vieta di dividere diversamente, magari facendo 2 giorni uno e 3 l’altro. Le scene di due padri che spingono ciascuno la sua carrozzina mentre passeggiano insieme in città è praticamente la norma.
E nei bagni pubblici, nei ristoranti o centri commerciali, spesso c’è il fasciatoio per cambiare il bambino, sia nel bagno delle donne che in quello degli uomini. Padri alle prese con carrozzine, pannolini, pappette e simili sono talmente scontati, che nessuno si sconvolge. Questo ovviamente diminuisce molto la pressione sui padri che si sentono a loro agio nel ruolo, e sulle madri che non si sentono in colpa per avere abbandonato il loro pargolo nelle mani inaffidabili di un papà considerato incapace da tutti.
Il coinvolgimento del padre sin dall’inizio, porta a tutta una serie di vantaggi a lungo termine. Non solo favorisce la parità tra i sessi in campo lavorativo, ma i bambini crescono con l’idea che mamma e papà possono fare le stesse cose, e la differenza dei ruoli è molto più sfumata. L’identità sessuale, pur essendo fondamentale per la crescita serena di un bambino, non è basata su chi lava i piatti o cucina, o su altri stereotipi comportamentali. Inoltre la famiglia vive in modo più equilibrato la vita quotidiana, e riesce a sentire il progetto famiglia come un progetto portato avanti dalla coppia insieme.
E nonostante ci siano ancora differenze più o meno marcate a seconda delle famiglie, del livello culturale, se si vive in città o in campagna, non è affatto strano, né raro, che un papà presieda la riunione di classe, vada ai colloqui con le insegnanti, accompagni il figlio treenne alla festa di compleanno a casa di un amichetto, porti i figli dal dottore, eccetera eccetera.
Come ho sottolineato all’inizio è difficile sapere cosa nasce prima, se una cultura più favorevole alle donne o delle leggi che combattano la discriminazione, e in che modo l’uno condizioni l’altra. Probabilmente le stesse leggi imposte in un paese con un background culturale totalmente diverso come quello italiano, non potrebbero funzionare. Forse introdurre delle quote rose, à la finlandese, potrebbe essere la soluzione almeno temporanea per rompere certi meccanismi. Forse imporre un congedo di paternità obbligatorio a seguire di quello materno (e della stessa durata), o da combinare con esso potrebbe far fare qualche passo avanti.
No so, io è un po’ che ci penso, e mi sto convincendo sempre di più che forse in Italia ci sarebbe proprio bisogno di un’azione un po’ forte. Voi che ne pensate?
Alessandra, secondo me il punto è proprio quello che tu dici: siamo un Paese in cui esiste quel detto “fatta la legge, trovato l’inganno” (ma esisterà in altri posti?).
A me resta il dubbio amletico di Serena: serve una legge che forzi la mano alla cultura, o serve una cultura e un’esigenza sociale sentita perchè si emani una legge?
Una legge emanata senza che sia stata sollecitata da un’esigenza culturale, verrà facilmente disapplicata: perchè un conto è la legge, un conto la sua interpretazione e un altro conto ancora la sua applicazione. E non parlo di un processo patologico, in cui la legge non si rispetta, parlo della fisiologia di ogni testo normativo.
In realtà le leggi arrivano sempre dopo l’esigenza sociale e culturale: il processo inverso non è mai esistito.
Ma è pur vero che c’è uno stallo culturale (a voler essere gentili) in questo Paese, che potrebbe essere superato solo con un intervento legislativo forte, ad imporre una svolta culturale…
Ecco, ora guardiamoci intorno e ditemi da dove dovrebbe venire questa risposta forte delle istituzioni!
La verità è che l’esigenza della società c’è eccome, e urla fortissimo, ma siamo ad un punto politicamente così basso, che aspettarci leggi di svolta mi sembra una pia illusione. Soprattutto su tematiche familiari.
Eppure è passata la legge sulle quote rosa… che, purtroppo, è una necessità. E allora, mi domando, qualcosa può succedere proprio a partire da qui?
troppo avanti
stanno troppo avanti
Avranno anche loro cose che non vanno, clima rigidino, poca luce: ma vuoi mettere?!
Mi sa che il secondo figlio vado a farlo in Svezia
la mamma di AnarChicca
Sì, sì: un po’ di forza ci vuole (senza esagerare ché si sa in cosa siamo veramente maestri in Italia: fatta la legge, trovato l’inganno!!!).
non nascondo un pochino di invidia per la situazione in svezia, qui all’ultimo colloquio fatto mi hanno chiesto se avevo figli e se avevo intenzione di farne!ma è andata peggio ad un amica a cui hanno detto va che a 40 anni lei non ne avrebbe fatti di figli e ad un altra che non è rientrata dalla maternità perchè sostituita…..che schifo.
per questa mia maternità quindi io mi prendo tutto quello che mi spetta e pureil mio compagno si prenderà qualcosa. ma il tempo di stare con loro altrimenti chi ce lo da’.!
Io sono per il congedo di paternità obbligatorio perchè oggi se in una famiglia nasce un bambino, la mamma va in maternità e il papà si prende al massimo due settimane di ferie per aiutarla!
Invece il papà (secondo me!) dovrebbe imparare fin da subito a relazionarsi con il proprio figlio.
Noi abitiamo al sud e forse siamo una famiglia atipica, perchè io lavoro in un’azienda part-time la mattina e mio marito sta a casa con il Cucciolo. Poi nel pomeriggio lui va in negozio, che gestisce con i suoi gentiro.Mio marito è stato molto bravo anche perchè io all’ inizio non gli lasciavo l’autonomia che gli spettava nella gestione del bambino. Ma anche oggi continuo ad essere una gran rompi scatole!!
Mio marito fa tutto in casa, senza che io gliela chieda nemmeno ma era già abituato a farlo a casa sua e per questo ringrazio mia suocera!!
Cambia piu’ volte lui il pannolino che io!!
A volte ho sentito battutine sarcastine che hanno ferito mio marito ma lui mi ha sempre detto di essere molto orgoglioso di fare il papà a 360° gradi e di essere avanti rispetto a certi cavernicoli!
Mi ricordo ancora il mio sbigottimento quando ho fatto il mio primo colloquio nell’azienda dove lavoro attualmente.Domande molto personali mirate soprattutto a capire se il bambino avrebbe potuto essere motivo di assenza e/o di problemi di gestione!
Ma fino ad oggi non sono mai mancata un giorno!
di mestiere, e neppure per passione, faccio politica.
Voto dei loschi figuri, nella speranza mal riposta che abbiano una visione più “alta” e lungimirante della mia.
se fosse una società realmente paritaria, direi no alle quote rosa, ma ho detto se.
sono a favore delle quote rose e di tutti gli strumenti legal/coercitivi volti a portare i sessi alla pari nelle mansioni e nella retribuzione.
servono strumenti legali perchè chi ha un “privilegio” ritenuto naturale: la presunta supremazia maschile, certamente non molla l’osso, anche se sa che le donne sono valide quanto lui.
resta da capire cosa fare per le donne ora al comando che in alcuni casi sono peggio dei maschi pari grado.
la situazione che descrivi e’ molto simile alla mia in inghilterra, il che dal mio punto di vista dovrebbe dimostrare che anche un posto un po’ piu’ “normale” (perdonami!) della strafighissima scandinavia, che e’ considerata superorganizzata anche qui da noi, ha una certa piattaforma di base sulla quale costruire una societa’, che in italia non riusciamo evidentemente ad attuare. Le domande sulla vita privata al colloquio per dire, il fatto che qualsiasi ufficio personale che ti fa un training per poter partecipare ai panel di selezione, io ne ho fatto uno per l’uni, ti spieghi immediatamente cosa e’ lecito chiedere e cosa no, e’ accompagnato al fatto che qualunque candidato che al colloquio si sente chiedere cose inopportune e’ altrettanto immediatamente incentivato a sporgere reclamo formale. Perche’ la societa’ non e’ soltanto un insieme di regole, ma una decisione collettiva di applicarle. Se manca il secondo punto, il primo e’ solo bizantinismo, e noi ne siamo superesperti (allaccerei qui anche il discorso quote rosa, ma mi fermo prima di andare troppo OT).
E quando leggo queste cose già penso a fare le valige… non fosse per il lavoro… qui si era parlato del congedo obbligatorio per i papà, parlato, deriso, finito. Mah. Qui i padri che fanno i padri li prendono in giro. O li mitizzano. “ohhhhhhh, che bravooooo, fa il bagnetto al figlio!!!”. Detto da una di meno di trent’anni. E ti chiedi se non hai sbagliato calendario e devi togliere un secolino circa. Qui se tuo marito collabora sei fortunata. Qui se un uomo stira è bravissimo.
Mio marito è bravo, ok, è un bravo marito e un bravo padre. Ma non perché stira (raro), passa l’aspirapolvere (sempre) addormenta le bimbe (se c’è lui è roba sua, con me fanno le furbe), cambia pannolini, le cambia (e qui casca l’asino, non trova mai niente), ecc. E’ bravo perché è un padre dolce e attento, un marito che ci tiene, con tutti i suoi difetti, ma il suo essere bravo sta qui, nell’impegnarsi ogni giorno a fare di meglio, o ad ammettere che era giorno no e “mi dispiace ma vi amo lo stesso”. Per questo lo ringrazio, perché so che è faticoso, e lui ringrazia me. Ma mai gli ho detto “grazie che hai steso il bucato”. Non esiste!
Però sono fortunata, sono quella che ha il marito bravo, sono quella che si prende i complimenti perché il papà è davvero in gamba. E mi girano. Perché io invece no? E perché se non cambiamo testa noi, non cambia niente. Però noi non cambiamo testa.
Io sarei favorevolissima in Italia a un congedo obbligatorio anche per gli uomini, visto che abbiamo ancora una mentalità preistorica. Certo il problema della discriminazione resterebbe, però almeno il datore di lavoro saprebbe che in caso di figli anche l’uomo ha un “costo” per l’azienda, visto che la maternità viene vista così.
La cosa comunque che mi ha colpito di più nel post è il riferimento alle domande personali nei colloqui di lavoro…uguale in Italia! Alzi la mano chi non si è mai sentita chiedere: “ma lei è fidanzata? ha intenzione di fare figli?”
Approfitto per chiedere: che fine ha fatto la proposta per il congedo obbligatorio del papà? Avevo letto che era stato approvato qualcosa in sede UE e che il nostro Parlamento si accingeva a discutere un progetto di legge, ma non ho più sentito nulla. Speriamo non sia caduta nel dimenticatoio!
ho sempre amato la Svezia e anche oggi tu mi hai dato un motivo in più per farlo. Qui in Italia, secondo me,siamo indietro su tutti i fronti: sia legislativi che mentali! credo che l’istituzione del congedo parentale obbligatorio per i padri sarebbe una cosa giustissima, anzi è forse una delle cose assolutamente necessarie per far cambiare le persone, la mentalità, le abitudini, gli atteggiamenti dei datori di lavoro…
e sarebbe un gran bene anche per i piccoli, che come dici tu, crescerebbero già con gli esempi giusti, già con l’immagine che mamma e papà possono fare e fanno le stesse cose… e naturalmente le mamme non sarebbero costrette a portarsi tutti i pesi sulle proprie spalle…
Mentre leggevo questo post, pensavo a mio marito e alla mentalità italiana. Secondo me un periodo di congedo paterno obbligatorio, sarebbe una bella spallata alle ns.vecchie consuetudini. Io sarei favorevole!
Questo post mi fa venire le lacrime agli occhi per due motivi:
1 – io e mio marito saremmo perfetti per un sistema come quello svedese. Con i figli più che su tutto il resto, siamo intercambiabili. Mio marito non si è mai sentito a disagio nel badare da solo a un neonato, né io ho mai pensato di essere più competente o più adatta di lui ad alcuni compiti.
2 – da sempre predico che il congedo obbligatorio per i padri cambierebbe le cose in modo radicale. E farebbe bene sia a loro sia a noi.
no no serena, anche io verrei in Svezia volentieri…le vacanze però le farei nella caldissima Puglia. cmq io non credo che per cambiare la situazione italiana sia sufficiente solo un intervento legislativo, non lo so, secondo me la società italiana non è ancora matura per vedere i papà che spingono i carrozzini, ne tanto meno fasciatoi nel wc degli uomini! parlo con cognizione di causa perchè ho avuto un papà (30 fa!) che cucinava, cambiava pannolini ecc. ed era visto quasi come un marziano e ora, a distanza di 30 anni, ho un compagno che cucina, cambia (a volte) i pannolini, ecc. ed è cmq visto come un marziano, quindi…in 30 anni non è cambiato nulla!
Io voglio trasferirmi in Svezia!!
no dai Monica, non la mettere su questo piano. Anche qui ci sono cose che non vanno, ed è chiaro che in un post come questo non emergono. E poi fa freddo, è buio, parlano una lingua piena di pallini öääå vuoi mettere?! 😉
io la penso come te. complimenti, davvero un bell’articolo!
da qualche parte ho letto anche che in Svezia si è visto che con l’incentivo alle pari opportunità e alla parità dei ruoli fra i genitori si è anche ridotto il numero di divorzi. credo che tanti matrimoni finiscano proprio perchè nella coppia alla nascia di un figlio si venga a rompere un equilibrio, perchè ci si aspetta che la moglie sia quella che sta a casa con i bambini e a cucinare e l’uomo quello che lavora fino a tardi e non saprebbe da dove cominciare per cambiare un pannolino.
sicuramente aspetti culturali e legali si alternano e si crea un circolo virtuoso. io penso però che se vogliamo interrompere il circolo vizioso che c’è da noi, bisogna intervenire con misure drastiche, perchè la mentalità si cambia anche e soprattutto con le leggi.
hai detto bene tu: ci vorrebbe un’azione forte.