Campione in gonnella

La Staccata: era già da un po’ che mi ponevo una domanda: come mai un bambino innamorato della musica smette improvvisamente di ballare addirittura nell’intimità delle mura domestiche? Superboy, fino all’età di circa quattro anni, si distingueva nettamente durante i musical delle recite scolastiche: una roba davvero strabiliante, signora mia! Tutti i suoi compagni piroettavano a sinistra? Beh, lui girava a destra con la lucidità di un frullatore impazzito. Si inchinava a ringraziare il pubblico adorante di genitori/nonni/affini di quarto grado quando l’intera classe si era ormai dileguata dietro le quinte. Eeeeeeeh già, possedeva il senso del ritmo di un pendolo rotto, il mio piccolo fenomeno.
Poi, attorno ai cinque anni, il miracolo: mi ha confermato che il DNA non è segatura. Intendiamoci: sono fermamente convinta che un genitore si limiti a mettere al mondo un figlio, difficilmente riesce a clonarlo, però in molti casi è possibile trasmettergli le proprie abilità.
Io mi muovo bene. Ciò non significa che farei la mia porca figura in un corpo di ballo, però me la cavo dignitosamente. Il fatto che Superboy fosse completamente inabile alla danza non mi stupiva più di tanto; in fondo l’ho generato con un uomo che ha i piedi fucilati. Per farla breve: a un certo punto della sua vita scatenarci a ritmo di musica era diventato uno dei nostri giochi preferiti. Io adoravo volteggiare fra le braccia di quello splendido uomo in miniatura. In braccio in realtà lo prendevo io, ma quelli sono dettagli. Poi, tutto d’un colpo, ha smesso. Non che la questione svettasse nella top ten delle mie preoccupazioni di genitore, però non ne comprendevo i motivi. Non ho indagato più di tanto, liquidando la faccenda come una delle fasi alterne che interessano la vita dei nostri bambini.
Leggere “Campione in gonnella”, debutto letterario di David Walliams (attore e scrittore accolto in Inghilterra da critiche entusiastiche che hanno paragonato il suo stile a quello del grande maestro Roald Dahl), mi ha consentito di far luce sulla sua improvvisa avversione per la danza. Quando me l’hanno consigliato, di primo acchito ho pensato subito che affrontasse il tema dell’omosessualità. Non è affatto così: il libro parla invece di un ragazzino dodicenne che ama vestirsi da donna. Perché lo fa? Perché gli piace, punto e basta.
Un preadolescente a cui piace indossare abiti femminili è necessariamente gay? Assolutamente no, e questo dovrebbe essere un concetto piuttosto chiaro a chiunque.
Dovrebbe, ma ovviamente sappiano tutti che non è così.
Quest’estate Superboy ha conosciuto un diciannovenne omosessuale, il coreografo del villaggio turistico dove abbiamo trascorso le vacanze. Amava vestirsi da donna e le esigenze lavorative favorivano questa sua passione. Non era l’unico fra gli animatori a indossare parrucca e tacchi, però era quello che lo faceva con maggiore grazia. Superboy deve aver fatto il suo errato 2+2, favorito anche dall’influenza di un paio di imbecilli che precedentemente gli avevano ficcato in testa che ballare è “roba per femmine” o “per gay”.
Ecco come ho spiegato diverso tempo fa a mio figlio chi sono i gay: persone che si innamorano di un compagno/a dello stesso sesso e che per questo motivo spesso vengono presi in giro dalla gente in modo stupido e crudele. Ma tutto ciò non ha senso: è come se qualcuno ti prendesse in giro perché hai gli occhi scuri o perché ti piace leggere o costruire castelli con i rotoli di carta igienica. Non preoccuparti se qualcuno ti fa notare che ti comporti in modo “diverso”; ciò che gli altri giudicano strano potrebbe essere la porta della tua felicità. Ciò che gli altri considerano sbagliato è invece giusto per te se ti fa stare bene.
Mentre eravamo a metà lettura mi ha chiesto: “Mamma, ma secondo te io sono strano?”
Perché non stai tutto il giorno appiccicato ai videogiochi come fanno tutti i tuoi compagni e perché ti piace fare cose poco comuni, amore mio? No, non sei affatto ‘strano’. Sei semplicemente ‘tu’, e nessuno può toglierti il gusto di essere te stesso.”
E, qualche giorno dopo, mi ha domandato: “Ma secondo te io sono gay?
A te piacciono le ragazze o i ragazzi?
Se penso di fidanzarmi con qualcuno, io penso alle ragazze. I maschi mi piacciono, ma come amici.
Ecco, allora penso che tu non sia gay. Non tutti i gay amano ballare o vestirsi da donna. Sarebbe come dire che tutti gli italiani adorano gli spaghetti. E’ una cosa che in genere pensa la gente, ma non è affatto così. Direi che tu sei semplicemente un ragazzino che adora ballare e fare giochi che fanno anche le bambine. Le tue amichette amano ballare e giocare con i tuoi fucili, allora per questo sarebbero gay o, comunque, strane?
No, ma’.” ha sorriso lui.
“Campione in gonnella” è un autentico inno alla libertà, una sorta di “tana libera tutti” dal conformismo, un divertente e arguto sistema per smantellare le regole ferree del “questo è roba da femmine, questo lo fanno solo i maschi.”
Dennis è un ragazzino soffocato dall’ingombrante presenza di un padre anaffettivo e distratto, il quale soffre immensamente per la separazione da sua moglie ma è troppo “uomo” per manifestarlo apertamente. Dennis adora scarpe e accessori da donna, ed è contestualmente un piccolo fenomeno a giocare a pallone. Sono due attività apparentemente inconciliabili, eppure l’incontro emblematico con Lisa, una ragazzina poco più grande di lui, lo porterà ad esternare la sua passione per la rivista Vogue e a “mascherarsi” da donna per puro divertimento. Dennis è perdutamente innamorato di Lisa, eppure con lei non si gioca la carta dell’uomo che non deve chiedere mai. Anzi, si sente finalmente libero di dar sfogo a quello che per lui è semplicemente un gioco: vestirsi da donna è divertente; i tacchi, il trucco e gli accessori femminili sono fantastici, perché un ragazzo non può indossarli?
E’ un racconto tenero e sensibile che non si concentra sulla “stranezza” di un dodicenne che legge Vogue, ma regala spunti di riflessione sul concetto di diversità nell’accezione più ampia del termine.
E’ un piccolo gioiello utile a sottolineare come la vera ricchezza umana non si risolve nel conformismo dei comportamenti, ma nella differenza. Parla di amicizia pura, quella che oltrepassa tutti gli stereotipi sociali, parla di amore in tutte le sue forme, a partire da quello filiale, è una fiaba moderna sicuramente utile a smantellare l’arcaica convinzione che le persone si giudichino da ciò che fanno, e non per ciò che sono.
Io l’ho trovato assolutamente adorabile e utile, nel mio specifico caso, per incoraggiare mio figlio a portare avanti le sue passioni.
Superboy fa e dice cose poco comuni. Anche se non lo dà molto a vedere, penso che a volte si senta diverso dagli altri bambini. Tutto sommato lo è, e capisco che non sia semplicissimo per lui convivere con se stesso. Ma, come insegna questo libro, spesso ci si sente diversi fin quando non si scopre che le cose che piacciono a noi possono piacere anche agli altri. E quando lo si scopre, da una parte si rimane sollevati da questa rivelazione, dall’altra finisce il gusto della propria unicità.
Concludo con un aneddoto: Domenica scorsa Superboy ha dato filo da torcere alle sue amichette durante una sfida a Just Dance della Wii. Unico maschietto del “branco”, si muoveva in un modo che – signora mia – lei non ha neppure idea. Al di là delle sciocche considerazioni stile coredemamma, ciò che mi ha riempito d’orgoglio è stato vederlo felice e divertito da quel gioco. Non era minimamente preoccupato di sembrare una “femminuccia”. Erano due anni che non ballava più in pubblico, l’ha fatto dopo aver letto questo libro. Una coincidenza? E’ probabile, ma io nutro scarsissima fiducia nelle concomitanze.
Consiglio la lettura di questo libro a partire dagli 8 anni e dichiaro orgogliosamente che è stato Superboy a chiedermi se poteva mettere il rossetto per la consueta foto a cornice della recensione. Dichiaro ancora più orgogliosamente che mio marito non è svenuto alla vista del suo virile maschietto in parrucca e non ha posto stupide domande. Deve ancora digerire le felpe viola chiaro, ma ci stiamo lavorando su.
Posso fare un piccolissimo appunto alla Giunti Junior? Trovo che il titolo inglese del libro sia decisamente più azzeccato. Capisco che nelle traduzioni è facile perdere il significato originario, ma se dovessi votare The boy in the dress batterebbe 10 a 1 la nostrana “gonnella”. Mi piace invece lo sfondo della copertina: il viola nasce dal matrimonio di due colori senza sesso.

Superboy: questo libro parla della diversità. Essere diverso vuol dire non fare le cose che fanno gli altri, non pensare le cose che pensano gli altri e soprattutto essere se stessi. Per esempio: io sono io, tu sei tu. E’ facile essere diversi: basta che uno ti dice cosa pensa, come si veste e che cosa fa. Sei fai la stessa cosa anche tu sei uguale a lui, però rimani sempre con il tuo cervello. Se fai le cose diverse da lui rimani sempre con il tuo cervello pure lì.
Esistono cose, però, che la gente giudica strane. I miei compagni pensano che il viola è solo da femmine. Io gli ho risposto: “Cooosa? Primo: non esistono colori da maschio e colori da femmina. Secondo: il viola e i colori derivanti sono molto di moda fra i maschi! Lo sapevate?” Loro sono rimasti a bocca aperta, davvero! A me piace vestirmi qualche volta da femmina per gioco, però in pubblico a dire la verità un po’ mi vergogno, anche se non c’è niente di male se una femmina si veste da maschio e viceversa. Per un bel po’ mi sono vergognato di ballare in pubblico, non so neanche io perché. Forse perché sono pochi i maschi che ballano. Io quest’estate ho conosciuto un ragazzo molto simpatico che è gay. Non mi sembrava strano che si vestisse da donna, anzi! Era pure bello ed era molto divertente, perché quando faceva le battute faceva troppo ridere! E poi chi se ne importa se era gay? L’importante è che era se stesso.
Uno che si traveste da donna non vuol dire che è gay. Gay ci nasci, mica ci diventi. Conosco un uomo che ha detto che voleva diventare gay entro i 50 anni, però era una cavolata. Mamma gli ha regalato un libro che si intitolava “Come diventare gay in cinque settimane” scritto da una ragazza lesbica. Cosa racconta questo libro? Prende in giro tutti quelli che prendono in giro i gay. Vuol dire che spesso la gente pensa che se ti vesti da uomo o fai cose da uomo sei una donna lesbica e, viceversa, sei gay. Niente di più sbagliato! Mamma glielo ha regalato non per prendere in giro i gay, ma perché è un libro intelligente e divertente, così dice lei.
“Campione in gonnella” non parla solo di cose da maschi e da femmine. Per esempio: l’amico di Dennis, che si chiama Darvesh, è un bambino che indossa un patka. E’ un cappello che mettono i ragazzi Silka per tenere i capelli spostati davanti alla faccia perché per motivi religiosi non possono tagliarli mai. Darvesh nel libro dice che il patka dà tantissimo fastidio, che all’inizio lo prendevano in giro perché era diverso però poi un giorno ha pensato: “Un attimo! Io sono lo stesso un ragazzo, porto solo questo coso in testa. Sono diverso di carattere ma non di specie umana.” Dennis prova il cappello di Darvesh per gioco, non per questo diventa Silka.
Ho imparato che non bisogna vergognarsi quando ci si veste da femmina o per altre cose. Io mi sento un po’ diverso, primo perché faccio le recensioni e conosco zero bambini che lo fanno, poi anche perché faccio i lavoretti, perché non rimango tutto il giorno appiccicato alla TV o ai videogiochi e con il mio amico Leonardo, che sa disegnare benissimo, stiamo facendo un fumetto degli Avengers. Con il mio amico Ayman faccio le pistole di carta e l’origami. E’ una cosa che non fanno tutti e mi fa sentire un po’ speciale. Se uno che gioca sempre con i videogiochi mi prende in giro per questo, quel ragazzo mi sa che si perde tante cose: non capisce il mondo e non si diverte con gli amici. Io sì, tantissimo.
Lo consiglio a partire dagli 8 anni in su perché è un po’ complicato. Mi ha un po’ intristito quando a Dennis gli è partita una scarpa e gli si era tolta la parrucca e tutti l’hanno preso in giro. Però il finale è bellissimo: il papà viene a vedere la sua partita di pallone e si scopre che il preside che l’ha espulso dalla scuola (e che era tanto cattivo con gli alunni) aveva una passione segreta. L’unico suo sfogo era mettersi in gonnella e comprarsi un giornale da femmine. Quindi il preside era un po’ come Dennis, ma nessuno lo sapeva.
Io non mi sono vergognato a fare la foto per la recensione truccato, infatti adesso la vedete tutti. E alloooora?

De – La Staccata

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33 thoughts on “Campione in gonnella”

  1. “Per esempio: io sono io, tu sei tu.”. Ma perchè la semplicità è così difficile da accettare? Grazie a entrambi.

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  2. Ecco cosa andrò a cercare domani in libreria. Perché di bulletti che si trincerano dietro il gruppo per tormentare qualsiasi diversità ne ho già piene le tasche. E questo libro mi sembra perfetto per far nascere qualche bella discussione con mio figlio, visto che “a freddo” non riesco tanto a farlo sfogare su questi temi delicati per noi.
    Grazie ai miei critici preferiti 😉

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  3. @deborah: giàààà, hai ragione. Io trovo che chiunque sappia ballare bene sia incredibilmente sexy. Sapessi come mi incanto a guardare i video di Shakira, sembro un maschio adolescente in piena crisi ormonale 😉 Per quanto riguarda i papà “passegginati”, confermo: vanno via come il pane!

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  4. Trovo che gli uomini che sanno ballare bene siano incredibilmente sexy. E, se non bastasse, mi erotizzano pure quelli che portano il passeggiano e sanno cambiare in un amen i pannolini. Sapevatelo,uomini

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  5. @mammacattiva: grazie a te per averci letto, “occhibbbelli” 😉

    @supermambanana: ecco. Pija, incarta e porta a casa. Una ola anche a boy-one.

    @mammamsterdam: solo tu poi scrivere a qualcuno la parola “bastardi” e farla suonare come un complimento. Posso risponderti “slonsa”? Grazie Ba’!

    @el_gae: non so se mi sentirei davvero fallita come genitore. Forse proverei una rabbia immensa, quello sì. Per quanto ci si sforzi di crescere dei figli nella migliore maniera possibile, questi hanno il vezzo di pensare con la propria testa. O, peggio ancora, con quella degli altri.

    @loredana: perdonami, ho saltato involontariamente il tuo commento. Sei gentilissima, ma il nickname di mio figlio nasce da altri motivi. Ti racconto la genesi: ce l’hai presente il classico gnappo ipercinetico che non riesce a stare fermo neppure se lo imbottivi di Tavor, quello che non dorme la notte per 3/4 anni trattabili, quello che quando sei in un posto frequentato da 1.000 persone tu sei l’unica mamma che corri? Ecco, ce ne sono tanti di bimbi così, il mio era uno di questi.
    Ce ne sono però tanti più tranquilli, e quando qualche mamma o papà di questi angelici frugoletti veniva a lamentarsi con me di cose “sconvolgenti” quali: “Ma ti rendi contooooooooo? Oggi è stato capace di buttarsi addosso un cucchiaio di pappaaaaa! Monello, mio figlio è un monello!!”
    Io rispondevo, con la flemma e quel pizzico di sarcasmo propri di chi è nato all’ombra del Colosseo: “Nun me lo dì a me. Io so’ la mamma de Superman!”
    Poi ho modificato quel “Superman” in “Superboy”, perchè ovviamente un cosino di due anni non lo puoi definire “uomo”. Neppure “ragazzo”, però era un filino più appropriato. Il nick gli è rimasto, ma oggi ha appeso al chiodo il mantello dei superpoteri, viva Dio 🙂

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  6. che dire gente, siete da ola 🙂
    Questo libro e’ praticamente e in assoluto il libro preferito da boy-one. Devo fare una piccola ammissione, quando gliel’hanno regalato, un annetto fa, in versione originale, io l’ho guardato un po’ perplessa, senza averlo letto non ero sicura di come sarebbe stato, e conoscevo l’autore come un flamboyant attore di sitcom in BBC, ma mi sono fidata della mia carissima amica che lo ha regalato. Boy-one l’ha letto in un pomeriggio, non era staccabile. E l’ha riletto, e riletto, e riletto. Ogni tanto quando si deve scegliere il libro da portare a letto, estrae questo. Cosi’ gli ho chiesto una volta, ma sto libro ti piace davvero? “Si”, dice, “e’ il mio libro preferito, perche’ ti insegna una cosa importante, che tu puoi fare quello che vuoi, essere quello che vuoi tu, e nessuno ha il diritto di dirti niente”. Ecco.

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  7. Bastardi tutti e due. Mi fate ridere, mi fate piangere e io che dovrei stare qui a fare un lavoro del cavolo entro le 14/30. Mah. (ovvio che il libro lo compro al volo).

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  8. @ Staccata: Credo che se uno dei miei figli fosse vittima di questo tipo di intolleranza il dolore sarebbe grande. Ma ancora più insopportabile sarebbe sapere che è stato intollerante. Vorrebbe dire aver fallito come genitore…

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  9. @Claudia: già, Claudia. Mi auguro davvero che sia così. Per quanto abbastanza fiduciosa nel futuro, conservo sempre in un angolino buio il timore che il contorno sociale possa inquinare il cuore grande e lo sguardo aperto di mio figlio sul mondo.

    @Lorenzo: prego, Lorè. Prego.

    @el_gae: già, attualissimo. Forse anche più di quanto immagini. Leggo ora sul web una notizia che riporto con il beneficio del dubbio perchè non posso controllarne la veridicità: “Scuola e amici del ragazzo puntualizzano che non era gay e che c’è stata una storpiatura della notizia.”
    E’naturalmente riferita al quindicenne che si è suicidato a Roma. Il fatto che quel ragazzino non fosse gay non toglie naturalmente un briciolo di mostruosità sociale a questa vicenda. Anzi, il fatto che fosse o non fosse gay è assolutamente irrilevante. Era un ragazzino che è stato ucciso a colpi di pregiudizio. Nel suo caso l’oggetto di derisione era il suo presunto orientamento sessuale, per altri può essere il peso eccessivo, altri ancora vengono torturati perchè curano interessi e passioni diverse. Io in questo momento sento un peso insostenibile sul petto e mi chiedo se sarò mai davvero capace di proteggere mio figlio da certi orrori. Lo so, è un discorso retorico, ma forse è la rabbia che mi spinge a scrivere considerazioni scontate.

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  10. bellissimo libro, ma soprattutto hai un bambino davvero superintelligente. il soprannome “Superboy” è quantomai azzeccato: complimenti davvero, di cuore!

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  11. Rompere gli schemi, avere sguardo e cuore aperti sul mondo, sulla vita, senza preconcetti e senza limitazioni.
    Questo accompagnerà Superboy nella sua crescita e nel diventare Uomo.
    Uomo con la U maiuscola. Un Essere Umano. Non importa se maschio, femmina, etero, gay. Un Essere Umano che non ha le ali tarpate e che sa essere se stesso. Un provolegio che dovrebbe essere di tutti.

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