Il giorno più difficile per un bimbo prematuro è il giorno della sua nascita. Ecco come un gruppo di studenti riesce a trovare una soluzione semplice per un problema grande. Con un abbraccio. Con il portare.
Extreme affordability, che potremmo tradurre con “abbordabilità estrema”, è un corso multidisciplinare, cui accedono gli studenti di Stanford della facoltà di Design, e che prevede la realizzazione di un progetto, in gruppo, usando metodi di design strategico (Design thinking), quindi tenendo conto di vari fattori, fra cui tempo, fattibilità ma anche sostenibilità, allo scopo di trovare soluzioni a problemi pratici che abbiano un impatto concreto nelle regioni più povere del mondo.
20 milioni di bambini nati prematuri ogni anno nel mondo
Fra i gruppi di studenti del 2007, uno in particolare, composto da Jane Chen, Linus Liang, Rahul Panicker, and Naganand Murty, decide di approfondire la questione delle morti di bambini prematuri: ci sono 20 milioni di bimbi nati prematuri ogni anno nel mondo, e oltre 1 milione muore nel primo giorno di vita (potete consultare il rapporto WHO sui bambini prematuri a questo link). Eppure molte di queste morti possono essere evitate concentrandosi sul problema dell’ipotermia: la temperatura corporea di un neonato cala immediatamente una volta fuori dall’utero, e i bimbi prematuri, che hanno poca massa corporea, non sono capaci di gestire questo calo. Le incubatrici diventano necessarie, ma sono molto costose e non tutti gli ospedali delle piccole città nei paesi in via di sviluppo possono permettersele. La sfida per il gruppo di studenti è quindi quella di trovare una soluzione abbordabile e di impatto, una soluzione che costi l’1% di una incubatrice di un ospedale.
Per capirne di più, uno dei ragazzi, Linus, vola in Nepal per osservare la situazione, e torna con tantissime testimonianze, e una rivelazione. Dalle varie interviste e visite nei centri medici, Linus apprende che in realtà ci sono tantissime incubatrici negli ospedali, donate da varie organizzazioni umanitarie, ma sono tutte vuote. I dottori rivelano che in realtà la maggior parte delle morti di neonati prematuri non avviene in ospedale, ma nelle aree più remote, e quindi Linus parte per uno di questi villaggi. Ascolta storie strazianti di famiglie che partono per viaggi disperati verso l’ospedale della città più vicina, quando apprendono dal dottore del villaggio che occorre un’incubatrice, viaggi che spesso non vanno a buon fine, e i bimbi muoiono nel tragitto.
Quando Linus torna e parla al resto del gruppo, portando immagini, video, testimonianze, diventa chiaro che occorre cambiare prospettiva. Il giusto punto di vista da cui guardare la questione non era quello del medico, come avevano pensato all’inizio, ma quello del genitore. Immedesimati nell’angoscia dei genitori, è dalla loro prospettiva che cominciano a pensare alla soluzione giusta: quello che serve, quello che sarebbe davvero di impatto, è qualcosa che i genitori possono fare immediatamente per dare al loro neonato prematuro una possibilità di vita. E in particolare, vogliono mettersi nei panni del genitore che vive nel villaggio più remoto. Ne parlano fra loro: hanno scelto sicuramente la situazione più complessa, la sfida più impossibile. I più pragmatici sottolineano che forse potrebbero pensare a qualcosa di più accessibile, qualcosa che riescano effettivamente a terminare per la fine del corso. Ne parlano con la docente. Lei li incoraggia ad andare per la sfida più difficile: dopotutto, siamo in un corso di “Extreme affordability” e questo è il giusto modo di coniugare “estremo”.
I ragazzi si mettono al tavolo da disegno, e tappezzano la lavagna con foto dei genitori portate da Linus. Diventa utilissimo, dicono, averli davanti ogni giorno, come per focalizzare i pensieri, per metterli al centro quando pensano alla soluzione. Se il punto di vista è quello del genitore nel villaggio remoto, allora bisogna smettere di pensare in termini di incubatrici, non ha senso questa soluzione.
Un accumulatore di calore
E la soluzione che invece ha senso prende forma di… una sacca per la nanna!
Semplicissima nella sua genialità, Embrace baby warmer è un mini sacco a pelo con un accumulatore di calore inserito all’interno. Con quanto appreso nel corso di fisica, usano un materiale a cambiamento di fase (PCM) per l’accumulatore, che quando passa da liquido a solido, riesce a mantenere la temperatura desiderata (37 gradi) fino a sei ore. La sacca è comoda, pratica, visto che richiede solo 30 minuti di carica elettrica, economicissima, il costo per costruirla è circa 200 dollari, meno di 180 euro, e riusabile.
Andando in fast forward, oggi Embrace è una compagnia no-profit, che produce il baby warmer, per donarlo, non venderlo, alle comunità che ne necessitano l’uso. Dal web site apprendiamo che ad oggi baby warmer è stato usato da 144mila bambini, in 11 Paesi, dal Messico alla Cina, dallo Zambia all’Afghanistan e l’India. Il primo bimbo che abbia usato il baby warmer ci sorride dal sito, fotografato nel giorno suo primo compleanno. Embrace non è soltanto una soluzione tecnologica: la compagnia è in contatto con i governi di vari paesi, e supporta campagne di informazione sull’ipotermia, rivolte a genitori e personale di cura.
I quattro di Stanford sono riusciti a concretizzare un aiuto effettivo ed efficace a costi irrisori rispetto ad un’incubatrice. Ma non è solo il costo e l’accessibilità a rendere il baby warmer una soluzione geniale. La praticità d’uso lo rende compatibile con la pratica della “mamma canguro”, che prevede il contatto a pelle con il bimbo durante i primi giorni di vita, e l’allattamento a richiesta, pratica che si è dimostrata di molto beneficio proprio per i bimbi prematuri. Il bimbo può tranquillamente stare con la sua mamma nel baby warmer, e non interrompere quindi il contatto, come accade con l’incubatrice.
Una grande visione, un grande impatto, un problema grande con una soluzione semplice e vicina alle esigenze più intime. Piccole grandi cose che fanno sentire umani.
Queste sono le idee che mi fanno venire voglia di tornare giovane e fare una start up come si deve. Grazie Supermambanana per questo post che da speranza nei giovani, nel design, nella scienza, oltre che alla vita di così tanti bambini e famiglie.