Bullismo

Questo articolo è stato scritto per noi dall’Onlus SOS BULLISMO: un’associazione volta a sostenere le vittime del bullismo e le loro famiglie, partendo da un sito che è prima di tutto un luogo di confronto e di incontro, un sito fondato da Marco ex vittima di bullismo e che ora ha messo la sua esperienza e la sua formazione a disposizione delle famiglie e dei giovani, oltre che delle scuole.
Sosbullismo Onlus collabora attivamente e fattivamente con istituzioni centrali e periferiche, in tutto il territorio nazionale.

Il bullismo è un fenomeno da molti studiato e che è stato definito da alcuni come segue:
– “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. (Dan Olweus, che è tutt’ora considerato la massima autorità mondiale in materia di bullismo);
– “Il comportamento del bullo è un’azione che mira deliberatamente a fare del male o danneggiare, spesso persistente, tavolta dura per settimane, mesi e persino anni e, per coloro che ne sono vittime, è difficile difendersi… alla base dei comportamenti soprafattori c’è un abuso di potere ed un desiderio di intimidire o dominare…” (Sharp e Smith);
– Si parla di bullismo anche “quando una persona subisce prepotenze, quando un altro ragazzo o un gruppo di ragazzi gli dicono cose cattive o spiacevoli. E’ sempre prepotenza quando… riceve pugni, calci, minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve biglietti con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola…” (prof.ssa Menesini – 2000)

Il comportamento violento non compare senza preavviso ma è comunemente preceduto da atteggiamenti predittivi durante l’infanzia e seguito da atti devianti durante l’età adulta (Rutter, 1995, 2002).
Il bullismo è un fenomeno sociale che si manifesta in età sempre più bassa, sin anche all’asilo, nelle forme più lievi che comunque sono in grado di causare sofferenza e che purtroppo, all’occhio dell’inesperto, viene confuso con il “gioco”. Impossibile non essere in grado distinguere tra gioco e aggressione.[quote]
Nel gioco:
– Il ruolo di dominato e dominante è intercambiabile. La leadership si acquisisce su basi di elezione naturale,
– i componenti il gruppo di pari coinvolti nella dinamica relazionale interagiscono tutti facilmente tra loro e traggono, dalla relazione instaurata, soddisfacimento del bisogno di relazione serena insito nell’essere umano,
– i dissidi sono gestiti dagli attori senza che si trasformino in contrasti violenti e personali, non hanno il carattere di premeditazione e ne sono coinvolti alternativamente differenti elementi del gruppo,
– in caso di dissidio, tutti gli elementi del gruppo sono liberi di esprimere la propria opinione e possono schierarsi con uno o con l’altro dei dissidenti senza subire intimidazioni e temere ritorsioni,
– dall’interazione interpersonale scaturisce il consolidamento di un gruppo legato da sentimenti di amicizia e solidarietà.
Nel bullismo:
– Il ruolo di dominante e dominato hanno caratteristica di rigidità e non sono intercambiabili.
– I componenti del gruppo di pari coinvolti nella dinamica relazionale interagiscono con crescente difficoltà ed in stato di soggezione del soggetto leader. Solo quest’ultimo ed i suoi gregari traggono dalla relazione instaurata, soddisfacimento delle aspettative derivanti dal tipo di relazione che hanno scelto di imporre ad un altro essere umano.
– I dissidi sono gestiti dagli attori in modo tale da ingenerare contrasti violenti e personali, hanno il carattere di premeditazione e ne sono coinvolti sempre gli stessi elementi del gruppo, dove vittima e persecutori hanno ruoli ben definiti e delimitati.
– In caso di dissidio tutti gli elementi del gruppo sono intimoriti ad esprimere la propria opinione e nel caso in cui scelgano di schierarsi con uno o con l’altro dei poli relazionali incorreranno in una situazione a loro disagevole. Se a favore della vittima andranno a subire intimidazioni e ritorsioni. Se a favore dell’aggressore andranno ad assumere comportamenti devianti e, nel caso in cui il soggetto sia portatore di valori etici, entrerà in conflitto con sé stesso e/o con l’altro.
– Dall’interazione interpersonale scaturisce il deterioramento di un gruppo che rimane legato da sentimenti di paura e conseguente omertà, con distruzione del senso di legalità e fiducia nell’altro.

Durante l’infanzia, il ruolo del genitore è fondamentale per evitare il degenerare dei rapporti. La propensione all’aggressività, l’incapacità di gestire i propri impulsi, il vuoto esistenziale, l’incapacità a stabilire normali rapporti interpersonali, la distorsione del rapporto con la legalità, presenti in molti giovani, se non arginati adeguatamente costituiscono la premessa a comportamenti deviati e devianti.
Il bullo, quindi, anche durante l’infanzia, non vuole perdere l’auto-compiacimento… e la vittima diviene un puro strumento per il mantenimento di una situazione di benessere apparente.

Numerosi studi effettuati in materia di “educazione” suggeriscono che:
– Il bambino internalizza aspetti positivi o negativi del comportamento genitoriale.
– Intervenire sull’auto-consapevolezza dell’adulto incide sui problemi comportamentali del bambino

Talora si evidenziano forti difficoltà a comunicare, a stabilire relazioni affettive, ad esprimere o a comprendere stati emotivi. Si vive in una sorta di deserto emozionale, con elementi residuali di comunicazione interpersonale ridotti all’espressione d’aggressività o sottomissione. Quindi è necessario discutere con li bambino circa le sue emozioni e quindi portarlo a comprendere la portata emotiva delle sue azioni sugli altri. [quote1]In alcuni casi si registra una sostanziale incapacità ad assumersi qualsiasi responsabilità rispetto alle conseguenze delle proprie azioni, in una sorta di deserto etico, riempito da un’assoluta dipendenza dai beni (per es. giocattoli) e dal comando (prendere decisioni anche per gli altri, imporsi), uniche misure di successo, nonché dalla cura della propria forma fisica, fine a sé stessa. Quest’ultima tipica dell’età adolescenziale ed adulta piuttosto che dell’età dell’infanzia.

Un numero crescente d’adolescenti e di giovani risultano alla ricerca esasperata di stimoli intensi, di sensazioni forti. Solo le “attività a rischio”, straordinarie e pericolose, risultano degne d’attenzione. Da ciò, la necessità di un forte impegno preventivo nei confronti del singolo soggetto, ma anche nei confronti delle famiglie e del contesto micro-sociale e macro-sociale, al fine di scongiurare il formarsi di un ‘humus’ favorevole all’insorgere di forme di disagio giovanile, sempre più problematiche ed ingestibili sul piano sociale. Il disagio adolescenziale ed il malessere diffuso tra i giovani impongono a tutti, in primo luogo alle Istituzioni, il dovere di attuare concreti provvedimenti per cercare di ridurne e, se possibile, di eliminarne le cause. Importante quindi, a mio parere, è un intervento proprio sui bambini delle scuole elementari e sui genitori dei medesimi così riescano ad accorgersi dei segnali predittivi di una condizione di disagio o di distorsione del senso di legalità, prima di essere genitore di un bullo o di una vittima, con poi maggiori difficoltà a conseguire quale obiettivo il benessere del bambino.
Purtroppo, scuola e famiglia non riescono spesso a collaborare, perdendo tempo reciprocamente in inutili critiche poco costruttive. È utile invece affidarsi ad associazioni o ad istituzioni che si occupano di questa problematica e che conoscono bene il punto di vista di tutti i soggetti compromessi. La mediazione è inizialmente la mossa vincente. Alla base della mediazione, però, c’è l’ascolto, non la rabbia o lo scontro. [quote2]
Per cause civili, denunce, comunicazioni alla stampa e quant’altro, si è sempre in tempo; ma nell’interesse di chi? Sono mosse utili solo quando ci sentiamo di gettare la spugna. A volte è purtroppo una necessità, cioè quando i rapporti interpersonali sono talmente degenerati che è un bene il cambio di scuola o di classe.
È fondamentale aiutare la vittima in questo passaggio, affinché non lo viva come una sconfitta personale. Deve comprendere che si tratta di semplice auto-tutela.

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11 thoughts on “Bullismo”

  1. ciao, sono una mamma di un bambino di quasi 4 anni e proprio ieri mio figlio è stato insultato e strattonato da un bimbetto di un anno più grande solo perchè non aveva capito il gioco che gli altri bimbi facevano con la palla (siamo all’estero e anche se sta imparando l’inglese non lo capisce e parla ancora benissimo). so che non si tratta di un vero e proprio atto di bullismo perchè ne manca la continuità ma la domanda che volevo fare al riguardo è come deve comportarsi la mamma della “vittima” se presente all’atto stesso.
    in pratica gli ha dato dell’idiota e lo ha spinto ma io, essendo lì, gli ho detto “not good” e “say sorry” e lui gli ha chiesto scusa ma poi ha continuato a sfotterlo e così gli ho detto “he’s only a guy”. il mio inglese lo so non è buono ed essendo arrabbiata non ho riflettuto molto sulla traduzione (avrei dovuto forse dire “baby” o “kid” o “boy”) così di tutta risposta ha preso in giro pure me perchè avevo utilizzato guy…
    ho preso mio figlio e ce ne siamo andati.
    al di là dell’episodio che ha sconvolto più me (mio figlio non la conosce nemmeno la parola “idiot”) perchè non pensavo che un bimbo di meno di 5 anni potesse essere così arrogante con un adulto che nemmeno conosce bene, vorrei capire, se si ripetesse un’episodio simile, se devo limitarmi a consolare eventualmente mio figlio o se è giusto che intervenga, ovviamente con rispetto, nel rimettere al suo posto il “bulletto”.
    grazie per la risposta
    alessandra

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  2. ciao sono una mamma di una bimba di 10 anni.Mia figlia frequenta le elementari ed e sspesso vittima di bullismo da parte di sue due compagne.Lei e una bimba molto sensibile, non che la voglia sempre giustificare,pero confermato da molti suoi compagni, viene sempre presa in giro, ache per cose molto banali.sono cinque anni che va avanti cosi,la sua maestra di matematica ora si e massa a prenderla di mira e penso sia colpa mia dal momento che come mamma sono intervenuta e ho fatto sapere alla maesta che mi sono stancata di ritirare mia figlia tutti i giorni piangendo e che mi dica mammma io in questa classe sto malissimo,io l?ho presa come richiesta di aiuto,ma non ho risolto nulla, anzi mi trovo a portare mia figlia da una psicologa.per colpa delle insegnant e di queste bimbe lo trovate giusto?

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  3. In effetti, Alessandra, siamo lontani anni luce dall’avere un servizio psicologico in tutte le scuole. Secondo me è anche un problema di ostilità della nostra cultura, oltre che di mancanza di risorse (ovviamente perchè destinate ad altro). Nella mentalità italiana vige ancora un’idea di famiglia chiusa a “lavarsi i propri panni in casa”. Alcune culture meno famigliocentriche (in senso di tradizione e non di fatti, perchè in quelle culture la famiglia è molto più al centro dell’attenaione reale), c’è più apertura a far intervenire un soggetto espterno negli “affari di famiglia”.
    Voglio dire che qui, nella maggior parte dei casi, nella scuola pubblica lo psicologo non c’è, ma se ci fosse, sarebbe visto da molti come un sopruso.
    Comunque nei casi in cui la scuola rilevi disagi familiari seri, può informare la Procura presso il Tribunale per i Minorenni che, tramite i servizi sociali, può anche imporre interventi familiari. Sono percorsi considerati “estremi”, quindi praticati solo in casi gravi.
    Il bullismo, però, arriva a configurare anche azioni molto gravi e reati di rilievo (sto scrivendo un post sul tema).

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  4. @ Silvia: l’ho sottolineato più volte che non c’è un’identità figlio bullo=famiglia malata (perduto non è mai nulla, o quasi: tutto si può curare, se chi è malato lo vuole) ma un’implicazione: figlio bullo==>famiglia malata. Ciò premesso, come ho già detto sopra, ciò non vuol dire che non c’è speranza perché tutto si può curare.

    Il punto è che una famiglia anaffettiva e prevaricatrice è difficile se lo riconosca, ma hai ragione che può anche avvenire che proprio attraverso il “sintomo” del figlio bullo ci sia qualcuno che si mette in discussione… E poi la realtà non è mai monolitica e può esserci uno dei genitori più ricettivo, ecc…

    Sottolineavo il fatto che la Scuola e lo Stato dovrebbero essere maggiormente preparati (leggi avere a disposizione un servizio psichiatrico capillare e ben funzionante e interagire con questo). Ma questa è una delle cose sulle quali, in Italia, si fa orecchie da mercante, fatta salva l’iniziativa di singoli… E la Scuola e lo Stato dovrebbero avere gli strumenti per “mettere con le spalle al muro” le famiglie che spontaneamente non collaborano (e temo siano tante). Mi confermi che dal punto di vista legale invece la Scuola non può impostare percorsi di cura senza l’autorizzazione della famiglia o, peggio, una richiesta della famiglia?

    @ Serena. Leggendo il post è netta la distinzione fra un comportamento aggressivo estemporaneo e la premeditazione e sistematicità insita nel bullismo…

    Baci

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  5. Questo post mi ha fatto molto riflettere.
    Quando ero in età scolare ricordo i telefilm americani dove il bambino debole veniva fatto oggetto di scherno e minacce. Ricordo di aver pensato che gli USA fossero un paese strano pericoloso e che da noi questo non accadeva. Ho frequentato le scuole medie in una classe che aveva ragazzi provenienti da realtà disagiate, ma episodi del genere non sono per fortuna mai accaduti.
    Evidentemente anche noi ci siamo evoluti (o meglio involuti) verso un modello dove il più forte, quello che urla, che strattona, che prevarica vince, d’altra parte è il messaggio che viene da tutti i mezzi di comunicazione.
    Servirebbe credo più fermezza da parte della scuola, concordo con Serena che in Italia c’è più tolleranza. Capisco anche però che spesso la famiglia del “bullo” giustifica la prepotenza e contesta gli insegnanti che tentano di porre un limite, è emblematico il caso della professoressa che aveva redarguito un alunno prepotente ed è stata denunciata dal padre e ha dovuto subire un processo.
    Ringrazio di cuore le persone che si spendono per lottare contro questa piaga!
    Un saluto

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  6. Alessandra, la person a che ha scritto questo post lavora quotidianamente con queste situazioni, formando educatori ed insegnanti e lavorando con le famiglie.
    Il fatto che “un bambino bullo provenga da una famiglia non sana: in cui la prevaricazione e l’anaffettività regnano sovrane” non è vero in assoluto, è solo molto probabile.
    La scuola spesso trascura e lo “Stato” in quale forma e con quali organi dovrebbe intervenire? Con la magistratura?
    Secondo me le famiglie devono stare all’erta, prima di tutto per capire se i propri figli sono vittime.
    Penso sia altrettanto pericoloso stabilire il sillogismo figlio bullo = famiglia perduta, perchè in questo modo non c’è possibilità di uscita e si nega ogni possibilità per la famiglia di ristailire rapporti corretti edequilibrati.

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  7. “La propensione all’aggressività, l’incapacità di gestire i propri impulsi, il vuoto esistenziale, l’incapacità a stabilire normali rapporti interpersonali, la distorsione del rapporto con la legalità, presenti in molti giovani, se non arginati adeguatamente costituiscono la premessa a comportamenti deviati e devianti”

    Capisco che chi scrive non debba sbilanciarsi troppo, ma io posso e mi sento di dire che la frase che riporto lascia pericolosamente intendere che le condizioni di disagio descritte possano far parte “fisiologicamente” della vita di un bambino o ragazzo. Non è così: seppure vi siano bambini o ragazzi così forti da sottrarsi alle dinamiche malate di chi li circonda (leggi genitori), sono certa che un bambino bullo provenga da una famiglia non sana: in cui la prevaricazione e l’anaffettività regnano sovrane. Se un bambino non è così forte di suo dal sottrarsi all’ambiente più prossimo (rileggi: genitori), ne viene schiacciato e da vittima diventa carnefice!

    Mi sembra pertanto una chimera pensare di lavorare in sinergia con le famiglie e che invece un ruolo forte lo possano avere solo la scuola (!?!) e lo Stato (!?!) nella persona di servizi psichiatrici sul territorio (!?!).

    Sopratutto però, finché si continuerà ad alimentare quest’equivoco, così diffuso anche fra persone colte e sensibili, che la malattia (il bullismo è una malattia) “fa parte di noi” (nel senso dell’impossibilità di stabilire rapporti di causa effetto fra la malattia e l’ambiente), sarà più difficile avere una speranza di cura e guarigione.

    Con affetto

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    • Alessandra sollevi un punto molto importante che è quello della confusione tra il fatto che si siano dei comportamenti innati e il fatto che questi comportamenti vengano giustificati. Ci sono certamente moltissimi casi in cui la famiglia è la causa scatenante di un comportamento aggressivo in un bambino e poi adolescente. Purtroppo però ci sono anche molti bambini che mostrato una propensione innata all’aggressività e l’incapacità di gestire i propri impulsi. Ci sono bambini istintivamente più socievoli e collaborativi, altri più scontrosi ed emotivi. Nel suo piccolo anche il Vikingo ha una propensione all’aggressività, che sceglie istintivamente come prima reazione a qualsiasi azione fatta nei suoi confronti. Poi è chiaro che la famiglia ha la sua bella responsabilità nel cercare di insegnargli a controllarsi e trovare risposte socialmente più accettabili. Il fatto che sia innato non vuol quindi dire che debba diventare un delinquente. Io noto spesso grandi differenze nei valori educativi in Svezia e in Italia. In Italia si tende ad essere più compiacenti nei confronti di un bambino che si sa “far valere”. In Svezia questo non è mediamente tollerato nemmeno in un bambino di 2 anni. Le famiglie hanno un ruolo fondamentale nel creare il problema, ma anche nel risolverlo. Spesso la famiglia non vuole nemmeno riconoscere il problema, e continua sempre a giustificare il figlio. Da questo punto di vista il coinvolgimento della famiglia diventa fondamentale.
      Ho letto molti articoli che riportano esperimenti fatti nelle scuole (in Svezia) per affrontare il problema bullismo (o mobbing) e in linea generale lavorare in sinergia con le famiglie è l’unica cosa che funziona veramente, forse perché per risolvere qualsiasi problema si deve partire dalla presa di coscienza del problema stesso.

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  8. Credo sia molto importante porre l’accento sulla necessità di distinguere tra gioco innocuo e paritetico e vere forme di prevaricazione, anche se solo embrionali.
    E’ giusto che i genitori o gli educatori lascino sviluppare i rapporti tra i bambini, anche senza intervenire troppo, in modo che tra loro imparino a gestire le relazioni, ma c’è un momento in cui l’intervento è necessario. E credo che l’intervento debba riguardare entrambe i soggetti della relazione “squilibrata”. Magari con occasioni di incontro e di gioco fuori dell’ambiente scolastico (dove più spesso si manifestano questi comportamenti).

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