Quando la linea tra realtà e menzogna è sottile, quando è difficile spiegare ai bambini il mondo come è, ci salva solo la sincerità e la capacità di distinguere tra umano e disumano.
Tra le cose che non ricordo più di quando sono stato bambino ma che sicuramente mi ha molto colpito, allora, è stato lo scoprire la prima bugia di mio padre.
Sicuramente sarà stata qualcosa di poco importante, ma comunque sgradevole: mio padre dice le bugie. Cioè la fonte massima di autorità e rispetto dice appositamente – non per sbaglio – cose non vere, per uno scopo preciso. Dev’essere stato, allora, un colpo durissimo.
Oggi che ho già mentito spudoratamente decine di volte ai miei due figli, ho capito molto di più di questo gioco linguistico che è mentire.
Proviamo a individuare qualche categoria di bugia genitoriale.
- Menti a tuo figlio per fargli fare quello che vuoi, o per non fargli fare quello che vuoi. Ho visto padri simulare telefonate a palestre, piscine, cinema pur di non smuovere auto e chiappe per portare la prole alla sua attività.
È una cosa spregevole ma poco grave. Non l’ho (ancora) mai fatto.
- Ci s’inventa spiegazioni fantasiose – leggi balle clamorose – per spiegare eventi o significati troppo grandi per loro, o per noi. E qui entriamo nella selva oscura delle spiegazioni della nascita dei bambini, dell’amore, dela cacca, del funzionamento di dispositivi tecnici, su “come fanno a sapere quanto peso regge un ponte”, e chi più ne ha più ne metta.
Moralmente non le trovo così infami, sono menzogne a volte necessarie per preservare la propria autorità – però potrebbero causare problemi seri ai pargoli, imbottiti di scemenze che potrebbero anche credere. Se poi la prole va in giro a spiegare a sbandierare ai pari età le vostre spiegazioni fantasiose, i danno potrebbero essere molto seri.
Mi è capitato qualche volta, e me ne sono pentito.
- Poi ci sono domande molto più serie, spiegazioni molto più pensanti. I bambini fanno domande molto dirette, perché hanno poche sfumature linguistiche a disposizione e non hanno ancora imparato a non immischiarsi in tutto ciò che succede – hanno ancora il meraviglioso impulso a pensare come un proprio interesse tutto ciò che succede nel mondo. Arrivano con leggerezza, ma con precisione, domande sul razzismo, sulla povertà, sulla morte in massa, sul male e sulle paure, sul valore delle parole altrui, sui corpi.
Ecco, qui ci sono scelte molto difficili da fare sulla verità e sulla menzogna, perché il padre è molto spesso il depositario dell’autorità finale, certificata, universale per l’ancora piccolo mondo dei propri figli e figlie.
Può permettersi di mentire e anche di non sapere – ma non può permettersi l’ipocrisia. I bambini la capiscono subito.
Non c’è alcun paragone possibile tra la conoscenza del mondo che arriva ai miei figli dall’ambiente e quella che avevo io. Che lo si chiami bombardamento o flusso, le informazioni e gli stimoli che arrivano a loro sono incomparabilmente di più di quelli che ricevevo io, e molto più complessi, anche se a volte si presentano in maniera molto amichevole. Questo significa che ho il dovere di essere ben informato, perché le domande saranno molte e ci vorranno molte risposte solide, coerenti, vere, per quanto possibile. O comunque sincere: una qualsiasi interpretazione del mondo troppo semplice o scontata, oppure inventata, risulterà poco soddisfacente – non tanto alla loro ragione quanto alla loro sensibilità – e cercheranno altre risposte altrove.
A volte può essere doloroso spiegare la propria condizione sociale, il proprio status economico; può essere odioso raccontare di gerarchie, soprusi, piccoli razzismi quotidiani. Ma non si può mentire a figlie e figlie su quello che c’è intorno a noi e a loro – come non si dovrebbe mai negare loro la possibilità di migliorarlo.
In un mondo estremamente complesso capita sovente di non poter segnare con precisione la linea che divide la verità dalla menzogna, il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso. Appoggiamoci allora a quella distinzione che anche bambini e bambine capiscono bene: l’umano dal disumano.