C’era una volta un bambino. Questo bambino, un giorno, comincia l’asilo.
La maestra dell’asilo, dopo qualche settimana, chiama a colloquio i genitori del bambino: questo bambino non mi parla quasi per niente, questo bambino non fa che leggere o disegnare, questo bambino non è cattivo ma sta un po’ troppo per conto suo, questo bambino sembra che non ascolti però poi capisce tutto, questo bambino sembra sempre da un’altra parte con la testa, dice la maestra.
Questo bambino, dice la maestra, forse ha qualcosa che non va.
I genitori sono abituati al suo modo di comportarsi, pensano, e si fidano della maestra; è una maestra, pensano, sa quel che dice. I genitori allora s’informano e portano il bambino in un famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile. Molto cordiali e simpatici, i medici prendono il bambino e decidono di fargli fare una settimana da loro: invece di andare all’asilo va da loro, a fare più o meno le stesse cose – disegnare, giocare, leggere – ma sotto osservazione e insieme ad altre attività più interessanti per i dottori e guidate da loro.
Dopo questa settimana i genitori aspettano sei mesi per avere un responso. Sei mesi nei quali si chiedono, giorno e notte, tra le loro parole, mentre pensano da soli, mentre parlano con gli altri, se il loro bambino ha qualcosa, e se questo qualcosa ha un nome e qual è questo nome.
Sei mesi perché, malgrado i genitori del bambino telefonino spesso, i medici fanno fatica a riunirsi, a vedersi, a decidersi, a scrivere, hanno tutti molto da fare e per produrre in forma scritta dei risultati ci vuole tempo. Tempo che i genitori del bambino passano a chiedersi giorno e notte, tra le loro parole, mentre pensano da soli, mentre parlano con gli altri, se il loro bambino ha qualcosa, e se questo qualcosa ha un nome e qual è questo nome.
Dopo sei mesi, allora, i genitori del bambino vengono convocati nello studio del grande e famoso professore che coordina i dottori del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile. Il grande e famoso professore gli dice, sorridendo, che il loro bambino ha quella cosa – quella cosa lì, che avevano già sentito dire dalla maestra, che si sente nominare spesso, che viene citata spesso per il suo mistero, per il suo alone di tragica fatalità, di abisso insondabile, di cause ignote – ma in forma lieve, per nulla preoccupante. Ma cronica. Il grande e famoso professore dice proprio così ai genitori del bambino: in forma lieve ma cronica.
I genitori del bambino adesso hanno un altro problema, oltre alla malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma lieve ma cronica che ha il loro bambino: il problema di se e come dire al bambino della malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma lieve ma cronica che ha.
I genitori del bambino si rendono però conto che nel tempo passato tra le visite mediche nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile e il responso del grande e famoso professore, sono passati dei mesi nei quali il loro bambino è molto cambiato. Decidono che è necessario un altro parere, una conferma o una correzione, accettando il rischio che possa dare un esito ancora peggiore della prima diagnosi.
Allora i genitori del bambino si rivolgono all’ASL del loro territorio, che ha una struttura adatta per diagnosticare anche la malattia incurabile insondabile incomprensibile che il loro bambino ha in forma lieve ma cronica, e dopo ormai un anno dalla prima serie di visite e controlli nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, portano il loro bambino nel frattempo cresciuto e cambiato nella ASL del loro territorio. Anche qui un gruppo di simpatici e cordiali medici se lo tiene per qualche giorno consecutivo, facendogli fare più o meno gli stessi test e le stesse attività che aveva già fatto nel famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, e stavolta c’è anche uno dei due genitori ad assistere e a rispondere a qualche domanda.
Anche in questo caso i genitori però devono aspettare molte settimane, perché non è facile coordinare tutte le persone coinvolte nel processo diagnostico, nei test, negli esami. Il dottore responsabile dell’ASL del loro territorio, raccolti i pareri dei suoi colleghi ed acquisita la documentazione precedente sottoscritta dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, convoca finalmente i genitori un giorno e gli dice che la malattia incurabile insondabile incomprensibile che il loro bambino ha è peggiorata, dando al loro bambino caratteristiche di asocialità e di intrattabilità che rendono necessario – dice il dottore responsabile – rivolgersi a strutture specializzate nel trattare un bambino con quella forma della malattia incurabile insondabile incomprensibile. Allega al rapporto una lista di queste strutture presenti nel territorio della ASL.
A questo punto i genitori hanno un altro problema, oltre alla malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave del loro bambino e a quello di se e come dire al bambino della malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave. Il problema è l’evidenza, al di là dell’inevitabile distorsione dovuta al loro amore di genitori, che il bambino descritto nel rapporto firmato dal dottore responsabile dell’ASL del loro territorio, corroborato dal precedente rapporto firmato dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile, non è il loro bambino.
I genitori del bambino non hanno mai visto quelle cose descritte lì accadere al loro bambino; non hanno mai visto il loro bambino comportarsi come viene descritto lì, né riconoscono nelle caratteritiche assegnate al loro bambino il bambino che vive con loro. Allora i genitori del bambino decidono che è necessario un altro parere, una conferma o una correzione, accettando il rischio che possa dare un esito ancora peggiore della prima diagnosi e della seconda diagnosi. Stavolta però si rivolgono, dopo molti sacrifici economici, a una struttura privata specializzata anche nella malattia incurabile insondabile incomprensibile in forma grave.
Sono passati ormai più di due anni da quando la maestra ha fatto le sue osservazioni sul bambino. I due genitori, per ora, hanno solo una certezza: non sanno né se il loro bambino ha qualcosa o è qualcosa, né sanno se è il caso di farglielo capire chiaramente oppure no. Ormai il bambino ha più di sei anni, è parecchio intelligente, ed è evidente che comincia a capire anche lui che qualcosa non va – oppure che lo si sta prendendo in giro per chissà quale motivo.
Anche nella struttura privata specializzata i simpatici e cordiali dottori si tengono il bambino per tanti giorni diversi, però i genitori sono convocati per un responso quasi subito dopo l’ultima visita, l’ultimo test, l’ultimo controllo. Più o meno le parole con il quale comincia il suo discorso il dottore fondatore della struttura privata specializzata sono le seguenti: “Bene, il vostro bambino non ha nulla di particolarmente grave. Certo ha un carattere un po’ chiuso, ma è molto sensibile ed intelligente, forse anche un po’ troppo per la sua età. Chi gli sta intorno dovrà un po’ ‘fare i conti’ con questo suo carattere ma tutto lì. Ma voi perché lo avete portato qui? Cosa pensate che abbia?”
Al che i genitori del bambino che adesso ha solo un carattere un po’ chiuso ma è molto sensibile ed intelligente raccontano le vicende precedenti – prima di finire le visite al bambino nessuno della struttura privata ne ha mai fatto richiesta o menzione – e mostrano i rapporti firmati dal dottore responsabile dell’ASL del loro territorio e il rapporto firmato dal grande e famoso professore del famoso ospedale della loro città, specializzato in neuropsichiatria infantile.
Il dottore fondatore della struttura privata specializzata, mentre legge quei rapporti, trasecola. Si mette le mani nei capelli, scuote la testa. Si domanda anche lui, come i genitori del bambino, se quello di cui si parla in quei documenti sia davvero lo stesso bambino che ha visto lui. Spiega – dopo la lettura – che purtroppo la malattia incurabile insondabile incomprensibile è molto di tendenza, la si diagnostica con una certa facilità sulla base di pochi protocolli tra quelli che sarebbe doveroso applicare sempre tutti per avere un quadro clinico affidabile, e che dando al bambino e ai genitori del bambino la possibiltà di usufruire di tante facilitazioni scolastiche e mediche c’è un certo lassismo nel darla come presente in una delle sue tante forme.
Ascoltato il parere – costoso ma utile – del dottore fondatore della struttura privata specializzata, i genitori decidono che il loro bambino ha solo un carattere un po’ chiuso ma è molto sensibile ed intelligente, cose che dopotutto sono ampiamente confermate dalla vita che stanno da sempre trascorrendo con lui.
E vissero tutti felici e contenti.
Bene, spero che la favola vi sia piaciuta: perché, mi scuso per la disonestà narrativa che ho usato, la storia non è una favola; è vera ed è quello che è successo a noi, a nostro figlio. Ho evitato di fare nomi e cognomi, nomi di luogo e di istituzione, ho anche usato il maschile come “neutro” per tutti i generi, perché non credo che in fondo quelle siano informazioni importanti. E’ importante dire che questo non ci ha insegnato né la diffidenza verso le istituzioni pubbliche né la fiducia inattaccabile in quelle private. Siamo ancora parecchio arrabbiati, ma non abbiamo nessun desiderio di vendetta. La cosa che, a distanza di tempo, ci fa ancora male è vedere come alcuni comportamenti deontologicamente esecrabili siano diventati “sistema”, prassi, azione deresponsabilizzata e deresponsabilizzante anche nel caso medico, clinico, diagnostico. E tutto questo fa entrare la nostra piccola storia in un più ampio discorso politico, etico e d’amore, che però qui non è possibile neanche iniziare. Ma c’è.
In queste sere nelle quali i nostri figli vedono con noi le Paralimpiadi londinesi con lo stesso gusto col quale hanno visto le precedenti Olimpiadi, sento che ci siamo comportati, alla fine, nel miglior modo possibile. Ma non capisco ancora in che senso.
Grazie di questa testimonianza Lorenzo, un’altra che mi ha messo i brividi sia per l’ipotesi di quali effetti potrebbe avere su un bambino una diagnosi sbagliata, sia per la vostra sensibilità e testardaggine. Una domanda che forse ti avrà fatto qualcun altro: ma in tutto questo il vostro pediatra di base si è mai espresso?
Purtroppo, anch’io ho vissuto un incubo simile, risoltosi poi nel migliore dei modi….ma nel mio caso erano i maestri della scuola dell’infanzia a sostenere che il mio bimbo avesse problemi. Si sentivano loro medici e fra le righe anche loro avevano fatto la loro diagnosi. Forse una “lieve forma di autismo” mi avevano detto come se la parola “lieve” facesse meno male.
Dopo visite da neuropsichiatri, psicologi, psicomotricisti e quant’altro il responso è stato unanime: il bimbo è sano.
Ma il terrore, i dubbi, le paure, i rimorsi che per mesi mi hanno attanagliato, non li scorderò mai.
Il mio bambino ha superato brillantemente il primo anno di scuola primaria, lo ammetto è un bambino diverso dagli altri, ha altri interessi, ma questa sua diversità lo rende speciale e unico.
Grazie a tutti per le vostre belle parole. Vorrei solo aggiungere che fare i nomi di persona e di luogo significherebbe andare a cacciarsi in una storia di cause (le stesse che dovremmo affrontare nel caso di denuncia verso i medici coinvolti) lunghe, costose, e soprattutto devastanti per nostro figlio: v’immaginate quante visite mediche gl’imporrebbero, per motivi legali? Scusate ma preferisco condividere quella che riteniamo la parte più importante della nostra esperienza: la volontà costante di fare solo la cosa che fa stare meglio nostro figlio, non chiudendo mai la comunicazione e il dialogo con lui.
Ciao Lorenzo,
Sono approdata qui a leggere la tua storia quasi tre anni dopo che l’hai pubblicata.
E se sono giunta in questo sito, a queste parole, è perché ho un bimbo molto simile al tuo ( o forse no..).
Non sto a dilungarmi su com’è, su come ci hanno detto che è (e come invece dovrebbe essere), sulle visite, sui pareri, sull’ ansia, la preoccupazione, la paura, il mio senso di inadeguatezza. Sono cose che hai già provato.
Se ti scrivo, è per chiederti un grande favore, per avere una speranza.
Potresti indicarmi, anche in privato, il nome della struttura che si è rivelata risolutiva per voi? Forse potrebbe essere d’aiuto anche alla nostra famiglia.
Grazie
molti pensano che a scrivere la mail sia stata la mamma…come se l’amore, la cura e l’attenzione per i bimbi sia una prerogativa solo materna…
Lorenzo ci dai una doppia lezione, grazie!
Come prendiamo cantonate noi genitori le prendono anche altri come si vede. Non so , a me e’ stato consigliata dalle maestre una valutazione. E cosi abbiamo accettato di fare una valutazione in un centro serio. Quando ho visto che.mi veniva nella sostanza restituita conferma delle reali criticità che avevamo gia ‘ individuato e per le quali avevo chiesto la consulenza senza alcun contributo rilevante per nostro figlio, per noi, e per la nostra situazione ,ho cambiato strada. Per fortuna non c’era sul tavolo l’ ipotesi di una patologia ma ti assicuro che richiede uno sforzo non indifferente mettersi in gioco e stare sul banchetto degli imputati insieme a tuo figlio per giunta in un momento di difficoltà . Io l’ho fatto perché non mi mette in crisi scoprirmi ma ci vuole una certa fermezza per non farti poi condizionare se qualcosa ti dice che non sei nel posto giusto o con la persona giusta. Questo non significa essere sordi e ciechi alle segnalazioni di figure importanti per i nostri figli e che spesso come dici tu possono dare suggerimenti preziosi e indirizzare una famiglia giustamente quando c’e’ un problema .insomma e’ una questione molto delicata e difficile
@Mammame, io invece sono dell’idea che la maestra abbia fatto bene. Se un’insegnante ha un dubbio di questo tipo, secondo me fa bene a dirlo. Anzi, farebbe più danni se cercasse con metodi puramente come dici tu pedagogici di “sistemare” una situazione che invece ha bisogno di un appoggio medico. Sai a quanti bambini vengono consigliati controlli che i genitori si rifiutano di fa fare? Sono controlli, se è tutto a posto stiamo tutti più tranquilli, no?
Ho ammirato il vostro equilibrio e il vostro grado di consapevolezza. Immagino non sia facile conservare questa tranquillita’ e questa razionalità quando suona un campanello di allarme di questo genere , si comincia ad avere paura e in tutto ciò ci si deve comunque affidare a competenze altrui. Ci sarebbero tantissime cose da dire. Una che mi viene in mente ad esempio e’ che spesso le maestre (e non e’ mia intenzione demonizzare la categoria perche’ ci sono moltissime persone che fanno un lavoro pazzesco in condizioni mai ottimali) quando non hanno gli strumenti per gestire un bambino complicato ,delegano ad una diagnosi la soluzione di un puzzle che in moltissimi casi “ordinari” pur
con qualche elemento di complessità ‘ si potrebbe risolvere con un diverso approccio diciamo così pedagogico per semplificare invece che con la medicalizzazione di una situazione che non ne ha alcun bisogno. Grazie per questo contributo.
Grazie Polly.
Certo l’aspetto semplicemente umano è fondamentale.
Ci sono anche neuropsichiatri che propongono attività estenuanti e ripetitive come risolutive di casi gravissimi.
Consiglio a tutti la lettura di “Pensare in immagini” di Temple Grandin ed Erickson.
Siete stati davvero bravi ad ascoltare voi stessi.
Io sto cercando di fare lo stesso ma e’ dura. Nel nostro caso sono solo riusciti ad escludere l’oscura malattia ma poi basta e i nostri problemi sono rimasti, in evoluzione ma reali.
E’ davvero difficile trovare i medici giusti, disposti ad andare oltre qualche sintomo e a metterci l’empatia necessaria.
Siamo vicini a nuove analisi e incrocio le dita.
Grazie per questo racconto.
sono la mamma di un bimbo autistico puoi dirmi il
nome della struttura privata dove lo hai portato
Io non penserei a una vendetta quello no…ma sicuramente un modo per divulgare di fare attenzione a chi vi ha dato queste informazioni sbagliate.
Complimenti però per la vostra tenacia.
(io comunque non so perché ma ho due account, uno è polly e uno è polly wantsacracker, mannaggia)
Ema: bell’intervento ma a mio parere non è (solo) il poco tempo, i troppi bambini, la poca formazione. Il problema è più umano: a volte, come genitori, ci imbattiamo in figure che tendono a spacciare le proprie (discutibili) opinioni per realtà inconfutabili.
Questa storia mi dà i brividi…immagino i vostri giorni trascorsi nell’incertezza (che penso sia la cosa peggiore quando riguarda la salute di un figlio) e non posso che provare tristezza per questi casi di malasanità…a volte mi chiedo se non si stava meglio quando si stava peggio, quando non dovevi essere necessariamente sottoposto a mille controlli (a pagamento!), a mille ecografie e mille test!
Mi chiedo se chi diventa medico non abbia il dovere morale di non essere superficiale (che non vuol dire sottoporre un paziente a miliardi di esami), soprattutto quando tratta del futuro di un bambino!
Scusandomi per gli errori di battitura, aggiungo che, se poi si parla di bambini iperattivi, i protocolli rasentano (ed è un eufemismo) il ridicolo. Cercateli e leggeteli!