Ospitiamo Andrea e Gloria di autosvezzamento.it, un sito “di genitori per genitori” che si occupa di alimentazione complementare a richiesta, ma anche di tutto quello che riguarda l’alimentazione dei bambini, la crescita, il rapporto col cibo e tanto altro. Vi segnalo, tra i tanti, i loro post sui bambini inappetenti, che aiutano a fare pace con un problema diffuso.
Che vogliate o meno provare l’autosvezzamento, che vogliate solo saperne qualcosa in più, che non ne abbiate mai sentito parlare e vi incuriosisce, leggete questo post che introduce con precisione all’argomento. Da qui potete prendere spunto per provare questo approccio all’alimentazione infantile.
Fatti preliminari
Senza scrivere un trattato, prima di parlare di svezzamento, anzi di AUTOsvezzamento ecco alcuni fatti che è bene tenere a mente:
1) Lo svezzamento “tradizionale all’italiana”, e con questo intendo tutto l’ambaradam di mais e tapioca, farine varie, omogeneizzati monogusto, ecc., è una creazione esclusivamente nostrana; basta varcare il confine e le versioni “tradizionali” dello svezzamento cambiano di conseguenza. Ad esempio, i liofilizzati per la prima infanzia non esistono al di fuori dell’Italia, e gli omogeneizzati cambiano completamente da paese a paese e contengono molti ingredienti considerati “proibiti” in Italia (uovo e pomodoro in primis).
2) Il calendario di introduzione degli alimenti è una creazione personale del pediatra di turno, di fatti ne esistono tanti quanti sono gli operatori sanitari (e non) che danno consigli in merito allo svezzamento dei bambini.
3) Non esiste niente in letteratura che supporti il modo di svezzare “tradizionale” italiano, che dica vadano usati omogeneizzati o farine, o che supporti l’uso di brodo di patata e carota.
4) Per quanto riguarda le allergie, la ricerca suggerisce fortemente che non c’è bisogno di ritardare l’introduzione di alcun alimento.
5) Dagli ultimi 10 anni o giù di lì c’è accordo che lo svezzamento vada iniziato intorno ai sei mesi, il che vuole dire che qualcuno inizierà a 5 e altri a 8-9 o, ebbene sì, addirittura più tardi.
Tanto per dare qualche riferimento, per chi fosse interessato ad approfondire, qui trovate le direttive OMS, quelle della UE e, udite udite, quelle del Ministero della Salute italiano. Da nessuna parte si legge che quello che il pediatra medio italiano dà per scontato sia minimamente necessario.
Pappe = perdita di tempo?
Chiaramente se si decide di svezzare il proprio bambino seguendo il metodo “tradizionale all’italiana” non ci sono problemi, in quanto di sicuro non ne morirà (neanche nei casi estremi, che purtroppo esistono, di bambini ingozzati a forza), ma bisogna rendersi conto che lo si fa per scelta personale, per soddisfare il bisogno del genitore e null’altro, in quanto non sta scritto da nessuna parte che seguire un metodo così apporti alcun beneficio al bambino.
Ma allora tutte quelle madri che hanno seguito le indicazioni del proprio pediatra hanno perso tempo? Sì e no… Sì perché hanno fatto qualcosa che non era necessario, ma molto dispendioso in termini economici e di tempo; no perché in fondo hanno fatto quello che ha detto loro il pediatra, per cui non possono certo essere colpevolizzate; la responsabilità risiede nella scadente informazione che troppo spesso ci viene data da chi ci dovrebbe invece aiutare, ma per cento motivi non lo fa.
Svezzamento Vs. Alimentazione complementare
Concentriamoci ora brevemente sul termine “svezzamento”: in letteratura questa è una parola che viene usata poco, mentre si parla di “alimentazione complementare”, espressione che sta prendendo piede anche in circoli più informali. Uno dei capisaldi dello svezzamento “tradizionale all’italiana” è di sostituire una poppata con un pasto “solido”, successivamente di sostituirne un secondo fino a che il latte non è stato eliminato del tutto o quasi. Il problema di questo approccio “dall’alto”, è che il genitore decide quando il bambino deve abbandonare il latte, non viceversa. Se invece parliamo di “alimentazione complementare” ecco che immediatamente sottolineiamo il fatto che il latte rimane l’alimento principale e che i solidi sono quasi un “di più”. L’OMS, così come tutte le altre associazioni internazionali, è chiara nel dire che il latte deve rimanere l’alimento principale per circa i primi 12 mesi di vita del bambino, per cui non c’è nessuna fretta di togliere poppate. L’interesse per il latte piano piano scemerà da solo e i solidi diventeranno sempre più centrali alla dieta del bambino. Chiaramente alcuni completeranno questo passaggio più rapidamente, altri più lentamente, altri MOLTO più lentamente, ma qual è il problema? Dopo tutto se a un bambino è permesso imparare a camminare quando è pronto, o a parlare quando se la sente, perché lo stesso principio non dovrebbe valere per il cibo?
Deficienze alimentari
Molto, troppo spesso se il bambino non mangia sempre un pasto perfettamente bilanciato ci presentano come spauracchio la deficienza da questo, la carenza da quell’altro, ecc. ecc.
Prendiamo ad esempio la tanto temuta carenza da ferro e vi chiedo cos’è meglio, forzare un bambino a mangiare quando non è ancora pronto o aspettare e, nella peggiore delle ipotesi, dargli un’integrazione di ferro SE E QUANDO tale carenza verrà riscontrata? Dopo tutto, anche se gli presenti il famoso pasto perfettamente bilanciato, se poi non lo mangia tutto che succede? Tutto il lavoro di bilanciamento se ne va nel secchio. E se ne vuole di più? Le variabili in gioco sono troppe per pensare di aver tutto sotto controllo (una delle grande illusioni che le mamme italiane hanno e sulla quale l’industria del baby food specula ampiamente), per cui limitiamoci a quello che possiamo veramente valutare, ovvero SE il bambino vuole effettivamente mangiare, NON QUANTO O COSA secondo noi dovrebbe ingerire.
Alimentazione complementare A RICHIESTA
Finora di cosa abbiamo parlato: abbiamo detto che le tabelle di introduzione degli alimenti non hanno basi scientifiche, che il metodo dello svezzamento “all’italiana” può essere considerato come opera di fantasia e che che l’industria del baby food non ha ragione di esistere. Inoltre abbiamo sottolineato che i solidi, fino al compimento dei 12 mesi, fanno da complemento al latte, NON da sostituto.
L’ultimo tassello che rimane per completare il mosaico dell’autosvezzamento (conosciuto anche come Alimentazione Complementare a Richiesta, o ACR) è ricordarsi che la richiesta del cibo deve venire dal bambino e non da terzi. Dopo tutto, se quello che mangia non ha molta importanza, se quando lo mangia non ha molta importanza e se quanto ne mangia non ha molta importanza, a che pro affannarsi affinché ne mangi almeno un po’ quando secondo ME (e non secondo il bambino) è arrivato il momento giusto? Tanto vale lasciare decidere a lui.
Anarchia o sviluppo naturale?
Messa così sembra una cosa esoterica e quasi anarchica, ma invece non c’è niente di più semplice e naturale… tuo figlio condivide la tavola con te (ebbene sì, chi fa pasti separati a mio avviso perde una bella fetta della vita dei propri figli) e quando meno te lo aspetti… ZAC e arraffa un pezzo di carne… ZAC e prende un pezzo di pane. All’inizio non saprà cosa farsene e ci giocherà… lo metterà in bocca, lo sputerà, ci farà (secondo il nostro punto di vista) schifezze inenarrabili, ma queste sono cose che fanno tutte parte dell’apprendimento. Poi magari per due-tre giorni o per una settimana o più sembrerà disinteressato a quello che succede a tavola, concentrandosi invece sulle ombre sul muro, giocando con il telefonino della mamma o il telecomando della TV. Ma poi vi distraete un attimo… e ZAC! riparte alla carica.
Una storia vera
Tanto per fare un esempio di vita vissuta, figlia due ha cominciato a mostrare interesse per i solidi a 5 mesi, mentre eravamo in aereo in viaggio per l’Italia, e ci ha rubato un torsolo di mela; se l’è ciucciato per un bel po’ e poi ce l’ha restituito. Queste ciucciate di frutta sono andate avanti a fasi alterne per circa 6 settimane e verso i 6 mesi e mezzo, quando oramai stava seduta e non aveva più un riflesso di estrusione troppo forte, ha cominciato a volere qualcosa di maggiormente sostanzioso. In altre parole, cosa è successo? Noi genitori sapevamo che da un momento all’altro avrebbe cominciato a mangiare qualcosa, ma abbiamo fatto un passo indietro aspettando che l’interesse venisse da lei. Noi ci limitavamo ad avere a portata di mano qualcosa che lei potesse afferrare qualora lo avesse desiderato e così è stato.
Allattati fino alla maggiore età?
A chi teme che se non si toglie il latte (più o meno) bruscamente si finirà ad allattare fino alla laurea chiedo: avete mai conosciuto qualcuno che continua ad alimentarsi solo di latte, non dico in età adulta, ma passati i 2-3 anni? Ne avete mai sentito parlare? Io no, e allora a che pro cercare di fare le cose a modo mio, quando posso lasciare che seguano il loro corso e vivere una vita molto più tranquilla?
Io vorrei tornare per un attimo al racconto di plch che è molto interessante in quanto proprio tipico e illustra benissimo uno dei limiti in assoluto più grossi dello svezzamento tradizionale, dove tanti ma davvero tanti bambini trovano problemi.
Io in genere lo “doppio svezzamento”: passare dalle pappe ai pezzetti.
Dopo che mi hai svezzato sostituendo il latte con le pappe, dopo che ho
“accettato” prima il cucchiaino e poi le pappe, vuoi svezzarmi la seconda volta perché ormai sono grande e ormai “posso mangiare le vostre cose”. Non tutti i bambini trovano difficile questo passaggio, sia chiaro, ma molti, moltissimi, diciamo un buon 50%? sì.
I bambini abituati a mangiare cose uniformi e spesso monosapore non riescono a fare il fantomatico passaggio al cibo adulto; non hanno sviluppato la muscolatura della bocca per compiere movimenti diversi dal deglutire liquidi, non hanno sviluppano la familiarità con consistenze diverse da quella solita e identificano il cibo con quella roba là e basta. E’mancato loro la possibilità di fare tutta una serie di esperienze tattili/olfattive/visive che ad un certo punto ci si aspetta che vengano fuori da sole.
Se ne sentono tanti di genitori che si sentono di dover continuare a “dare” omogeneizzati a bambini anche di 2 o 3 anni perché questi ora non “accettano” che il cibo possa essere diverso da quello a cui sono abituati. (tra virgolette ho messo tutte le espressioni tipiche da svezzamento… sì, mi fanno sorridere, diciamo così :))
Ma la soluzione a tutto questo è davvero semplice semplice, ed è una soluzione a monte (il che equivale ad evitare di creare un potenziale problema), che sta nel punto di vista da cui si guarda la questione: eliminare completamente la “fase” pappe, che abbiamo detto non essere affatto necessaria. Anzi. E il mio anzi l’ha spiegato phlc 🙂
Se il cibo si presenta da subito nella sua forma originaria, la pasta è a forma di pasta con condimenti di vario colore e aspetto, la carne è a forma di carne, la frutta è a forma di frutta con filetti semi e bucce, le zuppe sono fatte di piccoli oggetti immersi in un semiliquido, la verdura è fatta a foglie oppure noe via discorrendo… non c’è novità, non c’è sorpresa, non c’è da abituarsi a niente di nuovo.
Un sacco di mamme che hanno fatto svezzamento tradizionale con i primi figli e autosvezzamento con i secondi notano che grande differenza ci sia in termini di schizzinosità. (ci sarebbero da dilungarsi qua, ma vi risparmio :D)
E comunque è indubbio che ogni bambino, essendo una persona a tutti gli effetti (!) abbia i suoi gusti e manifesti pienamente la sua personalità anche nei primi assaggi (chi ci si tuffa, chi spilucca per 1 anno; chi non si farebbe imboccare manco sotto tortura, chi ama farsi coccolare e spalanca la bocca quando arriva qualcosa; chi chiede insistentemente anche urlando e sbracciandosi, chi ha bisogno che gli si faccia un’offerta per stimolare la curiosità). E meno male!
@Serena,
indubbiamente il cambiamento (in peggio) del rapporto con il cibo è SOLO il sintomo di un malessere causato da qualcos’altro (a meno che siamo davanti a patologie, ma quello è tutto un altro discorso).
I bambini cominciano a mangiare di meno per cento motivo, ma (a mio avviso) quello principe è per attirare l’attenzione dei genitori (e intendo in senso buono).
Ti faccio un esempio (che non riguarda il cibo, perché quello, finora, non è stato mai argomento di conversazione): figlia grande è stata senza pannolino e indipendente per quanto riguarda le gite al bagno dai 20-21 mesi circa. Tuttavia in concomitanza dell’arrivo della sorella c’è stata una certa regressione e noi (io in particolare) ce la siamo presa. Tuttavia facendo mente locale ci siamo resi conto che non era diventata improvvisamente incontinente, né che dovevamo andare a prenotare la visita dall’urologo, ma che voleva che le venissero riservate più attenzioni. Così abbiamo cominciato a fare meno caso agli “incidenti” che accadevano (non sempre e non facile) e il problema si è risolto da sé (ripresentandosi magari in forme meno accentuate più in là).
Quindi come abbiamo risolto il problema? Fondamentalmente ignorandolo, ma con questo intendo che abbiamo capito che il bagnarsi le mutandine non era il problema, ma solo un sintomo. Una volta identificata la causa è andato tutto meglio.
Il cibo è lo stesso… se pensi che l'”inappetenza” sia “psicologica” bisogna chiedersi quale sia la causa. Insistere perché mangi di più (così non sclera dopo) è come dare la tachipirina se hai la febbre, ma dimenticando di prendere gli antibiotici:) La febbre se ne va, ma la malattia resta.
Io da piccolo ero considerato “inappetente” (anche se ho sempre mangiato) solo perché ero magro come uno stecco (e negli anni non sono migliorato…) e ti dico che la definizione MI PIACEVA! Mi piaceva sentirmi chiamare “bambino inappetente”, mi dava importanza e mi sentivo preso in considerazione.
@Serena, chiaramente sono d’accordo con te su tutta la linea, per questo è FONDAMENTALE permettere al bambino DA SUBITO e secondo i SUOI tempi di poter sperimentare il più possibile, sfruttando la curiosità innata che accompagna l’inizio dello svezzamento.
@Andrea però come racconto nel mio post oggi nel nostro caso lo svezzamento ha funzionato proprio così come doveva fare. Il problema è sorto dopo, ed è sorto nonostante il nostro atteggiamento fosse perfettamente in linea con tutto quello di cui stiamo parlando in questo mese. I bambini, per vari motivi, a volte cambiano rotta, e non sempre il rapporto con il cibo è la causa, a volte è semplicemente un sintomo di altro. E il cambio di rotta è meno semplice da gestire e accettare, soprattutto quando vedi che tuo figlio non mangia abbastanza. E non parlo di abbastanza rispetto a quello che tu genitore pensi che debba mangiare, ma rispetto proprio al fatto che non gli basta, e poi ti tocca placare crisi su crisi, che sai che sarebbe facilissimo evitare con un po’ di calorie in più. E’ un equilibrio difficilissimo da ottenere quando la situazione si sposta leggermente da quella ottimale. Ed è l’equilibrio tra il rispetto dell’individuo che hai di fronte, il fidarsi e il lasciarsi guidare da lui, e l’esercitare allo stesso tempo il controllo che è insito nel ruolo del genitore che ti permette di guidarlo nelle sue scelte per evitare che si distragga (o autodistrugga!) E’ un po’ come con il sonno. Alcuni bambini piccoli anche se stanchissimi non crollano addormentati senza l’aiuto dei genitori. Aivoglia a dire che bisogna seguire il bambino! A volte bisogna mettergli uno stop e basta, perché lui non è in grado di interpretare i suoi bisogni, e meno che mai verbalizzarli.
@plch,
non so cosa dire, eccetto che forse se non fosti passata con tuo figlio per le pappe e i frullati (non necessari) molto probabilmente non ti troveresti qui a scrivere il messaggio che hai scritto.
Emblematico il passaggio “(il bambino) viene da due famiglie di schizzinosi, preparare un pasto che venga accettato da mia suocera e/o dai miei genitori e’ un esercizio di pazienza biblica” che davvero mi fa pensare che il problema non sia con tuo figlio, il quale (come tutti i bambini) reagisce e IMITA gli stimoli che vede intorno a sé, ma i segnali che gli inviate.
Al momento dello svezzamento (di ogni tipo e dovunque ti trovi) è fondamentale per i genitori analizzare il modo in cui LORO mangiano e decidere se quello è il meglio che possono offrire al loro figlio. Se il bambino viene su vedendo genitori e nonni “schizzinosi” non c’è da sorprendersi che verrà su anche lui così, no?
Durante lo svezzamento sono i genitori che, molto spesso, devono cambiare, mentre i bambini seguono un percorso del tutto naturale e istintivo che li fa progredire dal solo latte al cibo solido. Loro non hanno bisogno di niente (se non di una tavola con cibo sano). I genitori al massimo possono mettere i bastoni fra le ruote:)
@Andrea come sai sono molto d’accordo con te su tutta la linea, e sicuramente un comportamento dei genitori può rafforzare o meno un atteggiamento istintivo del bambino nei confronti del cibo (ma anche di qualunque altra cosa per esempio). Però non si può negare a priori che esistono appunto delle preferenze individuali, e che alcuni bambini (e adulti) sono veramente più sensibili alla consistenza dei cibi, o reagiscono peggio ai sapori molto forti. Insomma, attenzione a non negare l’individualità del bambino e a ricordarsi sempre che quello che abbiamo di fronte è prima di tutto un individuo. Il bello del lasciare gestire al bambino la sua alimentazione, ossia il metodo dell’autosvezzamento, è proprio quello che è perfettamente adattabile a qualsiasi personalità del bambino perché non impone ritmi, tabelle, misurini, e confronti di alcun genere. Ma ci saranno comunque sempre bambini che mangiano di più e quelli che mangiano di meno, quelli che accettano più di buon grado un nuovo cibo, e quelli che non cambierebbero mai. Questo non vuol dire che bisogna assecondarli, ma riconoscerli, quello si.
frullare mai? ahem, il mio bimbo ha due anni e passa e qui si frulla, perche’ dei ‘pezzettini’ non ne vuole neanche sentire parlare, certo mangia la pasta e gli spaghetti ‘interi’ ma persino una stellina di pasta un po’ piu’ croccante viene prontamente sputata, non parliamo della carne… per un mesetto ha accettato il prosciutto a pezzettini poi ha cambiato idea, blah, tutto sputato e piatto rifiutato! (tra un po’ riproveremo).
Mi ricordo che anch’io da piccola ero molto sensibile alle ‘texture’ del cibo, non solo ai sapori, e molte consistenze mi facevano letteralmente venire il vomito, forse per lui e’ lo stesso.
Per il resto lui e’ comunque estremamente selettivo e schizzinoso (viene da due famiglie di schizzinosi, preparare un pasto che venga accettato da mia suocera e/o dai miei genitori e’ un esercizio di pazienza biblica), noi continuiamo con pappe e assaggini di cibo adulto che viene rifiutato al 99%. Di curiosita’ per il cibo ne ha pochissima: per ora ha chiesto di assaggiare piselli, riso, formaggio (blah! mangiatela voi questa roba) cioccolato (ok ma a piccole dosi, finiscilo tu) biscotti al burro, pastasciutta e pane (finalmente qualcosa che mi piace! ma il pane finisce che lo sputo).
Dimenticavo, il latte di mamma lo beve sempre, prima di addormentarsi e a colazione, e adesso forse inizieranno i problemi perche’ sono all’inizio del sesto mese di gravidanza… nessuno ha esperienza in materia?
mamma di figlio autosvezzato e contento!
@Claudia, per pappe prefatte in realtà intendevo impostate a casa (brodino, eventuale omogeneizzato che sia casereccio o non, ecc) e poi portate al ristorante 😀
Onestamente mi sfugge il perché della sostituzione dei pasti di cui parli…
Credo che, in linea generale, gli asili nido potrebbero semplicemente diventare meno rigidi (conosco casi in cui si sta andando in questa direzione), ai bambini in età da inizio svezzamento basterebbe offrire sia latte che cibo lasciando loro liberi di scegliere, esattamente come a casa. Credo che ci sia molto lavoro da fare in questo senso, prima o poi mi piacerebbe approfondire la questione.
@piattinicinesi
dici: “ho seguito questo metodo”
Fare autosvezzamento NON è un metodo in quanto… dov’è il metodo?
Come dice Gloria è semplicemente buon senso e non farsi prendere dal panico che se non hai la ricettina/se non sei fortunata/se tuo figlio non coopera/se gli orari non funzionano/ecc. ecc. allora (ti dici) non lo puoi applicare.
Se poi uno vuole seguire un metodo (vedi svezzamento all’italiana, francese, tedesca, svedese, ecc. ecc.) non ci sono problemi, ma ripeto, non è necessario.
Come dico sempre, l’autosvezzamento è per tutti, sempre e comunque. 😀
Fermi tutti 😀 le pappe prefatte (nel senso di industriali) non le prendo nemmeno in considerazione, dico solo che il cercare di sostituire un pasto di latte ben definito con uno solido – qualunque cosa sia questo cibo solido – ha un suo perché. Soprattutto all’inizio. Mia figlia era già al nido quando abbiamo iniziato lo svezzamento, a noi (e a lei) serviva che mangiasse i solidi a pranzo, non spalmati su tutta la giornata.
Certo quando poi lo svezzamento è avviato, il bimbo mangia quello che c’è, e fine.
Comunque non è mica un problema, il metodo, essendo in realtà un “non-metodo” se mi passate il termine, può essere plasmato a piacimento. 🙂
@Andrea da noi cucina solo mio marito! 😉
Grazie a tutti per i commenti! 🙂
Ha già risposto Andrea (l’autore del post è lui), ma vorrei aggiungere qualcosina.
@Claudia, sostituire i pasti non è necessario per il nido o per uscire a cena ogni tanto, no 🙂 la mamma può allattare prima di uscire e magari dare il “top up” quando rientra, nel frattempo il bambino mangerà assieme alla nonna o alla zia o alla baby sitter e che ci sia un piatto di pasta per tutti o una pappa prefatta davvero non fa alcuna differenza in termini organizzativi. Idem per il nido, premesso che per svariati motivi negli asili nido sono ancora spesso legati a pappe e compagnia bella, ci sono moltissimi bambini autosvezzanti – come diciamo noi – che vanno al nido e lì mangiano quello che passa il convento, una volta tornati a casa o nel fine settimana però mangiano a tavola con i genitori, normalmente. Del resto, se serve, basta portare del latte tirato o artificiale, ma comunque il trend più diffuso da parte dei bambini è attendere di rivedere la mamma o tornare a casa per fare il pieno di latte.
Ad ogni modo è importante vedere le cose in maniera molto meno schematica rispetto a quanto non si faccia di solito, credo che il succo sia tutto qui. Se c’è il latte lo prendo, se non c’è aspetto; se posso mangiare da solo lo faccio, se c’è la pappa mi arrangio (anche se ci sono bambini che rifiutano di essere imboccati in toto), se ho tanta fame ma il pranzo non è pronto, faccio uno spuntino e poi mangiamo tutti assieme. Se si è convinti che l’approccio più spontaneo e naturale sia questo, non ci sono impedimenti di sorta, al contrario tutte le sovrastrutture dello svezzamento tradizionale… ti fanno un po’ sorridere 🙂
Non sono necessarie le pappe per essere più liberi, anzi. Vuoi mettere andare al ristorante e ordinare 2 piatti con cui mangiare in 3 piuttosto che uscire di casa con la borsa termica perché il pupo deve mangiare la sua pappa? 🙂
@PiattiniCinesi, l’autosvezzamento è esattamente buon senso… eggià. Lo svezzamento tradizionale è un metodo, è un’alternativa. Ma logica invece in effetti porta verso l’alimentazione complementare.
Frullare direi che no, non occorre mai, a meno che non ci sia vellutata per tutti per cena 🙂 Grande luogo comune è che un bambino di 6 mesi abbia bisogno di mangiare cibo privo di consistenza, ma non è così. Il cibo omogeneizzato, per non parlare dei liofilizzati!, è nato per nutrire bambini di 3 mesi, ma se il bambino è fisicamente pronto per lo svezzamento (e questo ce lo comunica mostrando il suo interesse attivo) non servono creme. Pensa che uno dei cibi che sono diventati un po’ simbolo del nostro forum sono i fusilli 😀
@Andrea neanche a me piace farla mangiare da sola, ma il papà torna sempre dopo le 19.30 e c’è anche il cane che deve uscire. Se non mangia prima delle 19 la nottata va a farsi friggere. Insomma si fa quel che si può, l’importante è cercare di convivere bene con la scelta fatta (a meno che non risulti disastrosa, ovvio). Si, è vero che certe scelte si fanno per comodità propria, nel mio caso cerco sempre di trovare un compromesso piuttosto che imporre le mie necessità tout court (e ti assicuro che di rinunce ne ho fatte eccome), ma come per l’allattamento io trovo che sia meglio avere una mamma serena che non ti allatta piuttosto che una mamma nevrastenica o esaurita che ti allatta. Insomma si è tutti membri della stessa famiglia, è vero che i bambini hanno qualche (= quasi tutti) i diritti in più degli adulti, ma vanno rispettati un minimo anche gli altri. Sempre per mantenere il più possibile la serenità familiare, che secondo me è il bene massimo che possiamo offrire.
@Barbara,
gli orari si aggiustano di solito da soli senza fare grandi sforzi… Se nel caso i genitori possono fare quello sforzetto in più, ma, francamente, l’idea di far mangiare i bambini da soli… proprio non mi piace. La tavola va condivisa; poi ci può essere l’eccezione, ma la norma è che si mangia assieme.
Per quanto riguarda il baby food (industriale o autoprodotto fa poca differenza), semplicemente non è necessario. Se poi lo si sceglie di utilizzarlo, lo si fa fondamentalmente per comodità propria.
@Claudia,
non c’è correlazione tra stazza e appetito per i solidi. Ho sentito di bambini molto “grossi” che hanno continuato di solo latte ben oltre i 6 mesi e viceversa di bambini più piccoli che ci si sono buttati a capofitto. L’importante è ricordarsi che tanto prima o poi TUTTI i bambini abbandoneranno il latte per un’alimentazione da “grandi”.
Se poi vuoi uscire una sera o andare al nido, che problema c’è? Che a tuo marito dai tutti i giorni cibi precotti perché una sera a settimana vuoi uscire con le amiche? 😀
@Silvia,
sì, ma l’importante è ricordarsi che “tutti” non sono solo la madre o i genitori, ma comprendono anche i piccoli:) Questo è il punto centrale del post, in quanto troppo spesso il naturale sviluppo del bambino viene ignorato per far posto a direttive dei pediatri, desideri (anche inconsci) dei genitori, ecc. Se invece, come ho detto prima, ci ricordiamo che tanto prima o poi mangeranno TUTTI, ecco che i problemi si risolvono al volo.
mi rendo conto da quello che dite che per entrambi i miei figli ho seguito questo metodo, pur non essendone completamente consapevole. semplicemente ho usato il buon senso. loro erano diversi. il primo a quattro mesi pesava come un bambino di un anno e aveva una fame da lupo (lo imboccavamo con tre cucchiaini, uno per lui e due per me) l’altro ha continuato a prendere il mio latte fino ad un anno, tipo dessert e coccola. intanto mangiava, ma roba sceltissima. aveva un fiuto pazzesco per capire se una pappa era pronta ( e la rifiutava) il pesce congelato (e lo rifiutava). insomma un viveur. devo dire che avendo dato le prime pappe al secondo quando eravamo in Francia, ho notato che lì i vasetti erano zeppi di oli ed ingredienti che non mi sentivo di dare (ma forse solo perché erano più specificati che da noi?). insomma alla fine ho fatto tutto a casa e non me ne sono pentita. e secondo me cominciando con la verdura e limitando i liofilizzati si può tranquillamente continuare uno svezzamento con quello che mangiano tutti, solo a dosi limitate e frullato quando occorre.
Oh che bello, mi piace ‘sta cosa, di cui volendo si può prendere anche solo l’approccio rilassato e applicarlo allo svezzamento con le pappe.
Unico problema: sostituire velocemente un pasto a base di latte con uno “solido” a volte è necessario, se il bambino deve andare al nido o anche solo, ohibò, se voglio riprendere il mio hobby e sono fuori una sera la settimana. Certo è un’esigenza degli adulti, ma come dire… ‘sti cavoli, esisto anch’io 🙂
In generale però penso proprio che il piccolo, che adesso ha 4 mesi e mezzo, proveremo a lasciarlo più libero e vedere che succede, tanto con la stazza che si ritrova dubito che ci farà aspettare molto prima di passare direttamente allo stinco di maiale.
Infatti può essere anche soltanto un’indicazione di approccio. Una via che accontenti tutti è meglio di una che lascia insoddisfatto qualcuno!
Io ho avuto un approccio abbastanza tradizionale all’alimentazione solida e devo dire che per noi ha funzionato bene. Credo che la serenità familiare e a tavola sia il bene più importante da salvaguardare. La cosa su cui ho seguito maggiormente TopaGigia, oltre al gusto personale (frutta, frutta e poi frutta) sono stato gli orari, purtroppo esattamente in controfase alle abitudini ed esigenze familiari. Per cui lei è una che cena quasi sempre da sola, e il baby food in questo (purtroppo) mi ha aiutata molto, anche se poi un sacco di cose le facevo in casa, che costano meno e sono più buone e più nutrizionalmente bilanciate e santo freezer. Il latte materno è una gran bella cosa e si potrebbe continuare a prenderlo fino a due anni e oltre, quando tutto funziona bene, ma per me non è stato così e allora ho preferito passare al cibo solido un pò prima e un pò di più che andar giù di latte artificiale. Insomma io penso che tutte queste direttive e i consigli dei pediatri siano utilissimi e da leggere e ricordare e tutto quello che volete, ma poi alla fine le condizioni particolari ti guidano molto di più.