Ho chiesto a Barbara Summa, nota in rete come mammamsterdam, autrice del libro “Statale 17, storie minime transumanti”, attrice, esperta di cucina, ambasciatrice d’Abruzzo,… omammamia! ma come si fa ad indicare brevemente tutte le sue attività? Insomma, a Barbara Summa e basta, ho chiesto di raccontare quello che già aveva scritto in un suo post, che mi ha commosso nel profondo.
Ed ecco il suo stile inconfondibile, lei, il fiume in piena, che ci parla del lutto: altro argomento che si fa un po’ fatica a nominare, soprattutto se è quello per un figlio mai nato.
Alla nostra generazione ci ha fregate il Predictor. Essì, perché se andiamo a vedere statisticamente quante gravidanze novelle non superano i tre mesi, io le chiamo le prove tecniche perché fa meno male, una che sta cercando un bambino dovrebbe starsene zitta e buona fino a che non comincia a non entrare più nei vestiti. Ma noi abbiamo il Predictor, e soprattutto quando siamo fertili, con l’orologio biologico che ci ticchetta nelle orecchie (o anche no, ma fa uguale) al primo sospetto controlliamo.
E così veniamo a sapere di essere incinte prima di quanto potrebbe farci bene.
E se invece non succede niente, ci attacchiamo alla scienza medica per vedere se c’è rimedio. E anche quello è uno stress e ogni mestruazione un insulto. A me è da poco che è passata questa sensazione di insulto, sarà l’ormone che cambia, la consapevolezza delle data di scadenza che incombe o forse è appena passata, insomma, mi sento serena. Fino a che non sento invece di un bambino che non ce l’ha fatta e di una madre che non ce l’ha fatta neanche lei.
Certo, c’è l’usanza scaramantica di non dire niente fino al terzo mese. Ma mi sono accorta che tante mie amiche non sapevano di questa soglia magica per cominciare a stare tranquille. E a una che tutta contenta che ti dice: fra otto mesi avremo un bambino, che fai, ti metti a fare l’uccello del malaugurio? Ti metti a spiegarle le statistiche? No, ti fai una manciata di cavoli tuoi per gioire insieme della gravidanza e del parto, per starle vicina quando la gravidanza magari dà qualche seccatura, per abbracciarla e stare zitta se invece va male. E tutto il tempo incroci le dita.
Insomma, fa parte della vita. Fa parte di quei piccoli lutti bianchi che le donne si portano addosso a manciate. Se non propri, di qualche altra donna a cui vogliono bene. Ma sono lutti seri.
In Olanda quando sei incinta passi sotto le ali delle ostetriche e ci resti finché va tutto bene. Le quali ostetriche prima dei tre mesi manco ti vogliono vedere. Non per stronzaggine, per statistica. Tu telefoni e trilli: sono incinta, che facciamo? Quando cominciamo? Che devo mangiare? Che devo evitare?
Al primo figlio pare che la gravidanza è un fenomeno che ti sei inventata tu da sola. Ed è anche vero. E loro invece frenano: bene, si faccia fare l’impegnativa per un’ecografia verso le 12 settimane e poi venga che le diciamo tutto. E tu con il tuo Predictor di 3 settimane scarse in mano ci resti male e mentalmentele sfanculi. Che per voi sarà routine, cocche, ma qui è una cosa seria. In questa casa si sta costruendo la prossima generazione.
O anche no, se hai sfiga.
La saggezza delle ostetriche.
All’amica D. successe così. Il primo tentativo non durò molto. E le ostetriche consigliarono di aspettare prima un’espulsione naturale, che nel giro di qualche giorno avvenne. “Ho fatto l’uovo” diceva lei laconica. Ma lo sapevamo solo noi cosa c’era dietro quela laconicità (e poi scusate, D. laconica? Ma quando mai). Le ostetriche analizzarono per benino lei e l’uovo e le dissero: tutto a posto, se vuoi riprova subito. Che la saggezza delle ostetriche mica la freghi facendo finta di niente. E lei alla seconda botta ha fatto un bambino fantastico e abbiamo respirato tutti più leggeri.
Io, uguale. Nel momento in cui ho smesso la pillola mi è venuta fame.
No, proprio così, una voglia di far figli che era una sensazione fisica peggio della fame. Al primo Predictor positivo saltellai fino all’ambulatorio del mio nuovo medico, che me ne fece un altro.
Negativo.
“Mi dispiace”, fece lei, “ma sai, all’inizio succede molto spesso. Ci tenevi tanto?”
“No, va bene, forse non era neanche il momento più comodo, siamo in subaffitto, dobbiamo ancora trovare una casa definitiva entro due mesi, poi traslocare. Ma si, la prossima volta meglio” e intanto mi sentivo cretina, ma come, due minuti prima tutta yuppi, yuppi, avrò un bambino, che bello che bello e due minuti dopo, no, ma va bene, ma forse non era il momento adatto, ma chi me l’ha fatto fare, forse è andata bene così. Che coerenza dimostro, ed è pure la prima volta che ci vengo, da questo medico? Che penserà di me?
Ma anche la mia dottoressa è una donna saggia, che di suo un paio di [pullquote]Perché delle volte ce lo scordiamo o fingono di farcelo scordare loro, ma i bambini hanno anche un padre. Il portatore di seme, che c’entra anche lui nella faccenda.[/pullquote] bambini li ha adottati, ma l’ho saputo dopo. Il test me l’ha fatto solo per questo, per avermi vista così saltellante, perché non era affatto di routine. Il maschio di casa, anche lui offeso nei suoi più profondi sentimenti di riproduzione, solidale e partecipe. Perché delle volte ce lo scordiamo o fingono di farcelo scordare loro, ma i bambini hanno anche un padre. Il portatore di seme, che c’entra anche lui nella faccenda.
Insomma, per dire che uno dice ma si, ma non era un bambino, guarda, tecnicamente non era neanche un feto, era un uovo, un frutto. Il frutto del tuo seno, ecco cos’era, è dall’infanzia che ce lo fanno ripetere. E adesso non è niente e hai la pancia vuota.
Ma può andare peggio. Può andare che sai che la pancia non ce l’hai vuota, ma che quello che c’è dentro, purtroppo sai anche questo, è morto.
Come all’ecografia della seconda volta. Noi lì partecipi per il momento storico, con figlio 1 che manco ha un anno e mezzo, però la prima foto del consanguineo gliela vuoi togliere?
“Ecco, questo qui è il primo…”
Primo, pensiamo noi in tandem? Oddio, non mi dire.
“…ecco il cuore…”
Figlio uno gioca con una macchinina e ignora il tutto.
“…e questo è il secondo. Oh, purtroppo ha smesso di crescere alla
nona settimana”.
Non posso farmi vedere piangere dal bambino. Appena mi rialzo mi
chiudo in bagno mentre il pater familias traffica con referti, impegnative ecc. al banco.
Poi usciamo nel sole, io, lui e il nostro bambino che cammina in mezzo. Il ritratto della famiglia felice diretta in pasticceria a festeggiare figlio due in arrivo con la torta migliore che troviamo. Lui che guardando dritto davanti a sé mi fa piano: “Per favore, non soffrire da sola questa volta”.
Apprezzo, ma facile dirlo. Io ho sofferto. Ho sofferto da cani. Ancora non ho smesso. Ho quasi pianto più lui morto che l’altro vivo, sano e scalciante e adesso crescente e meraviglioso e tutti e due i miei figli la gioia della mia vita. Ho passato anni a dirmi che dovevo fare il terzo. Come per recuperare qualcosa che avevo perso.
Vabbé, poi magari con il tempo passa. No, non passa. Una impara a viverci, come avviene con tutti i lutti. E io sto parlando almeno di bambini non nati. e quando te ne muore uno nato, bello che già cresce?
Un paio di mesi fa sono andata al funerale di un bambino di due anni.
Straziante. Dico solo che piangevano pure gli addetti delle pompe funebri, perfino il proprietario anziano che dopo tanti anni uno direbbe che magari è abituato.
No. Un bambino che non nasce o muore dopo che è nato è un obbrobrio della vita. Uno sbaglio della natura. E un genitore che gli è morto un bambino poco dopo il funerale diventa un paria. Abbiamo paura di quel tipo di dolore, perché temiamo irragionevolmente, superstiziosamente che ci si possa attaccare. E un dolore non condiviso diventa ancora peggio.
Ma è sempre uguale, è sempre lo stesso. Che sia il dolore di una pancia vuota in cui un bambino proprio non vuole innestarsi. Di quel bambino che magari ci prova, ma poi ci ripensa e lascia perdere. O quando sei tu che non puoi farlo nascere. Di quel bambino che ti nasce, ma una malattia, un incidente, una disgrazia e non ce l’hai più. Sono tutti lo stesso dolore, non ce n’è uno più grosso o uno più piccolo. [pullquote]C’è solo il fatto sacrosanto che ognuno di noi ha diritto al proprio dolore, ha diritto di dire: il mio, per me, è il peggiore di tutti.[/pullquote]C’è solo il fatto sacrosanto che ognuno di noi ha diritto al proprio dolore, ha diritto di dire: il mio, per me, è il peggiore di tutti. Il nostro dolore è sacro, per la miseria. E possiamo consolarci condividendolo, parlandone con chi sappiamo che ci capisce.
Perché questo tabù che sta diventando la morte, secondo me non ci fa molto bene. E allora è anche giusto patirlo insieme questo dolore, rinnovarlo ogni volta che senti di quello di un’altra. si chiama compassione il soffrire insieme. E va bene anche così, perché il tuo bambino è sempre il tuo bambino.
Mio padre è morto a 59 anni, e la prima cosa che ha detto mia nonna quando lo ha visto composto nella bara è stato: “Povero bambino mio, come hai le manine fredde, vieni che mamma te le scalda”. Per noi che lo avevamo vestito, composto, avevamo avuto un po’ di tempo per farcene una ragione la mazzata è stata quella. Perché noi avevamo perso un marito, un padre. Ma lei aveva perso un figlio e questo, ripeto, è innaturale.
Ecco, non passa mai. Ci abituiamo solo in qualche modo a dargli una collocazione nelle nostre giornate. Poi che a me non passi il mio perché ho ereditato anche il lutto di mia nonna, che di figli ne ha seppelliti due, so anche questo. E saperlo non mi aiuta.
Ma scriverlo propabilmente si, ed eccolo qui, allora.
Vi leggo tanto, e non trovo mai parole giuste. Continuo a sentirmi fortunata, tanto, per non aver mai vissuto un lutto così, nemmeno di qualcuno caro.
E hai ragione, un dolore è un dolore, non diventa più piccolo perché qualcuno ne soffre uno peggiore. Ogni dolore è sacrosanto, e ce lo dovremmo ricordare più spesso e rispettarlo di più…
Che se poi ci fossero, donne e coppie che scelgono l’aborto come cambiar vestito, allora chi più di loro farebbe bene a farlo? Scusate, sembra un commento stronzo, ma in effetti se abortisci senza porti il pensiero è sempre meglio che dover crescere un bambino con lo stesso stato d’animo.
Ma comunque sia l’argomento degli antiabortisti che il dolore e l’interrogarsi su un evenmtuale aborto delle volte mi sembrano quasi dei ‘lussi’ moderni. Quando ogni coppia faceva quella decina di figli di cui gli sopravviveva, se andava bene e no soffrivano la fame, la metà, il dubbio dell’aborto o meno forser non c’era. Ma questa è un’altra discussione.
Da tutti i post scritti finora mi sembra che in ogni caso, scelta o non scelta, con l’aborto la donna si porti dietro il peso di mille dubbi, mille “se” e “ma forse”.
Una delle principali argomentazioni di molti antiabortisti è che molte donne affronterebbero questa scelta a cuor leggero come si sceglie che vestito mettere la mattina.
Ecco, forse ci saranno anche queste donne, ma dalla mia scarsa esperienza e da quello che vedo qui non mi sembra siano poi così tante…
Ciao
Io son fortunata, tanto fortunata: due gravidanze due figli, senza spaventi e senza problemi.
Ascolto i vostri racconti, quasi vergognandomi della mia fortuna.
Infatti è uno dei motivi per cui io mi incazzo tanto con gli antiabortisti, o con chi parla con leggerezza di queste morti bianche. Ma fatevi tanto i fatti vostri per favore.
Chiara, grazie, io del Grande cocomero ricordo solo che mi era piaciuto moltisssimo ma avevo rimosso questa parte del funerale.
Arianna, hai ragione, ci diamo pure le colpe che non abbiamo e in questo caso lo trovo ingiusto, già soffriamo tanto. per questo è bello parlarne e scorpire che non sei sola.
Stefania, sono d’accordo con te, certe perdite ti insegnano a godere meglio di quello che hai, ma da un po’di tempo ho deciso di passare alla scuola di quelli che godono consapevolmente senza dover pagare il pegno della sofferenza. E spero di riuscirci.
Poco incline alla commozione, ma sentir parlare di bambini mi viene il groppone e le lacrime agli occhi…subìto aborto naturale e un figlio al progesterone e tentativi andati a mele e non so semmai avrò altri figli… lutti familiari che nn riesco nemmeno a raccontare…ognuno di loro è una cicatrice profonda, quelle che segnano, ma sono anche quelle che mi hanno insegnato a vivere serenamente la vita, ogni minuto, ogni instante…in fondo se porta tanto dolore riesce anche a dare altrettanta gioia.
E’ un post bellissimo, e mi ha commossa…Mi sono ricordata del film della Archibugi, il grande Cocomero, quando il prete al funerale della bambina cita la frase di Dostoevskij, “Signore, perché i bambini muoiono?”. E’ un momento molto toccante, tanto quanto le tue parole.
“Perché noi avevamo perso un marito, un padre. Ma lei aveva perso un figlio e questo, ripeto, è innaturale.”
Le stesse parole le avevo sentite non molto tempo fa, a proposito di una nonna che era anche mamma e di una mamma che era anche figlia. Per fortuna non è finita così.
Paola
Anche a me è successo: il test postivio, la gioia, la paura, l’emozione e poi un piccolo stillicidio mestruale fino alla vera e propria emorraggia. Se ne è andato così il mio bimbo un sera d’estate.
Gli ho parlato, gli ho chiesto scusa per non averlo protetto a sufficienza, perchè le mamme si colpevolizzano sempre, anche quando non c’entrano niente.
Ora aspetto il secondo, ma un pensiero a quel piccolino mai arrivato c’è sempre.
Bel post complimenti.
Bismama, ma io sono tanto d’accordo: quel primo momento di gioia pura, quando è gioia e non perplessita, timore o altro, va sempre buttato fuori a mio avviso, che per le paranoie c’è sempre tempo. È che sono abruzzese e superstiziosa ed è quello che mi frega.
supermambanana, se ti va parliamone lo dico anch’io. I lutti vanno presi sul serio e forse metterli su carta e poi anche distribuirli per il mondo è un modo per accoglierli e dargli un posto, scenderci a patti in qualche modo. poi è vero, non ci obbliga nessuno a tirare fuori il fagotto dall’armadio, magari sta bene lì dove sta. Insomma dipende da te e il momento buono per te lo sai solo tu. È vero pure, come diceva la mia coach,. che se l’univesro sta lì a sfiatarsi mandandoti segnali magari pure lui, si può prendere sul serio.
Un abbraccio a tutte quante,
Barbara
E’ un post meraviglioso.
Io, non sono scaramantica. Quando ero incinta di Second, ho mostrato a First il test e gli ho spiegato cosa significasse….lui è stato contento. Se fosse andata male, avrei dovuto spiegarglielo….ma almeno aveva gioito per un pò.
Relativo…è tutto relativo…
Anche le mie amcihe me lo han detto a test fatto….abbiamo gioito, ma anche pianto per dei “lutti” assieme.
Ad una mia amica è successo un aborto a 6 mesi di gestazione. Il bimbo non era cercato, ma è stato accolto.
Lo ha visto nato….ha sperato…..lo ha visto morto!
Abbiamo sofferto. E’ arrivata a dire che avrebbe voluto perderlo a 7/8 settimane quando non lo sentiva scalciare…quando, anche se fosse nato, sarebbe stato solo un grumo. Ma so che avrebbe sofferto lo stesso. Non si misura la sofferenza.
Purtroppo la cosa peggiore è il dopo.
C’è chi soffre per sempre….come è ovvio che sia. C’è chi invece, come la mia amica, ha paura che l’esperienza si ripeta e non esce dal tunnel….e ha paura di non volere più figli!!!
Soffre anche chi decide di regalare un futuro funereo abortendo spontaneamente….soffre comunque.
Credo che a certi lutti non si possa non abbinare una sofferenza e una maturazione psicologica soggettiva….
so cosa vuole dire. tutto bene e tanta gioia per quasi tre emsi e poi alla dodicesima settimana macchiette di sangue e di corsa in clinica. il piccolino si era fermato alla decima settimana ma era rimasto lì zitto zitto per altre due settimane senza dire niente, proprio come era venuto eprchè per quei due mesi nessuna nausea, nessun problema, nessun sintomo. solo gioia.
e poi una massa di dolore improvviso e inaspettato. e tutti a tentare una consolazione: sei giovane, non è detto che si ripeta, capita molto spesso. è ricapitato, oggi il mio nanetto c’è, ma il pensiero di tutta quella sofferenza e di quel lutto resta e resterà sempre.
no…non passa…una impara a viverci ma non c’è giorno che ci pensi, una,due tre, cento volte al giorno…quando tutti dormono, quando sei in bagno, quando ti fermi, quando vai…sempre…la ferita è profonda, sanguina ancora…”il semino si è seccato”, così abbiamo detto ai bambini e ancora, ogni tanto, anche se sono già passati quattro mesi, lo ricordano ancora…perchè glielo abbiamo detto subito, perchè eravamo contenti, perchè con gli altri due tutto è andato liscio…e invece no, perchè qui non c’è matematica, algoritmo che tenga…volevo un terzo prima, è arrivato di sorpresa, se n’è andato…spero tanto che ne arrivi presto un altro…o un’altra, la mia fagiolina…
Emanuela
mi son sempre detta che dovrei aprire un blog. Perche’ ho un post dentro, uno solo, che grida per venir messo in parole, che sta li’ che aspetta da 3 anni esatti piu’ o meno questa settimana, guarda che coincidenza. Prima o poi succedera’. O magari anche no.
@supermamambanana casomai ti andasse di scriverlo se ne può parlare. Il tuo non sarebbe certo il primo guestpost che ospitiamo. Che a volte mettere nero su bianco aiuta a metabolizzare. Insomma, se serve, sai dove trovarci 😉
“Ma è sempre uguale, è sempre lo stesso. Che sia il dolore di una pancia vuota in cui un bambino proprio non vuole innestarsi. Di quel bambino che magari ci prova, ma poi ci ripensa e lascia perdere. O quando sei tu che non puoi farlo nascere. Di quel bambino che ti nasce, ma una malattia, un incidente, una disgrazia e non ce l’hai più. Sono tutti lo stesso dolore, non ce n’è uno più grosso o uno più piccolo”
Non sai quanto ti sono grata per queste tue parole.